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Autore: LeftEye    27/11/2011    3 recensioni
Cercò di riportare alla mente cosa avesse visto nel sonno di tanto sconvolgente da farlo svegliare di soprassalto, ma tutto ciò che vedeva ancora del sogno erano degli occhi rossi.
Tanti occhi rossi.
E anche… ora ricordava! Una giovane donna.
***
Fanfic corretta e modificata! Il pianeta Vegeta è alle prese con un virus che trasforma tutti in zombie, come andrà a finire?
Genere: Avventura, Horror, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Chichi, Goku, Nuovo personaggio, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta, Chichi/Goku
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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 Livello tre: isolament o 

 

 

 

Vegeta aveva seguito dall’alto tutta la strage del giorno prima, la morte di un quarto della popolazione della capitale e il contagio della rimanente; se ne era rimasto in disparte, senza andare a combattere, non per paura, ovviamente, ma perché aveva compreso immediatamente come sarebbe andata a finire, e non aveva alcuna intenzione di trasformarsi in una specie di mostro succhia sangue a causa di un semplice graffio.
Aveva semplicemente osservato e non si era sentito in colpa neanche un po’ per non aver dato una mano almeno ai suoi soldati.
Non aveva la più pallida idea di come fosse nato tutto quel casino ma, da ottimo stratega qual era, aveva colto alcuni dettagli di quella che aveva tutta l’aria di essere una malattia contagiosa e orribile.
Per prima cosa, il virus non era trasmissibile per via aerea ma solo per contatto diretto e colpiva tutte le razze viventi; gli infetti si trasformavano dopo circa trenta secondi, e i sintomi erano più che evidenti, oltre al fatto che sembravano diventare molto più forti; la cosa strana era che i Saiyan parevano sensibili alla luce del sole, infatti quella mattina non ne aveva visto nemmeno uno, mentre esseri di altre razze erano lì sotto, a vagare per le strade in cerca di qualche superstite da sbranare.
Ogni tanto ne trovavano uno, e si levavano nell’aria grida pietrificanti, poi ritornava un silenzio di tomba; alcuni di essi erano già usciti dalla città per cercare altre prede, e sapeva che ben presto tutto il pianeta sarebbe stato contagiato.
Non c’era modo di comunicare con le altre città, tale era lo stato di regresso mantenuto dal governo di Freezer.
Altro particolare: i Saiyan contagiati perdevano tutti i peli della coda e la capacità di volare dopo la prima mezz’ora dalla trasformazione; sembravano inoltre non percepire più le aure. Tuttavia, diventavano più veloci e sviluppavano molto i cinque sensi.
Vegeta non aveva dormito quella notte, per ovvie ragioni, e non aveva nemmeno mangiato, così si arrischiò ad uscire dal suo nascondiglio, un grande albero alto almeno trenta metri, ed andò a cercare qualcosa con cui cibarsi, senza curarsi degli esseri che si aggiravano nelle vicinanze.
Entrò in una piccola bottega e vi trovò un vecchio intento a sgranocchiare le ossa scoperte del cadavere di una giovane aliena dai capelli blu; quando si accorse di lui si alzò in piedi, per dedicarsi ad una preda sicuramente più appetitosa.
Sulle labbra del Saiyan spuntò un ghigno: per quanto quel vecchio potesse essere annebbiato dalla follia e la fame, lo riteneva uno stolto se pensava di mettergli le sue grinfie addosso.
Troppo sicuro di sé, gli andò incontro e gli sferrò un pugno al petto, spingendolo contro uno scaffale e facendolo cadere a terra violentemente, ma questi si rialzò quasi subito, apparentemente illeso, e si scagliò su Vegeta, senza però raggiungere il suo scopo. Andarono avanti così per altri due o tre attacchi, finché il Saiyan, ormai stanco di continuare quel ridicolo combattimento, lo colpì alla testa con un’onda di energia, staccandogliela di netto.
Finalmente non si mosse più: sarebbe stato difficile il contrario.
Il gran trambusto però aveva attirato altri infetti che, entrando nel negozio, intrappolarono Vegeta all’interno. Il locale aveva un soffitto veramente basso e, anche se si fosse sollevato, levitando, non sarebbe stato difficile per loro afferrarlo, o comunque sfiorarlo con quei dannati artigli che gli erano cresciuti con l’infezione.
Decise per una soluzione drastica: sferrò un potente ki blast che investì tutti i suoi assalitori, ancora prima che potessero avvicinarsi troppo.
Il fuoco li consumò e altre grida strazianti giunsero alle orecchie del principe, ma stavolta per lui fu un piacere udirle.
Gli infetti caddero tutti al suolo davanti alla porta della piccola bottega, ammassati gli uni sugli altri, neri e puzzolenti, ma immobili.
Quando si sentì abbastanza sicuro, Vegeta si avvicinò ed iniziò a scavalcare i cadaveri per uscire ma, appena fuori, sentì qualcosa graffiargli un polpaccio, strappando il tessuto resistente della tuta da combattimento e facendolo sanguinare.
Allarmato, si voltò e vide che c’era un infetto ancora vivo, che si muoveva a fatica ma era riuscito ad artigliargli la gamba.
«Maledetto!» ringhiò alzandolo di forza e staccandogli la testa con le proprie mani, furente con quella creatura e con se stesso per la propria negligenza.
Si sarebbe trasformato.
Dalla strada si fecero avanti altri infetti e lui, rassegnato a diventare uno di loro ma non a farsi ammazzare, prese a colpirli tutti, uno dopo l’altro, chiunque si facesse avanti per avere la sua carne, maschio o femmina, vecchio o bambino, e li uccise, gridando tutta la sua rabbia, la sua disperazione. Mozzò teste, staccò arti a mani nude, li sterminò uno ad uno.
Quando ne ebbe fatti fuori abbastanza per riuscire a calmarsi, si rese conto che erano trascorsi ben più di trenta secondi, forse anche cinque minuti, e non aveva ancora presentato i sintomi osservati su tutti gli altri.
Si toccò il petto, quasi per accertarsi di essere veramente vivo, di sentirsi bene: non c’era nulla di strano, non era cambiato niente.
E poi rise.
Forte, si sganasciò, si piegò in avanti tanto era il dolore alla pancia, rise, rise, rise, come quello fosse il più bel giorno della sua vita.
Era immune.
Era maledettamente immune al virus o qualunque cosa fosse.
Senza esitare oltre, si portò al riparo da altri attacchi: doveva riflettere.
Tutto era iniziato il pomeriggio precedente, dal palazzo di Freezer, dove lui stesso viveva. Era una fortuna che non si fosse trovato lì al momento dell’accaduto… o forse no? Almeno avrebbe saputo dare una spiegazione a ciò che era successo.
Tutti gli infetti erano usciti proprio dal palazzo, dunque era lì che doveva recarsi. Se si trattava davvero di una malattia, e se era stata scatenata da qualcuno che lavorava per Freezer, doveva pur esserci una cura, un antidoto.
Ma, diamine, non sarebbe stato facile fare le proprie ricerche là dentro, al buio, la tana dei Saiyan infetti.
Inoltre, per quanto quest’ultimi non riuscissero più a sentire le aure, dubitava che fosse così anche per l’unico superstite che aveva percepito già da quella notte.
Lo sentiva perfettamente, era un Saiyan di giovane età, ma pareva non essersi accorto della presenza di Vegeta.
O era ferito, o maledettamente stupido.
Ad ogni modo doveva trovarlo e farsi dare una mano da lui. Si avviò verso il palazzo, ormai noncurante degli attacchi degli infetti; si concentrò per individuare l’unica aura che riusciva a percepire e svoltò per una stradina scura, procedendo verso l’ingresso di un’altra bottega di alimentari… e lì lo trovò.
Gli dava le spalle e si era avventato su qualcosa, sgranocchiandolo con gusto: all’inizio Vegeta temette di aver trovato un altro infetto, invece si accorse che il giovane stava mangiando due carote, contemporaneamente.
Quando lo sentì sopraggiungere, si voltò di scatto, come se lo avessero preso con le mani nel sacco, e sussultò.
«Sei uno di quelli?» domandò con diffidenza, distraendosi dal suo pasto.
«No» rispose Vegeta, con disprezzo. «Hai sentito la mia aura? Perché non mi hai cercato?»
«Ehm… volevo farlo, stamattina, quando mi sono svegliato, ma poi ho avuta molta fame…»
«Vuoi dirmi che stanotte tu hai dormito
«Beh, più o meno. Ho cercato di mettere in salvo qualcuno, ma poi mi è caduta una trave in testa e sono rimasto sepolto dal soffitto di una casa. Quando mi sono ripreso era giorno e c’erano un sacco di cadaveri… è una cosa terribile.»
Parlava come un pappa molle; in chi diavolo si era imbattuto?
«Come ti chiami?»
«Kaarot. E tu sei il principe Vegeta!» esclamò allegramente.
L’altro lo fissò disgustato: tra tutti i guerrieri validi, coraggiosi e forti che potevano sopravvivere, era rimasto solo lui?
«Hai capito quello che è successo stanotte?»
«Veramente… no» rispose Kaarot grattandosi la nuca, imbarazzato.
«Si è diffuso un virus. Devo andare al palazzo e vedere se c’è un antidoto: non posso certo ammazzare tutti gli abitanti del pianeta.»
«Eh, già, non sarebbe molto carino» concordò il suo interlocutore. «Dopo, ti rimarrei solo io da governare. Sai che noia!»
Vegeta alzò gli occhi al cielo, chiedendosi cosa avesse fatto di male per ricevere una maledizione simile.
«Andiamo.»
Uscirono dal negozio e si alzarono in volo, per evitare gli infetti, ma presto scoprirono che essi li seguivano comunque: sarebbero arrivati fino al palazzo e avrebbero intralciato ancora di più la loro ricerca, dunque scesero di nuovo a terra, nascondendosi per un po’ per far perdere le loro tracce.
Nel frattempo, Vegeta spiegò a Kaarot tutti i sintomi di quello strano virus.
«Wow, sei proprio un ottimo osservatore!» si complimentò il ragazzo, mantenendo quel costante sorrisino ebete che infastidiva tanto il principe.
«Muoviti» incalzò con tono laconico. «Hai capito bene quel che ho detto?» si assicurò una volta davanti all’entrata del palazzo.
Dall’interno non proveniva alcun rumore, né luci; sembrava disabitato, ma Vegeta sapeva che era lì che si nascondevano i Saiyan.
Molti avevano già abbandonato la città, troppo affamati per resistere ancora in un luogo senza più prede da catturare, ma altri erano rimasti, chissà per quale motivo.
Il principe aveva una buona vista anche al buio, ma non sapeva quanti fossero gli infetti all’interno e non confidava nelle capacità di Kaarot; era certo che si sarebbe fatto mordere al primo colpo.
Stava escogitando un modo per entrare senza essere intralciati quando, senza che lui se ne accorgesse, il suo unico suddito rimasto si avventurò all’interno dell’edificio.
«Ehi là! C’è nessuno?» gridò con tutto il fiato che aveva in gola, e Vegeta si irrigidì dalla sorpresa, spalancando gli occhi costernato.
Immediatamente si udirono tanti passi veloci raggiungere il piano terra e la porta principale, e il Saiyan fece appena in tempo ad afferrare Kaarot per un braccio e tirarlo verso la luce, che una ventina di infetti si scagliarono sul punto in cui si trovava.
Gettò a terra il guerriero più giovane e gli sferrò un paio di calci nello stomaco, mentre un’orda di belve li osservava dalla zona buia, ringhiando e ululando.
Avevano tutti gli occhi rossi, proprio come nel suo sogno.
«Sei impazzito?! Che cosa ti è saltato in mente di fare?» urlò contro Kaarot.
«Scusa» si difese lui, senza dare segno di provare dolore per i colpi del principe. «Volevo essere certo che non ci fossero dei superstiti, qualcuno che avesse bisogno d’aiuto.»
«Noi abbiamo bisogno d’aiuto!» sbraitò l’altro, infuriato. Non dissero niente per un paio di minuti, nell’aria solo i bassi ruggiti del branco che li attendeva all’interno.
Tutti i soldati che Vegeta conosceva, che aveva allenato, da cui era stato allenato, che combatteva nella sua squadra, che odiava… tutti trasformati in bestie impazzite.
«Potremmo far esplodere l’edificio» propose all’improvviso Kaarot.
«Hai così tanta fifa di venir contagiato che preferisci evitare il rischio?» lo derise il principe. «Sta tranquillo, se ti trasformerai ti ucciderò in fretta!»
«Beh, un po’ di paura ce l’ho: non mi va di andare in giro e bere il sangue della gente! Però ciò che mi era venuto in mente è che gli infetti Saiyan non sopportano la luce, quindi se facciamo crollare il soffitto, non resterà neanche una zona scura all’interno.»
Vegeta spalancò gli occhi, stupito.
Quell’idiota aveva ragione; era la prima cosa intelligente che sentiva uscire dalla sua boccaccia.
Tuttavia, non poteva certo dire che la sua fosse un’idea geniale: andava ritoccata.
«Se facciamo crollare tutto, non troveremo mai i laboratori: meglio aprire solo qualche varco.»
Il palazzo, difatti, non aveva molte finestre, per questo i Saiyan si erano rintanati tutti lì dentro.
«Dai, muoviamoci.»




 
 
***
 
Note:
in questa fanfiction, Goku è in una fase tra il maturo e l’ingenuo poiché, in fondo, è cresciuto tra i Saiyan o, comunque, in mezzo alle persone. XD
Però vi chiedo scusa se lo trovate OOC.
   
 
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