About
pride, prejudice and other things.
- Sai, penso
che proporrò al Presidente di far corazzare queste accidenti
di auto … o di
obbligare i SOLDIER a dare l’esame di guida. Credo che non
riescano a
distinguere fra una spada e la leva del camb … mi stai
ascoltando?- Samael
si stava guardando intorno
freneticamente, stirando il collo e muovendo la testa di scatto. Houri
non poté
far a meno di notare un’inquietante somiglianza con il
chocobo del documentario
di Gaia Channel che aveva visto la sera prima. Il volatile si era
comportato
nello stesso modo quando aveva percepito un Midgar zolom avvicinarsi
pronto a
sferrare un attacco letale.
-Sama
…
MPHFFFF-
-
sssshhhhh!!! – sibilò il ragazzo premendole con
più forza la mano sulla bocca –
Non hai sentito un rumore?-
Houri si
guardò per un attimo intorno prima di lanciargli uno sguardo
interrogativo.
Samael fece
dardeggiare gli occhi da una parte all’altra del garage,
cercando di forzare lo
sguardo oltre il muro di veicoli che li circondava. – Sono
sicuro di aver
sentito dei passi. Deve essere lui! Lo so che è lui!-
Ok …
se
prima la situazione era un po’ strana ora era inquietante
– wuuui ghy?- se non
avesse avuto le labbra completamente immobilizzate la domanda sarebbe
stata
“lui chi?” ma in qualche modo il moro la
capì lo stesso perchè, dopo essersi
accucciato il più possibile su se stesso, riuscì
a sibilare – Genesis!-
Houri batte
le ciglia, una due e tre volte, poi contò fino a dieci.
Quella storia stava
sfiorando il grottesco. Senza pensarci due volte fece scattare la
lingua e
diede una lunga ed umida lappata alla mano che fungeva da bavaglio.
Samael la
ritrasse di scatto con aria schifata.
- Tu. Sei.
Paranoico!- la
ragazza scandì, battendo
l’indice contro il petto del ragazzo dopo ogni parola
– questo è il garage
della Shinra, la compagnia con più dipendenti al mondo!
È logico che qualcuno
venga qui e non deve per forza
essere
il Rosso Signore del Male. Scommetto quello che vuoi che è
solo uno dei Turk
che ha bisogno di una macchina.- esclamò alzandosi in piedi
e dirigendosi al
bancone all’ingresso, Samael le caracollò
immediatamente dietro agguantandola
per la lunga maglietta rossa. –Hou …
ri… ti prego, no! Ti
dico che è lui! Credimi, io lo so! È come in uno
di quei
filmacci horror in cui la protagonista sa
che l’assassino la sta spiando.
Houri
dovette farsi violenza per non stordire il suo migliore amico con una
chiave
inglese.
- Sam,
senti, fidati di me. Nessuno ti sta spiando. E comunque sono certa che
uno dei
SOLDIER graduati del più grande esercito di Gaia ha di
meglio da fare che
pedinare … te ...
Dall’altra
parte del bancone, con un sorrisetto strafottente sulle labbra piene e
con il
profilo migliore esposto alla pallida luce della sera, c’era
il comandante
Genesis Rhapsodos.
Houri
aprì un
paio di volte la bocca senza cavarne alcun suono mentre dalle sue
spalle giunse
un lamento a metà fra un grido di sofferenza e un verso di
rassegnazione. Lo
stesso verso del Chocobo del documentario televisivo quando era stato
azzannato
dal Midgar Zolom, per intenderci.
“Ok.
Forse
il rosso signore del male non ha tutto questo gran daffare.”
Houri
masticò una maledizione e si trattenne a stento dal roteare
gli occhi prima di
dipingersi un sorriso professionale sulle labbra. Si
avvicinò a passo
tranquillo al bancone con la schiena più ritta possibile.
Non è un’impresa
semplice sembrare minacciosi quando si è alti solo un metro
e settanta, in
particolar modo se l’opponente è di ben venti
centimetri più alto e decisamente
più grosso.
-Posso
aiutarla in qualche modo, comandante?
Genesis
le rivolse uno dei suoi sorrisi più
accattivanti, appoggiando il busto languidamente al bancone. Houri
sentì le
mani contrarsi spasmodicamente attorno al manico del suo fidato
cacciavite a
stella.
Non poteva
uccidere un fottuto SOLDIER! Non se voleva arrivare al pensionamento
senza i
Turks alle costole. O se voleva arrivarci e basta.
- In effetti
signorina … scusi non mi ricordo il suo nome. Sa
… -
Ok …
forse
se faceva sparire il corpo, magari se lo faceva a fettine con la
fresatrice.
- E’
scritto
sulla targhetta che porto sulla maglia … credevo che sapesse
leggere, ma forse
mi sbaglio, sa … -
Notò
con
estremo piacere i muscoli della mascella del SOLDIER contrarsi in uno
spasmo
nervoso, mentre il sorrisetto sghembo si tramutava in una piccola
smorfia al
vetriolo – Leggo solo ciò che reputo interessante:
LOVELESS, l’enciclopedia, il
menù del ristorante, la lista della spesa …
-
“Buone
maniere per imbranati”, ops … no. Forse questo le
manca. - Houri si permise una
risatina leziosa, inclinando leggermente il capo di lato. Saper
apparire
graziosi mentre si sputa veleno è un’arte.
- Qualcosa
mi dice che a lei non potrò chiederlo in prestito
…
Davvero,
sarebbe bastato tagliarlo in pezzi piccoli piccoli. Poi una bella
tanica di
acido. Del resto la telecamera all’ingresso era rotta da una
vita!
- Visto che
mi sembra che la memoria abbia iniziato a non assisterla mi premuro di
riformulare la domanda, Come posso aiutarla?!
No, non
aveva appena ringhiato. No, no. Era solo un’illusione. Colpa
della cattiva
acustica.
Genesis si
prese qualche attimo per ricomporsi, rassettandosi capelli e cappotto
– A dire
il vero, avrei smarrito il mio bellissimo gattino, e sono sicuro che
sia
scappato qui dentro.
- Sicuro di
non averlo mangiato?
- Oh
… non
ancora. Ma progettavo di farlo il prima possibile.
Il primo
pensiero che attraversò la testa di Houri fu “Ma
di cosa accidenti sta …” poi
giunse l’epifania e con quest’ultima il disgusto
più completo.
- Questa
è
la battuta più nauseante che abbia mai sentito. E io lavoro
in un maledetto
GARAGE!
Genesis si
limitò a scrollare le spalle sorridendo compiaciuto, prima
di appoggiare le
mani sul bancone e scavalcarlo con un unico, fluido, movimento.
Houri
batté
un paio di volte le palpebre, incapace di formulare qualsiasi pensiero
coerente. Genesis aveva appena scavalcato il suo bancone. Aveva appena
scavalcato il suo bancone senza il suo beneplacito.
Quell’odioso tronfio
bastardo stava spudoratamente violando il suo territorio per molestare
un suo
amico!
Questo. Era.
Troppo!
Senza
secondi ripensamenti allungò la gamba facendola intrecciare
in quelle del rosso
che, colto di sorpresa, perse miseramente l’equilibrio,
finendo faccia a terra.
La ragazza gli si tuffò addosso, piantonandogli un ginocchio
nelle vertebre,
bloccandogli le braccia con le proprie. Di sicuro non avrebbe resistito
a
lungo, ma almeno qualche secondo, giusto per dare al suo amico un
po’ di
vantaggio. Non è forse dovere di ogni sorella maggiore
quello di proteggere il
proprio fratellino ad ogni costo?
-Samael,
scappa, presto!
Alzò
la
testa per cercare lo sguardo del ragazzo e infondergli la forza
necessaria a
fuggire via, lasciandola in balia del nemico, solo per rendersi conto
che non
sarebbe stato necessario. Di Samael non c’era alcuna traccia.
Sia Genesis
che Houri restarono a fissare il vuoto leggermente perplessi
finchè la
consapevolezza non li colse. Samael era scappato! Genesis si
liberò con un
colpo ben assestato delle reni mandando una sconvolta e furente Houri a
gambe
all’aria, prima di iniziare a girare come un folle il garage,
lanciando
richiami accorati – Micio, micio. Dove sei?!-
Houri,
ancora accasciata sul pavimento,
essendo stata colta dall’improvvisa assurdità
della situazione, si poneva seri
quesiti sul senso della sua esistenza.
- Cosa ci
faccio ancora qui? Perché non sono rimasta a lavorare per
Cid?! Certo, è un
tipo un po’ scorbutico, ma, davvero?! Voglio il pensionamento
anticipato. Una
vacanza. Anche una missione suicida in Wutai. Un lavoro part-time
all’IKEA.
Qualsiasi cosa tranne rimanere in questo manicomio! –
Ormai non
riusciva più a controllarsi. In un flash le ripassarono
davanti agli occhi
tutte le promesse di gloria che la Shin-ra le aveva fatto, a lei, la
più
giovane capomeccanico dell’intera storia di quella fottuta
multinazionale.
“Vieni a lavorare per noi. Alla Shin-ra co. troverai
professionalità senza
pari, un ottimo contratto e tante occasioni per conoscere persone
interessanti.”
Col piffero!
Interessanti doveva essere evidentemente un sinonimo cortese per
“matti da legare”.
Il suo
sproloquio autocommiserativo venne bruscamente interrotto quando con un
movimento inatteso si trovò a sedere sul piano da lavoro,
passata da parte a
parte dallo sguardo di ghiaccio di Genesis,
-Dimmi.
Dove. Si. Trova!
-Lasciami
morire in un cantuccio, da sola, col mio dolore … - Rispose
lei con voce
spezzata e terribilmente stanca.
Genesis
sbuffò sonoramente, facendo agitare una ciocca dei lunghi
capelli eburnei –O da
sola o col tuo dolore, decidi.-
La ragazza
ci pensò un attimo, mettendo su una smorfia che dava voce a
tutta la sua
profonda frustrazione – Da sola, meglio che male accompagnata
… A tal
proposito, hai intenzione di rimanere qui ancora a lungo?-
Genesis si
permise un’espressione fin troppo contrita, -Ma io voglio il
mio gattino!- Houri
aprì la bocca con la seria intenzione di chiudere una volta
per tutte la
conversazione quando una voce profonda rimbombò per tutto il
garage:
-GENESIS!
Note autrici:
Ci scusiamo
per il piccolo inconveniente del: appena pubblicata già
sparita, neanche fosse
uno gioco di prestigio. Volevo solo mettere la lettera alla fine del
primo
capitolo invece che all’inizio, ma Efp ha cancellato tutto.
Vabbè.
About
pride, prejudice and other things.
La storia vera e
vissuta di una
fanfiction.
Cari
lettori, benvenuti. Siamo lieti che abbiate voluto prendere parte a
questa
nascita cibernetica. Oggi, dopo un anno dal suo concepimento, la nostra
cara
fanfiction vede la luce. Come vola il tempo, sembra ieri che ci
dicemmo: - Cara
amica, lo sai cosa dovremmo fare? Una bella storia su Crisis Core.
Perché? Bè,
perché i Angeal e Genesis sono davvero dei poveri sfigati e
meritano un po’ di
attenzione.
E
così tutto
ebbe inizio.
Per prima
cosa creammo dei personaggi che fossero originali e che rientrassero
bene nel
contesto e fu una vera sofferenza. L’ombra delle temutissime
Mary Sue incombeva
su di noi. Dovevano essere personaggi che emergessero nella storia pur
rimanendo
normali, con i loro difetti e le loro debolezze. Non dei supereroi,
solo delle
persone. Alla fine, dopo mille dubbi e mille test, nacquero Houri e
Samael.
Houri Straw,
il cui nome, non giapponese ma armeno, su di lei dice molto. Houri
è la fenice
e più alla larga l’elemento fuoco. E’
forte, facile da appiccare e difficile da
controllare. E’ sincera, tiene ai suoi amici, non nasconde il
disprezzo per i
suoi nemici e si arrabbia con molta facilità ma, proprio
come la paglia del suo
cognome, brucia in fretta, senza far poi troppi danni, tranne qualche
testa
rotta. Lavora come meccanico, o meglio, fa la schiava come meccanico,
visto che
passa più tempo nel garage della Shin-ra che a casa sua. Ha
una passione per il
collezionismo, per il disegno e per i videogiochi. E’
disordinata. Molto.
Samael
Darkwood non ama parlare di se, credo che non apprezzerebbe la
presentazione,
ma noi ce ne infischiamo, perché la sua vita è
nelle nostre mani e non può fare
troppo il galletto. E’ un dipendente del reparto SOLDIER, a
suo modo
tranquillo. Fondamentalmente un vigliacco che preferisce farsi i fatti
suoi e
tenere un basso profilo. Passa le giornate zigzagando tra un ufficio e
l’altro,
carico come un mulo di documenti. Ama il suo lavoro fin quando gli
permette di
ficcanasare un po’ in giro.
Ovviamente i
due si conoscono e si vogliono bene. Si spalleggiano nelle situazioni
critiche
e, anche se non hanno legame di sangue, si considerano fratello e
sorella.
Quando i
personaggi nacquero, ovviamente, vollero subito incominciare la loro
avventura
nel mondo di Final Fantasy. E qui le cose si complicarono,
perché, diciamocelo,
inserire in modo credibile dei nuovi personaggi in una storia densa
come quella
non era un’impresa facile. Noi volevamo una storia divertente
e tranquilla, che
non i obbligasse a scegliere fra l’azione e la
credibilità della trama. Ma come
fare? Facile.
Niente
deterioramento.
E con questo
abbiamo detto tutto. Ricapitolando: niente Mary Sue, niente
superpoteri, niente
situazioni paradossali. Solo romanticismo e risate. Più
delle ultime che del
primo, ad essere onesti.
Con questo
vi lasciamo alla storia.
Cordiali
saluti.
Nanà
e
Poisonerlady.