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Autore: Mick St John    27/11/2011    1 recensioni
Il caso del quarto episodio si apre con la consegna alla polizia di una foto di una ragazza scomparsa nel nulla. All'indagine dovrà partecipare anche Mick, nonostante sia impegnato a lavorare sulle tracce della legione. Ben presto si ritroverà su una strada molto difficile da percorrere...
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Stagione di Moonlight in fanfic'
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4.

Beth si era appena svegliata e aveva allungato la mano sul lenzuolo dalla parte in cui ero sdraiato.
“Mmm... Mick?” Domandò, socchiudendo gli occhi a fatica, con espressione contrariata.
Non ero dove mi aveva lasciato e questo l’aveva turbata.
“Mick!” Chiamò con più convinzione mentre si sollevava a sedere, accarezzandosi il viso assonnato.
Si guardò un po’ intorno, cercandomi nella stanza senza capire dove fossi finito.
“Sono qui... Buongiorno, Beth.” Risposi dal basso e lei si sporse sul bordo del letto per capire cosa stessi facendo all’altezza del pavimento.
“Buongiorno...” Mi rispose poi, strizzando gli occhi confusa. “Perché non sei rimasto a letto?”
“Non riuscivo a dormire, così ho fatto qualche flessione... Mi dispiace se ti ho svegliata.”

Mi alzai in piedi e socchiudendo le labbra la salutai con un bacio, poi tornai a sedermi sul letto accanto a lei mentre la osservavo ammirato. Già di prima mattina era stupendamente bella.
“No... no Mick non mi hai svegliata! E‘ solo che mi mancava il tuo contatto.”
Il fatto che fossi sveglio, mi aveva reso più attivo ed energico e volevo prendere in mano la situazione.
“Ah si? E se il workout lo facessimo insieme?” Azzardai, pronunciando a denti stretti quella richiesta audace, strofinando il naso sul suo collo profumato.
Improvvisamente Beth sentì il corpo reagire e chiuse gli occhi sfiorando le mie braccia con le mani, troppo immersa nelle sensazioni che quella carezza le dava, per fare qualcosa di più concreto.
"Ottima idea..." Soffiò dolcemente al mio orecchio. Sentiva il mio sguardo intensificarsi mentre la guardavo.
In quello scambio di carezze e in quegli sguardi profondi avevo letto il si cui aspiravo fin da quando mi ero svegliato dal mio dormiveglia, ma sentire il suo sussurro all'orecchio fu in grado di provocarmi un vero e proprio brivido che mi fece chiudere gli occhi per un istante, mentre sentivo l'adrenalina entrarmi in circolo.
Chinai la testa da un lato per poi scendere a sfiorare la pelle tesa del suo collo, candido e caldo a contatto con le mie labbra più fredde.
Ad un tratto mi fermai per tornare a guardarla negli occhi e accarezzarle delicatamente il viso con la mano ben aperta. Volevo sentire sulle mie dita la sua guancia liscia e morbida che si avvicinava sempre di più a me, concedendosi alle mie carezze. Più la guardavo, più mi rendevo conto di quanto fosse perfetta per me, di quanta dolcezza suscitasse nel mio cuore anche solo un tocco semplice e casto come quello.
Ma mentre fissavo le sue labbra, provavo dentro una voglia sempre crescente di farle mie, di stringerle dolcemente e di poter bere da esse tutta la dolcezza che desideravo e che solo lei era in grado di donarmi.
Beth, ad occhi chiusi, si godeva intanto quelle carezze sul collo esposto a me, ma quando avvertì che mi stavo rialzando, aprì gli occhi e comprese che volevo cominciare dall'inizio, per baciarci come facevamo sempre.
Le sue labbra si incresparono in un sorriso dolce, di quelli che lei sosteneva che solo io riuscissi a farle fare, così come il calore, salirle dal cuore.
Speravo che non si stancasse mai di sorridermi in quel modo.
Immaginai che potesse davvero vedere dietro le mie iridi chiare il desiderio e la voglia che avevo di lei e che fosse così sensibile da capire la mia lotta interiore.
Una parte di me, quella più irrazionale, voleva prenderla subito, senza riserve, mentre l'altra desiderava fare le cose con calma, gustandosele con esasperante lentezza.
Forse interpretando quel mio stato d’animo, Beth mi seguì docile, mentre piano la avvicinavo a me, e sollevò una mano per posarla dolcemente dietro la mia nuca e accarezzarmi la base dei capelli.
A quel gesto, il desiderio che provavo era diventato un cavallo impazzito che non avrei potuto domare senza dargli ciò che a gran voce stava chiedendo.
Mentre i canini scendevano lentamente sulle mie labbra e socchiudevo la bocca in un respiro crescente, lasciai scivolare la mano lungo il suo splendido corpo steso davanti a me, giocando con la punta delle mie dita. Ma quel malizioso solletico non aveva altro scopo che stuzzicare il piacere cui avevamo fretta di abbandonarci entrambi completamente.
Beth mi dava la sensazione di essere in grado di assorbire la mia energia, come se potesse rubare parte del mio essere soprannaturale, restituendomi una parvenza di natura umana.
Placava la fame del vampiro che era in me, assecondando l'istinto di entrambi e nello stesso tempo stimolando in me un'eccitazione tanto intensa da farmi male.
Sentivo il profumo del suo sangue risvegliare e stimolare i miei sensi, che facevo fatica a placare.
A quel punto persi il controllo, afferrandola per i fianchi per sistemarla meglio sotto di me e sovrastandola con il mio corpo, mi imposi su di lei, sorreggendomi sulle braccia.
Ebbi solo un attimo di esitazione, prima di adagiarmi a contatto con il suo corpo, e fu solo per godermi il richiamo della sua intimità che sentivo attrarmi e pretendermi con voglia incontenibile. Non mi restava che farmi spazio tra le sue gambe tese e appagare quell'istinto al possesso reciproco che ci stava dominando, alimentando e appesantendo i nostri respiri.
"Mick... "
Soffiò nel mio bacio, allungando le braccia per accarezzarmi le ampie spalle, mentre sentiva il suo corpo totalmente sveglio, reclamarmi. Poi sospirò tremante di piacere, facendo vibrare anche il mio respiro, mentre allungandosi impercettibilmente contro di me, sospirò ancora, iniziando a passare le unghie sulle mie spalle, senza forzare troppo.
Sapeva che ero fatto di roccia, ma lei non era mai stata una tipa violenta e le piaceva stuzzicarmi dolcemente.
Così alzò il bacino verso il mio, approfondendo il bacio e fece leva sull'abbraccio per avvicinare anche il mio petto al suo, sfiorandolo dolcemente.
Riuscivo già a sentire il piacevole calore del suo corpo, sprigionarsi in quell’avido sfregamento, mentre iniziavo a muovermi su di lei, assecondando quel delirio di sensazioni. Ma ad un tratto mi bloccai di colpo, avvertendo il trillo del telefonino, in quello che si è soliti definire un tempismo perfetto.
Il suo Iphone stava squillando insistentemente, interrompendo quel piacevolissimo preambolo ad un momento di beatitudine tutto nostro.
Voltammo la testa entrambi per fissare lo smartphone per qualche secondo.
Essere interrotti sul più bello era l’inconveniente che poteva rovinarti l’umore per l’intera giornata.
No. Pensai amaramente, socchiudendo gli occhi, rammaricato.
Beth si sentiva in colpa, perché in fondo al cuore sapeva chi fosse a chiamare e nel mio sguardo deluso, capiva che non era un mistero neanche per me.
Allungò il braccio sul comodino per prendere il telefono e rispose, mentre io mi scansavo con un sospiro profondo, ritirandomi in silenzio e stendendomi, su un fianco accanto a lei.
“Pronto, Ben?”
“Ciao Beth! Scusa l‘orario... So che è presto ma abbiamo un caso particolare su cui lavorare e ti vorrei in centrale al più presto. Ti chiedo solo di non dire niente a Mick.”
L’ultima frase che chiedeva di escludere me per l’ennesima volta, faceva sentire Beth sempre più in colpa.
E lei, sbuffando per mascherare i sentimenti che sentiva affiorare sul volto, restò per un attimo a pensare.
"Ciao Ben, tranquillo non è un problema..." In realtà pensava l’esatto contrario, guardando il soffitto.
No, certo... Perchè dovrebbe essere un problema? Replicai dentro di me e sfogai con uno sbuffo.
"Mi dai venti minuti?" Provava ad immaginare o di prevedere il motivo per cui non doveva dire niente a me, poi si sforzò di non guardarmi, ma sentiva già il suo cuore accelerare e sapeva che me ne sarei accorto.
Intuivo che stava cercando qualcosa di convincente da dirmi per giustificarsi o forse semplicemente meditava se dirmi la verità, come ci eravamo ripromessi.
Niente segreti tra noi, eh Beth?
Ben intanto alzò lo sguardo verso il suo scomodo ospite scalpitante e sospirò rassegnato.
"Venti minuti? Okay, ma fa’ presto... Ti spiegherò i particolari quando sarai qui e potrai vedere di persona... A dopo."
La salutò e chiuse la telefonata, lasciandola con mille interrogativi.
Quando anche Beth chiuse la chiamata, mi fissò rammaricata di dover lasciare tra di noi le cose in sospeso per correre alla centrale, ma prima che trovasse le parole di spiegarmi, accennai un debole sorriso e provai a riparare.
“Indagini coperte, vero? Ben mi vuole fuori dalle scatole.”
“Hai... hai sentito?”
Domandò lei incerta, scrutando il mio sguardo serio.
“No, non ho sentito, l‘ho capito dalla tua espressione.”
Avrei potuto origliare, ma non l'ho fatto.
"Ha detto che non vuole che ti dica niente... Non so perchè." Disse, sporgendosi verso di me per baciarmi.
"Ma tieniti libero per stasera, voglio finire questo discorso..." Ridacchiò maliziosa.
“Non preoccuparti, è tutto okay.” Cercavo di essere il più determinato possibile per rassicurarla.
Mi avvicinai al suo viso per darle un ultimo bacio più convinto e più profondo del primo, per poi rassegnarmi a lasciarla andare a prepararsi.
"Ti amo." Sussurrò lei prima di alzarsi, come se volesse in realtà chiedermi scusa. Infine, sospirando, si diresse in bagno, continuando ad evitare il mio sguardo.
Non voleva rischiare di voler ricadere in quel letto e mandare al diavolo il suo bel lavoro, nonostante fossi la sua tentazione più grande. Io al contrario, continuavo a guardarla con attenzione.
“Anche io ti amo.” Sospirai e mi lasciai cadere tra i cuscini.
Quando Beth sparì in bagno, restai a guardare il soffitto per qualche minuto, svuotando la mente da ogni pensiero a parte questo.
Non devo prendermela... Ognuno ha il suo lavoro da fare e Ben ha le sue reticenze con me, non è un mistero. E’ lui che non si fida ancora del tutto di me. E poi sono qui a riposarmi, sdraiato nel letto di Beth, in un piacevolissimo risveglio, dopo avere passato una delle notti d’amore più belle della mia vita! Devo solo essere contento.
A fatica scivolai anche io sulle lenzuola per alzarmi e recuperare i miei vestiti, gettando un’occhiata in bagno per sbirciare la mia bionda, mentre si preparava.
Già sento che sarà una giornata impegnativa... Pensai rinfilandomi i boxer.
Molto impegnativa.


********
5.

Arrivata al suo posteggio riservato, nel parcheggio dell'ufficio del procuratore, Beth si mise la borsa sulla spalla, spingendo poi al loro posto gli occhiali da sole che le erano scivolati sul naso.
Sospirò, ripensando ancora alla "mattinata interrotta" e si diresse con passo deciso verso l'ufficio, rispondendo al saluto, con un sorriso tirato, a chiunque la conoscesse e la salutasse, dandole il buongiorno.
Aveva tutta l’aria di chi pensava con una certa insofferenza e di colpo alzò il volto in un accenno di saluto, mentre si avvicinava al suo capo.
"Buongiorno Ben." Disse guardandolo, poi aggiunse senza aspettare che rispondesse
"Allora, cosa succede?"
Talbot ricambiò lo sguardo, sorridendo quasi a forza e le porse la foto, iniziando a spiegare, senza perdere tempo
"Ciao... Un informatore di Carl ha portato questa foto stamattina."
Le diede il tempo di guardarla, senza notare l'improvviso pallore.
Beth sentì la testa girarle e chiuse gli occhi per un istante.
"Questa è la villa di Josef Kostan..." Ben annuì per confermare.
Lì per lì non si sorprese nemmeno del fatto che la riconoscesse.
"E' per questo che ti ho fatta venire, è una delle persone più in vista di LA, è una bella gatta da pelare... gira la foto."
Lei eseguì e vide l’inquietante scritta a penna che c’era sul retro.
"Oh, Dio..." Esclamò passandosi nervosamente una mano sulla fronte.
"Hai portato qui Kostan?" Chiese poi guardandolo.
Sottintendendo, in quello sguardo, le frasi di Beth che aveva già immaginato, Ben annuì e fece per aprire la porta della sala, quando lei lo bloccò.
"Aspetta... cosa sappiamo?" Voleva conoscere esattamente tutto quello che Ben aveva capito e quanto compromettente questa faccenda fosse per i vampiri e per Josef stesso.
"Leon, l'informatore di Carl, ci ha detto di aver visto questa ragazza salire in macchina con Kostan ieri sera, lo abbiamo fatto portare qui, ma non è molto collaborativo, per questo ti ho fatta chiamare." Disse guardandola.
"Abbiamo solo questo?" Il viceprocuratore annuì mesto.
"Vieni, andiamo. Potremmo non avere molto tempo, se quella ragazza è ancora viva."

“VOGLIO il mio avvocato!”
Urlò Josef sbattendo il pugno sul tavolo con un colpo secco, facendolo traballare sul pavimento.
“Ve l‘ho già detto decine di volte e sono stanco di ripeterlo! Non conosco il suo nome! Non posso conoscere tutti quelli che partecipano alle mie feste! E‘ di sicuro un’amica di amici!”
“Allora ci fornisca la lista dei suoi invitati, dei suoi amici!
“Ma gliel‘ho detto, non posso farlo! E‘ gente riservata!”

Josef fissò Beth che entrava nella stanza con uno sguardo implorante aiuto e comprensione, almeno da lei.
Non avrebbe mai potuto tirare in ballo i più ricchi tra i vampiri e le personalità di Los Angeles. Era come chiedergli di stilare un’altra “lista” e il solo pensiero lo ripugnava.
“Bene signor Kostan, se non vuole dirci nulla su questa ragazza, sarò costretto a trattenerla per 24 ore.” Replicò Ben a tono.
“NO!” Urlò subito il vampiro facendo per alzarsi, ma l’agente gli si accostò rapido come un falco, pregandolo gentilmente di riaccomodarsi, ma senza osare toccarlo.
Josef lo freddò con il suo sguardo d’acciaio, ma sospirando e riassestandosi la giacca, tornò a sedersi, cercando di riprendere il controllo dei nervi.
“Io ho altri impegni, viceprocuratore Talbot! Pensa che possa perdere il mio tempo insieme a voi? Ho un‘azienda da gestire e se non dovesse saperlo, è una delle colonne portanti della città!”
“Lascia parlare me ora...”
Sussurrò piano Beth sporgendosi verso Talbot e intervenendo con fare paziente.
Si avvicinò allora a Josef, che nervoso, picchiettava le dita sul tavolo dell'interrogatorio.
Quando la vide prendere in mano la situazione, lui reagì con un sorriso sollevato, sperando che almeno con lei fosse più facile ragionare.
Beth gli sorrise di rimando e si sedette di fronte a lui notando che Ben era rimasto in disparte dietro di lei per lasciarle campo libero, almeno per quello che poteva.
"Buongiorno Signor Kostan." Aveva deciso di cominciare con un tono più formale per rassicurare Ben di fare bene il suo dovere.
"Buongiorno." Rispose lui col suo solito fare da gentiluomo d'affari seguendo le regole del gioco.
Lo guardò preoccupata, chiedendosi distrattamente da quanto tempo fosse fuori casa e da quanto avesse mangiato, ma Josef sembrava stare bene e questo la rincuorò.
"Allora Signor Kostan..." Cominciò guardandolo intensamente, rimanendo però sul professionale. "Sa perchè è qui?"
Josef sbuffò rumorosamente cercando di lanciarle qualche segnale di aiuto e Beth non si voltò indietro per chiedere il parere del suo capo, prima di mostrargli la foto una nuova volta.
"Conosce questa ragazza?"
Josef la fissò intensamente ignorando la fotografia che ormai conosceva bene. Poi rispose con determinazione cercando di mantenersi gentile, nonostante fosse davvero snervante sentirsi fare sempre le stesse domande, da tante persone diverse. La tecnica dell'interrogatorio prevedeva uno sfinimento mentale che portasse alla confessione o per lo meno all'emergere di diverse versioni di dichiarazioni che potessero far intuire il coinvolgimento dell'indiziato.
Josef veniva perciò tartassato da più di un'ora, con interrogatori procedurali standard e anche un vampiro attempato come lui iniziava a spazientirsi.
"Conosco solo il suo nome, si chiama Diane, da quello che mi sembra di ricordare."
Beth annuì e disse con calma guardandolo
"Avrei bisogno di sapere perchè questa ragazza è nuda a bordo della sua piscina." Mentre i suoi occhi in realtà gli chiedevano. "Josef, è forse una tua freshie?"
Il vampiro si irrigidì a quella richiesta e sospirò a fondo, abbassando per un attimo lo sguardo sul tavolo.
Poi tornò a fissarla con nuova sicurezza.
"Mi ascolti, Beth..." Gli sfuggì con tono più confidenziale.
"Non sarebbe la prima donna nuda a bordo della mia piscina. Alle mie feste ci si diverte anche così! Non posso sapere con esattezza come decidano di passare il loro tempo in casa mia, ma non capisco cosa ci sia di male nel farsi un bagno rilassante! E' un reato, adesso?"Domandò a sua volta con una smorfia.
Beth sorrise a quella smorfia e sospirò.
"No, non è un reato, ma capirà che dobbiamo indagare nel momento in cui c'è anche solo il sospetto che questa ragazza sia stata sequestrata o uccisa. Nessuno la sta incolpando di niente, anzi, siamo qui proprio per scagionarla da ogni sospetto." Precisò sorridendo, poi si voltò verso il viceprocuratore.
"Ben, ci porteresti due caffè?" Con gentilezza, cercava di farsi lasciare sola.
Sapeva che stava rischiando, ma doveva parlare con Josef senza veli. Sapeva che sarebbe stato molto difficile cavar fuori le parole a Josef, ma lo sarebbe stato ancora di più con il viceprocuratore Talbot appollaiato lì dietro come un avvoltoio.
Ben annuì, anche se a malincuore, e si voltò, lasciando però uno degli agenti fuori dalla porta socchiusa.
Prima di andarsene lanciò a Beth uno sguardo carico di raccomandazioni e sparì nel corridoio.
Beth allora andò a socchiudere la porta, guardando in cagnesco l'agente che all'ordine di Ben si era sistemato in modalità "Origliatore DOC" e tornò da Josef, facendogli segno di tenere il volume della voce, basso.
"Josef... che cosa sta succedendo?"
Il vampiro fece un nuovo sospiro, ma stavolta quasi di liberazione.
Era più sollevato, ora che Ben lo lasciava respirare senza il suo fiato sul collo, ma alla domanda di Beth, spalancò gli occhi stupito.
"E lo chiedi a me? Non ne ho la più pallida idea! So solo che il tuo amico mi ha mandato degli agenti a casa per prelevarmi dopo che non ho chiuso occhio, stanotte! Mi sono ritrovato chiuso in questa sala da interrogatori con Talbot che mi faceva domande strane su questa foto, ma non conosco davvero questa Diane! Sarà stata a casa mia al massimo un paio di volte! Mi dispiace, non so se l'abbiano uccisa. "
Beth mise una mano su quella di Josef per rassicurarlo.
"Finchè non c'è un cadavere, non c'è un vero omicidio, ma devo essere sicura che davvero fosse semplicemente una tua invitata e non una freshie o qualunque altra cosa collegata al vostro mondo! Sei sicuro che nessuno dei tuoi invitati si nutrisse di lei?" Strinse la presa e Josef fissò per un istante quella mano delicata che si era poggiata premurosamente sulla sua. Era circondata da un tepore rassicurante, al contrario della sua, fredda di morte, immobile sul tavolo.
Quel contatto gli ricordò improvvisamente Sarah e i suoi occhi si riempirono di dolcezza, ammorbidendo la sua espressione tesa.
"Beth... Non posso sapere se fosse la freshie di qualcuno. E' possibile, ma non la mia, comunque. Se le è accaduto qualcosa, non sono stato io."
Il suo sguardo tornò sulla fotografia e le sue labbra si piegarono in un sorriso triste.
"E' davvero molto bella. Spero che la ritroviate viva."
E non parlava solo per interesse personale. Nei suoi occhi si leggeva il rispetto profondo per cui, chiunque lo conoscesse bene come me, avrebbe capito che non le avrebbe fatto del male.
Beth sorrise di rimando, intuendo proprio questo.
"Si sistemerà tutto, vedrai" Annuì convinta. "Josef... tu come stai?" Chiese poi ancora preoccupata.
Le aveva detto che non dormiva dal giorno prima e ora si domandava da quanto non mangiasse.
"Hai chiamato Simone? Chiamala e chiedile di portarti da mangiare." Poi si fermò un momento, pensando alle implicazioni di quella frase e scosse la testa, spiegando ancora.
"Hai diritto ad un colloquio privato col tuo avvocato, potrai mangiare in pace, se ne hai bisogno." Si rendeva conto di essere paranoica, ma oramai considerava Josef un caro amico, dopo tutto quello che avevano passato.
La sua mente tornò a Dean Foster per un momento, poi concluse con più sicurezza.
"Avvertirò Mick. Ce ne occuperemo io e lui, tu non preoccuparti di nulla, ok? Quando arriverà Simone, parlerò anche con lei, se ce ne sarà bisogno."
Josef annuì stancamente a tutto ciò che lei gli aveva consigliato.
Dormire era stata un'impresa impossibile per tanti motivi che era ben deciso a tenersi per sè, ma non si aspettava che lei gli chiedesse come stava. Beth era molto gentile con lui e non era propriamente abituato ad avere rapporti d'amicizia così confidenziali con donne da cui non prendesse la sua razione giornaliera di "linfa vitale".
"Simone... si, chiamerò il mio avvocato se questi gorilla in divisa mi faranno usare il cellulare!"Imprecò a voce alta guardando con fare minaccioso l'agente che stava silenzioso e sull'attenti, immediatamente fuori dalla porta.
Aveva un sottilissimo e terribile presentimento che gli strisciava viscidamente sulla nuca, facendolo irritare ancora di più.
"Non te l'hanno permesso?" Domandò Beth stranita guardando fuori dalla porta e decidendo che avrebbe fatto due chiacchiere con Ben anche riguardo a quella procedura.
"Appena finiamo qui, puoi chiamarla." Gli assicurò annuendo comprensiva.
"Allora, Josef, negli ultimi due giorni, dove sei stato?" Continuò "Hai un alibi da poter fornire per ieri notte?"
Lui si passò con finta disinvoltura una mano sui capelli, sentendo le punte setose fargli un piacevole solletico sotto il palmo, poi lentamente rispose, sorridendo come suo solito.
"Ti prego, basta! Non farmi domande retoriche di cui conosci già le risposte. Ieri pomeriggio sei stata da me con Mick, sai in che stato era casa mia, esattamente come l'ha trovata stamattina il tenente Davis."
Si fermò un attimo a guardarsi la mano e poi strinse il pugno con forza.
"Sono stato per i fatti miei, e non ho ucciso nessuno. Dovrai credermi sulla fiducia."
Beth annuì pensando a cosa fare, poi gli sorrise incoraggiante.
"Io ti credo, ma non dipende da me, sto solo cercando di aiutarti. Sei fortunato che Ben mi abbia chiamata. Pensa se avesse voluto tenermi fuori da questa storia..."
Si passò una mano sulla spalla per spostarsi i capelli e all'improvviso ricordò.
"Quelle due ragazze... Mick ha detto che le avevi addormentate! Quando sono andate via, ti hanno visto?" Domandò speranzosa. "Potrebbero testimoniare che fossi con loro."
Josef scosse debolmente la testa e alzò la mano per indicarle un tre con le dita, poi rispose, voltandosi a guardare di nuovo la porta.
"Erano tre, ma non sono reperibili. Posso fare la mia telefonata, adesso?" Domandò evasivo a sua volta, cercando di sottrarsi a quell'interrogatorio del tutto sgradevole per lui. Non voleva far capire a Beth cosa fosse accaduto quella sera dopo che eravamo andati via.
Beth per tutta risposta, assottigliò lo sguardo e lo irrigidì.
Stava solo cercando di aiutarlo, ma a quanto pareva, Josef non voleva farsi aiutare. Era determinato a non collaborare e Beth temeva di sapere perchè. Aspettava me.
"Ha il suo cellulare?" Chiese allora freddamente, tornando a dargli del lei per l'irritazione.
Il vampiro capì di avere toccato una corda delicata in seguito alla reazione di Beth e si portò la mano sulla tasca, stringendosi nelle spalle.
"Certo che ce l'ho, detective!"
"Perfetto, può chiamare il suo avvocato."
Lo autorizzò alzandosi e spalancando la porta, avvisò l'agente.
"Il Signor Kostan chiama il suo avvocato, adesso." Poi si voltò di nuovo verso Josef, guardandolo negli occhi piena di delusione.
Fu allora che lui cercò di rimediare in qualche modo.
"Beth." L'aveva chiamata con volce ferma, prima che uscisse, piantandole addosso i suoi occhi d'ambra.
"Grazie."
Pronunciò quella parola in modo leggero, sperando che potesse coglierne la sfumatura impercettibile che nascondeva i suoi veri sentimenti di preoccupazione e di riconoscenza. Ma aveva fatto una promessa a se stesso che non voleva ancora infrangere.
Quel grazie la fece sorridere e fece passare la rabbia. Dopotutto Beth e Josef condividevano un segreto, lui l'aveva aiutata quella volta a risolvere un “piccolo” problema nei miei riguardi e lei lo avrebbe aiutato in questa occasione, restituendo il favore, senza fare troppe domande.
Annuì, per fargli capire che era tutto a posto, uscì dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle e si rivolse alla guardia.
"Dov'è Talbot?"
L'agente si voltò verso le scale e le indicò la stanza del procuratore dove era chiuso con alcuni dipendenti.
"La sta aspettando in ufficio, può entrare."
In realtà la voce squillante del viceprocuratore si sentiva oltre la porta mentre litigava con toni poco pacati con qualche impiegato per alcune pratiche ancora ferme.
Beth ridacchiò ed entrò nella stanza ignorando gli impiegati, felice che fosse al di sopra di tutto quello.
Era indecisa su cosa dire a Ben, ma qualcosa avrebbe inventato. Era ciò che le veniva meglio, districarsi nelle situazioni complicate.
"Se continui ad urlare così ti scoppieranno le coronarie, Ben!" Rise, sedendosi.
A quella battuta, Ben moderò i toni e si affrettò a concludere.
"E' la quarta volta che chiedo di quel carteggio! Possibile che siate così lenti nell'esaminare la domanda che vi ho inoltrato? E' importante! Devo fare un esposto al giudice per poter avere un po' di attenzione? Sparite dalla mia vista... e domani è meglio che vi presentiate con quei documenti o giuro che vi mando a dirigere il traffico!"
L'ufficio si svuotò in tutta fretta e Ben tornò a guardare la sua investigatrice preferita con una scintilla negli occhi.
"Non fare la spiritosa, Miss Turner, ce n'è anche per te... Dimmi che Kostan ha cantato o per lo meno che ti ha dato una traccia!"
Beth alzò un sopracciglio e replicò a tono.
"Ce n'è anche per me?" Poi protestò, sporgendosi verso di lui. "Io non credo proprio." E sbuffando aggiunse. "No, ha detto le stesse cose che ha detto a te, sta chiamando il suo avvocato. Ma Ben, io non credo che stia mentendo e sai meglio di me che il suo avvocato lo tirerà fuori di qui in meno di dieci minuti."
“Che esca di qui, non credo proprio!" Rispose, urtato, riprendendo le sue parole e cercando di mantenere la calma.
“Ben, proviamo a chiamare St. John." Propose finalmente, guardandolo più intensamente.
"Sono amici, è vero, ma io lo conosco, ci darà una mano."
Ben scosse lievemente la testa con un sorrisetto di sarcasmo sulle labbra.
"Beth, so che lo conosci... Credi davvero che se coinvolgessimo il tuo investigatore nelle indagini e il nostro indiziato fosse colpevole di omicidio, St. John non farebbe di tutto per evitare il suo arresto? Andiamo... non prendermi in giro anche tu. Capisco che ti fidi, ma cerca di essere obiettiva!”
"Potrei seguirlo io, sarebbe sotto la mia responsabilità!"
Esclamò allora, cercando di trovare qualcosa per convincerlo. "Quanto pensi che ci voglia prima che Kostan lo chiami e lo assuma per farsi scagionare? Tanto vale che ci muoviamo d'anticipo e facciamo fronte comune!" Poi la sfiorò un’idea sospettosa. "O pensi forse che persino IO sia compromessa?" Lo fissava accigliata, aspettando una risposta sincera.
"E' proprio per questo che non gli ho fatto fare la telefonata. Avevo paura che invece di chiamare il suo avvocato, telefonasse a lui. E se ho chiamato te..." Si fermò per sospirare a fondo e poi continuò mentre si sistemava le mani sui fianchi, scansando i bordi della giacca.
"L'ho fatto perchè di te mi fido. Ho bisogno del tuo intuito per trovare Diane."
Fece ancora una pausa pensando a quella proposta intelligente che lei gli aveva fatto e guardandola nel suo sguardo vivace e limpido non potè fare a meno di accontentarla.
"Va bene... Okay hai vinto. Ma SOLO se lo segui costantemente e mi tieni aggiornato su tutto. SU TUTTO, sono stato chiaro?" Chiese agitandole l'indice davanti al naso.
"Niente sotterfugi strani, capito?"
Beth si alzò a guardarlo negli occhi con decisione.
"Ti ho mai dato modo di dubitare di me? La troveremo e non avrai motivo di pentirti della tua decisione. Mi metto subito al lavoro, Capo!" E si avviò alla porta.
"E’ vero, non mi sono mai pentito. Ma... Sei comunque pregata di tenerlo al guinzaglio. Si raccomandò serio, prima che Beth si gettasse con estremo entusiasmo in quella nuova avventura.
Si affrettò a chiamarmi e forse non si stupì più di tanto del fatto che al terzo squillo non le avevo ancora risposto.
Un vampiro investigatore come me non sa stare con le mani in mano per più di due ore.

********
6.

Mentre Beth era impegnata con il suo caso, io ero andato da Logan per fargli cercare altre informazioni su Sebastian, ma lui mi aveva preceduto.
“Mick, io non volevo dirtelo ma... ho una traccia. Ho contattato un amico che ne aveva sentito parlare e lui mi ha raccontato di un posto dove Bastian e i suoi si radunavano. Grungen town, lo conosci?” Ci pensai su per qualche secondo e poi risposi scuotendo la testa.
“No... Dove si trova?”
“Eh... “
Sospirò Logan. “E‘ un paese minuscolo, di pochi abitanti, vicino al fiume Talmon. Ora è stato sfollato a causa di un allagamento della valle e il perimetro è stato recintato per evitare incursioni da parte di curiosi. Onestamente ho un brutto presentimento, ma sono sicuro che tu ci andrai lo stesso, vero?”
Lo fissai in un silenzio eloquente prima di salutarlo e dirigermi alla scala del suo rifugio e salire i gradini a due a due per raggiungere la porta.
“Hai fatto un ottimo lavoro, Logan. A più tardi.”
“Mick!”
Tentò lui per richiamare la mia attenzione, ma desistendo, si limitò a borbottare.
“Quel vampiro non cambierà mai... MAI.”
Rientrando nella mia Mercedes azionai il navigatore dell’Iphone deciso a raggiungere questo paese di cui ignoravo completamente l’esistenza.

KEEP OUT

Assottigliai lo sguardo leggendo il cartello arancione che campeggiava sulla rete con filo spinato a circa due metri d‘altezza.
Era una tiepida giornata di sole e pensavo che il calore mi avrebbe dato più fastidio, in quel luogo scoperto della vallata. Invece notai con un po’ di sollievo che gran parte del paese era all’ombra della montagna.
Ci guadagnavo per comfort ma ci perdevo per quel che riguardava l‘impatto emotivo.
Era come se una mano grigia pendesse pesantemente sulla cittadina, creando un forte contrasto luce/ombra che dava quasi fastidio agli occhi, tanto da costringermi a togliere gli occhiali da sole.
Fossi stato un mortale lo avrei definito, senza dubbio alcuno, lugubre ed inquietante.
Scavalcai la recinzione, aggrappandomi alle maglie della rete e saltai all’interno della zona vietata.
Un intero piccolo agglomerato di case era stato improvvisamente isolato dal resto del mondo e la faccenda era già così parecchio intrigante. A questo si aggiungeva la mia curiosità di conoscere qualcosa di più sugli usi dei miei “ex cognati”.
Quando cominciai ad avanzare verso gli edifici abbandonati, mi resi conto che avevo gli scarponi impantanati nel fango.
Il terriccio su cui avanzavo si faceva sempre più morbido e melmoso dandomi una sensazione spiacevole nel camminare e dovevo stare anche attento a non scivolare.
Chiusi gli occhi cercando di capire in che direzione dovessi andare, nella speranza di cogliere qualche odore che potesse guidarmi, ma in realtà ne sentivo troppi e tutti mescolati per poterli distinguere, perciò mi ero convinto a dovermi avventurare all’interno.
Quando alzai lo sguardo stupito sui palazzi ormai privi di abitanti, mi resi conto di quanto fossero in uno stato di degrado. Alcuni presentavano delle crepe profonde e mi domandavo come potessero essere ancora in piedi. Ma il flusso di interrogativi che avevo, fu interrotto dallo scalpiccio del mio piede che si ritrovò in una pozzanghera troppo alta per essere definita tale.
“Ma che cavolo... ?”
Avvertii la sensazione fastidiosa dell’acqua che mi entrava negli scarponi e mi resi conto che più avanzavo verso il centro del paese, più il livello saliva.
In quell’istante il mio Iphone vibrò nella tasca dei jeans e un brivido mi corse su per la schiena. Mi affrettai a rispondere senza nemmeno guardare il display.
Capii subito che dall’altro capo della linea avevano altrettanta fretta di parlare.
“Mick, sono io. Non riagganciare.”
“Logan? Che c‘è?”
“C‘è che voglio rimanere in contatto con te, sei vero?”
“Si, sono arrivato da circa 10 minuti.”
“Ok, ho la planimetria del posto e posso dirti dove ti trovi. E soprattutto se ti capitasse qualcosa, Beth ucciderebbe anche me, perciò se dovessi avere bisogno d‘aiuto, almeno posso mandarti rinforzi!”

Mi sfuggì una risata nervosa a quella sua affermazione.
“Okay Logan, resto in linea... Non ti agitare. Sembra proprio un villaggio fantasma, mi trovo sul lato est in questo momento, venendo dalla statale. Ho scavalcato la recinzione e sto andando verso il centro. ”
“Mh mh... Ok, hai due edifici più grandi alla tua destra, evitali. Qui sono dati come fortemente pericolanti
“Va bene, ma... è normale che abbia l‘acqua alle caviglie? Man mano che avanzo è sempre più alta, e a giudicare dalla puzza, le fognature sono andate a farsi benedire. Questo posto è ancora allagato?”
“Si Mick, la versione ufficiale è che si sia allagato per via di una sorgente che è riaffiorata in superficie. All‘inizio alcuni abitanti hanno notato tracce di umidità sui muri, muffa sul soffitto, roba così... Ma ad un certo punto le pareti hanno cominciato a sudare o a piangere, usa il sinonimo che più ti piace.”

Mentre ascoltavo, mi ero accorto di avere raggiunto una sorta di piazza e l’acqua mi era ormai arrivata al polpaccio.
Sapevo come mantenere il sangue freddo, ma quel posto mi metteva addosso la stessa tensione che avevo provato incrociando lo sguardo di Bastian. Era come se ne avvertissi il potere, che come un alone, inglobava l’intera area.
“Non mi piace per niente. Non mi piace proprio per niente...” Sussurrai ad un tratto sentendo un rumore provenire dalla mia sinistra.
Poi però vidi un gatto balzare su un muretto di cinta di quello che doveva essere un giardinetto privato.
Mi fissava con intensità e cattiveria, mentre avanzavo e ad un tratto iniziò a soffiarmi, ma senza avere il coraggio di avvicinarsi.
“Miao.” Lo salutai gentilmente.
I suoi occhi verdi dalla pupilla ristretta ed allungata mi lanciarono uno sguardo affilato dalla paura che fece reagire i miei pensieri.
Non guardarmi così, io sono più preoccupato di te.
Camminai oltre, trovandomi davanti una abitazione un po’ più grande delle altre, ma ridotta peggio di tutte quelle che avevo incontrato lungo la strada. Lì sentii davvero un odore diverso.
“C‘è odore di morte qui. E c‘è un cartello che non riesco a leggere, ma pare ci sia scritto qualcosa con Chance... ” Sussurrai, mentre Logan rispondeva con un sospiro.
“Questo è male, molto male. Sulla mappa non è segnato...”
“Adesso entro.”
“Non avevo dubbi, Mick.”
Affermò lui con tono sconsolato.
Varcai la soglia, spostando appena la porta di legno e mi infilai all’interno.
Sembrava una sorta di locanda.
C’era un bancone di legno chiaro e a sinistra, a circa un metro e mezzo cominciava invece una scala che dava sul piano superiore dove presumibilmente c'erano delle camere per eventuali ospiti.
Restai fermo per qualche minuto a pensare, incerto se salire o meno, quando un rumore sordo di travi rotte fece sobbalzare Logan sulla sedia.
“MICK! CHE CAVOLO SUCCEDE?”
Esitai per qualche secondo nel rispondergli, mentre mi voltavo verso l’entrata.
“Niente... era la porta. E’ andata! E‘ completamente marcia e ha ceduto di colpo.”
Logan si massaggiò il collo, cercando di abbassarsi i capelli ritti sulla nuca.
"Okay... sto salendo. Voglio vedere se c'è traccia di qualche visitatore che ha alloggiato qui."
Poggiai un piede sul primo gradino e l'altro sul secondo, aspettando che il legno si assestasse sotto il mio peso, senza cedere di colpo.
Sembrava essere meno soggetto all'umidità, in quanto proteso verso il secondo piano, lontano dall'acqua.
Una volta in cima, notai che tutte le porte che davano sul corridoio erano aperte. Alcune socchiuse, altre spalancate. Il tutto aggiungeva un tocco di macabra spettralità a quel luogo già abbastanza destabilizzante.
Potevano essere state lasciate distrattamente in quel modo perchè gli ospiti della locanda erano stati sfollati in tutta fretta. Restava il fatto che fosse molto più comodo per me controllarne l'interno.
Ce n'erano otto in tutto, quattro per lato. Avanzai di qualche passo per trovarmi di fronte alle prime due e poter sbirciare all'interno. Erano sobrie e semplici, con una tappezzeria verde damascata alle pareti e la moquette in tinta. Ogni stanza aveva uno specchio appeso su un piccolo scrittoio e l'armadio a due ante accanto al letto e il cassetto. Non c'era nulla che avesse attirato il mio sguardo e tutto sembrava ordinato. Probabilmente lì non ci aveva alloggiato nessuno prima dell'esodo. Procedendo con accortezza sul pavimento di legno raggiunsi le altre due stanze successive. Quella alla mia destra aveva una piccola differenza rispetto alla sua gemella, un quadro che ritraeva una caccia alla volpe, alquanto ricorrente come motivo delle tele d'albergo.
Nulla che comunque potesse interessarmi.
"Mick... Quante stanze ti mancano?"
"Altre quattro, sono a metà del corridoio. Perchè?"
"Dimmi più o meno quanti metri ti mancano per arrivare alla fine del corridoio..."
"Saranno sette circa... perchè? "
Chiesi di nuovo, preoccupato.
"Sulla cartina, l'edificio non c'è, ma c'è come uno spiazzo indicato con un cerchio, forse una sorta di tombino. Credo corrisponda all'ultima stanza alla tua sinistra."
Alzai lo sguardo per verificare il numero, era la numero 8.
"Adesso entro a controllare."
Anche questa stanza era in ordine ma qui a differenza delle altre, c'era un quadro diverso. Mi bastò intravederlo per soffermarmici subito con più attenzione. C'era una casa su due piani, da cui partiva un sentiero di sabbia che conduceva alla spiaggia. Sulla destra c'era la scogliera con un faro e sulla sinistra invece una sorta di collina.
La stranezza era proprio lì.
Sulla cima c'era una sorta di scultura che raffigurava qualcosa di difficile interpretazione. A prima vista mi sembrò una statua con un leggio ma non ne ero sicuro.
"No... non mi pare ci sia nulla qui."
"Guarda a terra... vedi qualche botola?"
Abbassai lo sguardo ad ispezionare il pavimento ma senza successo.
"No... e sinceramente non avrei voglia di guardare nell'armadio... Però mi è venuta in mente una cosa."
"Mick... dove stai andando? Mick?!?"

Tornai sui miei passi per scendere al piano di sotto con un salto e raggiungere di nuovo il bancone. Sporgendomi verso l'interno, notai dietro di esso una porta che dava sulla cantina.
"Si, forse ho capito che cosa indica quel cerchio."
Non potevo non notare con curiosità che la porta era stata incatenata. “Credo di avere trovato qualcosa...” Sussurrai
“Cosa? Che hai trovato?” Logan aveva quasi paura a domandare.
“C‘è una porta chiusa con una catena.”
Stavolta nemmeno provò a dirmi di non aprirla, ma in compenso iniziò a mangiarsi le unghie con un certo nervosismo.
Facendo attenzione, mi avvicinai al bancone, poi sedendomi e facendolo scricchiolare pericolosamente, scivolai su di esso per arrivare alla porta sigillata. Con poco sforzo, facendo leva con due dita, allentai gli anelli della catena, cercando di non spezzarli.
Avevo tutta l’intenzione di rimetterli a posto non appena avessi finito lì dentro.
Quando separai i due anelli, adagiai con cura il metallo sul pavimento e aprii lentamente la porta con un cigolio agghiacciante che non avevo previsto e che riecheggiò notevolmente.
Logan tremò dall’altra parte della cornetta e lo avvertii benissimo dalla sua voce incerta.
“Mick... adesso se c’è ancora qualcuno in quel posto dimenticato da Dio, sa perfettamente dove ti trovi! Giuro che giocare a Resident Evil è meno adrenalitico! Che cosa vedi?”
C’era una scala che conduceva al seminterrato di cui un lato era in penombra per via della luce che filtrava a fatica da due sottilissime finestre chiuse con delle travi inchiodate distrattamente, mentre nel resto del sottoscala c’era il buio completo.
L’intera area era stracolma di botti e provviste andate a male che avevano provocato un puzzo quasi irrespirabile.
Alzai istintivamente il braccio, cercando di aspirare l’aria, filtrandola con la manica del capotto, ma era un’impresa disperata. Per fortuna l’olfatto si stava abituando a quella nuova situazione e ben presto non ci avrei più fatto caso.
Scesi i gradini usufruendo della mia vista da vampiro che mi permetteva di vedere anche nel buio più profondo e fermandomi ad osservare su quello che era uno degli ultimi scalini, capii che anche lì c’erano almeno 30 cm d’acqua.
“Per fortuna non posso morire annegato. Anche qui è tutto allagato! E Logan, a parte la puzza di muffa e di marciume, qui c‘è odore di sangue. Un ottimo sangue.”
Proseguii nella mia ispezione, bagnandomi ormai del tutto le gambe fino alle ginocchia e mi resi conto che dietro l’ultimo degli scaffali c’era un ampio spazio sgombro.
Non sono affatto convinto che qui dentro ci sia vino… Pensai adocchiando una delle file di bottiglie ben allineate.
“L‘ho trovato.” Mormorai ad un tratto.
“Cosa?” Chiese Logan allontanando le dita dalle labbra. “Che c‘è?”
“C‘è un lato della cantina con strane scritte e segni alle pareti. Alcuni sembrano croci più o meno storte. Aspetta in linea.” Lasciai Logan in attesa mentre impostavo la fotocamera del telefono per fare alcune foto alla stanza. Poi ripresi la comunicazione.
“Logan, sento odore di sangue vergine. Non voglio nemmeno immaginare quanti bambini abbiano ucciso qui dentro.”
Logan intanto continuava a mangiarsi le dita per evitare di implorarmi di tornare in città e dalla posizione che aveva assunto, sembrava fosse seduto su un sedile fatto di chiodi.
“Hanno fatto dei sacrifici umani qui. ”
Girando lo sguardo notai anche una bottiglia rotta su uno dei ripiani e un vetro di non ben identificabile provenienza, ancora sporco di sangue rappreso.
D’istinto feci qualche passo per recuperarne un frammento e portarlo via, ma quando la mia mano fu sopra la bottiglia, accadde qualcosa di imprevisto.
Logan sentì solo il tonfo e spalancò gli occhi sullo schermo, spaventato.
“MICK??”
“OUCH!”
“MICK!”
“Argento...”
Spiegai ansimando.
“C‘è dell’argento, qui dentro. Ho urtato qualcosa nell’acqua, ci ho messo il piede per sbaglio e la caviglia mi ha ceduto all‘istante!”
Ero caduto come un sacco di patate, completamente indebolito per qualche secondo.
La gamba aveva perso ogni energia sentendo la forza dell’argento, quando avevo calpestato qualcosa.
Tastai il pavimento in cerca di quell'oggetto che avevo maldestramente infranto e le mie dita toccarono il vetro rotto di una fialetta che sollevai dall’acqua con una smorfia.
Avevo cominciato a prendere familiarità con quella robaccia che con molta probabilità era simile a quella che avevano sparato anche a me, direttamente endovena.
Maledizione! Se non l‘avessi schiacciata, a quest‘ora ne avrei un campione!Però ora è chiaro che qui si riuniva Bastian a fare baldoria con la sua comitiva di sbandati e a fare pulizia sono passati quelli della Legione...
Il respiro mi si era fatto affannoso, più per la brutta sorpresa che per la caduta e quando riuscii a rialzarmi ancora grondante, mi allontanai in fretta, tornando verso le scale.
Mentre infilavo in tasca quel pezzo di vetro sporco di sangue che avevo preso, qualcosa mi fermò di colpo sui gradini, facendomi esitare.
Avevo sentito un rumore di vetri rotti proveniente dal piano di sopra e uno sgambettare rapido sulle assi di legno.
Aggrottai le sopracciglia preoccupato, incerto se restare ancora nascosto lì sotto o se uscire allo scoperto a vedere di cosa si trattasse.
“MICK! Per favore! Non fare cavolate!!
Logan aveva ragione, ma non potevo restare lì dentro per ore e così alla fine mi decisi a salire.
Quando mi affacciai dalla porta annusando l’aria, notai il vetro rotto e una pallina da baseball in mezzo alle schegge.
Spaziai con lo sguardo lungo il bancone per osservare i tavoli e notarne la disposizione, sentendo un’altra presenza nella stanza.
Avvertivo un battito cardiaco frenetico e un odore di marmellata alla pesca.
Appoggiai l’Iphone sul bancone perché Logan potesse sentire ciò che accadeva e cercai di capire cosa fosse successo.
D’improvviso lo sguardo cadde su un paio di gambette esili nascoste in malo modo sotto uno dei tavoli ai lati del bancone.
Così, lentamente, mi chinai a raccogliere la pallina ai miei piedi che con ogni probabilità aveva infranto la finestra, rivelando la mia presenza.
Lo sguardo di quel piccolo visitatore mi scrutava con attenzione da sotto il legno.
“Vieni fuori.” Ordinai perentoriamente e il bambino tremò vistosamente sotto il tavolo ma senza accennare movimento.
“Ti ho detto di uscire. O vuoi che venga a prenderti?”
Non avrei mai voluto terrorizzarlo, ma era molto importante che non tornasse più in quel posto e che nemmeno ci pensasse mai più. Odiavo fare il duro con una creatura innocente come quella, ma non avevo scelta.
Sospirai con un gesto di insofferenza e poi appoggiai la mano sotto il tavolo. Era mezzo marcio e senza il minimo sforzo lo ribaltai, scaraventandolo sul pavimento, lontano di qualche metro da noi e lasciando il bambino scoperto alla mia vista.
Una volta senza copertura e vistosi perduto, alzò il viso spaventato verso di me con gli occhi gonfi di lacrime e iniziò a piagnucolare senza in realtà farsi capire.
Era pietrificato dalla paura.
“Come ti chiami?” Domandai senza far trasparire inflessioni nella mia voce.
“Matt, signore...” Sussurrò allora lui prendendo un po’ di coraggio.
“Io... Io... Non volevo disturbare... Posso riavere... la mia palla?” Balbettò mentre cercava di inghiottire a vuoto tra i singhiozzi.
I miei occhi cangianti si fecero di ghiaccio mentre lo inchiodavo col mio sguardo severo.
Matt restò ancora immobile a guardarmi, chiedendosi forse che razza di mostro si fosse ritrovato davanti, e sicuro che nessuno avrebbe creduto al suo racconto di quella esperienza incredibile.
I fratelli Marvin gli avevano detto che lì non abitava più nessuno, che potevano esserci solo i fantasmi. Ecco perché avevano scommesso che non sarebbe mai andato a recuperare la sua pallina. Invece lui si era incaponito e nonostante l’acqua che rappresentava già di per sé un fastidio, si era fatto il segno della croce ed era entrato, passando attraverso un buco nella rete.
Adesso era lì a tendere la mano ad uno sconosciuto vestito di nero che lo fissava in modo inquietante e che era sicuro non fosse umano.
Sebbene avesse allungato timidamente, ma con coraggio, il braccino verso di me in attesa di ciò che gli apparteneva, la sua mano tremolante rivelava il suo irrefrenabile terrore.
Allora alzai il braccio a mia volta e appoggiai la pallina nel suo palmo, ma con una mossa fulminea, lo afferrai per il polso trascinandolo in alto perché si alzasse.
A Matt sfuggì un grido soffocato dal panico di essere ormai in trappola, ma con suo stupore, quando fu ritto in piedi, anche se con pochissima stabilità di equilibrio, gli indicai la porta, e dato che ero trasformato, gli mostrai la bocca in una sorta di morso a vuoto.
Gli bastò scorgere i canini per spalancare gli occhi e la bocca in un urlo strozzato, strisciare i piedi il più rapidamente possibile verso la soglia e poi di corsa a perdifiato nell’acqua, fino alla strada, mentre gli gridavo dietro le mie minacce.
“Non ti farò niente ora, ma va' fuori di qui! E non provare a farti vedere più in giro o la prossima volta ti farò provare il mio morso! HAI CAPITO, MATT?”
Nella mente di Matt restò stampata a vita, quell'esperienza indelebile di un giorno che io gli avevo reso indimenticabile. Per parecchio tempo avrebbe ribadito di avere avuto un coraggio da leone ad entrare in quel posto e poi di avere incontrato un essere che somigliava ad un vampiro. Qualcuno avrebbe anche cominciato a credergli.
Perdonami Matt, ma tu, in questo dannato posto, non devi tornarci mai più.
Sospirai di nuovo, in modo liberatorio stavolta, e recuperai l’Iphone dove Logan era ancora in linea.
“Santo Dio Mick, vattene anche tu, da lì! Non hai avuto ancora abbastanza emozioni forti per oggi?”
“Okay Logan, puoi chiudere. Ritorno alla macchina.
” Gli spiegai mentre rimettevo a posto la catena.
Tornai rapidamente verso la strada e una volta raggiunta di nuovo la rete con il filo spinato, scavalcai di nuovo, mentre l‘Iphone vibrava per l‘ennesima volta.
"Mick! Ma quanto ci hai messo a rispondere?" La sua voce era stranamente irritata.
Aprii la bocca per rispondere a quella domanda, ma Beth ripartì a grande velocità, senza darmene il tempo.
"Devi venire qui prima di subito... Josef è in centrale e sulla sua testa pende un’accusa di omicidio colposo, probabilmente con qualche bella aggravante! Ho convinto Talbot ad assumerti, quindi sei sotto la mia responsabilità, indaghiamo insieme a questo caso."
Beth aveva parlato a raffica, avvisandomi anche che Simone stava arrivando e sapeva che Ben si sarebbe appigliato a tutti i cavilli del codice penale e civile pur di trattenere Josef più che poteva. Di certo non avevamo tempo per i convenevoli.
Ero stato inattivo per così poco tempo, eppure la situazione si era ingarbugliata a tal punto che ora le servivo immediatamente e, sentir nominare un certo vampiro miliardario di mia conoscenza, accentuò la mia agitazione.
"Omicidio? Josef? Ma... maledizione! Senti Beth, stavo andando al laboratorio BioAnalysis a portare qualcosa." Le spiegai mentre entravo in macchina e mi tiravo fuori dalla tasca il vetro incrostato di sangue rappreso. "Il tempo di arrivare, forse una mezz’ora e sono lì. Fai il possibile per tenerlo calmo." Forse avrei dovuto dire "tenerli calmi"...
"Con Simone almeno mangerà." Disse lei passandosi una mano sul viso con un sospiro.
“Io ci ho già parlato, ma con me non vuole proprio sbottonarsi, per questo ho chiamato la Cavalleria! Tu saprai come fare... Ti aspetto qui, fai in fretta!"
"Perfetto! Farò più in fretta che posso."
Cercai di rassicurarla.
Beth sospirò ancora e chiuse la telefonata.
"Bio analysis?" Si chiese poi accigliata, prendendo nota di chiedermi spiegazioni.

  
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