Su certe
questioni Tsubasa poteva essere un vero impiastro, ma avrebbe sfidato
chiunque
a comprendere l’atteggiamento che Sanae gli riservava.
C’erano dei momenti in
cui si sentiva talmente sereno da sfiorare il cielo con un dito, per
poi essere
scaraventato violentemente a terra nell’arco di pochi minuti.
Non gli era
certamente sfuggito lo sguardo compiaciuto che gli aveva dato in
biblioteca e,
per un attimo, si era sentito come preso in giro. Perché lei
si comportava
così?
Stufo di
rimirare il soffitto andò alla scrivania, maledicendosi per
il proprio disordine,
e iniziò a cercare, tra i fogli che sporgevano, la
cartellina con il logo della
Federazione. Sfilando e rimettendo sugli scaffali libri e quaderni,
fece
scivolare sulla scrivania una cartellina arancione con lo stemma della
JFL
piena di polvere. La girò sul retro dove si distinguevano
diverse calligrafie
sparse per tutta l’ampiezza del cartoncino e cercò
tra i kanji il nome di Matsuyama,
che si trovava in basso a destra con
tanto di indirizzo e numero di telefono.
Andò
all’apparecchio e
compose il numero, incapace di non provare
vergogna per quello che stava per fare.
- Pronto,
Matsuyama.- era una voce femminile, probabilmente la madre di Hikaru.
-
Buongiorno,
sono Tsubasa Ozora, c’è Hikaru-san per favore?-
La signora
lo
salutò e andò a chiamare il figlio. Tsubasa
distinse un rumore di passi e la
cornetta che veniva ripresa.
- Che
sorpresa,
Tsubasa-kun!-
- Ciao,
Matsuyama-kun. Come va?-
-
Abbastanza
bene, ora sto studiando. Tu?-
- Diciamo
bene.
Scusa, ti chiamo per un favore, posso?-
-
Sì, dimmi.-
- Potrei
avere
il numero di Fujisawa-san?-
Hikaru
rimase
imbambolato a ripetersi mentalmente la domanda, faticando a comprendere
una
simile richiesta da parte del suo capitano nazionale.
- Ecco,
vedi, Sanae
è un po’ strana ultimamente, vorrei chiedere a
Yoshiko-san se è successo
qualcosa.- tanto valeva non fare i misteriosi e dire chiaramente
perché stesse
cercando la sua ragazza.
- Capisco,
aspetta
un attimo.-
Dopo poco,
Matsuyama riprese il telefono e dettò con calma il numero
all’amico.
- Ricorda
il
fuso orario...-
Mi
prende per un idiota?!
- Grazie
mille,
davvero, e scusa se ho disturbato.-
- Ma
tranquillo,
non è niente. Senti però, non voglio impicciarmi
ma devo dirti una cosa: penso che
Yoshiko non ti dirà quello che vuoi sapere, soprattutto per
rispetto verso
Sanae. Ancora una cosa: io mi sono ritrovato all’aeroporto a
fare la
dichiarazione alla mia ragazza, perché sono stato un idiota
che ha pensato solo
al calcio, finché non mi sono reso conto che stavo per
separarmi dalla persona
più importante. Rifletti bene su ciò che ti ho
detto, Tsubasa-kun. -
- Lo
farò,
Matsuyama-kun.-
- Ci si
vede in
ritiro, speriamo ci convochino!-
- Ciao e
grazie
ancora.-
Chiuse la
comunicazione e non potè fare a meno di riflettere su quanto
gli aveva detto
l’amico. Era vero, Yoshiko avrebbe potuto rifiutare di
rivelare dettagli privati
della sua amica, ma lui doveva tentare di capire cosa le era successo
durante
quella vacanza e magari sapere qualcosa di più del
misterioso gaijin che la teneva
occupata al
telefono la maggior parte del tempo.
Guardò
l’orologio posto sulla credenza in noce del corridoio e
notò che erano appena
le cinque del pomeriggio: avrebbe dovuto attendere ancora qualche ora
prima di
chiamare Fujisawa. Decise quindi di uscire, pallone al piede, tanto per
fare
qualcosa che lo distraesse e lo portasse fuori dalle mura di casa in
cui
sarebbe rimasto come un pesce sulla graticola a contare ogni minuto,
prima
della famosa telefonata che, sperava, gli avrebbe chiarito un
po’ di cose.
Alle dieci
e
mezza Tsubasa si rigirò dall’altra parte del
letto, tenendo sempre tra le mani
il libro di scienze naturali, cercando di concentrarsi
sull’origine delle
eruzioni vulcaniche. Almeno avrebbe evitato di rimediare qualche altro
rimbrotto se gli fosse capitato di essere preso di mira dalla
professoressa Fukuda.
Mezz’ora
dopo
scattò in piedi decidendo che, forse, le nove del mattino
erano un orario
accettabile per ricevere una telefonata. Come un ladro
sgattaiolò fuori dalla
propria stanza, stando ben attento a non svegliare sua madre, quindi
scese le
scale per arrivare al cordless al
piano
terra.
Prendendo
un
lungo respiro compose il numero e, mentre la linea stabiliva il
contatto, i
battiti del suo cuore presero ad accelerare per l’agitazione
e l’imbarazzo.
- Hello, Yoshiko speaking.- la voce pacata
di Yoshiko lo bloccò come una statua di sale.
‘cazzo
fai Tsubasa?! Rispondi!
-
Hello?-
Tirò
un profondo
sospiro e parlò.
-
Buongiorno,
Fujisawa-san, sono Tsubasa Ozora.-
La ragazza
si
sentì come le fosse caduta una tegola in testa,
guardò l’orologio e contò che
occhio e croce doveva essere tarda sera in Giappone.
- Ehm,
immagino
che per te sia buonasera ormai. Sei fortunato a trovarmi, oggi sarei
dovuta
essere a scuola.-
Il ragazzo
prima
si maledisse per non averci pensato, poi pensò che aveva
avuto proprio una gran
fortuna a trovarla a casa.
- Scusami,
Fujisawa-san, ti chiamo per un motivo importante.-
Esitò
un pochino
prima di proseguire.
- Sanae ha
passato le vacanze da te. E’ per caso successo qualcosa?-
La ragazza
allargò le labbra in un sorriso, a quanto pare Tsubasa si
era accorto che oltre
al pallone esisteva anche la sua amica. Per solidarietà
femminile decise che
prima di rispondergli si sarebbe divertita un po’ a
punzecchiarlo.
-
Perché lo vuoi
sapere?- chiese con un tono quasi infastidito.
Non si
fece
cogliere impreparato, una domanda simile se l’aspettava.
-
Perché è
un’altra persona adesso: a volte sembra
un’estranea, vorrei sapere se è
accaduto qualcosa.-
Eccome
se è accaduto.
- Scusa,
ma
perché non glielo chiedi?-
- Ci ho
provato,
ma è sfuggente e ci sono giorni in cui a stento mi rivolge
la parola, come se
ce l’avesse con me.-
- Forse
è
proprio quello il problema, per questo insisto a dirti che sarebbe
meglio ne
parlassi con lei.-
-
Fujisawa-san,
ho aspettato fino adesso solo per chiamarti e sperare mi dicessi
qualcosa.-
-
Tsubasa-kun,
spiegami perché dovrei dirti come ha passato le vacanze qui
con me. Non sei né
un suo parente né il suo ragazzo.-
L’ultima
frase
suonò come una sassata scagliata con immane violenza, ma non
aveva tempo per
rimanere deluso per le parole dette da Yoshiko, era in ballo e tanto
valeva
ballare, anche arrivare a pregare la ragazza.
-
Perché…perché…perché
ho passato un’estate a chiedermi che motivo avesse per
andarsene via senza dire niente e quando è tornata mi sono
trovato di fronte
un’altra persona. Ma che succede? Ha per caso trovato un
ragazzo laggiù?- il
tono di voce iniziava a suonare affranto e Yoshiko, mossa a
compassione, decise
che era l’ora di dirgli quel che sapeva.
- Ecco,
vedi, si
tratta di un mio amico.-
Il ragazzo
non
avvertiva più niente come se una scarica elettrica potente
gli avesse tolto la
sensibilità in ogni punto del copo.
- Lui ne
era
molto attratto e ha fatto qualsiasi cosa per ottenere le sue
attenzioni.- la
ragazza marcò l’accento sulle ultime parole, quasi
a voler mandare dei messaggi
subliminali al suo interlocutore che evidentemente era troppo sconvolto
per
parlare.
-
Quindi…quindi
è con lui che Sanae parla di continuo.- la sua voce era
quasi un bisbiglio.
-
E’ probabile,
anche se non so dirti in che rapporti sono rimasti.- mentì.
- Non sai
se
stanno insieme o meno?-
- Non con
certezza. Però sai, Cody ci sa fare con le ragazze,
è bello e anche molto ricco,
ma per conquistare Sanae le ha semplicemente dato quello che ogni
ragazza cerca.-
- Sarebbe
a
dire?-
-
Considerazione.
Non faceva che riempirla di complimenti e trattarla come una
principessa. Sanae
stessa mi ha confessato che nessuno le aveva mai dato tante attenzioni.-
Ogni
parola che
diceva Yoshiko era come una frecciata avvelenata sul cuore del ragazzo.
- Ho
capito,
però…-
- Cosa?-
-
Perché mi
tratta con freddezza?-
- Non so
che
dirti, questo dovresti proprio chiederlo a lei. Scusa, sono costretta a
salutarti, perché devo aiutare mia madre a preparare il
pranzo per la Festa del
Ringraziamento[1].
Buona notte.-
- Grazie,
Fujisawa-san. Buona giornata.-
Mi
spiace, Tsubasa, forse sono stata un po’ dura, ma
è ora che tu capisca.
Il ragazzo
ripose il cordless sulla base e
risalì mollemente le scale: la telefonata su cui aveva
riposto tutte le
speranze gli aveva fatto piovere addosso ulteriori pensieri come una
vagonata
di mattoni.
Si
sdraiò sul
suo letto e fissò il soffitto amareggiato, perso nella
rielaborazione dei
risultati della sua brillante idea. Aveva scoperto che Sanae aveva
conosciuto
questo tale, Cody.
Almeno
ora il gaijin ha un nome.
Ora sapeva
che
lui le aveva dato tutto ciò che desiderava e che
probabilmente stavano ancora
assieme, ma in quello squallido mosaico non riusciva a capire cosa
c’entrasse
lui, né perché Sanae lo trattasse con freddezza.
A un tratto una lampadina si
illuminò nel suo cervello, era come un’equazione
matematica.
Rifletti,
Tsubasa, lei è sempre stata dolce e carina con te e ti sei
preso il meglio di
lei senza preoccuparti di dare nulla in cambio se non noiosissime (per
lei)
conversazioni sul calcio, va dall’altra parte
dell’oceano Pacifico e senza il
minimo sforzo si accattiva le simpatie di mister perfezione, torna e il
suo
atteggiamento nei tuoi confronti cambia…cazzo, Sanae, aveva
un interesse nei
miei confronti? E io scemo che nemmeno me ne sono reso conto?
Calma…
Analizziamo
la situazione: Fujisawa non sa o finge di non sapere se stanno ancora
insieme,
però Sanae non disdegna mai gli inviti di quel mollusco di
Yoshizumi, il che
può voler dire che lei non è impegnata con
nessuno…mmm, però il gaijin la
chiama di continuo… Eppure l’altra volta al locale
era davvero carina, abbiamo
scherzato, lei ha accettato le mie gentilezze…ma cazzo!
Il
gaijin le ha dato mille attenzioni, io invece le attenzioni me le sono
prese e
non le ho nemmeno apprezzate come avrei dovuto, probabilmente con lui
ha potuto
confidare i suoi sogni e le sue aspirazioni per il futuro, io invece le
ho sempre
sbrodolato addosso il mio sogno di andare in Brasile e lei, lei mi
sorrideva,
quando magari pensava che non vorrebbe che me ne andassi lontano,
avrà anche
creduto che lei non mi mancherà,
bell’insensibile…mi prenderei a schiaffi da
solo, una ragazza carina e simpatica, una persona con cui mi sono
sempre
trovato benissimo si interessa a me e io mi comporto da menefreghista.
Complimenti Tsubasa, sei davvero una merda.
Sbuffò
e si alzò
di scatto afferrandosi la testa fra le mani.
- Che
cazzo
faccio adesso?-
Qualcun
altro
stava vegliando quella sera: Sanae ripensava agli eventi che si erano
susseguiti da quando era tornata dagli USA e, nonostante col passare
dei giorni
avesse ottenuto dei grandi risultati, non si sentiva soddisfatta. Il
suo
sguardo si posò ansioso sul calendario da tavolo posato
sulla scrivania. Entro quattro
mesi la scuola sarebbe finita e Tsubasa sarebbe andato in Brasile. Non
era
un’infinità di tempo, i giorni passavano, e anche
se il ragazzo aveva reagito
come lei sperava quella sera si sentiva estremamente negativa.
Probabilmente
le sue reazioni sono dovute al fatto che non è abituato a
vedermi così fredda
nei suoi confronti, forse a lungo andare si abituerà e
comincerà a trovarmi
odiosa. Forse Tacchan ha ragione, Tsubasa non è un burattino
e io mi sto
illudendo di poterlo manovrare come mi pare e piace. Perché
sto facendo tutto
questo?
Il suono
del
cellulare la distrasse dai suoi pensieri, a quell’ora poteva
essere solo una
persona e mai come in quel momento sentiva l’esigenza di
parlare con quel
ragazzo che era diventato quasi una specie di migliore amico.
-
Cody…- sospirò
quasi sul punto di scoppiare in lacrime.
- Ciao,
bellezza! Che mi dici di bello? La strategia prosegue? Il bamboccio
abbocca
all’amo?-
-
Perché lo
faccio?!- le uscì un urlo strozzato.
Il ragazzo
rimase colpito da quella domanda a bruciapelo e rimase ancora di
più a bocca
aperta quando sentì dei singhiozzi attraverso il ricevitore
del cellulare.
-
Dolcezza, sono
lacrime quelle che sento?-
Nessuna
risposta.
- Ah, no,
non
voglio sentirti così. Ora per favore, vai in bagno e
sciacquati il viso.-
Sanae
obbedì
meccanicamente al consiglio di Cody. Il rumore dell’acqua del
rubinetto si
arrestò e sentendola nuovamente respirare sul microfono
riprese a parlare.
- Meglio?-
-
Sì, grazie.-
sospirò.
- Allora,
cos’è
questo sconforto?-
- Non lo
so,
Cody. Mi sento un’idiota, ho come l’impressione che
non otterrò nulla così.-
- Ma se
hai già fatto
dei progressi... Un passo per volta, piccola, non avere fretta.-
- Io temo
che i
comportamenti di Tsubasa siano una cosa passeggera, presto si
abituerà al mio
nuovo atteggiamento e tutto tornerà come prima. Sono solo
una stupida illusa.-
- Primo,
lo
stupido è lui dato che aveva le attenzioni di una ragazza
come te e nemmeno se
n’è reso conto; secondo, anche se dovessi renderti
conto che neanche così si
cava un ragno dal buco, almeno avresti una volta per tutte la certezza
che non
gli interessi.-
- Ed
è proprio
per questo che vorrei mollare tutto, non voglio darmi pena per poi
scoprire che
non gli interesso.-
- Ammesso
e non
concesso che non gli interessi, cosa che ritengo altamente improbabile,
date le
reazioni che mi hai descritto, almeno avresti la soddisfazione di
averci
provato.-
Cody
sembrava il
classico belloccio con la testa vuota, invece aveva sempre le idee
talmente
chiare che Sanae ringraziò il cielo per avergli fatto
incontrare una persona
come lui, capace di farle vedere le cose con lucidità anche
quando la testa era
piena di paranoie.
- Ma ora
mettiti
comoda e stammi a sentire, perché è il momento di
passare alle maniere forti.-
Tadaaan…
ecco che ricompare Cody e ora tutte vi starete chiedendo che parte sta
giocando. Il suo ruolo sarà chiarito nel prossimo capitolo e
si scoprirà anche
qualcosa di più.
Ringrazio
tutti per l’apprezzamento che state dimostrando per la mia
fanfiction e mi
scuso ancora per essermi scordata della pubblicazione
mercoledì scorso.
Alla
prossima settimana! ;)