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Autore: LuluXI    28/11/2011    3 recensioni
Disclaimer: personaggi di Masami Kurumada (con delle eccezioni)
Il Saint del Cancro si è sempre portato appresso dolore e distruzione, tanto da meritarsi il nome di Death Mask, la maschera della morte. In lui di buono, forse, non c'è niente. Potrebbe dunque, diventare padre?
Un'idea talmente illogica da poter apparire addirittura plausibile.
Come si sarebbe comportato Death Mak se avesse avuto un erede?
E, soprattutto, cosa sarebbe cambiato nella sua storia?
(OOC per sicurezza, non si sa mai. Rating Arancione, per lo stesso motivo)
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cancer DeathMask, Nuovo Personaggio
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Una figlia per la morte'
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 Altri giorni sprecati, nella mia disgrazia
 

bloccato di nuovo nella mia testa,
 

è come se  avessi la sensazione che
 

non lascerò mai questo posto:
 

non c'è via di fuga

(Linkin Park – Given Up)

 
 
I giorni di Death Mask si susseguivano uguali da ormai molto tempo. Da quando aveva ucciso Sara, passava la mattinata nella valle della morte, il pomeriggio con Aletto e la notte a uccidere. Ogni giorno la stesso routine, che non sembrava intenzionato a cambiare. Era diventato il suo punto fisso di cui aveva inconsciamente bisogno. Quel punto fermo che era sempre stata Sara, ora era quello stile di vita.
“Devi smetterla. Non otterrai nulla facendo così…”
Era una frase che si ripeteva in continuazione ma non riusciva a tirarsi fuori da quella situazione. La valle della morte era tornato ad essere quel luogo di conforto che era stato nella sua infanzia, un luogo in cui rifugiarsi per cercare di dimenticare. Il viso di Sara, col passare dei giorni, sbiadiva sempre più e i ricordi diventavano vaghi, segno che il tempo passava e lo aiutava a dimenticare, come sempre aveva desiderato.
Eppure rimaneva lì, tra le anime delle sue vittime, in stato catatonico.
 
Una mattina però, qualcosa cambiò.
Una delle tante anime erranti che vagabondavano per la valle, gli si avvicinò, mentre lui era seduto su una roccia e osservava quella desolazione. Quando la vide arrivare Death Mask rimase sbigottito trovandosi a faccia a faccia con Stefano.
“De..Death Mask…” l’anima di quello che era stato il suo compagno di allenamenti biascicò il suo nome: si vedeva che faticava a parlare.
“Pensavo ti fossi buttato nella voragine tempo fa… Che cazzo vuoi?” domandò il Saint, poco incline a conversare con quell’anima.
“Tiiii…aaa…aspettttavo…so..so-no…felice…”
Death Mask lo squadrò inarcando un sopracciglio: era insolito che le anime parlassero e non gli era mai capitato. Per di più, si aspettava di tutto da un anima, tranne di sentirsi dire che era felice.
“E te sei rimasto qui solo per dirmi questo?” domandò perplesso.
“Morto…tuuuu… tradimento… perdere… ar-arma-armatura… presto” Stefano continuava a parlare, ora biascicando le parole, ora spezzando la frase.
“Tutti muoiono idiota. Io non ho paura della mia migliore amica” replicò il Saint, sorridendo: se quello spirito pensava di spaventarlo, si sbagliava di grosso.
“Veeeedrai.” Replicò Stefano, sorridendo “E… ora... ba-mbin… bambina… pericolo.” Aggiunse, senza smettere di sorridere beffardo. “Peerderla… Sa-sac-sacerdote…”
 
Al sentire quelle parole Death Mask lo squadrò da capo a piedi “Tu menti” sibilò, alzandosi in piedi.
“Anime… veeedono… futuro…” concluse Stefano, sempre più divertito dalla situazione.
Con un urlo di rabbia, Death Mask gli tirò un pugno, che fendette l’aria: dove prima c’era Stefano, dopo il suo gesto, non vi fu più nulla.
“Dannazione!” sibilò Death Mask, concentrandosi: nessuno poteva batterlo e il Sacerdote non poteva toccare sua figlia; espanse il suo cosmo e tornò alla quarta casa.
 
La prima cosa che fece fu cercare Aletto, ma non riuscì a trovarla e la sua servitù, ormai ridotta a due ancelle e tre paggi, era pressoché invisibile in casa. Mentre camminava per il corridoio però, intravide una veste alla sua destra e si lanciò in quella direzione: un’ancella , con in mano un’anfora stava uscendo per andare a prendere l’acqua.
La afferrò per un braccio e la sbattè contro una colonna, togliendole il fiato: l’anfora le scivolò di mano e cadde al suolo, andando in frantumi.
“Dov’è Aletto?” domandò quasi ringhiando all’ancella che lo osservava terrorizzata.
“è…è uscita prima. Non so dove sia andata”. Rispose lei, tremando.
Sbuffando Death Mask la lanciò di lato ed espanse il suo cosmo cercando quello di sua figlia e lo trovò nelle stanze del Sacerdote.
“No…non può aver detto la verità…” senza perder tempo, Death Mask si avviò fuori dalla sua casa, dirigendosi verso le stanze del grande Sacerdote.
 
“Mi spiace Cavaliere, ma non posso farla passare” disse una delle due guardie che presidiavano l’ingresso alle stanze del Sacerdote.
Death Mask lo avrebbe volentieri ammazzato. Oh si, gli avrebbe volentieri tagliato la testa.
“A chi sta dando udienza?” domandò con voce il più possibile indifferente.
“Sono entrati una ragazza e il Cavaliere dello Scorpione.” Rispose e Death Mask contrasse la mascella irritato.
“Milo… Per quale motivo lei e Milo?”
Death Mask spinse di lato le due guardie, deciso ad entrare, ma queste gli si misero davanti di nuovo.
“Mi dispiace Cavaliere ma non potete entrare, conoscete la prassi: se volete un’udienza con il Grande Sacerdote dovrete aspettare che questo concluda l’udienza che si sta tenendo ora” disse una delle due guardie.
Con un ghigno  sul volto, Death Mask si mosse rapido e in un istante entrambe le guardie caddero a terra, come delle marionette a cui erano state recise i fili: le loro anime erano già nella Valle della Morte.
Senza ulteriori indugi Death Mask si avvicinò alla porta e la spalancò.
 

*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*~¤  ¤~*~¤~°~¤~*~¤~°~¤~*

 
 
(Due ore prima – Ottava casa)
 
Aletto quella mattina, non si allenava.Così, per ammazzare il tempo, aveva deciso di andare a vedere cosa combinavano quei bambini all’ottava casa. Al Santuario venivano da sempre accolti i bambini abbandonati o quelli che avevano perso i genitori. Per molto tempo erano stati Saga e Aiolos ad occuparsene ma da quando il Gold Saint del Sagittario e il Gold Saint dei Gemelli erano spariti, il giovane Gold Saint dello Scorpione, con l’aiuto sporadico del fratello del traditore, Aiolia, si era fatto carico dell’educazione dei bambini. Aveva lasciato loro parte degli alloggi della servitù e vivevano nell’ottava casa, con le ancelle che li crescevano come figli e con Milo che li proteggeva.
 
I bambini e le ancelle la conoscevano, perché spesso Sara, quando suo padre era in missione e lei era più piccola e non si allenava ancora, la aveva portata lì. Non aveva dei veri e propri amici, ma delle conoscenze e questo le permetteva di recarsi all’ottava casa indisturbata; il Saint dello Scorpione, lei, non lo aveva mai visto.
Quel giorno, spinta dalla noia, si era recata all’ottava casa e aveva trovato lì alcuni dei bambini che conosceva e altri bambini nuovi. Lei, che aveva sette anni, non era la più grande, ma non era nemmeno una delle più piccole.
Si era portata dietro il suo cappello, che suo padre le aveva comprato quando erano andati i vacanza in Sicilia che per lei era una delle cose più importanti, anche se ormai era sgualcito. Era un regalo di suo padre e lo zio Aphro le aveva insegnato che bisognava conservare sempre i regali delle persone importanti. Lei aveva conservato poche cose: una rosa bianca, regalo dello zio, un bracciale che era stato di Sara, un anellino legato ad una catenina, che aveva da sempre e il cappello.
Ma il più prezioso era quel cappello così semplice eppur così speciale: “Il primo vero regalo del papà…”
 
Aveva deciso di portarlo con se, quel giorno, perché il suo papà da quando Sara era morta si faceva vedere sempre meno, e lei ne sentiva la mancanza.
E per colpa di quel cappello, la situazione era degenerata.
Un bambino di nove anni, il più grande della combriccola, aveva detto che quel cappello doveva essere la sua corona e glie lo aveva strappato.
“Ridammelo, ti conviene!” aveva detto, sibilando, la bambina, ma quello aveva scosso il capo.
“No, è mio adesso. Tu sei solo una marmocchia, non puoi tenerlo.”
E lei si era arrabbiata, e non poco.
Sotto gli sguardi sbigottiti delle due ancelle presenti aveva afferrato per i capelli il bimbo e, dopo averlo tirato in avanti gli aveva mollato una ginocchiata nello stomaco; quello si era piegato in avanti e il cappello gli era scivolato dal capo. Lei lo aveva raccolto e, con un pugno ben assestato, gli aveva spaccato il naso.
“Così impari a toccare il mio cappello!” aveva detto, mentre il bambino si accasciava al suolo. Aveva poi ricominciato a prenderlo a calci, mentre lui rimaneva steso a terra, malconcio. Voleva usare il Sekishiki Meikaiha ma suo padre le aveva proibito di usare quella tecnica, perché ancora non la padroneggiava. Avrebbe voluto mostrargli il suo cosmo e colpirlo con un colpo bello come il Thunder Claw di Shaina, ma non ne era in grado: stando a ciò che dicevano lei e Marin, il suo cosmo non era fatto per quel genere di attacchi. Così si era limitata a riempirlo di calci, fino a quando una mano non la aveva trascinata via.
Lei si era voltata, pronta a dare la stessa lezione a chi aveva osato fermarla, ma non appena vide il volto di colui che la aveva afferrata ogni sua volontà venne annullata: colui che le teneva un braccio non era un semplice paggio, ma il cavaliere dello Scorpione. Brillava nella sua armatura dorata, e la fissava con quegli occhi azzurri, intensi come quelli di suo padre.
 
“E tu chi sei?”
“Non sono affari tuoi!” aveva esclamato la bambina, cercando di divincolarsi.
“E’ una bambina che alloggia alla quarta casa… non sappiamo molto di lei, ma un tempo veniva qui con un’ancella. Si chiama Aletto.” Disse una delle ancelle della casa e Milo tornò a guardare la bambina.
“Aletto, perché stavi picchiando Mark?”
“Mi aveva rubato il cappello.” Rispose lei, senza smettere di agitarsi.
“E non ti hanno insegnato che non si usa  la violenza?”
“Lui è debole, meritava di essere schiacciato!” rispose lei “Inoltre tu sei un cavaliere, anche tu usi la forza, perché dovrei ascoltarti?”
“Non è un ragionamento stupido…” aveva pensato Milo, trascinandosela dietro.
“Io combatto solo per Atena altrimenti non uso la forza, e non dovresti usarla neanche tu.”
“Io faccio quello che voglio” aveva risposto Aletto, borbottando, leggermente intimorita da quella figura.
Milo aveva capito che la cosa migliore era portarla dal Sacerdote: quella bambina, se era vero che risiedeva alla quarta casa, avrebbe potuto diventare come Death Mask, se non peggio. Forse era il caso di educarla in un altro modo, ma lui non poteva tenerla con gli altri bambini senza il permesso del Sacerdote: era la prassi.
“Ora andiamo dal Grande Sacerdote e parleremo con lui, provando a risolvere la questione” Le aveva detto, sorridendole, nonostante non avesse lasciato la presa sul suo polso.
“Io con quello non ci parlo: dice solo bugie”.
Milo non aveva replicato e si era limitato a proseguire.
“Chissà questa bambina, da dove salta fuori…”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NOTE: Bene signori, eccomi qui: nonostante sia un periodo di crisi (tra scuola e mancanza di ispirazione) sono riuscita a sfornare per voi questo capitolo!
Abbiamo il ritorno di un personaggio a noi noto, quell’odioso di Stefano, che anche da anima perseguita Death (ma d’altra parte, tutte le anime di quelli che lui fa fuori non hanno pace… e anche se Death non l’ha ammazzato se Stefano è morto è anche colpa sua ù.ù).
L’incontro con quest’anima lo risveglia un pochino da quello status di torpore e depressione in cui era finito… L’idea del fatto che Stefano veda il futuro è una sottospecie di omaggio a Dante, che nella sua Divina Commedia fa si che le anime dei dannati che se ne stanno all’inferno non possano conoscere il presente, ma il futuro si… Così gli annuncia la morte (mannaggia a Sirio…) e qualcosa circa la figlia…
Che noi scopriamo essersi cacciata nei guai con Milo!
Ecco che appare lo Scorpione (non potevo non farlo saltar fuori *_* lo amo troppo) che mi auguro di non stravolgere troppo… Aletto gli tiene testa ma, alla fine, si ritrova da Arles… che succederà? Stando a ciò che dice Stefano, nulla di buono ma… io non dico niente! È.è
Ora finisco questo sproloquio, ringraziando ancora una volta chi legge, chi recensisce, chi segue la storia, chi la preferisce e chi la ricorda.
Fatevi sentire popolo di EFP! Mi piacerebbe vedere qualche recensioncina qua e là… giusto per rendermi conto se la storia piace o meno, in modo che io possa adattarmi, in qualche modo, alle esigenze del mio pubblico (chiamiamolo così) ;)

   
 
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