Contest _ Turno 2
Team Estate
Autrice: Wolf’sEyes
Stanza: 2-Asilo
delle suorine
Personaggio Base:
Naruto
Personaggio
Aggiunto: Sasuke
Prompt Pacchetto:
finestra
Luogo: dormitorio
Fan Fiction
Genere:Triste, Malinconico
Rating:Verde
Avvertimenti:Alternative Universe, forse
leggermente OOC in quanto i protagonisti sono bambini e il loro carattere non è
ancora pienamente formato
Naruto sfida le Dodici Stanze:
Quando piove e guardi il cielo
Era una giornata grigia, come lo erano quasi tutte
quelle che si trascorrevano lì dentro. Il cielo plumbeo preannunciava pioggia,
forse un bel temporale, ma era ormai certo di essersi abituato ai tuoni e non
chiamava più Suor Shizune per rassicurarlo, da quando gli
aveva raccontato quella storia.
Suor Shizune era una donna molto giovane che si
occupava dei bambini che avevano un’età che andava fino ai cinque anni. Il suo
viso dolce e i suoi modi sempre gentili e comprensivi erano un fattore
fondamentale nel suo lavoro di istruzione dei bambini,
infatti si occupava di orientarli già da quella tenera età ad un primo
approccio a nostro Signore, alle prime preghiere e all’amore verso il prossimo.
Insegnava ad essere buoni
e gentili, così dicevano i bambini.
Naruto, in particolare, aveva preso in simpatia la
giovane donna, anche se non lo si poteva definire un
bambino modello: era una piccola peste che appena poteva faceva le sue
marachelle, come rubare una fetta di torta in più dal vassoio delle merende
pomeridiane, nascondere i pochi giocattoli che i compagni di dormitorio potevano
tenere, sporcare la divisa un po’ troppo spesso e altre piccole e innocenti
birichinate, punite con qualche preghiera in più.
Ma quel giorno no, non aveva
tempo di fermarsi a fare il monello, doveva correre. Finito l’orario di
catechismo, che per lo più consisteva in una piccola lettura e nella consegna
di un disegno, era scappato di nascosto e tornato al
dormitorio per vedere il nuovo arrivato.
Quella mattina, Kiba, un altro bambino che in quanto
a bricconate faceva concorrenza al piccolo Naruto, gli aveva detto
che c’era un nuovo arrivato ma che nessuno aveva ancora parlato con lui e aveva
sentito che i suoi genitori erano andati via da poco, come avevano fatto i
genitori di tutti i bambini che si trovavano lì.
Ma Naruto era fin troppo curioso per
aspettare ancora per conoscerlo. Corse a perdifiato lungo il corridoio
grigio e cupo dell’edificio, raggiungendo l’ala adibita a dormitorio maschile
dei bambini dell’asilo, al secondo piano, e vi entrò
di fretta.
Diede una rapida occhiata alla stanza, dalle mura
grigie e cupe quanto il corridoio ma vivacizzata dal colore di qualche
copriletto. Due file di sei lettini occupavano la stanza rettangolare e lunga
ed erano disposti perpendicolarmente alle pareti più lunghe, di cui una era
adiacente a quella del corridoio, mentre l’altra dava direttamente sul giardino
dell’orfanotrofio. Tre ampie finestre facevano sì che entrasse luce a
sufficienza per illuminare la stanza, anche se quel giorno le nuvole sembravano
non voler far vedere il sole, coprendolo insistentemente già da quella stessa
mattina.
Non fu difficile notarlo, quel bambino che aveva la
sua stessa età era perfettamente in sintonia con quella camera: era cupo e
dallo sguardo spento e triste. Stava seduto sul bordo del letto, con le mani
sulle ginocchia, le gambe penzoloni e il viso abbassato, perso in chissà quali
tristi pensieri.
Il piccolo Naruto si fece
coraggio e fece qualche passo verso di lui, notando con gioia che gli avevano
assegnato il letto proprio vicino al suo, sotto la stessa finestra.
« Ciao », sussurrò il biondo, avvicinandosi di più e
notando che, nonostante il nuovo arrivato lo avesse visto e squadrato per un
breve attimo, non sembrava interessargli affatto la
sua presenza. « Io sono Naruto Uzumaki, ho… »,
continuò, osservandosi per un breve istante la mano per ricordare. « cinque
anni. E tu come ti chiami? », gli domandò, sperando
che questa volta lo notasse e gli prestasse più attenzione.
Dal canto suo, il moretto non
voleva affatto interloquire con quel buffo bambino che gli era piombato
di fronte, né tanto meno gli interessava ricordarsi come si chiamava, ma quando
Naruto gli si fece più vicino, squadrandolo in viso per capire cosa non andava,
l’imbarazzo fu più forte di lui e lo spinse a scostare lo sguardo per non
incontrare i suoi occhi azzurri.
« Ehi, mi hai sentito? Ti hanno mangiato la lingua?
», si lamentò
allora il piccolo Uzumaki, dondolando sui piedi e nascondendo le mani dietro la
schiena.
« Mi chiamo Sasuke Uchiha, ho cinque anni e non ho
voglia di parlare con te! », disse il moretto tutto d’un
fiato, seccato.
« Calmati, non ti devi arrabbiare… », esclamò
Naruto, preso in contropiede da una reazione tanto esagerata, alzando le mani
come per difendersi. Successivamente si sedette sul
proprio letto, accanto a quello di Sasuke, proprio nello stesso identico modo
del moro, in modo da averlo di fronte.
« Ti hanno dato il letto di Rock Lee », disse poi,
dopo qualche istante di silenzio. Non si voleva arrendere, si era promesso che
sarebbe diventato amico di quel bambino e lo avrebbe fatto, ma il ricordo del
suo amico che ormai non vedeva più da qualche settimana lo spinse ad abbassare
lo sguardo.
Notò tuttavia un accenno di curiosità nello sguardo
di Sasuke, forse era riuscito a catturare la sua attenzione, e questo lo spronò
a continuare.
« Era il bambino che era qui prima
di te. Lo hanno adottato. Dicono così quando arrivano una nuova mamma e un nuovo papà e ti
portano via. Io però una famiglia non l’ho mai vista. Tu sai com’è? », chiese,
quasi speranzoso, alzando lo sguardo verso l’Uchiha e rimembrando che ogni suo
più remoto ricordo, tutto ciò che aveva in mente fino ad
allora, era ambientato tra quelle mura.
« Io… Io una famiglia ce l’avevo
»,
cominciò. « Poi una notte è bruciato tutto e mi hanno
mandato qui, neanche la nonna mi può tenere. Ma io non
ci voglio stare qui! Voglio la mia mamma e il mio papà
», si lamentò il piccolo Sasuke, trattenendo a stento le lacrime, perché
sentiva dentro di lui di non avere più voglia di piangere, per quel giorno.
« Te li ricordi? La tua mamma e il tuo papà, te li ricordi? »
« Sì », sospirò. « Mi ricordo la mamma
quando mi raccontava la favola prima di dormire e il mio papà che mi
tirava su le coperte e mi diceva che poi quando tornava da lavoro giocavamo. Il
profumo della mamma quando mi abbracciava e mio fratello più grande che si
arrabbiava perché gli rubavo i giocattoli… », ricordò il piccolo, che non
riusciva a nascondere la tristezza nonostante si sforzasse di non stringersi
sempre di più nelle spalle.
Naruto ascoltò attentamente, invidiandolo un po’.
« Tu perché sei qua? », gli
domandò poi il moretto, mentre vide Naruto scendere dal letto dopo averlo
ascoltato e dirigersi verso la finestra tra i loro letti, aprendo i vetri e
facendo entrare una folata d’aria fredda, che, pungente, colpì le guance dei
due.
« Io una famiglia non ce l’ho.
Non me la ricordo. E non so perché non ce l’ho, ma una
volta ho sentito che dicevano che uno ubriaco li ha investiti. Io non so che
cosa vuol dire ubriaco, e quando l’ho
chiesto a Suor Shizune mi ha solo detto che è una cosa
brutta. Io non so come mai si diventa così, ma da grande non voglio esserlo.
Mai ».
Anche Sasuke lo ascoltò con
attenzione. Nemmeno lui aveva idea di cosa fosse un
ubriaco, e non sapeva che cos’altro dire se non chiedergli cosa stesse facendo,
mentre lo guardava affacciarsi alla finestra, guardando più in alto che poteva.
« Tu lo guardi, il cielo? », gli chiese allora
Naruto.
« Cosa? Perché
devo guardarlo? », domandò il moro di rimando, sorpreso da quella domanda.
Il biondo lo guardò di rimando, come se attendesse
una risposta concreta, che fosse o positiva o negativa.
« No, non lo guardo il cielo… », ammise il moro.
« Invece devi », obiettò
Naruto. « Perché la nostra mamma e il nostro papà non
sono andati via per sempre, sono lassù in cielo. Qua ci dicono così. Io li
guardo sempre prima di dormire, proprio da questa finestra, e prima lo faceva anche Rock Lee. Non so che faccia avevano,
però io racconto a loro la mia giornata, racconto tutto. Loro sono là e
vogliono farci stare bene e farci sentire amati,
quindi noi non dobbiamo piangere per loro ed essere tristi. Suor Shizune dice
così, che tutti i nostri cari finiscono là, in alto in alto ».
Ascoltate le parole del piccolo Naruto, Sasuke scese
dal letto e si affacciò alla finestra proprio come aveva
fatto il suo nuovo compagno, anche se a fatica, poiché era un po’ troppo
alta per entrambi. Era una grande finestra sulla quale
erano state montate zanzariera e inferriate per evitare che qualche bambino
potesse fare qualche gioco pericoloso, ma nonostante il fitto reticolato e le
sbarre spesse e un po’ larghe, il cielo era ben visibile. Grigio, cupo, triste.
Il piccolo Sasuke si chiese allora come mai, se i suoi genitori e suo fratello erano finiti lassù, e lo amavano, il cielo era
così triste. Poi, all’improvviso, un lampo illuminò il cielo di un innaturale
colore e lo fece trasalire e rabbrividire di freddo, un brivido che gli era salito lungo tutta la schiena e lo aveva fatto gemere,
quasi squittire.
« Hai paura dei temporali? », gli chiese Naruto, comprensivo,
una volta vista la sua reazione.
« Mi dà fastidio il rumore dei tuoni…», ammise
ancora il piccolo Sasuke. Quel biondino stava riuscendo a fargli dire cose che
probabilmente non avrebbe mai confidato a nessuno, lì
dentro. Forse Naruto aveva qualcosa di speciale, e questa sua insistenza nel
cercare un dialogo con lui avrebbe facilmente portato i suoi
frutti prima o poi.
« Una volta avevo paura dei tuoni e dei temporali e
Suor Shizune mi ha detto che invece non dovevo »,
cominciò a raccontare, con lo sguardo perso nel cielo più infinito, come se
riuscisse ad arrivare al di là delle nuvole, come se potesse attraversarle, e
vedere il sereno che quelle celavano. « Perché quando
guardiamo il cielo guardiamo i nostri genitori, e loro guardano sempre noi, e
sono felici se noi siamo bravi e buoni. E quando il
cielo piange è perché un bambino ha smesso di guardare i suoi genitori, e loro
sono tristi e soffrono, e allora piove e ci sono i tuoni. Però,
se guardi il cielo, poi non piove più, o almeno sai che non è colpa tua se
piove ».
Sasuke rimase come ipnotizzato da quelle parole. Quindi i suoi genitori e suo fratello erano tristi perché
lui… Non stava guardando il cielo? Perché era triste
per loro? Allora lo fissò, si chiese come fosse possibile, ma poi si convinse
che fosse così. Fissò il cielo intensamente, voleva che il suo sguardo
raggiungesse i suoi cari e che potesse trasmettere
loro le sue scuse e il suo amore per loro. Si voltò poi verso Naruto e con un
leggero movimento delle labbra, accennò ad un sorriso, che il biondo a sua
volta ricambiò sfoderando un largo sorriso, tipico della sua indole. Aveva
fatto del bene ad una persona, anche se forse non se ne rendeva pienamente
conto.
Si diedero la mano e insieme uscirono
dal dormitorio, lasciando la finestra aperta, mentre uno spiffero d’aria più
calda della precedente li raggiunse entrambi.
Forse Sasuke ci avrebbe messo ancora un po’ ad
abituarsi a non avere paura dei temporali, ma certo era
che quel giorno non sarebbe piovuto. *
* Ci tengo a precisare che, trattandosi di bambini di circa cinque anni, ho utilizzato volontariamente un linguaggio semplice e povero, infantile, per i loro dialoghi. Mi sembrava che rendesse la vicenda più veritiera, tempi verbali non proprio corretti e ripetizioni sono tipiche dei bambini. Volevo solo che si sapesse che è una cosa voluta, e che in quanto a sintassi e grammatica spero di essermi rifatta con il resto della fic.
Note dell’autrice
Ringrazio tutti coloro che hanno letto, sperando che vi sia piaciuta e che vi abbia trasmesso qualcosa. Se leggerla vi ha commosso anche solo un pochino, lasciate un commentino, che così mi commuovo io? =P
Ringrazio anche chi ha letto il precedente capitolo, specialmente synoa, che, gentilissima, l’ha commentato. Mi piacerebbe poter ringraziare anche altri allo stesso modo, ma a quanto pare la fic scarseggia di recensori e fans, e dubito che con questo capitolo le cose cambieranno molto.
Un applauso va a ellacowgirl, che svolge il suo lavoro di giudice in maniera ottimale e che con quel suo “complimenti, dolcissima!” mi ha quasi fatta piangere.
Ecco la griglia di valutazione, come da regolamento:
SCHEMA VALUTAZIONE
Grammatica e sintassi: 9/10
Stile: 5/5
Prompt pacchetto: 5/5
Personaggio Base: 5/5
Personaggio Aggiuntivo: 5/5
Luogo: 2/2
Attinenza alla stanza: 5/5
Originalità: 3/3
Gradimento Personale: 5/5
Tot: 44/45
(ora è presente anche il punteggio della voce “personaggio base”)
… e auguro a tutte le partecipanti un grandissimo in bocca al lupo! =)
Alla prossima!
WolfEyes