Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
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Autore: Oscar_    27/11/2011    2 recensioni
Che accadrebbe se quattro giovani decidessero di provare a fare successo tirando su uno spettacolo teatrale? Se il successo arrivasse, se con esso arrivassero i problemi e se la ricchezza e la lussuria li accecasse tutti al punto di non mostrargli più i valori sociali e l'amicizia l'uno con l'altro?
È ciò che accade in questa storia, vi auguro buon divertimento.
{ Il rating muterà nelle scene di sesso da verde a rosso. Fin'allora, resta verde }
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Canada/Matthew Williams, Germania/Ludwig, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa: Axis Powers Hetalia è un anime
 e un manga ideato da Hidekaz Himaruya;
 i personaggi appartengono a lui.
 Le situazioni descritte in questa storia
 sono puramente inventate e qualsiasi
 riferimento a fatti reali è da considerarsi casuale.

 

Hetalia: The movie

 
 
 
 

0. Auditions and coffee
 
 
 
 
 
 
 
L’idea di metter su uno spettacolo teatrale gli era sorta insieme in un pomeriggio d’inizio autunno. I tre non avevano di meglio da fare che mettersi a scrivere e a chiacchierare e perciò si era arrivati a creare un’idea basata su una Terza Guerra Mondiale.
In un primo momento Ludwig era stato contrario, in fondo su certe cose non bisognava scherzare. Eppure Kiku pareva così sicuro e Feliciano così euforico, che alla fine aveva acconsentito a quella pazzia, ed avevano deciso di prendere in mano loro tre, assieme a Gilbert, il fratello di Ludwig, il teatro della famiglia Beilschmidt risiedente a Roma, creando lo spettacolo che, a detta dell’italiano, avrebbe riscosso anche più successo di ‘Romeo e Giorgietta’; Ludwig, a quell’affermazione, aveva perduto ogni speranza.
I quattro avevano prefissato vari pomeriggi d’audizioni per i protagonisti nelle settimane conclusive di ottobre. I primi giorni erano stati una catastrofe. Bisognava decidere prima di tutto il protagonista maschile, e non era impresa facile. Siccome doveva essere un soldato russo e nessuno pareva tagliato per questo ruolo, i quattro erano sul punto di rinunciarvi arbitrariamente finché, il quinto giorno d’audizione per il ruolo del protagonista maschile, spuntò il candidato perfetto.
- Avanti il prossimo! – Esclamò Gilbert, seduto su una delle poltrone del teatro con le gambe sulla scrivania tappezzata di fogli d’iscrizioni. Ludwig sedeva alla sua destra, la mano alla fronte e lo sguardo rassegnato. Dietro di lui Feliciano, bandierina italiana alla mano, sorrideva speranzoso, attendendo di poter gettare lo sguardo al nuovo candidato. E per ultimo, Kiku, sedeva sulla scrivania, una tazzina di tè nero in mano, gli occhi fissi all’entrata sul palco.
Una manciata di secondi dopo il richiamo del giovane albino, spuntò sul palco un ragazzo estremamente alto, dai lineamenti delicati ma estremamente marcati, lo sguardo intenso e penetrante ed un sorriso vago sulle labbra. A tutti fece subito un’ottima impressione, in fondo doveva incutere timore al primo sguardo; ed era esattamente ciò ch’era accaduto. Ludwig deglutì, sperando che quello non fosse un vandalo venuto là per ammazzarli tutti. Idea folle, ma che comunque, fissando il nuovo arrivato, pareva la più probabile ed azzeccata.
- Ivan Braginski. Ventitre anni, residente a Roma da... Quindici anni. Come mai ti trovi qui, Ivan? – Si decise a rompere il ghiaccio Ludwig, prendendo in mano il fascicolo descrittivo del ragazzo, che egli aveva accuratamente allegato alla richiesta d’iscrizione. Notando il cognome russo iniziò sinceramente a pensare che quella fosse la persona giusta.
- Per il ruolo del protagonista maschile, mi sembra ovvio. – Rispose rapido il giovane, continuando a sorridere benevolo. V’era qualcosa d’inquietante in quell’espressione, non gli si addiceva affatto.
- E come mai credi che dovremmo dare la parte proprio a te? – Domandò Gilbert, rimettendo a terra i piedi e sistemandosi meglio sulla poltroncina rossa consumata dagli anni. Il russo lanciò uno sguardo omicida, ma pur sempre mascherato da un dolce sorriso, al ragazzo, inclinando appena il capo e portando le mani dietro la schiena.
- Potrei avere il copione? Vorrei dimostrarvi la mia esperienza e il mio portamento per questo ruolo. – Chiese, ignorando la domanda dell’albino ed avvicinandosi alla scrivania dove Ludwig, sempre più convinto dell’adeguatezza del giovane per quel ruolo crudele e spietato, rifletteva sulle possibilità di fuggire dal teatro nel caso il russo fosse stato armato. Kiku annuì e gli porse la parte, piegandosi appena in avanti per raggiungere il palco. Il ragazzo sorrise prendendo il copione e gettandogli un’occhiata si schiarì la voce, tornando al centro dell’impalcatura.
- Come potresti pensare, tu, insignificante essere pieno solo di patetici sentimenti inutili, dannosi ed estremamente sciocchi, di sconfiggere me, pieno invece di coraggio, crudeltà e forza in massa? Probabilmente crederai ancora nella stupida impressione che i tipi come me possono dare: crudeltà sino a un certo punto. Poi, all’agonia del nemico, pietà e compassione, che portano al risparmiarlo. Non è così, mia cara. Il mio odio e la mia cattiveria mi spingeranno ai confini umani della crudeltà lasciandomi ucciderti lentamente, facendomi beare delle tue grida e delle tue suppliche, portandomi ad affondare sempre maggiormente questa spada nel tuo petto, macchiandola del tuo sangue debole e incosciente. Morirai per mano mia, e nessuno ti salverà. La Russia li avrà già uccisi tutti. –
A quell’interpretazione magnifica del ruolo, i quattro rimasero interdetti. Ludwig, a bocca aperta, sospese il prendere appunti riguardo le qualità del giovane, già riconoscendo che sarebbe stato lui uno di quelli che li avrebbe portati al successo immediato. Gilbert, interdetto, si bloccò immobile in una posizione parecchio confusa, era intento a sistemarsi quando il russo aveva iniziato a leggere la parte. Feliciano dall’inizio della lettura era rimasto in ascolto, annuendo di tanto in tanto per la deliziosa pronuncia del ragazzo; ed in quel momento annuiva ripetutamente, giudicandolo silenziosamente. Kiku, che nell’istante in cui il giovane aveva concluso di leggere la parte stava sorseggiando il suo tè, si era fermato fissandolo, quasi per accertarsi che fosse davvero una persona e non il personaggio che i quattro avevano ideato.
Una ventina di secondi di silenzio dopo, Ludwig si alzò applaudendo, con un’espressione convinta e persuasa in viso, accompagnata da un sorriso. I tre lo seguirono a ruota ed il teatro si riempì degli scrosci degli applausi. Il giovane sul palco s’inchinò umilmente, sorridendo compiaciuto.
- Ti faremo sapere presto, grazie per essere venuto, Ivan. – Disse poi Ludwig, avvicinandosi al palco per riprendere il copione e stringere la mano al russo. Nel farlo avvertì che la sua mano era gelida e possedeva una presa ferrea. Nel ritirare l’arto, tutto indolenzito, gli venne in mente che quel giovane vestiva completamente di rosso; il che era strano per un ragazzo. A meno che...
 
I giorni filarono lenti e monotoni sotto il cielo d’ottobre. Si doveva ora cercare la protagonista femminile. Gli altri ruoli sarebbero stati i buoni, nel caso della vicenda i cattivi, visto che il russo doveva rappresentare il male eppure da quel punto di vista il buono. Ora stava a vedere di che nazionalità dovevano sceglierli. Dovevano essere in molti, effettivamente. Feliciano aveva proposto d’inserire un francese, un inglese, un americano, uno spagnolo, un lituano, un danese, un polacco, un turco, un greco, uno svedese, un finlandese, uno scozzese, un islandese, un norvegese, un italiano, un tedesco e un cinese. Tutti contro la Russia, l’Ucraina, la Bielorussia e il Canada, che, innamoratosi del primo, decideva di mettersi dalla sua parte. Uno scontro mondiale iniziava poi, con stragi tremende ovunque e sangue sgorgante a fiumi. La fine era ancora da decidere, ma vi erano tradimenti e romanticismi mischiati all’odio della guerra e agli innumerevoli conflitti.
Per il resto delle scelte ci sarebbe stato tempo. Prima di tutto andavano decisi i personaggi principali. Fissarono la settimana iniziale di novembre come punto di riferimento per le audizioni della protagonista femminile.
Come per il ruolo maschile, i primi cinque giorni furono un totale fiasco. Il sesto, all’ora di chiusura, i quattro si accorsero di avere in lista un altro nome, quindi tornarono a sedersi ed attesero di veder comparire la giovane.
- Avanti la prossima! – Esclamò Ludwig, sistemando i fascicoli da buttare da un lato e quelli da revisionare dall’altro.
- Lud, c’è una cosa che dovresti sapere... – Sussurrò Feliciano all’orecchio dell’amico, con voce incerta.
- Non puoi dirmela dopo l’audizione? – Chiese il tedesco, voltando lo sguardo, scocciato, sull’italiano. Egli scosse il capo.
- Riguarda... – E si bloccò. Ludwig sospirò chiudendo momentaneamente gli occhi. Kiku si avvicinò ai due, posando una mano sulla spalla del bruno, che non accennava a voler continuare la frase.
- Non devi dire ‘la prossima’. Devi dire ‘il prossimo’. – Sussurrò puntando lo sguardo negli occhi increduli del tedesco, in quel momento spalancati.
- Perché diamine avete acconsentito a far venire un individuo del genere? Non è mica un gay bar qui! – Disse, forse a voce troppo alta. Si pentì immediatamente della frase pronunciata ed arrossì irrimediabilmente, mordendosi il labbro inferiore. Gilbert parlò per tutti.
- Avanti... Il prossimo. – Mormorò, puntando lo sguardo sull’entrata al palco. Si domandava, come i compagni, che ne sarebbe uscito.
Passi lenti si udirono dai meandri delle quinte, da dove poco dopo apparve un giovane di straordinaria bellezza e raffinatezza. La sua figura, slanciata e longilinea si muoveva in maniera aggraziata e timorosa, avvicinandosi lentamente al centro del palco. Aveva capelli biondo scuro lunghi sino alla nuca, arricciati, ed un ciuffo simile a quello di Feliciano, solo arricciato anch'esso. Gli occhi erano d’un colore indefinito visto che teneva lo sguardo puntato a terra. Degli occhiali gli incorniciavano il viso, che una volta arrivato in mezzo al palco alzò, rivelando dei bellissimi occhi color azzurro ceruleo e delle guance appena arrossate. Le sottili labbra erano serrate in un’espressione imbarazzata e le mani stavano sul petto, a dimostrare la sua indecisione. Portava una borsetta con il viso d’un orsetto polare a tracolla ed indossava un giaccone beige con dei grandi bottoni giallo scuro. Dei collant neri s’intuivano sotto di esso e degli stivali marrone scuro concludevano la sua particolare figura.
Gilbert non riuscì a mascherare il suo stupore, dischiudendo le labbra in un’espressione ebete e totalmente persa, osservando assorto il giovane. Kiku annuì fra sé, immaginandoselo perfettamente nei panni di una donna. Feliciano pensò che pareva una donna e credette d’aver sbagliato a leggere il fascicolo. Ludwig arrossì, trattenendosi dall’avere l’identica reazione del fratello. Si domandò che diamine di essere fosse quello che gli stava davanti, così unico nella sua timidezza e conciliante bellezza. Lui e quel russo sarebbero stati perfetti, e il fatto che fosse un maschio praticamente non si sarebbe notato.
Il ragazzo sul palco si schiarì la voce, sviando lo sguardo dopo aver osservato tutti e quattro i giovani. Ludwig elaborò che attendeva il copione per provare la parte. Anche se per tutti e quattro era praticamente già nella vicenda.
- Matthew Williams, vent’anni, non è specificata la residenza però in questo periodo sosti a Roma, in albergo. Siamo contenti di averti qui con noi. Ecco a te il copione, mostraci pure ciò che sai fare... – Invitò con un caloroso sorriso il tedesco, porgendo la parte al giovane, che si avvicinò titubante, prendendola in mano. La lesse qualche istante e poi, dopo un lungo respiro, iniziò a leggerla ad alta voce. Il suo tono era chiar e limpido come il cristallo, forse un po’ basso ma si poteva rimediare.
- Nei cupi giorni di quest’anno, ho creduto che il mio destino fosse quello di sostare fra le braccia d’un uomo che non ho mai amato e che mi hanno costretto a sposare, andando contro le mie volontà ed i miei umani diritti. Avevo perduto la speranza e la voglia di vivere, avevo scelto la via del suicidio. Invece ora ci sei tu, sei arrivato a salvarmi, mi hai riportato il calore che un tempo provavo giornalmente, mi ha insegnato a vedere il mondo e l’umanità con occhi differenti. Ho capito, grazie a te, quanto fosse importante la sincerità e quanto contassero i valori come la pace e il rispetto reciproco. Ti dico grazie, e ti ribadisco il mio affetto per te, alla vigilia di questo nuovo anno. Auguri. -
Questa volta non passarono tre secondi dalla conclusione della recita, che tutti e quattro scattarono in piedi, applaudendo energicamente all’interpretazione del ragazzo. Lui era ancora più perfetto del russo. Inoltre era canadese, e loro avevano deciso proprio una persona di quella nazionalità per il ruolo.
- Grazie molte, ti faremo sapere a breve. – Affermò Ludwig, non smettendo d’annuire anche dopo che gli applausi furono cessati. Non aveva mai incontrato un individuo del genere. Pareva nato solo per recitare. L’espressione e la passione che inseriva nei vocaboli così rapidamente scelti per quell’opera ancora tutta da definire, sembravano forgiate dentro un attore professionista. E il fatto che fosse un ragazzo, nessuno l’avrebbe notato. Anche nella voce era effeminato.
Il canadese s’inchinò, gratificante, e porse nuovamente il copione alla mano del tedesco, che l’aiutò poi a scendere dal palco. Aveva intenzione di conoscere meglio quel giovane così attraente, sapere perché non fosse rimasto nel suo Paese e che cosa cercasse in Italia, così lontano dalla sua terra d’origine. Però chiedergli d’uscire proprio lì davanti ai suoi compagni, gli pareva sconveniente. Avrebbero creduto che gli piacesse. Mentre lui voleva solo curiosare nelle sue intenzioni ed ambizioni.
- Perdona la richiesta, ma desidererei scambiare con te due parole in privato, riguardanti il tuo tono vocale e la tua predilezione al teatro. – Propose Ludwig, posando erroneamente il copione sulla tazzina di caffè di Feliciano, rovesciandola sui panni di Gilbert. Fortunatamente era caffè freddo. Il fratello s’alzò comunque, urlando ed imprecando contro Ludwig.
- Diamine bruder! Non puoi fare più attenzione?! Era la camicia nuova! – Urlò adirato l’albino, puntando le braccia contro il ventre, dove si era appena rovesciato il liquido. Il tedesco deglutì, guardando mortificato il fratello correre via, seguito da Feliciano. Kiku li rincorse a ruota dopo aver fatto cenno d’andare a Ludwig. Egli annuì e prese il proprio cappotto, sorridendo impacciato al canadese.
- Ehm... Va bene, andiamo pure, se non è un disturbo. – Rispose a voce bassa Matthew, ricambiando imbarazzato il sorriso. I due si avviarono all’uscita del teatro, sistemandosi i cappotti anche se non ve n’era un reale bisogno. Una volta fuori di esso, il tedesco prese la via per uno dei bar migliori della zona, deciso ad offrire qualcosa al ragazzo. Egli lo seguì velocemente, guardandosi intorno con curiosità; evidentemente non aveva avuto molte occasioni di visitare Roma a fondo. In effetti non sarebbero bastati diec’anni.
- Dimmi Matthew, tu lavori da qualche parte? – Chiese Ludwig, camminando in mezzo alla folla e mischiandosi ad essa per farsi spazio verso il bar, che già s’intravedeva a qualche metro di distanza.
- Sì, sono un baby-sitter. E tu? – Rispose con un cordiale sorriso, faticando a seguire l’accompagnatore in mezzo a tanta gente.
- Io sono un dog-sitter, invece. Oh, perdona, non mi sono presentato: Ludwig Beilschmidt. – Disse porgendo la mano destra al ragazzo, che la strinse delicatamente; anzi, praticamente non la strinse.
- Vivi a Roma da molto, Ludwig? – Chiese, evitando per un soffio d’andare addosso a una persona ma in compenso sfiorando una mano del tedesco, che si sentì andare a fuoco le guance.
- Uh- sì, ci sono nato a dire il vero. – Rispose sbrigandosi a cancellare l’imbarazzo di lui impadronitosi.
- E il tuo cognome, allora? – Domandò perplesso, aggrottando la fronte. – Oh, insomma, se non sono indiscreto... – Aggiunse in seguito, sorridendo impacciato.
- Non lo sei, non preoccuparti. Mio padre era tedesco. –
- Era? –
- È morto tempo fa. –
A quella risposta seguì un lungo silenzio. Ludwig si accorse dopo un po’ d’aver raggiunto il bar. Si sbrigò ad entrarvi ed il canadese lo seguì, inciampando nell’uscio ed appoggiandosi a lui per evitare una rovinosa caduta. Era estremamente sbadato e goffo.
- S-scusa, non ho visto lo scalino... – Si scusò, con lo sguardo al suolo e le guance infuocate. Il tedesco lo sorresse delicatamente, aiutandolo a rimettersi bene in piedi.
- Sta’ tranquillo, ti preoccupi troppo. – Rispose sorridendo dolcemente Ludwig. Erano anni che non si comportava con così tanta gentilezza.
I due si avviarono a un tavolo, sedendovisi. Entrambi contemplarono lo scenario caotico di Roma all’ora di cena dalla vetrata che si affacciava sulla strada. Poi il cellulare di Matthew prese a squillare energicamente, spandendo per tutto il locale ‘Canadian please’. Divenuto un pomodoro maturo, il giovane si affrettò a rispondere. Un’espressione cupa e spaventata s’impadronì del suo delicato visetto. Un secondo dopo si alzò rapidamente, chiudendo la telefonata.
- Perdonami, non posso trattenermi. Ma avremo altre occasioni, credo. A presto, Ludwig... – Salutò rapidamente il canadese, chinandosi in avanti per lasciare sulla guancia del tedesco un casto bacio. Profumava di sciroppo d’acero. Poi corse via, perdendosi fra la gente e i turisti.
Ludwig realizzò solo un paio di minuti dopo di essere rimasto solo al tavolo. Si alzò riluttante, ricercando con lo sguardo, una volta uscito, il cappotto beige e la chioma riccia in mezzo alla folla. Sperò che sul fascicolo di quel giovane tanto particolare vi fosse anche segnato il suo numero.
 
- Matthew! Dove sei stato? Perché hai risposto solo alla mia quindicesima telefonata?! – Esclamò una voce maschile, preoccupata ed agitata, mentre il canadese entrava in una stanza d’albergo del centro di Roma.
- S-scusa bro’, avevo il silenzioso... Non volevo farti preoccupare... – Sussurrò mortificato il giovane, posando borsa e cappotto sul proprio letto.
- Ma dov’eri? Diamine, che colpo che mi son preso... – Confessò stringendo tra le forti braccia il corpo esile del fratello.
- A-Alfred! Mi fai male, lasciami... – Mormorò il canadese, tentando inutilmente di sottrarsi all’abbraccio del ragazzo, che benché fosse persino più piccolo di lui, era più alto e più forte.
- Non farlo mai più, intesi? Devo sempre sapere dove sei! – Disse mettendo il broncio l’americano, liberando della presa il fratello. Egli annuì, stiracchiandosi.
- D’accordo, da ora lo saprai sempre. Comunque ero a un’audizione, sarebbe il caso che ci andassi anche tu, cercano un giovane che faccia l’americano in una storia che narra d’una Terza Guerra Mondiale. – Spiegò il canadese, avvicinandosi alla finestra, osservando il proprio riflesso dentro di essa.
- Un americano? Oh! Grazie per avermelo detto! Sicuramente cercano l’eroe, cercano me! E mi hanno trovato! Ahahah! Domani stesso mi presenterò là, e tu verrai con me, chiaro? Devi assistere alla mia ascesa al successo! – Esclamò euforico, sorridendo in maniera smagliante al fratello.
- Oh... Non so se ci sono domani le audizioni. Però va bene, ti ci accompagnerò. Ma ora scendiamo a cena d’accordo? E mettiti qualcosa, non puoi andare in pigiama. – Ordinò Matthew, voltandosi verso l’americano, che ancora indossava i vestiti per dormire.
- Perché non posso? E poi devo mostrare il mio rammarico perché non cucinano mai hamburger! Dovremmo andare al Mc. Donald’s che c’è nella piazza che ho visitato l’altro giorno, sai? Domani dopo le audizioni ci andiamo, deciso. – Siccome il canadese era abituato alle richieste impartite come ordini del fratello si limitò ad annuire, sospirando stanco.
- Ora vestiti però, e comportati bene... – Rispose, alludendo all’episodio della sera precedente. Quando il cameriere gli aveva portato la pietanza del giorno egli era scattato in piedi urlando ‘che bello! Hai visto bro’? Qui ti portano loro il pranzo! Si inchinano di fronte all’eroe!’.
Mentre l’americano era intento a cambiarsi, il canadese ripensò a quel giovane così strano e gentile di poco prima, aspettando con impazienza il giorno successivo e sperando di cadere altre mille e mille volte.
 

 

 
   
 
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