+ Once more +
_-( Natale
Con Te )-_
+ + + Capitolo 3 + + +
Note
Ringrazio di cuore Brinarap,
elrohir, venus87, kiba91, sTeLLiNasTRoNZa,
AncestralMelody e Yumi per
aver apprezzato questa fic, benché sia una storia
impregnata, fino ad ora, di
tristezza. Avevo la voglia di scrivere qualcosa di diverso dal
solito, ecco… Però non me ne dispiaccio. Io scrivo per
sfogarmi, perciò ho sentito il bisogno di stendere una storia segnata da
un'impronta di malinconia, scusatemi… ^^ ‘ ‘ ‘ Notizie
di Kaede, per coloro che non riescono più a sopportare l’ombra di puro silenzio
che è calata su di lui, oltre a quelle accennate nelle varie, piccole parentesi
di questi iniziali capitoli, giungeranno a partire dal prossimo aggiornamento…
Pazientate…^^’
Spero davvero che non troviate noiosa
questa parte di fic… ^^’’’ che a me fa tanto
–esagerando per dare l’idea- “elenco della spesa”… -.- Ehm…
Beh… Buona lettura, un baci8! =Angels’ Isl@nd=
+ Once more +
_-( Natale
Con Te )-_
+ + + Capitolo 3 + + +
Ricordi quando ti eri svegliato al
mattino. Era ancora buio.
Sentivi il calore di un respiro diverso dal tuo condensarsi suoi
tuoi capelli umidi. Sentivi il piacevole
peso di un braccio abbandonato su un tuo fianco, delle dita rilassate appoggiate sulla
tua pelle. Ti eri mosso abbozzando un
sorriso rannicchiandoti
contro un corpo caldo intrappolato insieme al tuo in un sacco a pelo. E l’avevi sentito muoversi, stringerti piano in un movimento
assonnato che ti aveva trasmesso un senso di protezione dimenticato ormai da
tempo.
Eri rimasto immobile, crogiolandoti in quel dolce tepore che ti
faceva sentire il ragazzo più felice del mondo.
C’era solo il silenzio e la melodia d’un ruscello che scivolava nelle
fredde acque di un lago d’argento illuminato,
nella notte, dai soffici baci della luna. E tu avresti voluto davvero bloccare il
tempo, fermare quella sabbia dorata che scivolava incessante nella fragile
clessidra della tua vita
per godere di quell’attimo eterno in
cui avresti voluto perderti per sempre.
Le tue mani si muovono nel buio alla ricerca di un Cd.
Non ti basta, vero?
Tutta questa sofferenza
a cui ti
costringi ogni giorno
non ti basterà
mai, vero?
E senti gli occhi riempirsi di lacrime mentre ascolti la struggente melodia
di un brano come I Love You. Kaede non
l’ascoltava mai.
Sarah McLachlan,
borbottava ogni volta quando ti sorprendeva ad
ascoltare quell’unico pezzo che avevi di lei. Storceva il naso e lasciava la stanza.
Sorridi. Non gli hai mai
detto d’averlo sorpreso ad ascoltarlo, quel giorno in cui l’avevi lasciato
solo dopo un insensato diverbio.
Eri rimasto in silenzio, e ti eri poggiato alla parete della
stanza adiacente, per poterla ascoltare insieme a
lui.
Le tue labbra si contraggono in un fugace sorriso
d’amarezza.
Ti manca
Kaede.
Ti manca
tanto.
Ti adagi sul letto, restando su un fianco, scompigliandoti i capelli contro le lenzuola.
Vorresti provare a chiamarlo a casa. E sentirla rispondere al telefono, quella
voce unica, profonda e irrimediabilmente meravigliosa che
non senti ormai da tanto, troppo tempo.
Eppure sai
che non puoi farlo.
Non puoi perché era questa la sua casa.
Perché
era questa la vostra
casa.
Ricordi gli alberi che stagliavano le loro fronde contro il
cielo, ricordi
la luce in quegli occhi blu, la stessa
luce che brillava nel lago ai primi bagliori del mattino. Ricordi le vostre voci urlate con tutto il
fiato ch’avevate in corpo,
gridate da uno sperone di roccia solo per sentirle tornar
indietro in un lontano eco fuggente.
Sorridi ad occhi chiusi ripensando agli sforzi sovrumani che avevi fatto per costringere Rukawa
alzare la voce. Che idiota eri
stato. Avevi gettato il suo vecchio
lettore nel
dirupo. E ti metti a ridere ripensando
alla rabbia infinita che leggevi nei suoi occhi, alla sua voce maledettamente sensuale
anche quando era carica d’odio in un momento come quello.
E ti aveva mandato al diavolo, lui, nel vedere che non reagivi e
che, al contrario, lo fissavi imbambolato, divertito, felice d’esser riuscito nel tuo diabolico
intento. Senti ancora le sue proteste potenti, penetranti, arrochite ed indimenticabili risuonare tutt’attorno.
Ti volti sulla schiena.
Rivedi le sue dolci e buffe espressioni nel cercare di scegliere
una tuta nuova, quel
giorno di saldi in cui eravate usciti fare spese. Osservavi il suo viso
corrucciato, segnato da un’evidente, irrisolvibile esitazione. Fissavi il suo sguardo concentrato passare da
un capo all’altro, le sue labbra stupende morse dai denti nel tentativo di
prendere una decisione.
Era
così dolce…
Era così…
Così…
Avresti voluto abbracciarlo forte.
E
dirgli che lo amavi.
Che eri davvero
innamorato di lui.
E invece lo prendevi in giro ghignando, ridendo dinanzi ai suoi insulti
innervositi e imbarazzati. L’avevi
persuaso ad acquistare entrambe le tute ribadendo che, di questo passo, avreste fatto notte, dandogli ragione ogni volta che giurava che
non t’avrebbe più portato con sé in simili giornate. Ma come avresti potuto dargli un giusto
consiglio, tu che lo avresti ammirato come un dio anche se
fosse stato solamente vestito di logori ritagli di stoffa…?
Ricordi le lacrime agli occhi, mentre osservavi rapito Kaede in
mezzo alla pista, un
magico fulcro intorno al quale ruotava una miriade di gente in indistinti
riflessi sfocati.
Lo ricordi mentre ti osservava guardare
meravigliato la pista e le gradinate, le
luci che rendevano incantato quel luogo in cui ti aveva portato in un giorno
speciale. Lo ricordi cercare i tuoi
occhi, abbracciarti
intensamente, tenero, con gli occhi lucidi
al pari dei tuoi, senza riuscire a
proferir parola. Ti aveva fatto una sorpresa inaspettata. Ti
aveva reso felice.
Vedi ancora le sue saettate sul ghiaccio, le sue perfette acrobazie eseguite
volteggiandoti intorno, con lo sguardo
fisso su di te e nessun altro. T’incantavi ad ammirare quel dolce sorriso
che gl’incurvava le labbra,
ad osservare l’ondeggiare dei suoi capelli sferzati dal vento.
Ripensi alle tue proteste quando ti
aveva preso per mano e trascinato per tutta la pista sfrecciando fra gli
altri, lasciandoti libero nel momento in
cui era giunto alla sua massima velocità.
Ricordi il terrore,
le urla, le botte, le risate…
Hai ancora in mente la corsa esagerata verso di lui, quando ti sentivi al
centro del mondo, quella corsa
incredibile che avevi cercato di frenare solo quando avevi realizzato di
trovarti sul ghiaccio, lanciandoti involontariamente in una serie di spassose
acrobazie per cercare di non cadere come un sacco di patate. Senti risuonare le risate della gente quando eri inevitabilmente scivolato in avanti
ritrovandoti con la testa fra le gambe del tuo Ede e con un gran livido su un
fianco.
Ricordi il suo sorriso divertito mentre
ti offriva una mano e ti abbracciava stretto a sé nel tirarti su…
Era così
felice quel giorno…
Colorblind dei
Counting Crows non migliora
affatto il tuo stato d’animo.
Ti alzi stanco dal letto, tornando alla finestra come una giovane falena
anela alla sua luce.
Distingui solamente due colori, fuori,
al di là di quelle fredde lastre di
vetro che le tue dita continuano a sfiorare. Il blu della notte inoltrata… …Il bianco della
neve graffiato d’azzurro. Quelle stesse
sfumature che avevi osservato quel giorno in cui a bagnare i tuoi occhi erano
lacrime di infinita tristezza.
Era stato il primo vostro, vero litigio.
Ed entrambi,
gonfi d’orgoglio come ogni dannata, maledettissima volta non avevate saputo riporlo da parte, barricandovi nelle vostre stupide,
discrepanti convinzioni.
Stava ancora nevicando, mentre la luna riusciva a prevalere su
una fitta coltre di nubi. La notte rendeva tutto così statico…
Soffrivi da morire, ed eri convinto che quegli attimi interminabili
fossero destinati a non finire mai.
Piangevi.
Piangevi.
Piangevi.
E più soffrivi
più avvertivi la voglia di sfogarti ancora di più, di svuotare tutto te stesso, di singhiozzare più che potevi e dare alla luce stille di pianto senza fine,
piangendo fino all’ultima lacrima.
Volevi sfogarti fino a disperdere l’ultima briciola d’energia, per poter sentire quell’incommensurabile stanchezza che ti avrebbe costretto
ad un sonno profondo, riparato sotto i
rami di un pino, ‘mille
miglia’ lontano da casa. Volevi sentirti stanco.
Stanco e non svegliarti mai più.
Eri riuscito a ritrovarti senz’aver più una lacrima da
versare. E camminavi senza una meta per
le strade di periferia,
osservando, senza vederla,
la tua nitida ombra che la luna proiettava silenziosa sulla neve. Non sapevi dove fosse Kaede.
E né avevi la forza di volerlo sapere, in quegli attimi in cui
pareva che
Poi l’avevi scorto, in fondo al parco.
Un’ombra accovacciata di profilo, intenta ad ammonticchiare neve in un piccolo
cumulo tondeggiante, sotto un grosso
rovere dai rami traboccanti di gelidi cristalli rilucenti. Non credevi fosse uscito anche lui, non credevi di trovarlo nell’esatto punto in
cui vi eravate scambiati il vostro primo, indimenticabile bacio.
E temevi fosse un miraggio,
un’illusione creata dal nevischio che si posava sulle tue ciglia
bagnate.
Tutt’intorno la natura
brillava, illuminata dalla luce della
luna che si rifletteva nella neve in un magico candore soffuso.
T’allontani dalla finestra infilando le mani nei pantaloni del
pigiama, mantenendo le braccia lungo i
fianchi. Ondeggi il peso da un piede
all’altro, ciondolando con il capo al
lento ritmo della musica. Rivedi i tuoi
passi lasciare tracce fresche alle tue spalle,
rivedi la tua figura avvicinarsi sempre più a lui. Rivedi il suo volto
arrossato per le lacrime salate che gli si raffreddavano sul viso. Il suo corpo tremare per il freddo e lo
stupore. Non aveva indossato un
giaccone, prima di uscire da casa sbattendo la porta. E ti eri inginocchiato al
suo fianco, abbozzando un timido
sorriso, cercando di osservare quel
piccolo pupazzo di neve che non riuscivi
a mettere a fuoco a causa delle lacrime che riempivano i tuoi occhi.
E avevi allungato una mano
alla ricerca di quella di Kaede.
Avevi ritrovato le sue dita… così
gelide… che tanto ti erano
mancate. Le avevi sentite avvinghiarsi
alle tue, avvertendo il tuo koi che tentava inutilmente di reprimere la voce strozzata
dal pianto. E vedevi le sue lacrime
inondargli le guance mentre, ad occhi chiusi,
si mordeva le labbra stingendoti la mano.
L’avevi abbracciato,
tirandotelo contro con dolcezza,
baciandogli i capelli.
Avevi ripreso a piangere
anche tu.
Avevi sentito le sue braccia circondarti la schiena e le spalle
in una stretta disperata, in un
abbraccio da cui traspariva tutto il suo sconforto, la sua disperazione, il suo dispiacere. Il
suo infinito amore.
Ed eravate rimasti così per minuti interi, abbracciati nelle neve, mentre fiocchi cangianti illuminati dalla luna piovevano lenti dal cielo, coprendovi d’un bianco manto iridescente nel
silenzio della notte.
Un pendolo d’ebano intona i suoi ultimi dodici rintocchi della
giornata, qualche stanza più in là. E tu sospiri lasciandoti cadere all’indietro,
a peso morto, sul letto.
Poi un flebile rumore, fuori dalla finestra. Seguito da un altro. E poi da un altro ancora. E ancora.
E ancora. E ancora.
Torni a fissare il soffitto e sospiri, alzando le braccia e abbandonandole sul
materasso poco più al di sopra del tuo capo.
E ti rendi
conto solamente di una cosa, mentre
avverti le prime gocce di pioggia picchiare contro i vetri.
È Natale.
…E Kaede non c’è.
Note
Colorblind e I Love You: due brani tutt’altro
che allegri, che Hanamichi ascoltava ormai da tempo, nei momenti di più intensa
nostalgia (veramente quella che li ascolta sono io, ma questo è un dettaglio
irrilevante… ‘u___u’… )… Se qualcuna di voi ha presente le canzoni
a cui mi riferisco spero le giudichi abbastanza adatte alla situazione che Hana sta vivendo… Non tanto per i testi, quanto per le
melodie…