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Autore: Leitmotiv    29/11/2011    3 recensioni
Pia conosce perfettamente l'arte del mentire agli adulti.
Cain s'illude di poter capire le persone con una sola occhiata.
E poi ci sono gli altri, a scuola, per strada, in quelle simmetriche case della working class di Manchester.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sabato




                                                                                                         SABATO






Mercoledì due compiti in classe, tanto studio ed una punta di noia.
Giovedì un' uscita al cinema. Cain pago' il biglietto per sè e per Pia.
Venerdì le prime decorazioni di Natale illuminavano la periferia di Manchester, il grande tradizionale abete nel parco della scuola fu addobbato di lucentezze d'oro ed amaranto.  
E poi giunse il sabato.

Al termine delle lezioni, Cain aspetto' Pia sotto la quercia nei pressi dell'ingresso scolastico.  La temperatura era drasticamente calata, la maggior parte degli studenti  indossava sciarpe e guanti, tuttavia il cielo non si era ancora  imbiancato minacciando neve.
Concordarono di andare a fare un giro al centro commerciale, prima di rientrare a casa. Mentre camminavano fianco a fianco, Porthia cercava di contenere un certo entusiasmo per il loro piano serale, anche se proprio di piano non si poteva parlare; per tutta la settimana aveva cercato garbatamente d'introdurre il discorso al ragazzo, cercando di non assillarlo, e con brevi frasi buttate la al momento giusto, era riuscita a lasciargli l'iniziativa su quell'argomento spinoso.
Cain aveva valutato poco fattibile il pedinamento dei coniugi Hunt, mentre invece aveva ritenuto piu' semplice, benche' non privo di rischi, aspettare il rientro dei due adulti per cercare tracce  sui loro abiti o nella vettura. A Pia non era sfuggito un particolare che Cain, contro ogni sua aspettativa, ritenne davvero sospetto: i signori Hunt il sabato sera parcheggiavano l'auto presso il magazzino di famiglia anziche' nei pressi dell'abitazione.
Fu proprio questo particolare a far accendere un barlume di fiducia nei confronti dei dubbi che la ragazza nutriva..

Prima degli abiti dei genitori, i ragazzi avrebbero dovuto controllare la vettura, questo implicava il procurarsi le chiavi del magazzino di suo padre. Se c'erano delle prove, potevano essere state dimenticate nell'abitacolo o nel bagagliaio, e prima avessero avuto l'occasione di dare un'occhiata, prima avrebbero potuto trovare delle tracce. La seconda mossa  sarebbe stata quella di passare al vaglio scarpe, borse e soprabiti, nonche' i famosi calzini che tanto avevano acceso  fantasie nella biondina. Per farlo, Cain avrebbe dovuto introdursi in casa di Pia quella sera stessa, affidandosi  alle proprie capacita' di agire in silenzio.

Cain non riusciva a scorgere nessun segno di nervosismo  nella ragazzina, ma non si stupì, conosceva la sua abilita' nel celare i suoi tumulti interiori.  Provava invece un certo imbarazzo per se stesso, e per la propria agitazione. Talvolta il cuore gli pungeva il petto, e sentiva un leggero sentore di nausea; spostava in continuazione lo zainetto da una spalla all'altra, e  sentiva un lieve velo di sudore salire dal collo alla fronte qualora i suoi pensieri si facevano pessimisti .  
Mentre guardavano le vetrine di un negozio di elettronica, Pia estrasse una mano dalle enormi tasche del parka, si tolse il guanto e  passo' le dita sul viso del ragazzo - Sei accaldato. E' per stasera?
Il moro rimase fisso sulla vetrina, scostando delicatamente la mano di lei - E' il cappotto che mi fa caldo - rispose evasivamente, sbottonandolo con mani nervose.
- Tu non hai molto talento nel mentire, Turner - disse, aiutandolo con l'ultimo bottone.
- Non elevare un tuo enorme difetto ad un talento... Ricordati che  prima o poi ci rimarrai fregata - le rispose lui, allontanandole la mano.
Pia squadro' il viso del ragazzo, e per la seconda volta provo' un senso di colpa nei suoi confronti. Forse Cain non era adatto a quel genere di cose,  non avrebbe dovuto coinvolgerlo. Doveva dirgli qualcosa in proposito,  prima che giungesse sera .
- Ascolta Turner. Non mi devi obbligatoriamente aiutare. Lo so che da sola ho meno possibilita' di procurarmi delle prove, ma non voglio che tu rimanga scottato per una questione che oltretutto  ritieni inesistente.  Al di la dei giuramenti, delle scommesse e dell'orgoglio, io...
Cain la fisso' con aria di rimprovero. Pianto' entrambe le mani sulle sue spalle, incontrando i suoi capelli disordinati - Lo faremo, stanne certa. Non puoi chiedermi il contrario! E poi voglio che tu dimentichi questa storia degli assassini. Piu' ti trascini questi dubbi nel cervello, e prima ti ritroverai come mia madre!

Gli occhi nocciola della ragazza, titubanti, si abbassarono al petto di lui. Rimasero concentrati sulle righe diagonali della cravatta, che spuntavano dal maglione infeltrito della divisa scolastica.  Ripenso' alle mani rugose di Mrs Turner, al contatto con la vera matrimoniale, fredda e lucente, al suo sguardo di vedova  tenero ed annebbiato. Poi comparvero gli occhi di sua madre, così  intelligenti e lucidi, quasi superbi. Come avrebbe potuto amarla ancora come  quando era piccola? Avrebbe continuato a desiderare di acquisire il suo fascino esteriore, se quella donna fosse stata davvero un'assassina?
Doveva pensare ad altro,  assolutamente.   Ripresecompostezza, scivolo' dalle mani del ragazzo e s'incammino' verso la scala mobile - Ho voglia di qualcosa di caldo.
Cain la raggiunse, ma rimase amareggiato dal suo comportamento. Pia continuava a sfuggirgli,  non c'era verso di riuscire a cogliere una sfumatura della sua mente, di  farsi spiegare un suo stato d'animo. Non c'era spontaneita' in quella ragazzina, era questo il vero problema.  

Entrarono in uno dei tanti caffe' del piano superiore,  sedendosi vicino ad uno squadrato cespuglio di  calicanto plastificato, che gli isolava dal resto dei clienti.
Una volta sedutosi, Cain prese il menu' fra le mani - Non sono un amante della cioccolata calda - disse, scorrendo la lista delle cioccolate.
Pia ignoro' quell'intervento. Non voleva pensare alla propria madre, ma a quel punto avrebbe dovuto chiedergli della sua - Tua madre e' rimasta sconvolta dalla morte di tuo padre, Turner? - gli chiese,  guardando le pagine patinate del menu'.  Con la coda dell'occhio vide che  il ragazzo si stava muovendo nervosamente sulla sedia, allentandosi la cravatta. Era diventato nuovamente paonazzo.
- Pensavo che l'avessi gia' capito l'altra volta, a casa mia - rispose, strofinando l'indice dietro l'orecchio.
- Sì ma...com'e' morto tuo padre? .
- Un incidente. E' successo piu' di un anno fa - schiuse le labbra, alzando lo sguardo sul viso della biondina. Questa allungo' una mano al centro del tavolo, invitandolo a mettere la mano sulla sua.  Cain  afferro' le sue dita, appena arrossate dal freddo. Sentì gli occhi inumidirsi e prese qualche secondo per incoraggiarsi a proseguire - No Pia, non e' vero che e' stato un incidente. Questo e' quello che la mia famiglia ha deciso di dire in giro, perche' in fin dei conti mio padre era un uomo rispettabile.

Pia scorse gli occhi umidi del ragazzo ed intreccio' le dita con le sue.  Una giovane cameriera in jeans e grembiule country,  spunto' da dietro la siepe, preparando il blocchetto per le ordinazioni.  La biondina scivolo' via dalla mano del ragazzo e gli fece un cenno con il capo, per avvertirlo della presenza della cameriera.
Fu Pia ad ordinare per tutti e due - Due te' al gelsomino, per favore. E poi una porzione di questi - disse, aprendo il menu' sulla pagina dei dolcetti.
La ragazza in grembiule segno' gli ordini, e strappo' la striscia relativa alla ricevuta, lasciandola sul tavolo;  per quei brevi istanti Cain volse la faccia verso la vetrina, che si affacciava su un babbo natale in polistirolo con tanto di renne e pacchi regalo.  Rimase assai sorpreso quando un ragazzo con i capelli cortissimi si avvicino' alla vetrina e vi appoggio' il pugno sopra, in direzione di Pia.

Porthia rivolse nuovamente l'attenzione verso Cain, e scoprì sul suo volto un'aria corrucciata. Solo allora si accorse dell'altro ragazzo, intento a bussare sulla superficie trasparente.
- Jhona! - esclamo' la ragazza,  urtando il  menu'.
- Chi e' questo? - chiese Cain, innervosito da quello sconosciuto. Il moro  passo' la manica del maglione sugli occhi ancora umidi, voltandosi dall'altra parte.
Il biondo dall'altro lato del vetro sorrise, accennando un saluto con la mano, ed indicando l'entrata della caffetteria.
Pia scosse il capo, come per dirgli di non  entrare, ma l'altro la ignoro' completamente.
- Allora? - aggiunse Cain, afferrandole il polsino della manica. E sul suo viso si leggeva chiaramente l' interrogativo "permetti che s'intrometta fra noi?!"
- E' il nipote della mia vicina di casa - spiego' Pia - Non accennare a stasera, non accennare minimamente al fatto che sei gia' venuto in casa mia e soprattutto  perche' mi conosci!
Turner la guardo' quasi con rabbia, ma con sforzo decise di controllarsi.

Jhona spunto'allegramente dalla siepe plastificata, sfilandosi il piumino sportivo e la sciarpa.  Sorrise alla biondina, gettando le proprie cose sul divanetto dove sedeva Cain e  guadagnandosi un'occhiata storta da quest'ultimo.
A Pia quell'occhiata non sfuggì; si passo' una mano sul viso, augurandosi che i modi provocatori del suo dannato vicino si limitassero al lancio del piumino.
- Allora, che si dice? - chiese Jhona, sostenendo un sorriso smagliante - Lui?
- Si dice che  non ti ho invitato ad entrare, Jhona.  Ma a parte questo, lui e' Turner, frequenta la mia scuola.  

Jhona passo' in rivista il moro, senza risparmiarsi uno sguardo sfrontato. Fu lieto di constatare che lo superava in stazza ed altezza; trovo'immediatamente insopportabili  i suoi occhi azzurri, furbi e perspicaci,  e la sua aria pulita da cocco di mamma. Nascose i denti  dietro un sorrisetto di superiorita' - Mi pareva che fossi ancora single, infatti - commento', rivolgendosi alla biondina.

Turner serro' le mascelle, spostando lo sguardo dal  tavolo alla felpa imbrattata di cibo che Jhona indossava, in un nervoso sbattere di palpebre.
Era fin troppo evidente che fra i due  ragazzi si era creata un'istintiva antipatia.  
La cameriera giunse con tazze e teiera, sorridendo al nuovo cliente. Jhona allargo' le braccia sulla spalliera del divanetto, sfiorando la nuca della sua vicina - Hey! Mi porteresti una coca con ghiaccio? Anche delle patatine con salse.
La ragazza in jeans aggiunse l'ordine alla ricevuta, ma specifico' che il locale non  serviva patatine fritte.
- Non importa, grazie... Gli porti solo la coca! - s'intromise Pia, prima che Jhona potesse aprire bocca; ques'ultimo fece spallucce, prendendo fra il pollice e l'indice una ciocca  dei  capelli lunghi e biondi di lei.
Cain avrebbe' voluto sbattere i pugni sul tavolo,  e ribaltare tutto cio' che vi stava sopra, ma  aggiunse pazienza  a quella che gia' aveva dimostrato di avere, e  si verso' del te', allontanando i biscotti dalla portata di quell'individuo indesiderato.

- Facevate shopping? - chiese Jhona, tirandole scherzosamente i capelli - Manca ancora un mese a Natale.
Senza troppa grazia, Pia  allontano' la sua mano - Facevamo un giro. Ma tu non ci vai piu' agli allenamenti di calcio? - disse,  virando l'argomento verso altri lidi.
Jhona rise - Mi hanno segato fuori!Scherzi?!
- Non c'e' cosa che tu non ti metta in testa di distruggere, eh? - rispose lei, sarcasticamente - Tua nonna ci teneva, lo sai. Che hai combinato?
Jhona s'inumidì le labbra,  piegandosi in avanti - Uno mi rompeva i coglioni, e io gli ho ficcato la testa nel cesso. Quello si e' agitato troppo e si  e' quasi soffocato con l'acqua del water - spiego' tranquillamente, per poi sfidare il moro con gli occhi - Se fosse rimasto tranquillo non sarebbe finita' così alla cazzo!
Pia rimase con la tazza sollevata a mezz'aria, frenata dal disappunto. Cain aveva la medesima espressione disgustata, e si sorprese di se stesso quando il disgusto lascio' il posto al divertimento;  la pomposa volgarita' di quel ragazzone  era quantomeno tragicomica, una volgarita' così fittizia e urlata  da parere uscita da un romanzo di Irvine Welsh. Fu grazie  a questo pensiero che accantono' la rabbia, riconquistando sicurezza. Quel Jhona era solo un pallone gonfiato.
- Si capisce, se ti agiti con la testa nel cesso, rischi di annegare - sorrise, versandosi dell'altro the .
Jhona lo guardo' con aria sospettosa, era come se gli fosse sfuggito qualcosa, come se nel suo commento ci fosse stata un'offesa velata.  Strinse fra le dita la coca che la cameriera gli aveva appena portato.

- E tua nonna lo sa gia' che ti hanno buttato fuori? - chiese la ragazza, estraendo il cellulare per controllare l'ora - Si e' fatto tardi - disse, sperando che Cain afferrasse il senso di quella frase. 
- Naaa...non c'e' bisogno che lei lo sappia. Dico bene, capellona? - rispose, mostrando nuovamente un largo sorriso strafottente. Afferro' nuovamente una ciocca dei lunghi capelli di Pia, tirandola leggermente. Rise, godendosi l'aria contrariata di entrambi i ragazzi, poi si alzo' per lasciar passare la biondina - Comunque sono sicuro che tu non glielo dirai - aggiunse, efferrando la ricevuta delle consumazioni, prima che potesse farlo Cain.
Pia sospiro' - Sei una piattola.
- Offro io...anche al tuo amico.


Ore tre del mattino.
Pia era rimasta con l'orecchio schiacciato alla porta della propria camera da letto per una buona mezzora, aspettando che i suoi genitori si coricassero. Uscì di camera e rimase immobile davanti alla loro stanza per qualche minuto,  allontanandosi solo quando percepì  il monotono russsare di suo padre.  Scalza, scese al piano di sotto, indossando il solito parka blu e delle scarpe da ginnastica.  
Facendosi luce con il display del cellulare, Pia estrasse da un cassetto della cucina una scatolina di cartone, in cui i suoi genitori tenevano le copie di diverse chiavi; la ragazza trattenne il fiato, completamente concentrata nell'estrarre una copia  del  mazzo relativo al magazzino e la chiave di riserva della macchina.  Nell'immobile silenzio della casa, qualsiasi microscopico rumore le sembrava amplificato.
Dalla finestra di cucina scorse la sagoma di Cain,  appoggiato alla ringhiera di un' abitazione di fronte casa sua..

Una volta in strada, Pia mostro' le chiavi al ragazzo - Il cancello  principale e' elettrico, ma fa un gran brutto rumore quando si apre. Dobbiamo passare da un cancello piu' piccolo che si trova nella parte opposta al magazzino.  Questa e' la chiave...mentre questa ci serve per aprire la saracinesca. Non possiamo usare l'uscita di emergenza, perche' non ha maniglie e nemmeno serrature all'esterno , anche se sarebbe l'ideale visto che  si tratta di una normalissima porta - spiego', mostrando  le due chiavi al ragazzo - Hai portato tutto?
Cain estrasse un sacchetto di cellophan dalla tasca del piumino smanicato. Questo conteneva due paia di guanti da giardinaggio, una pila da campeggio, ed una specie di lampada lunga e sottile, applicata su una sorta di pedana - La riconosci questa? - Pia scosse la testa - E' una lampada di Wood, serve  ad identificare tracce di  liquidi che ad occhio nudo non sarebbe possibile vedere.
- E' una lampada UV, insomma. L'hai rubata alla scientifica? - chiese scherzosamente la ragazza - Non dubito che ci servira'.
- Se dobbiamo fare questa cosa, facciamola per bene. E poi l'ho costruita io, mi e' bastato comprare la lampada dal ferramenta, ed  una batteria ricaricabile da campeggio.
- Suppongo che allora dovro' renderti i soldi di questo brillante acquisto...
-  Offro io, e' stato divertente ingegnarsi un po'.
 - Ci siamo - taglio' corto la biondina.  Lego' i capelli in un improvvisato chignon e comincio' a guardarsi d'intorno. La zona dov'era collocato il magazzino non era isolata, ed anche se c'erano poche case e molti magazzini,  alcuni commercianti avevano l'abitudine di abitare sopra il posto di lavoro.

Pia giro' la chiave nella serratura del cancelletto,  e con delicatezza lo aprì. Cain seguiva ogni sua mossa ed ogni suo gesto, come un fedele segugio.  
- Aiutami a sollevare la saracinesca - sussurro' al ragazzo, una volta tolto il lucchetto che bloccava la saracinesca all'asfalto - Ma piano e poco, ci basta tanto da poter strisciarci sotto.
Prima di entrare, Cain illumino' il percorso alla ragazza con la piletta da campeggio, poi la seguì, passandole l'oggetto.  
Il magazzino era pieno di pancali ed alti scaffali colmi di generi alimentari di svariato genere, imballati  o incellophanati. In fondo allo stanzone Cain scorse le celle frigorifere ed una porta di legno, forse l'ufficio di suo padre. C'era un forte odore di segatura, anche se sul pavimeno non ve n'era traccia.  Pia illumino' la parte alla loro destra,  rivelando la berlina scura e datata dei genitori, vettura che non usavano tutti i giorni.  
La macchina era priva di allarme, ma aveva delle ottime chiusure  ed i vetri rinforzati, per qualsiasi ladro sarebbe stato un problema profanarla, ma non per Pia che  l'aprì agilmente per merito della chiave.  Indosso' i guanti e si sporse sul cruscotto, premendo il tasto che apriva il bagagliaio.
- Tu dai un'occhiata dietro, io controllo qui davanti. Mi raccomando, se sposti qualcosa rimettila dov'era. - si raccomando' la ragazza, porgendogli la pila.
- Ok - Cain annuì, strinse fra i denti l'oggetto luminoso,  indossando anch'esso i guanti .

La biondina si sedette nel lato guidatore, ed inizio' a frugare prudentemente nel vano portaoggetti sotto il sedile.  Non noto'  immediatamente uno strano odore  provenire dall'abitacolo, ma dopo pochi secondi  colse un sentore acido familiare,  che le ricordo' immediamente lo sgrassatore industriale con cui suo padre puliva il pavimento del magazzino.
Fu  mentre realizzava cio' che sentì un urlo strozzato provenire dalle sue spalle.  Guardo' nello specchietto retrovisore, ma non vide la testa mora del ragazzo.

Cain si sbilancio' all'indietro, tappandosi la bocca per  reprimere un urlo che  gia' era sfuggito alle sue tonsille. Cadde con un tonfo sordo,  e la pila rotolo' fino ad un pancale di sacchi d'avena.  Porto' entrambe le mani alla bocca e chiamo' la ragazza, con voce simile ad un lamento - Pia...cazzo...non...cazzo...!
Porthia scatto' fuori dall'abitacolo e si getto' sulla pila da campeggio, poi si  chino' sul ragazzo - Che hai visto lì dentro?! - chiese,  scorgendo le pupille  del ragazzo dilatate come quelle di un gatto. Cain non era in grado di risponderle, lottava con dei forti conati di nausea; questo chino' il capo fra le gambe, ed una sottile scìa di saliva colo' dalle sue labbra.
Pia gli dette qualche secondo per riprendersi, posando una mano sulla sua schiena. Illumino'  il posteriore della macchina, ma da quella posizione non poteva scorgere l'interno del bagliaio. Ammise a se stessa di non avere il coraggio di avvicinarsi da sola alla vettura e rimase paralizzata, come se da un momento all'altro potesse spuntare una qualche creatura malefica. Sobbalzo' quando Cain le afferro' il polso, riportando la luce su di sè, come un bambino spaventato dal buio.  L'espressione di sofferenza che vide sul viso del ragazzo le mozzo' il respiro. Cadde in ginocchio, prima ancora che il ragazzo le parlasse.
- C'e'...e' lì...sono dei pezzi...loro...

Pia si appoggio' con tutto il suo peso al ragazzo, abbracciandolo.
Tutte le sue paure, i suoi dubbi e  l'amore sfumato per i suoi genitori se ne stava impacchettato in  spessi sacchi di plastica nera, ammassati nel bagagliaio.

Non c'erano piu' dei genitori. Ma esistevano degli assassini.











 





  
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