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Autore: Flaqui    29/11/2011    11 recensioni
Albus non è una persona eccezionale.
È un ragazzo normale, con due migliori amici che litigano in continuazione, una sorellina più piccola che si dedica alle predizioni, un fratello più grande che ama mettergli i bastoni fra le ruote e una famiglia di pazzi.
Non è brillante come Rose, affascinante come Scorpius, determinato come Lily, desiderato come James.
E proprio per questo che, dopo un orribile giornata in cui tutto sembra andare storto esprime quel piccolo, assurdo desiderio che gli cambierà l'esistenza.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Nuovo personaggio | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Piccolo Spazietto Della (Povera) Autrice

Sono un abominevole mostro, lo so già!
Oltre ad aver accumulato un ritardo di quasi un mese non mi sono fatta sentire nè con messaggi, nè con recensioni!
Ma dovete per forza perdonarmi! Ieri è stato il mio compleanno!
Ok, non è una scusa molto valida ma dovete perdonarmi lo stesso!
Questo, anche se non sembra, è uno dei capitoli chiave della storia, anche se è molto statico e privo di azione!
Comunque tranquille il prossimo capitolo, che è quasi pronto, non vi farò aspettare molto, davvero, sarà pieno d'azione e finalmente le cose inizieranno a smuoversi!
Sperando che non vogliate uccidermi e che mi lasciate un piccolo commentino...
Fra




A Noemi
é grazie a te e al tuo sostegno
che finalmente sono riuscita a scrivere questo capitolo!
Sei importante, ragazza, sul serio!
Fra




8 – Falla nel cielo


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Opera della bravissima Burdge Bug (l'ho trovata su DeviantART) per me è perfetta per rappresentare Stephanie e Frank!

 
Lilian Luna Potter era una ragazza gentile, dolce, graziosa, adorabile, anche se molto sciocca.
E le stava bene.
Lily, come sei carina! Lily come sei dolce! Lily come sei graziosa! Lily che sciocchina che sei!
Così le dicevano.
Ma non ne avevano idea. Non avevano la più pallida idea di ciò che si nascondesse dietro quella maschera così sapientemente costruita, dietro quel visino così “carino”.
Quindi credo che mi tocchi ricominciare il discorso.
Tutti credevano che Lilian Luna Potter fosse una ragazza gentile, dolce, graziosa, adorabile ma molto sciocca.
Lilian, in realtà, sapeva.
Lilian era intelligente, e anche molto.
Semplicemente fingeva di essere stupida per attrarre a sé la gente. Aveva da tempo imparato che era molto più semplice convivere con una persona carina ma un po’ sciocca, che con una persona troppo intelligente.
La sua tattica era utile con tutti, poi. Con i professori, che erano abituati a non aspettarsi più di tanto da lei, con gli amici, che la consideravano una delle persone più allegre, gioviali e divertenti, persino con la sua famiglia, dove la piccola principessa Lily era trattata con i guanti.
Per non parlare dei ragazzi. Essi venivano attratti dalle sue dolci moine, dagli sguardi obliqui e dai suoi sorrisetti maliziosi, dalle sue grazie seppur non palesemente evidenti e dalla sua voce carezzevole.
Lily non era bellissima. Era bassina, troppo per i suoi gusti, i capelli non rientravano nemmeno nel Rosso - Weasley, sfumando in una colorazione più chiara, quasi sull’arancione, che le rendeva assurdamente difficile trovare un colore che le donasse, e il suo naso era troppo all’insù. In fondo ce ne erano tante di ragazze più belle e facoltose di lei, nel castello. Ma Lily aveva quel non so che, quella magia che la rendeva unica e insostituibile.
In effetti l’unica persona che non subiva il suo fascino era Rose. Sin dall’infanzia la cugina era l’unica che non fosse mai riuscita a sottomettere, probabilmente il suo carattere vagamente mascolino e la sua inspiegabilmente forte voglia di libertà l’avevano portata a non essere così incline a farsi mettere i piedi in testa, eppure, Lily ne era convinta, Rose le voleva bene.
Semplicemente non si faceva trarre in inganno dai suoi modi gentili. Con lei non riusciva a mentire e molto spesso in suo presenza la maschera della sciocchina cadeva e faceva posto alla vera, intelligente, talentuosa e intuitiva, Lilian Luna Potter.
Ma erano davvero poche le volte in cui accadeva. Per lo più continuava la sua vita nel suo mondo di cristallo, pieno di ragazzi carini, uscite con gli amici, allegria e spensieratezza. In quella piccola bolla così inespugnabile e impossibile da afferrare all’apparenza ma che presto sarebbe scoppiata con un piccolo, ma significativo, PUF.
 

***

 
Avril scosse la testa, palesando apertamente il suo disappunto. Possibile che in quella scuola ci fossero solo dei pazzi?
Prima c’era stata Rose Weasley che era caduta nel lago. Così. Camminava assorta senza guardare dove metteva i piedi, era inciampata in un sassolino ed era caduta nel lago. Punto. Avril le credeva, nessuno sarebbe stato capace di mentire con tanta convinzione o bravura, ma la sua idea della ragazza, che aveva sempre ritenuto la più intelligente della famiglia, era calato a picco.
Dopo arrivava Potter con quel suo ghigno da psicopatico che le agitava in faccia il suo braccio terribilmente ferito da un foglio di carta che assumeva arie da malato terminale e le chiedeva con cipiglio terrorizzato –Riuscirò a sopravvivere? Potrò ancora giocare a Quidditch vero?-.
E ovviamente, svegliata dall’aspro litigio che era conseguito da tale circostanza, era intervenuta anche Madama Chips, che fino ad un minuto prima sonnecchiava sulla scrivania.
E poi ecco apparire un nuovo studente, che, come le aveva spiegato un imbarazzato vicepreside Paciock, non risultava, per qualche assurda ragione sull’elenco degli iscritti.
Nuovo studente che era svenuto in merito a qualche shock post traumatico, di cui si dovevano ancora definire le cause, e che, dopo essere scoppiato a ridere da solo, aveva assunto una faccia da poker invalicabile non appena avevano provato a rivolgergli la parola.
-Come ti chiami?- aveva chiesto Avril, contenta di potersi dedicare ad un essere vivente che non fosse Potter che scalpita ancora alle sue spalle, impaziente.
Il ragazzo aveva assottigliato ancora di più lo sguardo, aveva fissato attentamente tutti i presenti, anche Rose Weasley, addormentata sotto le coperte. Poi aveva, sorprendentemente preso a sbadigliare, aveva chiuso gli occhi e si era riaddormentato, così, senza dire nulla.
Era quindi piuttosto comprensibile che, dopo tutto quello che era successo in quella lunghissima giornata i nervi di Avril fossero aggrovigliati quasi come i suoi lunghi capelli. Neanche un goccino di Whisky preso dalla sua piccola scorta, regalo di suo fratello maggiore, Michael, era riuscita ad aiutarla.
Perciò, per evitare di complicare ancora di più la sua salute mentale e anche quella lavorativa, a dirla tutta, quando vide arrivare verso di sé il preside Harris e uno sconosciuto, cercò disperatamente di nascondersi dietro una grande pianta (serviva un po’ di dittamano delle serre per la pozione aggiusta – ossa).
È inutile dire che, ovviamente, Harris si accorse di lei e prese chiamarla a gran voce, salutandola allegramente. Anche il professor Paciock, che la stava aiutando a tagliare alcuni rametti, alzò il capo.
Harris fece un enorme sorriso che gli coprì completamente il viso e fece cenno allo sconosciuto di avvicinarsi. Quest’ ultimo avanzò, mostrandosi alla fioca luce delle candele (era tardi ormai, a quell’ora la cena in Sala Grande doveva essersi conclusa ) e sorrisa anche lui, impacciatamente.
Era piuttosto giovane, capelli scuri, occhi marroni, le guance rasate con cura. I tratti del viso sottili, quasi spigolosi. Sembrava che ogni estremità del suo corpo finisse in un angolo. Era alto, molto più di lei, almeno e aveva delle mani enormi.
-Bene, Nicholas. Questo è il professor Paciock, di Erbologia- esclamò vivacemente Harris, continuando a sorridere con un espressione entusiastica e un po’ inquietante, sotto un certo aspetto. Quando il giovane annuì convinto, il sorriso di Harris si allargò ancora di più –Neville, questo è Nicholas Haley, il nostro uomo-
–Oh, ma certo- annuì Paciock porgendogli la mano, compiaciuto.
Avril fece qualche passo indietro, cercando di defilarsi mentre i tre conversavano amabilmente. Ovviamente il suo proposito non andò a buon fine perché, con una mossa non molto aggrazziata, andò a sbattere contro il tavolo in legno scuro al centro della stanza.
-Oh, giusto!- esclamò il preside, battendosi una mano sulla fronte –Questa bella ragazza qui è Avril, l’assistente di Madama Chips!-
Avril sorrise, porgendo la mano al giovane che gliela strinse, sorridendo appena. Avril notò con un pizzico di disappunto che non sembrava molto entusiasta di fare la sua conoscenza. Così, dopo averlo introdotto nella sua lista nera, sorrise anche lei, glacialmente e sfilò la mano dalla sua presa, infilandola nella tasca del camice.
Harris intento stava declamando a gran voce le innumerevoli qualità di quello che, a quanto aveva capito la giovane infermiera, era il nuovo Professore per l’innovativo corso di Preparazione Post Hogwarts.
-E il nostro Nicholas, oltre a ottenere a pieni voti i M.A.G.O. proprio qui, in questa scuola, è in contatto con alcuni dei più importanti autori, pozionisti e alchimisti del periodo!- Harris batté una mano sulla spalla di Haley, con forza, facendolo quasi cadere in avanti.
Avril ridacchiò sotto i baffi.
-Per non parlare poi della sua ultima scoperta! L’ottavo uso del sangue di drago! E i suoi innumerevoli articoli su alcuni delle più importanti testate giornalistiche!-
Aveva una faccia antipatica visto così da vicino. Davvero Avril non potè che stupirsi di averlo ritenuto così interessante, all’inizio. Insomma era solo uno di quei piccoli secchioni che non sembrano buoni a nulla se non a starsene tutto il giorno dietro una cattedra a gridare e assegnare interi volumi. Un perdente.
-Molto probabilmente è il più giovane e intelligente persona dotata di autorità qui ad Hogwarts!- concluse il preside.
-Uh, certo, un pallone gonfiato e un nerd- pensò Avril.
All’improvviso tutti parvero trovare interessante la parete dietro Avril perché si girarono a guardarla, con attenzione. Il sorriso sul viso di Harris era ancora lì, al suo posto, congelato. Il professor Paciock era impallidito di botto, la bocca spalancata. Nicholas invece aveva un espressione strana, divertita e incredula allo stesso tempo. La ragazza si girò, come a voler controllare che cosa stessero guardando così intensamente, ma lì dietro non c’era nulla.
-Cosa avete tutti da guardare?-
-Uh, ehm, Avril, ecco…-
-Oh Santissimo Piripillo! L’ho detto ad alta voce?-
 

***

 
Rose scosse la testa, camminando velocemente lungo il corridoio vagamente illuminato dalla luce delle candele. Più che sentirne il rumore avvertiva la presenza del ragazzo con gli occhi verdi dietro di lei, camminava silenzioso, rimanendo nell’ombra, seguendola a breve distanza. Le dava fastidio.
Perché la stava seguendo? Insomma, che la stesse seguendo era ovvio. Perché mai un ragazzo, nuovo per di più, avrebbe dovuto girovagare da solo nel cuore della notte rischiando di perdersi fra l’innumerevole numero di corridoi e di scalinate?
-Ti serve qualcosa?- esclamò, poi, stanca di quella presa in giro. Perché era così che si sentiva. Presa in giro. Si portò la mano destra sul fianco, sollevando il sopracciglio fino a farlo quasi del tutto scomparire dietro l’attaccatura dei capelli, in una posa che avrebbe dovuto metterlo a disagio. Ma lui rimase tranquillo, l’ombra di un sorriso sulle labbra, le mani affondate nei pantaloni della divisa.
Rose notò che era senza cravatta e mantello. Probabilmente doveva ancora essere Smistato. Sperando che non finisse nella sua stessa casa, fece un rapido cenno con il capo, quasi a volerlo incoraggiare a prendere parola.
-Sto semplicemente facendo un giretto- disse, stringendosi nelle spalle –Ma potrei farti la stessa domanda. A te serve qualcosa?-
La risposta era irriverente ma era stata pronunciata con voce dolce e carezzevole che le ricordava tanto quella di sua madre, quando era ancora una bambina, irrequieta e monella, e lei la rimproverava. –Mi farai morire, Rosie- le diceva con un sorriso –Tu e quella benedetta scopa!-
Rose affilò lo sguardo, come succedeva sempre quando i ricordi tornavano a tormentarla. Scosse la testa, facendo dondolare i suoi orecchini e spostandosi i capelli da un lato. Le piaceva essere carina quando stava per demolire emotivamente una persona.
-Niente che tu possa offrirmi- esclamò –Sul serio, novellino, non sono interessata-
Il ragazzo aggrottò la fronte, sconcertato. Rimase per un attimo immobile, come se cercasse di comprendere qualcosa di estremamente importante. Poi, la fronte si allisciò, schiarendosi. E, inspiegabilmente, sorrise, di nuovo.
-Ha un bel sorriso- si ritrovò a pensare Rose. Ed era vero. Quando quel ragazzo sorrideva sembrava che fosse esploso un piccolo sole. Era uno di quei sorrisi che, anche solo guardandoli, ti fanno sentire meglio.
-Ma che hai capito?- chiese, incredulo –Io non voglio provarci con te, Rose!-
La ragazza corrucciò il viso. Come faceva a conoscere il suo nome? E soprattutto, dopo tutto quello che aveva fatto, sia quella mattina, con Daniel e Ridley, sia pochi minuti prima, tirandola fuori da quello scalino, se non aveva intenzione di corteggiarla o ottenere qualcosa da lei, che cosa diavol ci faceva ancora lì? Perché le parlava se, a suo dire, non aveva un secondo fine?
-E cosa vuoi da me, allora?- chiese, dura.
-Essere tuo amico- rispose l’altro, senza scomporsi, facendo un altro dei suoi disarmanti sorrisi. Ma questa volta non era un sorriso ironico o divertito, era uno di quei sorrisi che si riservano alle persone a cui vuoi più bene, quel genere di sorriso che si può rivolgere ad un amico caro o a una persona speciale. Quel genere di sorriso che si fa ad una persona di cui ti importa veramente.
Forse fu questo, forse la stanchezza, forse le troppe emozioni che aveva vissuto in un’unica giornata, forse fu solo quella strana sensazione di insicurezza che provava in quel momento, fatto sta che balbettò a farle balbettare un incredulo –Davvero?-
Il ragazzo sorrise, ancora. Sembrava incapace di fare altro, quasi come se il sorriso fosse incorporato sul suo volto. Annuì, con decisione e allungò il braccio come a volerla toccare.
Voleva essere suo amico?
Quel ragazzo dagli strani occhi verdi e i capelli più scompigliati che avesse mai visto, quel ragazzo nuovo che le ricordava tremendamente qualcuno, che quando sorrideva sembrava illuminare l’intero corridoio, quel ragazzo che le aveva strappato una risposta quasi gentile, quel ragazzo per cui provava un insensato affetto, come se fosse suo fratello, voleva essere suo amico?
 
Rose Weasley era sempre stata molto selettiva nello scegliersi gli amici. La verità era che non ne aveva affatto. Per lei, cresciuta ascoltando le grandi gesta dei suoi genitori, amici prima ancora di essere amanti e di suo zio, che, grazie alla fedeltà e all’amicizia, appunto, era riuscito a fare quello che aveva fatto, l’amicizia vera era un qualcosa di troppo in alto per essere raggiunto da tutti.
Rose non voleva una persona qualunque al suo fianco. Voleva una persona che la capisse e che si facesse capire, una persona con cui poter parlare di tutto, dal cantante del momento alla filosofia. Voleva un persona per cui valesse la pena sacrificare la propria vita.
Forse era un ideale troppo ingenuo e utopistico, forse era davvero impossibile trovare una persona del genere in quel mondo di doppiogiochisti e infidi avvoltoi eppure Rose conservava ancora quel sogno.
E forse un giorno l’avrebbe trovata, quella persona. Quella persona che sarebbe stata capace di leggere nelle righe, di ascoltare la sua voce anche quando a predominare c’era il silenzio, che l’avrebbe presa per mano e accompagnata fuori, dove brillava il sole. Quella persona che avrebbe visto la sua vera essenza, così lontana dalla maschera che continuava a portare. Quella persona che avrebbe letto nei suoi occhi la continua richiesta d’aiuto che lanciava a tutti e che avrebbe spostato sulle sue spalle, almeno in parte, il peso del pregiudizio, delle bugie, delle cattiverie, del destino e di tutto ciò che gravava su di lei, cercando di sconfiggerla.
Forse Rose avrebbe dovuto cercare queste qualità in un persona di cui innamorarsi. Ma l’amore, Rose no l’aveva provato eppure se lo sentiva, doveva essere diverso dall’amicizia. Perché l’amicizia può diventare amore, ma l’amore non può tornare ad essere amicizia. Perché si può sopravvivere senza fidanzato, ma non si può sopravvivere senza amici.
La persona che ami ti completa, è il tuo opposto, è l’altra parte del tuo essere. L’amico, invece, fa parte della tua metà, legato da un sottile ma indistruttibile filo conduttore.
Era un argomento importante che aveva sempre affrontato con grande serietà e partecipazione, soprattutto dopo tutte le delusioni che aveva ricevuto e che aveva inziato ad evitare dopo il suo grande cambiamento. L’idea che un ragazzo che a malapena conosceva potesse dunque avere la presunzione di essere adatto ad essere suo amico, e, soprattutto che lei gli avesse mostrato, anche solo per un attimo, un minimo cenno di debolezza, la infastidiva.
Perciò costrinse il suo viso in un espressione fredda e spinse le sue labbra verso l’alto, in una smorfia ironica e derisoria insieme e assottigliò lo sguardo –Tu vuoi essere mio amico, novellino?- chiese di nuovo, fissando la fronte del ragazzo, ancora incapace di reggere il suo sguardo.
Il ragazzo rimase in silenzio, in attesa.
Rose Weasley sorrise, amara.
-Torna in infermeria, carino-
Si girò, facendo mulinare i lunghi capelli rossi e, dopo avergli lanciato un occhiata indecifrabile, sparì lungo lo stretto corridoio che portava alla Torre dei Grifondoro.
 

***

 
Albus si era sempre ritenuto una persona realista. Probabilmente molti l’avrebbero definito pessimista o rompipluffe, come faceva suo fratello James, per esempio, ma la verità era che Albus non amava prendersi in giro. Sapeva quali erano le sue possibilità, i suoi limiti e le regole non scritte che doveva rispettare per continuare a vivere una serena esistenza senza subire disgrazie adolescenziali.
“La verità è soggettiva” diceva un filosofo babbano “Io posso guardare in uno specchio e vedere una cosa. Tu puoi guardare e vederne un’altra. Questo non significa però che una delle due situazioni sia errata”.
Albus ci aveva riflettuto a lungo su questo argomento. Sapeva che nulla era eterno e che la verità poteva essere definita tale fino ad un certo punto. Ma c’erano comunque delle cose che riteneva certe, dei pilastri nella sua esistenza, colonne che non sarebbero mai crollate.
Il primo pilastro era la sua famiglia. La sua rumorosa, asfissiante e esuberante famiglia che, per quanto a volte potesse pesare, gli sarebbe rimasta affianco, anche solo per criticare e impicciarsi.. Il secondo pilastro era che, per quanto odiosi, fastidiosi e assolutamente irritanti potessero essere, Rose e Scorpius sarebbero rimasti i suoi migliori amici.
Poi c’erano altre cose che, con molta probabilità, non sarebbero cambiate. I suoi due migliori amici avrebbero continuato ad odiarsi fino all’eternità, James sarebbe rimasto un cretino fino alla fine dei suoi tempi, Pozioni sarebbe sempre stata la materia in cui riusciva peggio, preferiva le brune alle bionde, e così via.
E infine c’erano quelle cose che erano destinate a cambiare. Come la ragazza del momento di Fred, che sarebbe stata presto rimpiazzata con un nuovo “esemplare”, o la sua predilezione per le Cioccorane che presto sarebbero state sostituite dai Pallini Acidi o dalle Api Frizzole.
Albus aveva catalogato tutto ciò che sapeva, in un ordine maniacale, aggiornando di tanto in tanto le nuove informazioni che gli venivano somministrate.
Sua madre aveva scosso la testa, quando l’estate scorsa, in un breve lampo di pazzia, complice una succulenta torta al cioccolato, una giornata di pioggia in cui era impossibile fare altro che starsene chiusi in casa e la sua richiesta lacrimevole di “passare un po’ di tempo con il mio piccolo Al!”, aveva accennato all’argomento.
-Bada a te- aveva detto, scuotendo la testa –Un giorno troverai una falla nel cielo e tutto l’universo cadrà giù. E allora si, che saremo tutti nei guai-
-Vuol dire che la aspetterò con ansia, questa falla nel cielo- aveva risposto lui, stringendosi nelle spalle, sorpreso dal tono serio della madre che aveva continuato a fissarlo a lungo di sottecchi.
Albus ci aveva pensato spesso, a quella tanto temuta falla nel cielo. Poi però era ritornato a scuola per il suo sesto anno e in breve il vortice di impegni, amici, la caccia al materiale scolastico e alla nuova divisa, i pantaloni di quella dell’anno prima, erano così corti da far intravedere metà caviglia, e tutti i preparativi frenetici che ne erano conseguiti, lo avevano distratto.
Ed ora si ritrovava lì, fermo impalato davanti all’ingresso della Torre Grifondoro, mentre osservava la schiena di una Rose che non era più la sua Rose correre velocemente via. Via da lui.
E allora lo realizzò veramente. Se fino a quel momento la storia del desiderio che si era magicamente avverato gli era sembrata assurda, lontana dalla verità, e quelle poche ore in una nuova realtà erano passate come un sogno, assurdo e orribile, ora finalmente se ne rendeva conto.
Albus Severus Potter, membro della grande famiglia Weasley-Potter, migliore amico di Scorpius Malfoy e Rose Weasley, che si sarebbero odiati per sempre, fratello di quell’idiota di James, peggiore studente della sua classe di Pozioni, con una spiccata preferenza per le ragazze brune rispetto alle bionde, cugino di Fred che cambiava ragazza ogni giorno, amante delle Cioccorane, a meno che non ci fossero a disposizione le Api Frizzole o i Pallini Acidi, non esisteva più.
E ora l’universo stava cadendo giù. Proprio sopra di lui. E non poteva fare niente, se non continuare a guardare fisso verso l’alto, alla ricerca di quella piccola, ma significativa, falla nel cielo.
   
 
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