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Autore: Ysis Donahue    23/11/2011    3 recensioni
Un nemico è, nell'opinione comune, una persona che ci è avversa perchè ogni cosa, in lui, è contraria a quello che siamo noi. Ma, quando due menti non sono poi così dissimili e l'inimicizia è dettata da fattori pre esistenti, non sembra un po' forzato parlare di odio necessario? A T T E N Z I O N E : Alcuni dettagli, anche cruciali, differiscono dai romanzi, ma nel re editing inserirò tutte le note e le spiegazioni del caso.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Edward Cullen, Jacob Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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(Edward) Chiudo l’anta dell’armadio sulle mie tastiere e comincio a raccogliere i pochi spartiti sopravvissuti alle mie crisi d’astinenza.
Voglio cancellare ogni mia traccia da questa stanza in modo che, un giorno, Esme non debba soffrire troppo rientrando qui. Il dolore che le provocherà la mia decisione è già abbastanza.
 
Quando sono soddisfatto del mio lavoro, mi dirigo verso lo specchio e comincio a sistemarmi: certo, con tutto il veleno che ho in circolo il mio aspetto non potrà mai essere impeccabile, ma voglio che la mia ultima uscita sia almeno più che dignitosa. E quindi, mentre mi preparo, curo più del solito l’aspetto dei capelli e la scelta di orologio, pantaloni e scarpe. Non voglio sfruttare il fascino del vampiro, voglio morire semplicemente come Edward. Mi preparo con finta calma e studiata lentezza, e quando finalmente non riesco più ad inventare pieghe da lisciare e particolari da sistemare, capisco di essere pronto.

Senza fare lunghe riflessioni di commiato, e senza languide occhiate, esco dalla mia stanza e chiudo la porta sull’ultimo capitolo della mia seconda, lunga vita.
Ora non mi resta che il tanto agognato epilogo. Che si concluderà nella più totale solitudine e segretezza, anche perché, a questo punto delle cose, sono davvero esausto, e desidero solo farmi trasportare dal corso della natura.
Fuori dalla porta della mia vecchia stanza, ho lasciato una lettera indirizzata ai miei familiari, e uno spartito per ognuno di loro.
E spero vivamente che possano servire, se non a farmi perdonare per la mia decisione, almeno a spiegare che loro non c’entrano nulla con quello che sta per accadere.
Probabilmente era scritto, e mi va bene così.
Apro una finestra e mi calo lungo la grondaia, arrivando silenziosamente nel giardino sul retro.
Percorro con passo tranquillo e disinvolto parecchi metri, ma quando sto per scattare un lupo grigio dall’aria maligna mi si para davanti.
E non ci vuole certo un genio per capire che non è un normale canide.
Gemo e mi preparo in posizione difensiva, pur sapendo di dover sembrare tremendamente ridicolo, nelle mie attuali condizioni. Il lupo però, con mia grande sorpresa, non si fa sotto e, eccettuata una contrazione nervosa del muso, rimane fermo ed immobile.
Anzi, mi coglie del tutto impreparato quando apre le fauci ed inizia a parlare.
“Per tua fortuna il mio Capo mi ha dato ordini ben precisi ai quali attenermi. Devo solo consegnare un messaggio. E strapazzare uno scarto ambulante come te non mi darebbe nessuna soddisfazione.”
“Qual è questo messaggio?” Domando in tono altezzoso, passando sopra alla sua cortese riflessione e seccandolo ancora di più.
“Tuo fratello ha rotto il patto e varcato il Confine per incontrarsi con quella sporca cagna traditrice. Li abbiamo catturati ed imprigionati. Il mio Capo li giustizierà personalmente oggi. Vedo che non avrai bisogno di fare passaparola con i tuoi simili.”
Il lupo sparisce tra gli alberi, e io mi volto a fronteggiare la mia famiglia. Non so se sia stata la mia lettera o la presenza del lupo a spingerli qui, ma ora non importa. La priorità, ora, è Jasper.

(Jasper) La prima sensazione, non appena riesco a recuperare un briciolo di coscienza, è quella del veleno che mi brucia dall’interno, e la reazione è quella di appoggiarmi al muro e vomitare in un angolo, cercando di farlo nella maniera più privata possibile: non voglio dare a quelle bestie la soddisfazione di sentirmi soffrire.
Dannato veleno e stramaledetti branchi di mannari teste calde.
Fossero stati un po’ meno avrei fatto fusciacche delle loro pellicce.
Dopo un tempo che mi sembra eterno, il mio fisico decide di darmi un po’ di requie, quindi mi appoggio alla parete e comincio a guardarmi attorno. I miei sensi sono tutti intorpiditi, tanto che mi sembra di avere un velo nebuloso davanti agli occhi e cotone su polpastrelli, naso, bocca ed orecchie, ma comunque riesco a capire di trovarmi in una stanza piuttosto squallida isolata da tutto e tutti.
Probabilmente si tratta di una vecchia cascina abbandonata, perché non percepisco nessuno dei tipici rumori degli umani.
Sforzando la mia vista mi faccio un’idea dell’ambiente che mi circonda, ma il quadro rimane sconfortante: una specie di scatola di legno senza finestre e, apparentemente, senza porte.
Ma, visto che per entrare da qualche parte devo pur essere passato, una porta ci deve essere.
In qualche modo riesco ad alzarmi in piedi e, con l’ausilio della parete, trovo anche un minimo di equilibrio.
Ma non appena tento di muovere un passo, piombo violentemente a terra; e la colpa non è tanto delle mie gambe malferme, quanto della corda spessa e corta che mi cinge la vita e della quale non mi ero accorto, tanto il veleno mi fa sragionare.
Imprecando una volta di più contro i lupi, la strattono con una mano ed immediatamente sento la pelle tirare e bruciare, mentre sinistre piaghe colanti mi si aprono su quello che fino a qualche secondo fa consideravo un arto indistruttibile.
Mi apro profondi squarci nelle labbra per impedirmi di urlare, e intanto mi insulto mentalmente.
Solo uno stupido poteva credere che i lupi non avessero preso adeguate contromisure, e non notare che la corda era rossa di sangue mannaro.
E tu, Jasper Hale, sei così dannatamente stupido che è un miracolo che sia sopravvissuto tanti anni nell’esercito!
Furioso, tiro un pugno alla parete e la sbriciolo senza troppa fatica, scoprendo una stanzetta attigua alla mia. E che non sono solo.
Anche l’altra “cella” è occupata da un’ospite, una giovane ragazza.
É coperta di lividi, tagli, segni di morsi e zampate, e le sue gambe sono inequivocabilmente spezzate.
Ma sotto i segni blu e il sangue coagulato, il suo viso ha la solita espressione di sfida e, circondati da macchie scure che non sono certo di matita o ombretto, i suoi occhi gialli sono beffardi, e mandano lampi.
Anche ridotta così, Leah Clearwater è una forza della natura.
Ed è bellissima.

(Leah) Quando sento il muro crollare sobbalzo ed impreco, sapendo bene che persino un lupo appena risvegliato potrebbe battermi in queste condizioni.
Ma, rifletto cercando di assumere una posizione di difesa nonostante le fratture e i dolori vari, questo non significa che venderò meno cara la mia pelle.
Quando le schegge e delle sporadiche nuvolette di intonaco finiscono di svolazzare nell’aria, alzo il capo per vedere il mio carnefice, e rimango stupita.
Nella stanza accanto non c’è un’orda di lupi pronti a finire quello che hanno lasciato a metà qualche ora fa, bensì un altro prigioniero.
É appoggiato alla parete superstite, con il capo biondo reclinato all’indietro e gli occhi chiusi. Le braccia e le gambe sono scomposte, e i vestiti sporchi di sangue e tutti strappati.
Eppure, anche in queste condizioni, Jasper Hale rimane di una bellezza ed armonia disarmanti, e vederlo è un balsamo per l’anima.
 Apre gli occhi, mi guarda e io dimentico delle gambe rotte e di tutto il resto: stringo i denti e mi trascino verso di lui.
Jasper allunga una mano a sfiorare la mia e, non appena la distanza glielo permette, mi accoglie tra le sue braccia, cercando di essere il più delicato possibile.
Grazie al suo potere e alle sue premure non ho più dolore né paura.
E anche se non ho concluso nulla, anche se siamo entrambi feriti e anche se so che è probabile che verremo uccisi, sentendo il tocco fresco delle sue mani sulle mie non riesco ad evitare che una bolla di dolcezza mi formi al centro del petto.
Pur senza un valido motivo, mi sento completamente, assurdamente e vergognosamente felice.

(Edward) Corriamo in formazione compatta, infrangiamo il confine e ci fermiamo solo quando veniamo circondati dai lupi.
“Cosa ci fate qui?” Jacob è a dir poco furibondo, tanto da sembrare, anche in forma umana, almeno tre volte più grosso del normale.
Ci osserva intensamente uno ad uno, e le nostre facce lo devono seccare parecchio, perché abbaia, letteralmente.
“Allora? Mi auguro che il motivo sia serio, visto che avete infranto il Patto.”
“Che gioco stai facendo? Sei tu che ci hai fatto venire qua!” Sbotta Emmett, fremendo per trattenersi ed evitare di saltargli addosso.
“Cosa avrei fatto io? E quando, soprattutto, Mister Muscolo? Non mi sono mosso da qui.”
“Un tuo sottoposto è venuto a casa nostra meno di mezz’ora fa: ci ha detto espressamente che veniva a portare un messaggio da parte del Capo, e cioè che Jasper era stato catturato e che lo avresti giustiziato stasera. Era grigio, di media taglia, con un orecchio un po’ accartocciato. E sapeva parlare.”
“É vero, Jared?” Ringhia Jacob, voltandosi verso le retrovie.
Il branco di apre sotto il suo sguardo e  in disparte rimane un unico lupo.
Di mezza taglia, col pelo grigio e un orecchio accartocciato.
Lancia a tutti uno sguardo di sfida, poi alza il capo e apre orgogliosamente le fauci.
“Si, è tutto vero, sono stato io. E  ho obbedito agli ordini del Mio Capo. Ho sorvegliato il Confine, ho visto il succhiasangue avvicinarsi e l’ho intercettato con l’aiuto di alcuni compagni. Abbiamo combattuto e poi lo abbiamo portato dove Lui ci ha ordinato. E ora starà per morire, assieme a quella cagna vogliosa e traditrice della nostra razza!”
Jacob ruggisce e gli si scaglia contro al lupo, placcandolo a terra.
Denti canini spuntano nella sua bocca, ma prima che possa affondarli nel collo del traditore, una voce dolcissima e crudele gela tutti sul posto:
“Domina la tua impulsività, Capo dei lupi.”
Qualcosa si muove nel profondo della Foresta, nascondendosi tra l’oscurità delle fronde con malizia. E questo qualcosa sa di tomba, di morte e di orrende devastazioni e gioisce nel percepire la paura che affonda le radici nei nostri ventri.
Fumo sanguigno si srotola dagli alberi in pigre e dense volute, e striscia verso di noi inscenando una macabra rappresentazione.
Vampiri e uomini lupo assistono ad uno spettacolo di follia ed orrore che va oltre ogni immaginazione, e non si vergognano di tremare e gemere all’unisono.
Le figure dei fantasmi di fumo mostrano torture diaboliche, insensati stermini, bagni di sangue e gironi infernali di mutilazioni, esperimenti e violenze. Le due razze assistono a racconti di avvelenamenti, strangolamenti, crocifissioni e impiccagioni, sono testimoni di suicidi indotti dal terrore e di spietate caccie all’uomo, alla donna, ai bambini e a qualsiasi cosa si muova, persino gli animali, il vento e le onde del mare. E tra le urla, le maledizioni, le lacrime, il sangue e la violenza, i protagonisti di questo sinfonico delirio, gli istrioni amanti del sangue, sono l’orrida, giubilante costante.
Tranciano, affettano, squartano, sfasciano, scuoiano.
Torturano ed avvelenano.
Ingannano.
E sono qui, e si avvicinano.
Ridono apertamente del nostro terrore, e mettono enfasi nei loro passi.
Le cime degli alberi fremono, ed ecco apparire Kataverik.
Alto quattro metri e largo due, osserva il mondo con lo sguardo cattivo dell’unico occhio superstite nel viso scuoiato, e scava un profondo solco con la pesante catena che gli imprigiona le gigantesche braccia. Sadico macellaio tenuto assieme da odio e sbadate cuciture; non è difficile catalogarlo come “mostro”.
 Abadon, invece, è tutta un’altra storia.
Alto, elegante, bello ed affascinante quanto il fratello è orrido e ripugnante. La sua pelle è perfetta, i suoi capelli oro colato, i suoi occhi verdissima giada.
Divino come un angelo, soave come musica ultraterrena, capace di sciogliere con un cenno e far impazzire con un solo sguardo.
Ma qualcosa è andato terribilmente storto durante la sua creazione, e ora la sua mente è dominata dalla più oscura e incontrollabile delle follie.
Ciò lo rende un mostro diecimila volte più temibile del fratello, tanto che persino il suo Principe ne ha paura, quando perde la ragione.
“Vi porgo i miei omaggi, Protettori della terra, e saluto voi, Esseri Eterni.” Dice con voce morbida e fredda quell’angelo inorganico, e si inchina profondamente.
“Il mio padrone è un geniale, nobile Principe, signore della vita e della morte. Ha creato me e  mio fratello come sua guardia armata, e ora ha una richiesta per voi: dovete cessare di combattere. Immediatamente.”
Dalle fila dei lupi si alza un borbottio, ma Jacob lo tacita con uno sguardo, guadagnandosi un’occhiata di approvazione dal messo infernale.
Carlisle, dopo un rapido scambio di sguardi con lui e con noi Cullen, prende la parola.
“E a voi e al vostro Sire vanno i nostri migliori omaggi, e le nostre rassicurazioni. Non vogliamo combattere, il nostro Clan è pacifico e i Protettori sotto una guida giusta e comprensiva.”
“Eppure potrei giurare di aver interrotto l’inizio di una battaglia, non è vero? Non provate a mentirmi, ne sento l’odore nell’aria.”
“Beh, anche tra i migliori vicini capita di litigare qualche volta.”
“Questo è vero, mio affascinante e diplomatico difensore, ma tuttavia a voi questo privilegio non è concesso. Il mio Signore ha grandi piani, e sarebbe orribile se voi li rovinaste. Sarebbe, se mi concedete, un errore devastante. Tenete chete le acque e mantenete i rapporti civili che sono sempre stati osservati. Se ci sono conflitti risolveteli usando il cervello, che è dote che vedo possedete su entrambi i fronti. Non mi fate ritornare tra di voi, e non concedete al loro sguardo di posarsi su di voi e su questa razza che ancora non conoscono.”
“Intendete forse dire…”
“Esattamente, mio caro amico, l’obbiettivo del mio Principe è la cellula armata dei Volturi. Il loro squallore è un affronto al suo genio smisurato, e a ciò va posto un rimedio.
Inoltre sono tremendamente eccitato all’idea di affrontare la Guardia al completo, e competere con loro in abilità!”
Un folle sorriso gli distorce i lineamenti, e ci costringe a distogliere lo sguardo.
Abadon ci fa un cenno di scuse e ci volta le spalle, pronto ad andarsene.
“Non vi perdonerei, se mi rovinaste il divertimento, e guadagnarsi il mio rancore non è consigliabile. Soprattutto se siete razze contro le quali non ho mai avuto l’occasione di combattere.
Per non parlare di Kataverik. Cosa pensate che farebbe a quei covi di umani, se dovesse scoprire che ha spezzato per nulla le pesanti catene che lo imprigionano?”
Si gira per lanciarci un sorriso gelido, ben consapevole di averci messo tutti in trappola, e deve trovare spassose le nostre espressioni tirate, perché si avvicina nuovamente.
“Facciamo le cose secondo le vostre regole, vi va? Per dimostrarci le vostre buone intenzioni, due di voi rinnoveranno il vostro Patto di coesistenza davanti a me e a Kataverik, e noi ci impegniamo a non uccidere nessun membro di questi clan di vampiri, Spiriti Protettori e umani.”
“Accetto.” Risponde Jacob con un ringhio controllato.
Carlisle apre la bocca per giurare a sua volta ma Abadon ci ferma con un gesto.
“Se permetti, mio illustre compare, preferirei scegliere io qualcuno del tuo clan. Vedo che voi, a differenza dei lupi, non avete gerarchie. Vi fidate di tutti alla stessa maniera.”
“Si, siamo una famiglia.”
“Encomiabile. Allora, se permetti, credo che sceglierò quel giovane dall’aspetto singolare.”
Poso una leggera carezza sulla spalla di mia madre e mi faccio avanti, interiormente esultante: forse le mie speranze di morte non sono del tutto infrante.
Abadon sorride, invitando me e Jaco di fronte a lui e contemporaneamente congedando tutti gli altri.
Quando è certo che nei dintorni non ci sia più ombra di lupi o vampiri, sospira e si porta una mano al capo, chiudendo gli occhi con espressione sollevata.
“Finalmente, temevo che non ce l’avrei mai fatta.”
L’ultima sillaba della frase rimane sospesa nell’aria per qualche istante, tintinnando come un prezioso cristallo per poi infrangersi all’improvviso. Ed ecco che i due mostri svaniscono e al loro posto appaiono due bellissime, giovani, donne.
Simone ed Alice.
“Oh, Edward, riuscirai mai a vivere serenamente un solo giorno di questa tua vita?” Sbotta mia sorella singhiozzando e nascondendo il viso nel mio petto.
La accarezzo, frastornato, e quando comincio a capire la stringo forte a me.

(Jacob) Tutto ciò che riesco a fare è osservare alternativamente Edward, sua sorella e la ragazza dai capelli fiammeggianti, chiedendomi cosa diavolo stia succedendo e perché non possa vivere una normale adolescenza con gli sbalzi ormonali e i motori truccati come unici problemi al mondo.
Fortunatamente la ragazza sembra avere un minimo di compassione per questo povero bestione, e mi si avvicina gentilmente.
“Non so se ti ricordi di me, il mio nome è Simone, e sono una vampira. Ci siamo conosciuti quattro mesi fa.”
É difficile recuperare i ricordi di prima della mia fuga, ma dopo un po’ ci riesco ed annuisco.
“Port Angeles, giusto?”
“Giusto. E situazione spinosa, anche allora. Edward aveva perso il controllo, e stava trascinando anche te con lui.”
Annuisco, ancora una volta.
“Ti ricordi cosa è successo, allora?”
“Non esattamente… So solo che pregavo che qualcuno facesse qualcosa, qualsiasi cosa. E poi…”
“E poi per fortuna sei arrivata in tempo e mi hai recuperato appena in tempo grazie al tuo potere.” Conclude per me Edward, che si è avvicinato assieme a sua sorella. Simone annuisce e poi si rivolge direttamente a me.
“La mia voce è molto speciale, mi permette di creare ogni tipo di illusioni e di suscitare qualunque emozione. A Port Angeles per salvarvi è stato sufficiente calmarvi, oggi invece ho dovuto terrorizzare tutti.”
“Tu hai creato quei due mostri…”
“Mentre correvamo qui dall’Italia non sapevamo praticamente nulla della situazione attuale. Avevo previsto che presto Jasper sarebbe stato sconfitto in uno scontro, ma nulla di più. Eravamo totalmente impreparate, e quindi abbiamo pensato che la cosa migliore fosse creare un diversivo di proporzioni epiche, che potesse servire a più di uno scopo. Dovevamo salvare tutta la mia famiglia e dovevamo salvare tutta Forks.”
“E ora cosa contate di fare?”
“Di salvare voi, ovviamente. Te ed Edward.”
Mi volto di scatto verso Simone.
“Si, hai capito bene, salvarvi. E non mettere su quell’aria da duro.  Come Alice non fa che ripetermi da giorni e giorni, probabilmente il casino attuale non è dovuto del tutto a me, ma io so che ruolo ho avuto nella vicenda, e so che quello che ho fatto, poco o tanto che sia stato, è imperdonabile.
Certo, erano ordini ed ero soggiogata ad obbedire, ma non posso nascondermi dietro ad una scusa così debole.
Non davanti a te, in ogni caso.
E se per ciò che è Passato oramai non posso nulla,  posso comunque intervenire nel Presente.
E, di conseguenza, lasciarvi liberi di decidere il vostro Futuro.”

   
 
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