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Autore: MissNothing    21/11/2011    3 recensioni
"Quelle notti invernali troppo fredde per essere passate da soli e quelle sere d'estate troppo belle per essere sprecate a dormire. Quegli sguardi che solo noi possiamo capire e quegli sguardi che, purtroppo, non capisci. E poi i baci, le carezze, i sospiri. Quei momenti che speri non finiscano mai e quei momenti in cui capisci che l'infinito, paragonato ad uno di quegli attimi in cui ci apparteniamo, non è niente. L'infinito è relativo. Non lo puoi immaginare, eppure io penso di averlo trovato in uno di quegli istanti in cui ho il tuo fiato sul collo e le tue mani sulla schiena, perché quando in quel silenzio sento la lancetta scoccare, non me ne capacito che sia passato solo un secondo. Allora capisco che io, il tempo, quando lo passo con te, ce l'ho in mano."
[E' una storia abbastanza vecchia, probabilmente ci saranno molti errori grammaticali, chiedo scusa in anticipo ma non voglio modificarli perché in un certo senso sono la prova dei miglioramenti -anche se piccoli- che credo di aver fatto! Ci sono altri due seguiti :3]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Until You're Over Me.'
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#BH - 3 Bene, sto di nuovo qui. Solo per Selene, ma sto di nuovo qui comunque. *coffcoff*
Probabilmente il più brutto di tutta la fic, sì, ma era importante.
No, non lo era. Dovevo pur metterci qualcosa, però. :c
Che qualche anima si degni di scrivere qualcosa, pace, amore e unicorni. CIEO. <3





3. not our secret anymore.

-'Giorno.- Mi salutò che sorseggiava caffè da una tazza enorme, appoggiato sul bancone. Ero ancora completamente assonnato dopo la nottataccia di ieri.
-Dormito bene?- Domandò, notando che non ero particolarmente loquace.
-No. E tu? Come se non avessi appena lasciato tua moglie?- Fece spallucce posando la tazza nel lavandino.
-Come se non avessi appena lasciato mia moglie!- Esclamò mentre si andava a sedere sul divano. Afferrò il telecomando e mise sul primo telegiornale che trovò. Era ossessionato coi telegiornali, sul serio. Diceva che chiusi in quello schifo di bus, in culo al mondo, persi in chissà quale autostrada sperduta, sarebbe potuta scoppiare la Terza Guerra Mondiale e non ce ne saremmo accorti. Maniaco e psicopatico.
-Non è assurdo che la gente muoia per il proprio paese? Io non morirei mai per gli U.S.A.-
-Ma negli U.S.A. sì. Non c'è un posto migliore per schiattare.-
-Frankie, Frankie, Frankie.. bello.- Scosse il capo mentre prendeva un pacchetto di sigarette. Ne estrasse una e la accese. Dopo il caffè. Bhe, siccome siamo in tema di morte, giustamente..
-Non capisci un cazzo!- Sorrise mentre faceva un tiro veloce. -Se mai potessi decidere dove morire, morire in Nuova Zelanda.- Sognante, rivolse lo sguardo al finestrino. Presi anche io una tazzina di caffè, sperando che ne fosse avanzato un po' nella macchinetta. Niente. Mi arresi all'idea che avrei dovuto affrontare la mattinata senza caffè oppure sconfiggere la pigrizia.. optai per la prima.
-Bhe, se lo dici tu! Io.. umh, Las Vegas.- Mi andai a sedere di fronte a lui.
-Niente male, frocetto.- Si alzò lentamente, stiracchiandosi. Mi diede un bacetto in fronte e poi rimase lì impalato. -Vado a svegliare le principessine!- Ridacchio fra sé e sé, prendendo una bottiglia d'acqua gelida dal frigo. Si avviò verso camera di Ray con essa.
Sfuriata in 3..2..1..
-Lurido, fottuto, spreco di spazio! Figlio di..- Si sentivano le urla da lì. Non che il pullman fosse poi così grande, ma.. bhe, era incazzato nero.
Con un sorrisone stampato in volto, mi stesi sul divano con gli occhi chiusi. Di lì a poco tornarono Gerard  e Ray, che aveva i capelli gocciolanti. Quando erano bagnati crescevano di almeno 2 centimetri, quindi lo vedevi da dietro e.. pensavi fosse una donna.
-Ah, Dio Santo, fanculo! Mi vendicherò!- Si lasciò scappare un sorrisetto malefico avviandosi verso il bagno.
Appena tornò la "calma", tornai a stare seduto.
-Era necessario?-
-Mh..- Ci pensò per qualche secondo, ma ero sicuro che fosse sarcastico. -No, mi andava di farlo.-
-E tu fai sempre quello che ti va di fare, giusto?-
-Giusto, esatto.-
-E cosa vuoi fare?-
-Vorrei tornare indietro nel tempo a quando il capellone non sapeva niente. Era più divertente.- Sorrise, avvicinandosi pericolosamente.
-Continueresti in eterno..- Sospirai appena.
-Esatto.-
-Spesso ci si imbatte nel proprio destino sulla strada presa per evitarlo.-
-E' una frase di Kung fu Panda, Frank?-
Scoppiò a ridere. Probabilmente avevo rovinato l'atmosfera da inizio di un porno scadente. Feci un mezzo sorrisetto anche io, perché sì, effettivamente.. lo era.
-Sì.. bhè, oddio, se ci pensi è un film più profondo di quanto pensi.-
-E' un panda obeso che fa Kung Fu. Non ci trovo niente di profondo.-
-Tu rifletti su quello che ho detto.-
-Non mi va.- E di nuovo, come prima, continuò con quel sorrisetto da maniaco. Passò da "Potrei uccidere una nonnetta a martellate" a qualcosa che era più come "Adesso ti salto addosso", ed effettivamente lo fece.
Gerard è quel tipo di persona a cui non puoi dire di no. Un po' perché non lo accetterebbe, un po' perché nel profondo non lo vuoi. E ti trovi sempre nella merda fino al collo, per questo.
Proprio in quel momento, sentì dei passi. Provai a staccarmi, premergli le mani sul petto per farglielo capire, ma niente.
-Ma cosa..- Mikey rimase lì paralizzato. Non sembrava arrabiato, ma riuscì appena a parlare. Suppongo che fosse imbarazzato quanto noi. Gerard, invece, si alzò di scatto e mi lanciò un' occhiataccia. Giusto, ora è colpa mia.
-No, aspetta..- Se ne stava andando, ma per (s)fortuna (questione di punti di vista), gli afferrò un lembo della maglietta per farlo restare.
-Aspetta cosa? sì, aspetto, così quando siete nudi mi unisco e facciamo una cosa a tre, che dite!?- Okey, mi correggo, era furioso.
-Che cazzo dici, io non sono..-
-Ah, tu non sei!? bhe, sembrava che lo fossi.- Non gli lasciò nemmeno terminare la frase. -E poi sei mio fratello. Ti avrei voluto bene anche se avessi avuto tre capezzoli, gli occhi alla Vang Gogh, la lebbra.. figuriamoci se me la sarei presa perché..-
-Ma a me non fotte un cazzo di lui!- Comiciò ad urlare come se non ci fossi. E proprio in quel momento, l'allegro quartetto fu al completo. Ray tornò dal bagno con un asciugamano in testa, probabilmente aveva sentito le urla e non aveva fatto in tempo ad asciugarsi.
-Bhè!?- Domandò.
-Bhè, mio fratello pensa che io sia un omofobo del cazzo e non mi dice niente..-
Scosse il capo, sbuffando.
-Sono stato un povero illuso a pensare che questa piccola reginetta del dramma avesse capito che era ora di piantarla.-
Assistevo imperterrito alla conversazione. Non ebbi il coraggio di aprire bocca, seriamente. Sarei scoppiato entro qualche secondo se fossi rimasto ancora un po' lì. Mi alzai di scatto, percorrendo il corridoio dove c'erano i tre fino ad arrivare in camera. Purtroppo, la mia traversata fu interrotta. Una mano calda mi afferrò il braccio..
Mi guardò negli occhi. Forse era la prima volta che lo vidi così incazzato.
-Vaffanculo.- Sbottò, per poi lasciarmi andare. Non persi nemmeno tempo a rispondere: era una tortura, punto. Ero sempre quello che non c'entrava niente, eppure beccavo cazziate da tutte le parti. Mi gettai a letto, sbattendo la porta dietro le spalle e affondai la testa nel cuscino, eppure le urla non si fermarono.
"Perché te la prendi con lui?", "Cosa c'entra!?", "Non hai capito un cazzo!", "Muori." e bla, bla, bla. Il silenzio è d'oro, ragazzi. D'oro.


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Dopo un po' le acque si calmarono. Immagino che tutti fossero tornati in camera loro. Certo, sembrava il post-faida fra i membri di un club camorristico, ma era meglio della faida in sé. Almeno stavano zitti.
Sentii dei passi solo dopo due ore di completo silenzio. Si interruppero praticamente subito, e, intento a fissare la porta com'ero, sobbalzai nel vedere carta e penna scivolare sotto essa. Mi avvicinai cautamente, mi sedetti con le gambe incrociate e lessi il messaggio.
"Scusami." ..forse avrei dovuto rispondere.
"Vaffanculo.", scrissi di fretta e furia. Dopotutto ero incazzato sul serio, non potevo continuare a fare il lecca culo in eterno.
"No, mi dispiace, dai.."
Sospirai nel leggere quel messaggio. Di nuovo mi resi conto che non potevo tenergli testa.
"Anche a me dispiace.." Cominciavo a sciogliermi, ahia. Ed il bello era che ci stavamo dicendo tutto anche senza parlare. Bel modo di scappare dalle proprie responsabilità.
"Spostati un po' dalla porta." Aggrottai le sopracciglia non appena lessi: ma che voleva? Mi spostai per precauzione, andandomi a sedere sullo stesso letto dove fino a poco prima provavo "tranquillamente" a dormire.
La porta si aprì lentamente. Si appoggiò allo stipite con un sorriso amaro in volto, mentre continuava a guardarmi da capo a piedi. Abbassai lo sguardo, tanto che mi metteva a disagio.
Chiuse la porta alle sue spalle senza curarsi troppo di niente.. e per chiuderla intendo chiuderla a chiave. Continuava a guardarmi manco s'aspettasse qualcosa da me: non le capirò mai le persone. Anzi, non capirò mai te. Probabilmente era uno dei classici momenti da drama queen in cui dovevi essere tu a farlo ritornare sul pianeta terra.
-Bhè?- Deglutii, cominciando a girarmi i pollici.
Manco mi rispose che in due secondi successe il peggio. Si avvicinò. Mi guardò. Mi prese per i fianchi, un bacio, e poi.. il buio. Boom. Tutto nero. Incredibile che in una sola stanza ci stesse tanto.. bene. Amore no. Ma amici mai, per chi si vuole bene come noi. Per chi si desidera come noi. E' peggio di Romeo e Giulietta. Loro si amavano e lo ammettevano. La colpa non era loro, ma delle famiglie. Noi ci vogliamo bene e non lo ammettiamo. La colpa? solo nostra. Sperando di evitare il finale col veleno.
Quando mi svegliai era ancora lì. Come al solito si era impossessato del 90% del lenzuolo mentre dormiva beato con la testa appoggiata sul cuscino. Le labbra socchiuse, il respiro appena accennato, e gli occhi ermeticamente chiusi. Se in quel momento l'avessi svegliato, mi avrebbe staccato la testa a morsi. E niente, sei proprio bello, devo ammetterlo.
E ora? bhè, è tempo di andare.


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Un concerto come tanti, blablabla. La stanchezza cominciava a farsi sentire. Ma la stanchezza proprio vera. Eppure, non darei a nessuno nemmeno un millesimo di questa stanchezza, perché è quello che mi piace fare, infondo. Magari se avessi fatto l'avvocato come dicevano i miei: sotto un certo punto di vista sarei più contento, ma la sensazione migliore del mondo è salire sul palco accompagnato dalle urla dei fans, guardare quelle dozzine e dozzine di persone cantare testi o melodie scritte da te e sentirsi come se, per un'oretta o due, il mondo fosse solo e soltanto tuo.

Prossima tappa: New York. La grande mela. Niente di meglio per calmare un po' la tensione, no?
Il volo sarebbe durato due ore se solo quel pidocchioso del manager non avesse pagato un volo con due fottuti scali di due ore ciascuno. Dopo la mezzanotte ci avviammo verso l'aereoporto. Un'ora di check-in e salimmo.
Prendemmo posto in tutta tranquillità, come se le persone non ci stessero osservando manco fossimo fenomeni da baraccone e provammo a dormire. In quel momento ci guardammo negli occhi: di sonno non ne avevamo, e sapevamo anche perché. 
   
 
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