Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: Gea_Kristh    22/11/2011    6 recensioni
In un ipotetico cinque-anni-circa-dopo-Hades, con tutti i Cavalieri risorti (perché altrimenti non sarebbe divertente), Helene, Cavaliere d'Argento della Croce del Sud, racconta delle sue tragicomiche (dis)avventure al Grande Tempio... Povera cara, non è colpa sua se la sfiga non ha occhi che per lei!
Dal primo capitolo:
Aphrodite scoppia a ridere, ed io mi sento andare a fuoco le guance. Cerco di lanciargli un’occhiataccia, ma so già che sarà del tutto inutile.
– Detto tra noi, tesoro, il Cavaliere dell’Ariete è proprio un bel bocconcino, sai? Non mi dispiacerebbe mica dargli una bella strapazz… –
– STOP! –
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aries Mu, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ecco anche il quarto capitolo! Siamo arrivati ad un punto di svolta, signore e signori.
Non ho molte note da fare su questo capitolo, se non che è stato uno dei più divertenti in assoluto da scrivere.
Vi lascio alla lettura, continuando a ringraziare sinceramente tutti coloro che mi danno il loro supporto, leggendo e commentando questa mia piccola opera.

Alla prossima,
Gea Kristh




Disclaimer: Saint Seiya e i suoi personaggi appartengono a Masami Kurumada; Helene e Edet, invece, sono assolutamente miei.



La Tragicomica

Capitolo 4 - I Discorsi degli Adulti


Il tempo cura tutte le ferite… Chi l’ha detto non ha capito una emerita sega.

È passato un mese, e se non fosse per il mio piccolo angioletto me ne starei tutto il giorno stravaccata sul letto.

Edet è proprio un amore, ed è diventato la mia ombra, ormai. Dove vado io, viene anche lui.

Mi tiene la mente indaffarata, e mi rende orgogliosa con i suoi progressi. È proprio bravo, questo fagottino! Io a quattro anni mica ero così dotata – come mi ricorda continuamente Aphrodite. Che tesoro, il mio maestro!

Edet, in questo momento, mi guarda con quei suoi occhioni neri che tanto adoro. Sono altri, però, gli occhi che popolano ogni mio pensiero – sento il suo sguardo fisso su di me, e la cosa mi manda ai matti.

In questo mese, sono riuscita ad evitarlo quasi totalmente. Sarebbe tutto perfetto, se lui non venisse a guardare quasi ogni singolo giorno i progressi di Edet.

Devo dire, però, che oggi come oggi sto decisamente meglio. Me ne sono fatta una ragione, insomma. Lui non smetterà mai di avere questo effetto su di me ma, poverino, che colpa ne ha? No, non posso avercela con una persona solo perché non ricambia i miei sentimenti; sarebbe terribilmente crudele, da parte mia.

Questo non vuol dire, però, che io sia così masochista da volerlo avere qui vicino ogni giorno! Dio, fa male. Però ciò che gli ho detto qualche settimana fa è vero: nulla è cambiato. Io lo amo, lui non mi si fila di pezza.

– Helene. –

Non ci posso credere. Eh, no. Perché ti avvicini? No no, vade retro! Non è valido così!

– Ditemi, – sussurro nella sua direzione, senza riuscire a scollare gli occhi dalla sua figura. Ma non può, che so, venirgli un foruncolo enorme? Un orzaiolo? Un herpes? No, eh?

– Helene, il Grande Sacerdote mi ha chiesto di osservare i progressi di Edet. –

Ah, ecco. Ti pareva. Ed io che mi ero pure illusa che lui venisse qui per me! Sì, lo so, sono una povera deficiente.

– Il suo cosmo è molto sviluppato, nonostante la giovane età. –

Io annuisco, sospirando. È vero.

– Mi hanno chiesto di occuparmene personalmente. –

No, eh. Pure Edet mi vogliono togliere, ora? Evidentemente il mio disappunto deve essere chiaro, perché Mu abbassa lo sguardo, scusandosi.

Io sospiro. Di nuovo.

– Non è colpa vostra. Edet è molto dotato, sono sicura che farà grandi cose. – Cerco di conservare quel minimo di dignità che mi è rimasto, voltandomi verso il bimbo che, intanto, ci osserva confuso.

E così è stato deciso.

L’indomani, Edet mi saluta con le lacrime agli occhi. Mu ha deciso di portarselo in Jamir, ed io non so se esserne contenta, perché non dovrò avere tutti i giorni sotto agli occhi la prova della sua indifferenza nei miei confronti, oppure mortificata, perché, in fondo, mi mancheranno entrambi.

Li vedo sparire sotto ai miei occhi, mentre il mio maestro mi poggia una mano sulla spalla, in segno di conforto. Lui lo sa, come mi sento.

– Andiamo, cara, – mi dice, ed io lo seguo.

 

 

 

Credevo sarebbero passati mesi, prima che io riuscissi di nuovo a salutare il mio frugoletto nero. Non avrei potuto sbagliare di più.

Questa mattina, a soli due giorni dalla partenza di Edet e Mu, sono stata richiamata in tutta fretta dai piani alti, ed ora sono qui, a chiedermi perché l’oggetto dei miei sogni ricorrenti sia di fronte a me.

– Helene, grazie per essere venuta, – mi saluta Atena, sempre benevola.

Dio, quant’è bello. Nessuno dovrebbe essere così perfetto; è un crimine contro l’umanità, ecco. Sì, perché mi ha rovinata, anche se lui non lo sa. Io, ormai, sono assolutamente incapace di guardare qualsiasi altro uomo; ognuno è inadatto, se confrontato con lui –  con i suoi capelli, con i suoi occhi, con i suoi magnifici lineamenti; con quella pelle lattea, e con le sue ciglia lunghe e scure; con le sue spalle larghe, e con il fisico scolpito che lui si ostina a nascondere dietro a quelle sottospecie di sacchi di patate – ecco, anche questo è un crimine contro l’umanità.

Prendo un profondo respiro, cercando di calmare il mio  battito cardiaco, quando lo sento chiamarmi. Dio, la sua voce…

– Helene, – sussurra, nella mia direzione, ed io mi sento quasi girare la testa. – Edet è intrattabile, senza di te. Lui… Gli manchi molto. Ormai parla solo per chiedermi di te. –

A quelle parole, il torpore che si era precedentemente impadronito dei miei pensieri sembra dissolversi. Il mio piccolo fagottino ha bisogno di me! Oh, povero Edet. Sì, la tua sorellona è stata davvero crudele, a lasciarti andare via così. Caro, carissimo Edet. Almeno tu non ti dimentichi di me, eh?

– Helene, ho un grande favore da chiederti. –

La voce della mia Dea è ferma, ed io mi volto istantaneamente nella sua direzione.

– Comandate, – rispondo, chinando il capo.

– No, nessun comando, non questa volta. Vorrei che tu seguissi il Cavaliere dell’Ariete, e che lo aiutassi con il bambino, ma solo se questo non ti crea troppo disturbo. Credo che, nell’ultimo anno, io abbia usufruito un po’ troppo dei tuoi servigi. Dimmi, quanto tempo sei stata lontana dal Santuario? –

Sto per rispondere, ma lei scuote il capo. – Troppo, ecco quanto. E mi piange il cuore a doverti chiedere la tua disponibilità per questo nuovo incarico; davvero, non lo farei, ma Edet non vuole sentire ragioni. Quel bimbo ti ama molto. –

Sospiro. Atena non mi ha lasciato davvero scelta, e credo che lei lo sappia. Mi fissa, con i grandi occhi chiari dilatati, attendendo una mia risposta; ma sa già che accetterò: per lei, che è la mia Dea, e per il piccolo Edet, il mio frugoletto.

Annuisco lentamente. So di stare andando incontro a condanna certa, ma non posso fare nulla per evitarlo.

Mu mi sorride, porgendomi una mano, ed io mi sento seccare la gola. Oddio.

Trattengo il fiato mentre la prendo nella mia, più piccola. Sì, sto andando in autocombustione, se ve lo state chiedendo. Lui mi aiuta ad alzarmi in piedi, e non lascia la mia mano mentre mi guarda fissa negli occhi.

Mi sento arrossire ancora di più, e quasi non sento le sue parole sopra al martellare incessante del mio cuore.

– Grazie Helene, grazie davvero. –

Io annuisco, incapace di spiccicare parola.

È solo quando lui distoglie lo sguardo che riesco a tornare a respirare. Diamine.

Deglutisco a vuoto mentre Mu dice qualcosa, ma non lo sto ascoltando. Sento la sua mano continuare stringere la mia, saldamente. La sua pelle è calda, sorprendentemente liscia, e le sue dita sono forti contro le mie.

Lo vedo annuire, poi voltarsi di nuovo verso di me. Annego ancora nei suoi occhi, di quell’impossibile tonalità di verde, e mi sento mancare il respiro.

– Partiremo subito, se a te va bene. Scendendo potrai recuperare le tue cose dalla Dodicesima. –

Io annuisco ancora, deglutendo.

È in questo momento che Mu si rende conto di non avermi lasciato la mano, e vedo le sue guance tingersi di un pallido rossore. Ah! Questa mi mancava, davvero. Sento, con un certo rammarico da parte mia, le sue dita staccarsi dalle mie.

Lui si schiarisce la gola, e fa un gesto verso l’uscita della Tredicesima Casa, come a dire “andiamo, su”. Mi giro un’ultima volta verso la Dea Atena, chinando rispettosamente il capo in segno di saluto.

Cammino fianco a fianco con Mu, ma sono rigida, e penso che anche lui se ne sia accorto. Mi sento i suoi occhi addosso, ma non mi volto a guardarlo. Sarebbe troppo, davvero. Ora come ora non so se essere estatica o depressa – cercate di comprendermi… L’uomo della mia vita, che ormai sa di esserlo ma non è molto d’accordo in merito, è qui, di fianco a me; mi sta guardando, ma so che non mi vede davvero – non come vorrei io, per lo meno.

Non appena raggiungiamo la Dodicesima il mio maestro mi viene incontro, abbracciandomi.

– Cara, ho saputo! Ho già preparato le tue cose, tieni. – Così dicendo mi rifila una borsa, che io afferro senza pensare. A dire il vero non sono stupita. Lui è… Aphrodite. È normale, che sappia le cose persino prima dei diretti interessati.

– Maestro, io… –

– Sciocchina! Non è un addio, cara. Mi raccomando, comportati bene. Mu, te la affido. Sappi che, se le dovesse succedere qualcosa, io ti riterrò diretto responsabile e correrò se necessario sino in quel mortuario di casa che ti ritrovi per sculacciarti. –

Ecco, signore e signori, questo è Aphrodite. Ed io non dubito nemmeno per un istante che lo farebbe davvero! Dio, non so se ridere o prenderlo a capocciate per quello che ha appena detto.

Sento Mu sospirare al mio fianco, e mi volto nella sua direzione – finalmente. Sta sorridendo. Oddio, sta sorridendo. Con quelle labbra. Sì, lo so, sono ripetitiva, ma voi non le avete mai viste. No, davvero. La sua bocca è carnosa, succulenta, votata al peccato; è fatta per far sognare le povere illuse come me. E lui nemmeno se ne rende conto. Tsk. Uomini.

– Aphrodite, ti assicuro che potrei persino pensare di lasciartelo fare, dovesse accaderle qualcosa. Non preoccuparti, è al sicuro con me. –

Okay, posso sciogliermi? Vi prego, vi scongiuro, non svegliatemi da questo sogno!

Ignorando di sana pianta gli sguardi maliziosi del mio maestro, esco dalla Casa che mi ha visto crescere. Io e Mu continuiamo a scendere, fino ad arrivare alla Prima. Nulla di notevole, se non l’infelice battuta di Deathmask, convinto che, se si facesse crescere i capelli, io cadrei sicuramente ai suoi piedi. La mia risposta, concedetemelo, me la autocensuro.

– Pronta? – Mi domanda gentilmente il mio Cavaliere, non appena siamo fuori dal Santuario.

Io annuisco, e sento la sua mano toccarmi il braccio.

Mi sento spaesata, per un momento, nell’avvertire il terreno mancarmi sotto ai piedi – l’aria stessa scomparire attorno a me.

Mi rendo conto di aver perso l’equilibrio solo quando, alzando lo sguardo, trovo quello di Mu un po’ troppo vicino al mio. Le sue braccia mi circondano – Oddio… – tenendomi sollevata senza il minimo sforzo. Ah, bene, gli sono pure caduta addosso. Ma perché la sfiga mi adora tanto?

Prendo un profondo respiro, cercando di mettere ordine tra i pensieri e di placare quel giramento di testa improvviso. Quando, finalmente, riesco a reggermi sulle mie gambe, lui mi sorride.

– È normale, stai tranquilla, – mi rassicura, ma io non mi sento affatto meglio. Sono imbarazzata, ecco.

Guardandomi attorno per la prima volta mi rendo conto di non essere affatto preparata psicologicamente a ciò che mi circonda. Siamo… In una landa desolata. Attorno a noi solo montagne, rocce, montagne, aria, montagne, neve, montagne, nuvole, montagne e, se non fosse abbastanza chiaro, ancora montagne. È forse questo, il famoso Jamir?

L’unico edificio qui presente è una pagoda di cinque piani, ad occhio e croce, situata proprio sulle pendici della rupe rocciosa sulla quale ci troviamo ora.

– ‘Lene! –

La voce di Edet mi riscuote dai miei pensieri, ed io lo cerco con lo sguardo, trovandolo finalmente affacciato da una delle finestre della pagoda di cui sopra.

– Tesoro! – Lo saluto, di rimando. Oh come mi è mancato!

Riabbracciare il fagottino mi rende davvero felice, ed io lo sollevo in aria, facendogli fare un paio di giri in tondo. Lui ride, ed io sono proprio contenta.

– Helene! Helene! – Continua a ripetere, felice, ed io sento quasi salirmi le lacrime agli occhi.

Edet comincia a raccontarmi di quanto io gli sia mancata, e che non voleva allenarsi se doveva farlo lontano da me; povero Mu, deve averlo mandato ai matti in questo paio di giorni.

– Edet, ora ascoltami, – lo rimetto a terra, – io non ti lascio, okay? Può darsi che in futuro non ci vedremo per un po’ ti tempo, ma tu non devi fare il capriccioso solo perché non ci sono io. Guarda che mi farò raccontare tutto dal Cavaliere dell’Ariete, e se non sarai stato bravo allora sarò molto arrabbiata, capito? – Lui annuisce, abbassando il capo, ed io gli scompiglio i riccioli neri.

Alzo il capo verso Mu, e lo trovo intento a guardarmi, con un sorriso che potrei solo definire dolce dipinto sulle labbra.

 

Il tempo, da quel momento in poi, mi è parso volare. Oggi è un mese che sono qui, in Jamir.

Mu mi ha dato una piccola stanza, piuttosto confortevole devo dire, dalla quale posso osservare un panorama mozzafiato; sembra quasi di poter volare, affacciandosi dalla finestra: io, le nuvole e le aquile, che spesso vedo volteggiare in cielo.

Purtroppo all’interno della casa non c’è un bagno, ma, poco distante da qui, c’è una piccola fonte termale che ho imparato ad adorare. Siete mai stati alle terme, con l’acqua a quarantacinque gradi, mentre fuori nevica? Ecco. Vi posso assicurare, signori cari, che è un’esperienza che non dimenticherò mai.

In questo mese è successo poco o niente, di notevole. Certo, c’è stata quella mattina in cui ho beccato – per pura coincidenza! – Mu, di ritorno dalla fonte, a petto nudo, e sono quasi andata in iperventilazione. Sì, sareste stati anche voi ridotti in quelle condizioni, se l’aveste visto come me – tutto bagnato, coi muscoli turgidi e i capelli attaccati alla pelle del collo e delle spalle. Una delle visioni più deliziosamente sensuali a cui io abbia mai avuto l’estremo, estremo piacere di assistere – in diretta competizione con l’altrettanto sfiziosa immagine di Kanon, nudo, a fare il bagno in mare. Eh sì. Che brutta vita, quella di noi sacerdotesse, costrette a vivere a stretto contatto con ‘sti figoni…

Mu, quella mattina, manco si è reso conto, dell’effetto che stava avendo su di me. Lui mica ci vedeva nulla di male, nel girare così; ah, beata ingenuità.

In questo preciso momento, il Cavaliere di cui sopra sta spiegando, ad un concentratissimo Edet, la struttura del Pantheon greco, ed il ruolo della Dea Atena. Io, seduta su una roccia poco distante, faccio finta di leggere un libro – del quale non ricordo nemmeno il titolo – mentre lo osservo, da dietro l’anonimato della mia amata, amatissima maschera. I suoi movimenti sono calmi e pacati, e trasudano fascino e sicurezza.

Il sole sta lentamente calando, dietro alle montagne, e mi rendo conto che l’ora della cena si sta avvicinando. Poco dopo vedo il mio amato Edet venirmi incontro, e prendere una delle mie mani nella sua, microscopica. Comincia a tirarmi verso casa, ed io lo assecondo. Seguiamo Mu, che si dirige verso la cucina.

– Helene, perché non mangi mai con noi? – Mi domanda il frugoletto, quando siamo seduti al tavolo. Mu, alle nostre spalle, sta preparando del riso.

– Perché non posso togliermi la maschera, tesoro, – gli carezzo la testolina, mentre lui aggrotta la fronte.

– Ah. E perché? –

Io ridacchio. – Perché le regole dicono che non posso. –

– Ma dopo te la togli, per mangiare? –

– Per forza, caro. Non voglio morire di fame. –

– E per dormire? –

– No, per dormire no. –

– E per fare il bagno? –

– Solo se sono veramente sola. Non ti ho forse insegnato che ci si lava il viso tutte le mattine? –

Lui annuisce, e vedo Mu portare in tavola due ciotole, una per sé e l’altra per il bambino, che comincia a mangiare affamato. So che, nella pentola, c’è una porzione che mi attende. Potrei andare a mangiare in camera, ma amo essere qui, seduta a questa tavola, così attendo che loro abbiano terminato.

– ‘Lene, – mi richiama ancora il piccolo Edet, – ma perché nessuno può vederti il viso? –

– Edet, smettila di fare domande a Helene, – lo rimprovera Mu, ma io scuoto il capo. Non mi importa, davvero, e prima o poi qualcuno dovrà spiegarglielo, no? Chi meglio di una ragazza che convive con questa legge da quando ha quattro anni?

– Vedi Edet, – comincio, – io sono un Cavaliere di Atena, tu questo lo sai, no? – Quando lui annuisce, io continuo. – Prima di essere una guerriera, però, io sono una donna. E questo, se vogliamo, non va bene. Nell’antichità, non era ammesso che una ragazza potesse combattere. Le donne erano considerate deboli, e fragili, e tutto sommato buone solo per stare a casa a pulire e… fare altre cose, di cui né ora né mai ti parlerò, quindi non chiedere. – Lo vedo mettere il broncio, ed è così buffo che mi viene da ridere. – Ora, sta di fatto che Atena è una donna, e pensi che lei sia debole, Edet? – Il bimbo scuote vigorosamente il capo. – Esatto, non lo è. Anzi. Quindi, lei decise di concedere anche a noi sacerdotesse di poter combattere per lei. Però devi capire, non è qualcosa che potesse essere accettato così, da un momento all’altro. Allora Atena diede alle sue sacerdotesse una maschera, e chiese loro di sacrificare quella parte, di loro, che ricordava ancora di essere una donna. Nascondendo il viso, noi rinunciamo alla nostra femminilità, e a tutto ciò che essa comporta. Non siamo più donne, non siamo più indegne; questo è il ragionamento, in teoria. In pratica, è un po’ più complicato di così. –

– Ma tu, anche con la maschera, mica sembri un maschio, – mi confessa Edet, al che io scoppio a ridere.

– Grazie al cielo, mio caro! Ci mancherebbe pure che sembri un uomo! –

– Io non ho mica capito tanto bene, – mi dice allora, ed io scuoto il capo, divertita dalla sua buffa espressione.

Mu, intanto, continua pacatamente a mangiare. Ma… è forse un rossore, quello che gli colora le guance? È imbarazzato dalla conversazione? Ah! Questa sì che è bella!

– Ma che cosa succede, se un uomo ti vede senza maschera per sbaglio? –

Io mi blocco. – Non deve succedere. Mai. –

– Sì, ma se succedesse? – Insiste lui, ed io sospiro.

– Sarebbe un casino, ecco cosa. È una questione di onore, Edet, capisci? Forse, un giorno, te ne parlerò. –

Edet torna a mangiare, rimuginando sulla situazione. Per un po’ cala il silenzio, ma non è destinato a durare.

– Di che colore hai gli occhi? – Mi domanda il frugolo, ed io sono stupita dalla sua domanda. Non è contro le regole rispondere, vero?

– Sono grigi, tesoro. Un monotono, piatto e noioso grigio cenere. Contento? –

Lui annuisce, lanciandomi qualche sguardo di sottecchi.

– E com’è la tua bocca? –

Ecco, questa davvero non me l’aspettavo. Lo guardo insistentemente, e lui mi pare un po’ nervoso. Anche Mu lo sta guardando, stralunato dalla domanda. Ma da dove gli è uscita?

– Che c’è? – Chiede, innocentemente, – Mu lo voleva tanto sapere, così te l’ho chiesto. Gliel’ho sentito dire qui, – e si picchietta l’indice sulla fronte, tranquillo, come se fosse la cosa più normale del mondo leggere nella mente dello psicocineta più dotato del Grande Tempio.

Mu, incredulo, lascia cadere le bacchette, un’espressione a metà tra l’incredulo e l’inorridito dipinta sul viso, e, se prima avevo qualche dubbio, ora capisce che Edet ha detto il vero.

Oddio.

Oh. Santissima. Atena.

Lui – LUI!!! – vuole sapere com’è la mia bocca. Oddio. Oddio. Oddio!

– Tu, – sento arrivare la voce di Mu, ma è un po’ roca, e lui si schiarisce la gola. – Tu puoi leggere quello che sto pensando adesso, Edet? –

Il bimbo annuisce. – Sì, ma secondo me non vi dovreste preoccupare così tanto, maestro. Io lo so che a ‘Lene non dà fastidio, vero? –

Scusa, Edet, ma sono DAVVERO troppo scioccata per rispondere.





*-*-*-*-*-*-*-*-*-*-*
Peroriamo la causa delle recensioni!
Cliccate il bottone blu lassù, in cima al capitolo, e aiutate anche voi a salvare un povero autore disagiato dalla depressione!
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: Gea_Kristh