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Autore: Rowena    27/11/2011    5 recensioni
Versailles. La corte più sfarzosa, più divertente e più spendacciona d’Europa. I giovani nobili che la frequentavano erano sempre alla ricerca di nuovi espedienti per non abbandonarsi alla noia. Era difficile divertirsi – almeno così pensavano loro – e anche con i loro soldi e la loro voglia di divertirsi spesso non c’era niente da fare se non adagiarsi sulle comode poltroncine di velluto a mangiare bonbon e ascoltare pettegolezzi. E se sei nobili annoiati decidessero di istruire una popolana perché si spacci per una contessa? Quali contorti inganni si metteranno in moto alla corte di Francia? [Crossover Host Club/Lady Oscar]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Angoletto dell'autrice: Prima di tutto, mi scuso davvero tanto per la lunga interruzione. Pensavo di riuscire a tenere il ritmo, ma tra gli ultimi esami, il lavoro e la preparazione della tesi al fotofinish sono stata davvero impegnata. Spero di riuscire a riprendere gli aggiornamenti regolari, magari uno ogni dieci giorni, perché non voglio lasciare a metà questa storia. Secondo, spero che questo capitolo meriti l'attesa. È un po' fermo, ma dal prossimo riprenderanno le emozioni! ^^
Rowi



Con gran sorpresa dell’intera corte, il giorno seguente Maria Antonietta annullò il ballo per posticiparlo di alcune settimane. Probabilmente l’unica rinfrancata dalla notizia fu Haruhi, pensando che in quel modo avrebbe avuto più tempo per studiare un piano per mettersi al sicuro dal suo ricattatore, sebbene allo stesso tempo non si sentisse tranquilla. Aveva uno strano presentimento che non riusciva a spiegarsi.
«Ho convinto la Regina – con l’aiuto di mia madre e di Fersen, che ti manda i suoi saluti, Haruhi – a rimandare la grande festa. Così avremo almeno una decina di giorni in più per indagare e trovare i responsabili della cospirazione», spiegò quello stesso pomeriggio Oscar alla ragazza e a Kyouya, che aveva preteso di prendere parte all’incontro. Se il comandante delle guardie reali voleva stabilire una strategia, lui avrebbe detto la sua.
André versò il caffè proprio in quel momento e portò l’elegante vassoio sul tavolino che divideva il suo superiore e i due ospiti: «La Contessa di Polignac non è stata molto felice di questa decisione, ma quando è stato fatto presente che la priorità deve sempre essere la sicurezza dei reali ha dovuto tacere» disse facendo l’occhiolino a Haruhi.
Adorava quando Oscar chiudeva la bocca a quella strega, specie se in realtà non faceva altro che suggerire un consiglio alla Regina e assentire ai suoi ordini, con la Contessa che doveva rimanere in silenzio e ingoiare la propria bile. Detestava quella donna, era superfluo dirlo.
Kyouya fece cenno di essere d’accordo: senza la reale mucca da spremere fino all’ultimo luigi d’oro, la Contessa avrebbe dovuto rinunciare alla sua scalata sociale, per cui aveva dovuto ingoiare il rospo. Gli spiaceva non aver presenziato a quell’incontro, doveva essere stato molto divertente.
«Quindi ora cosa consigliate, comandante? Volete continuare a usare la ragazza come esca per stanare i colpevoli?» domandò tuttavia prima di servirsi una tazza di caffè.
Haruhi lo fissò accigliata, chiedendosi come mai la gente a Versailles parlasse spesso di lei come se fosse invisibile. Si era svegliata male, quel giorno, e si era impegnata ore a convincersi che non fosse per colpa di Tamaki. Quell’idiota… Si era vestita da uomo, sperando che la sua doppia identità non desse troppo nell’occhio, perché in abiti femminili proprio non si trovava. Non con quei pizzi e le tante sottogonne che era obbligata a indossare!
«Non abbiamo altri elementi su cui indagare» rispose Oscar fingendo di non notare il fastidio della ragazza. «Forse potreste mettere in giro la voce che il Conte e la Contessina vogliano tornare in provincia all’improvviso, perché ancora non hanno ricevuto proposte per la mano di lei».
Il giovane nobile storse il naso: «Provocare così esplicitamente? Rischiamo di metterla in serio pericolo».
«Sono già in serio pericolo, Kyouya» gli rispose la diretta interessata. «Non posso rimanere qui per sempre in attesa che quest’uomo misterioso mi minacci ancora. Potremmo dire che solo la mia versione femminile si è allontanata qualche giorno da Versailles, magari invitata da una vostra parente? Non ti ho mai chiesto se hai sorelle, o se qualcuno di voi ne ha».
La spontaneità e la confidenza con cui la fanciulla si rivolgeva al giovane Ootori mise un poco in difficoltà Oscar: l’ultima volta che l’aveva vista, Haruhi tremava come un topolino, spaventata dalle minacce ricevute e dall’eventualità di essere punita per la sua mascherata. Ora mostrava un carattere deciso e un atteggiamento tipico di chi non si lasciava sopraffare dagli eventi. Malgrado le differenze di rango non rispettate, quel lato della ragazza le piaceva molto di più.
«Ho una sorella maggiore, che è sposata e non fa molta vita mondana, e che abita poco distante dalla reggia» rispose Kyouya con un sorriso. «Parlerò con lei per spiegarle la situazione».
«Sarebbe meglio non dire nulla di questa faccenda alla signora, per il bene di…»
«Perdonatemi, signori, ma non ho intenzione di mettere in pericolo il sangue del mio sangue per proteggere nessuno, nemmeno la Regina» continuò a voce più alta il giovane, interrompendo André. Il suo sguardo era gelido. «Mia sorella Fuyumi è un’ottima padrona di casa, saprà gestire la sicurezza del palazzo senza neanche bisogno di spiegare la situazione al marito. Non avrei proposto questa soluzione, se così non fosse».
Oscar concordò: «Non possiamo mettere a repentaglio altre vite. Se i malfattori tenteranno di penetrare in casa di vostra sorella per cercare la Contessina fantasma, dovrà essere preparata a ogni evenienza».
Se si fosse trattato di una delle sue amate sorelle, che vedeva così di rado, avrebbe fatto lo stesso. «Inoltre», continuò rivolgendosi a Haruhi, «così ti libererai per un po’ degli abiti da dama, ho sentito che non li ami molto. Neanche io, se devo dire la verità».
Non che avesse dubbi, ma l’interpellata cercò lo sguardo di André, che in quel momento stava facendo l’indifferente, e lo fissò con tanta intensità quasi a volerlo incenerire: spione, riportare la sua goffaggine in quelle scomodissime vesti!
«È così, comandante, mi sento troppo impacciata rispetto alla vita di tutti i giorni» rispose comunque in maniera cortese, sempre un po’ intimidita dall’altra donna nella stanza, che di femminile non aveva nulla.
Il comandante smise di sorridere, tornado seria e concentrata sul piano. «Sono d’accordo con la vostra idea, comunque: nei panni di una dama, corresti davvero dei pericoli che non sono disposta a rischiare. E una volta acciuffati i cospiratori, tornerai a Parigi di volata».
«Certamente, dopo il ballo, però» sibilò fissando Kyouya. «Abbiamo un accordo».
«Se sarai d’aiuto, ti menzionerò alla Regina e ti farò ricompensare, ma quest’inganno deve cessare al più presto».
La Regina. Forse l’unica persona che Haruhi non voleva neanche incontrare a Versailles. «Vi ringrazio, ma non sarà necessario» si scusò senza spiegare il suo disappunto. Oscar di certo non avrebbe reagito bene alle critiche nei confronti della sua amata sovrana. «Dovrò soltanto fare da esca, non credo sia un grosso aiuto, non sono nemmeno molto portata con la spada».
«Forse, ma ci sono molti altri modi per servire la tua Regina e aiutare a porre fine a questo intrigo. Monsieur Ootori, posso rubarvi Haruhi per qualche minuto? André ve la riporterà sana e salva tra poco».
Il giovane non sembrò particolarmente entusiasta a quella richiesta, ma in fondo, replicò, toccava a Haruhi decidere cosa fare, non era certo lui a dover concedere chissà quale permesso. La ragazza annuì, così il nobile si alzò dal divanetto e, dopo un lieve inchino, lasciò la stanza. Di certo avrebbe preteso di sapere ogni minima parola di quello scambio, pensò lei con un sospiro…
Ora che erano sole, più André, Oscar sembrò rilassarsi. «Volevo scusarmi per il mio comportamento dell’altro giorno: è stata la rabbia per tutti questi intrighi a farmi parlare in quel modo, ma ho sbagliato. È mio compito garantire la sicurezza qui a Versailles e sapere di aver fallito in qualche modo mi ha davvero sconvolto».
Haruhi rimase perplessa e cercò lo sguardo dell’attendente per assicurarsi che fosse tutto a posto. «Non dovete scusarvi di nulla, comandante: sono consapevole che non dovrei trovarmi qui, la vostra reazione è stata più che lecita e comprensibile. A dire la verità, credevo che avreste trovato il modo per punirmi…»
«Ci ho pensato, in realtà», rispose subito Oscar, come a ricordarle l’autorità che rappresentava. «Ma riflettendoci, ho deciso che lo spavento che hai provato e lo stato in cui ti trovi siano sufficienti per convincerti a non spacciarti mai più per un nobile, quindi non farò nulla, quando questa storia sarà finita».
Per qualche strano motivo, Haruhi ebbe la certezza che dietro quella decisione si nascondesse un’ampia opera di convincimento da parte di André, eppure il giovane stava in disparte e guardava fuori dalla finestra, come se non volesse intervenire. Ad ogni modo, quella decisione le piaceva: le era data la possibilità di tornare a casa senza rogne, sempre che avessero scoperto l’identità del suo ricattatore. Si lasciò sfuggire perfino un sorriso, tanto quella notizia l’aveva messa di buon umore, anche se era perfettamente consapevole che il pericolo era sempre dietro l’angolo.
Oscar continuò: «Mi devo complimentare con te, ed è risaputo che non sono prodiga di elogi. Nessuna delle donne che conosco avrebbe avuto la capacità di reagire che hai dimostrato tu in una situazione così pericolosa, né la tua forza d’animo».
Haruhi alzò le spalle: aveva paura per la sua vita, ma non aveva intenzione di lasciarsi sopraffare: in quel modo, sarebbe stata certamente spacciata. «È quello che sono abituata a fare, nel luogo in cui vivo nessuno risolve i problemi al mio posto».
Oscar volle sapere di più della sua storia e delle condizioni di vita che avevano portato la giovane ad accettare un simile folle accordo.
«Oh beh,» continuò allora la ragazza, «mio padre vorrebbe che passassi le mie giornate a studiare e a leggere, ma purtroppo i soldi non bastano mai. Da quando abbiamo perso mia madre, cerco di aiutarlo quanto mi è possibile, occupandomi delle faccende domestiche e lavorando nei negozi del quartiere, quando hanno bisogno di un aiuto in più».
«Studi?», domandò la donna interessata. Le donne del suo lignaggio tendevano a essere ignoranti – era ritenuto più importante saper ballare e civettare, per una dama, piuttosto che conoscere la storia o la filosofia – e purtroppo la stessa Maria Antonietta era stata indisciplinata e poco interessata alle lezioni dei suoi precettori. Oscar ricordava benissimo i tempi in cui era ancora delfina e veniva rincorsa per tutta la corte dai suoi maestri di francese e di matematica…
Haruhi annuì: «Vorrei poter diventare avvocato, in qualche modo», spiegò con voce più allegra, pur sapendo che di certo avrebbe ricevuto altre critiche. «Ho sentito di alcuni dottori della legge che cominciano a offrire i loro servigi a tariffe irrisorie quando è un povero a chiedere loro aiuto. Vorrei essere una di loro, a Dio piacendo».
«E come? Non vi sono mai stati avvocati donne». Persino André questa volta sembrava un po’ scettico: la sua amica aveva condotto una vita maschile ed era entrata sotto le armi solo perché era figlia di un generale molto potente che non era riuscito a procreare un erede maschio, ed era comandante delle guardie reali, un corpo d’elite scelto, dove tutti i camerati erano nobili, di buone maniere e disciplinati.
Difficilmente in un’altra sede Oscar sarebbe stata ammessa così facilmente, in un altro reparto dell’esercito, ad esempio… Anche se di certo avrebbe fatto di tutto per conquistarsi gli uomini, era caparbia come pochi e l’attendente lo sapeva bene.
«Ora fanno gli amici del popolo», commentò Oscar a sua volta con un certo disprezzo, «ma sono una casta chiusa come tutte le altre. Non ti accetterebbero mai».
«Come voi non avreste dovuto diventare ufficiale delle guardie reali», replicò con semplicità la ragazza e con una logica stringente che avrebbe spiazzato anche il più colto dottore di legge di Parigi. In quei giorni aveva riflettuto molto sulla comodità degli abiti maschili e sulle porte che le avrebbero aperto, soprattutto vista la naturalezza con cui vi si era calata. «Fingermi un maschio per diventare avvocato, perché no? Per me non esiste differenza tra uomo e donna».
La spontaneità della giovane era un’arma che spiazzava totalmente Oscar. Il comandante si spostò nella stanza, andando a guardare fuori dalla finestra. Le dame in giardino passeggiavano lente e composte, impacciate dai loro voluminosi e coloratissimi abiti, e i damerini conversavano con loro come ogni giorno. Davvero non vi era differenza? Tutta la sua vita diceva il contrario. «Saremmo uguali, dici?»
Haruhi sembrò non scomporsi, seduta in maniera totalmente sconveniente per una giovane della sua età, a dimostrazione delle mancanze della sua educazione, con le mani unite in grembo. «È stato deciso che noi donne non potessimo fare molte cose, ma esiste davvero qualcosa che ci rende inferiori? Da parte mia, se per realizzare il mio sogno dovrò indossare una casacca e un paio di braghe nere e legarmi i capelli, lo farò. Sarebbe peggio se fossi un cattivo avvocato e non sapessi difendere i miei clienti, a mio avviso».
Educatamente, la ragazza domandò a quel punto se ci fossero altre questioni importanti da discutere e, poiché Oscar non riuscì quasi a proferire parola, persa nei suoi pensieri, André si offrì di riaccompagnarla dai suoi amici.
   
 
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