The one that got away.
Capitolo VII.
Note dell'autrice.
Capitolo un po' forte, specialmente per la violenta litigata.
Bruno se n'è andato ed ora...
Siamo quasi al tragico epilogo, preparate i fazzoletti, anche se penso che vi serviranno anche alla fine di questo capitolo...
Un bacione,
Claudia.
Capitolo VII.
- Sì, credevo a quei tempi, che l'amore -soprattutto pensando a me e Bruno- fosse invincibile e riuscisse a tener testa a qualsiasi cosa. Se non ci riusciva, be', semplice...non era amore.
- Ma le cose non erano sempre così facili. Si poteva amare alla follia e ritrovarsi a litigare per futili motivi.
- Quello m'era capitato. E...l'avevo perso.
- I giorni passavano.
- Durante le prime due settimane, Bruno ed io trascorremmo molto tempo insieme e accantonò l'incarico, dicendo che s'era notevolmente portato avanti ed ora la sua unica priorità ero io.
- Eravamo andati ad alcune feste, in spiaggia, a falò, nella nostra radura...
- Ed eravamo nel nostro posto felice.
- Ma chissà come mai ne uscimmo. Uscimmo dal posto felice, varcando il confine con la realtà...e con il dolore, le responsabilità.
- E l'equilibrio si spezzò.
- Come ogni mattina, m'alzai pronta ad affrontare un'altra giornata in compagnia del mio fidanzato, ma quando accesi il cellulare, trovai un messaggio.
- Amore mio, mi dispiace, ma oggi non possiamo stare insieme. Devo lavorare al quadro.
- Ti amo, Bruno.
- «Oh.», mormorai solamente, lasciando cadere il cellulare sul comodino.
- Poco male, tanto sarebbe stato un giorno, vero?
- Con quella speranza nel cuore, affrontai quella giornata che mi sembrò terribilmente lungo senza di lui.
- La cosa però si ripeté anche il giorno dopo, e l'altro ancora, e l'altro ancora...
- Finché dopo ben cinque giorni, si fece vivo, dicendo che potevo andare a casa sua. Magari avremmo dipinto un po' insieme, era da tanto che non lo facevamo.
- Ero particolarmente euforica e impaziente: mi mancava, mi mancava da morire. Ero stata in astinenza dall'amore ed ora volevo tornare alla normalità, cioè ritornare con lui. Almeno sarei stata felice, lo ero sempre quand'ero con Bruno.
- Quando scesi era sotto casa, perfettamente in orario; ciò mi ricordò quella spiacevole volta in cui immaginai di tutto e di più per via di quel ritardo...e alla fine non era niente.
- Sorrisi, scuotendo il capo e corsi ad abbracciarlo.
- Alzai il viso e lo baciai, il bacio crebbe subito di intensità e dopo qualche secondo mi staccai in cerca di ossigeno. «Wow. Ciao anche a te.», disse Bruno, sorridendo come un ebete.
- Gli diedi un buffetto sulla guancia. «Mi sei mancato, tantissimo!», esclamai, buttandogli le braccia al collo.
- Mi baciò lui questa volta. «Andiamo, prima che finiamo col dare spettacolo sotto casa tua. Credo che poi non piacerei più ai tuoi genitori.», borbottò.
- Risi, facendo il giro della macchina e aprendo lo sportello. «Andiamo!», decretai, chiudendolo dopo il mio passaggio.
- Quando arrivammo a casa, si diresse nel suo studio. «Ti va di dipingere?», chiese.
- Lo sapevo!
- «Certo!», risposi entusiasta.
- Amavo dipingere; Bruno era stato un ottimo insegnante e m'aveva fatto scoprire molti trucchi splendidi per migliorare le mie scarse capacità di pittrice. Inoltre, con lui mi divertivo sempre tantissimo. Mentre dipingevamo, parlottavamo tra noi e le risate, quelle, non mancavano mai.
- In mezzo allo studio, notai una tela enorme, lavorata per metà e già quella piccola parte era splendida...era il volto di Marilyn Monroe, forse era quello il quadro che doveva...
- «Sì, è questo.», rispose, avvicinandosi alla tela e guardandola quasi con devozione.
- «Oh, Dio, è...un qualcosa di magnifico!», esclamai.
- Mi sorrise, allestì un'altra tela per me accanto alla sua e iniziò a lavorare, come se ad un tratto fossi sparita.
- Mi sentii un po' messa da parte, ma ignorai il magone e presi il pennello in mano, cercando ispirazione che puntualmente non arrivava. Con la coda nell'occhio osservai Bruno che era assorto completamente da quel maledetto ritratto.
- Era una cosa...insopportabile!
- Perché voleva stare con me se poi nemmeno teneva conto della mia presenza?
- Mi sentii invidiosa, gelosa...di un quadro, sì, al quale attribuiva un'importanza stratosferica.
- Strinsi il pennello tra le mani e decisi di calmarmi, tracciando con il colore blu una linea che rappresentava il punto in cui mare e cielo si incontravano. Iniziai il disegno, fissando sempre Bruno.
- «Certo che sei proprio innamorato di quel ritratto, eh?», domandai acida ad un certo punto.
- No, non potevo farlo... Mi stavo comportando come una sciocca.
- Bruno lasciò il pennello per un attimo e puntò i suoi occhi nei miei. «Sai che è...».
- «Importante. Lo so.», terminai per lui, guardandolo con aria di sfida.
- «Vuoi litigare per un quadro?», chiese, alzando gli occhi al cielo.
- «Non stiamo litigando.», dissi tranquilla, fissando il pastrocchio che stavo combinando.
- Bruno venne e prese il mio braccio per aiutarmi, ma mi mossi e rovinai tutto.
- Lo tirai via. «Cosa vuoi da me e quel che disegno?! Guarda che hai fatto! Pensa al tuo ritratto importante e non a quel che faccio io!», urlai, scaraventando via la tavolozza.
- Mi fissò sbalordito, poi divenne furioso. «Ti stai comportando come una bambina e non venirmi a rispondere che lo sei, perché mi arrabbio sul serio! Smettila di scappare dalle tue responsabilità e calmati! Dio, che nervi.», gridò.
- Si chinò a raccogliere i colori che avevo buttato, mentre io lo fissavo immobile, senza proferire parola.
- «Scappo dalle mie responsabilità? Come pretendi, dopo avermi detto questo, che non mi lamenti del fatto che sono una bambina, eh?!», ribattei.
- «Io alla tua età non ero così!», sbuffò.
- «TU NON SEI ME!», esclamai nervosa.
- «Non sto dicendo questo...Cristo, smettila di rivoltare mille volte la frittata e finiamola con questa storia, okay?», tentò di avvicinarsi.
- «Non mi toccare!», sibilai, indietreggiando. «Mi stai facendo sentire in colpa, io...», biascicai.
- «Ah, sarei io che ti faccio sentire in colpa? Ma ti senti, Antonella? Che diavolo vai ciarlando?», domandò, stringendo i pugni.
- Io e Bruno non avevamo mai, mai litigato così in sei mesi e più che stavamo insieme.
- «Pensa al tuo incarico e non alla stupida che dice cose senza senso.», mormorai, abbassando lo sguardo.
- «Antonella...», sospirò.
- «Forse per te non sono proprio stata importante, se per una stupidaggine come questa litighiamo. Perché noi abbiamo litigato ed ancora ora la tensione è palpabile Bruno. Come pretendi di stare con me? Guarda...io...me ne vado.», dissi.
- Mi fermò. «Sì, hai detto una cavolata bella grossa ora!», si infervorò. «Vedi che lo stai facendo di nuovo? Hai paura di affrontarmi e scappi.», mi rimbeccò.
- Lasciai cadere le mani sui fianchi. «Paura? Di te? Ti sei chiesto che forse lo sto facendo per non continuare ad urlarci contro e scannarci come belve? Oh, giusto, la tua mente è altrove.», indicai il quadro, ironica.
- «Basta, ora! Mi sono davvero rotto le palle di questa storia, eh!», gridò, girandosi e afferrando la tavolozza, continuando come se niente fosse la sua opera d'arte. «Se vuoi, vattene pure, quando cresci fammi uno squillo. Quella è la porta.», disse.
- «Bene, sai che c'è?», presi un contenitore dove vi era della tinta rossa. «Me ne vado, ma non prima di aver fatto questo!», la versai sul suo quadro.
- Avevo rovinato tutto il suo bel quadretto. La tinta colava, come del sangue che sgorgava quando una ferita veniva squarciata, sull'opera, un tempo bella, che m'era diventata rivale.
- Bruno si girò e mi guardò non arrabbiato, di più. «Che cazzo hai fatto?! Ti rendi conto di quanto ci avevo lavorato?», esclamò.
- «E tu ti rendi conto di quanto mi stia trascurando per colpa di quello?! Bruno, avevo sognato un'estate indimenticabile con te, era tutto programmato, poi, puff, appare questo quadro e va tutto a puttane! Io...sono stata felice per te, ma malissimo per noi. A me non ci pensi? Pensi solo a quel coso? Bene, sei bravo, rifallo, tanto con me non hai impegni. Me ne vado e cresco, proprio come vuoi tu.», sussurrai, mentre le lacrime rigavano il mio viso.
- «Non fare la vittima! Se l'avessi finito, sarei stato prima e di più con te. Ma naturalmente questo non l'hai pensato, vero?», disse inquieto, mentre buttava tutte le sue cose in uno zaino.
- Lo vidi andare verso l'ingresso e realizzai quel che stava per succedere.
- «Per favore, Bruno, no!», urlai.
- «Lasciami!», mi strattonò via e caddi per terra, mentre lo vidi andar via, con la porta che si riaprì per la forza con cui era stata sbattuta.
- Sentii la sua auto mettere in moto e partire, poi niente.
- Solo i miei singulti che squarciavano la notte.
- Che stupida ero stata.
- Che inutile quella lite.
- E poi, ne avevo anche pagato le conseguenze.
Note dell'autrice.
Capitolo un po' forte, specialmente per la violenta litigata.
Bruno se n'è andato ed ora...
Siamo quasi al tragico epilogo, preparate i fazzoletti, anche se penso che vi serviranno anche alla fine di questo capitolo...
Un bacione,
Claudia.