Le
labbra posate sulle sue erano morbide, sul viso sentiva vivo il calore
dell’imbarazzo, ma non avvertiva alcuna sensazione
particolare. Era il suo
primo bacio, sebbene un leggero tocco a fior di labbra e non vi era
nulla di
ciò che ci si poteva aspettare. Sanae dischiuse gli occhi
per vedere Cody
sorriderle e avvicinarsi nuovamente per un ulteriore contatto.
-
No!- lo aveva bloccato puntando le mani sulle sue spalle, ricevendo uno
sguardo
interrogativo.
-
Scusami...- si alzò di scatto, pronta a tornare indietro
dove erano rimasti gli
altri.
-
Aspetta!- Cody le afferrò garbatamente il polso e la
invitò a fermarsi, era
meglio risolvere tutto con una spiegazione anzichè scappare.
Sanae
si passò una mano tra i capelli nervosa, indecisa su cosa
dire per giustificarsi.
-
Io...pensavo fosse diverso.-
-
Cosa?-
-
Questo.- si portò le dita alle labbra. – ...mi
spiace. Speravo che fosse
speciale, non...non avevo mai baciato nessuno. Non mi ero mai trovata
in una
situazione del genere.- non riusciva a comprendere nemmeno lei cosa
stesse
dicendo, si sentiva agitatissima. Le mani del ragazzo la bloccarono e
la costrinsero
a guardarlo in faccia. I suoi occhi nocciola erano lucidi e le labbra
tremavano.
Lui la invitò a sedersi e cercò di calmarla
accarezzandole i capelli, era la
situazione più bizzarra che avesse mai vissuto e non
potè evitare di ridere.
Sanae gli rivolse uno sguardo a metà tra l’irato e
l’interrogativo.
-
Scusa se rido, ma non è mai capitata una cosa del genere
nemmeno a me.-
La
ragazza si asciugò una lacrima scivolata lungo la guancia e
cercò di calmarsi.
-
Hai voglia di parlare?-
A
quel punto fu lo stupore a prendere il sopravvento, non avrebbe mai
pensato di
trovare comprensione proprio da quel ragazzo all’apparenza
tanto superficiale.
Prese un profondo respiro e le parole le uscirono spontanee, per
confessare
quanto fosse frustrante provare sentimenti per qualcuno tanto
indifferente
quanto Tsubasa.
-
Uff, anche tu? Ma cos’hanno di tanto speciale i calciatori?!
Anche Yoshi è
partita per quel tizio che gioca a calcio.- ironizzò
strappandole una risata.
-
Scusami, Cody, ti ho rovinato la serata.-
-
Scherzi? Credo sia la prima volta che una ragazza è tanto
sincera con me e non
lo dimenticherò.-
Lei
lo fissò sbattendo le palpebre più volte, ignara
di cosa stesse tramando.
-
Ti darò una mano a conquistare lo scemo.-
- Sei
stata brava e paziente, Sunny.-
bisbigliò Cody, cercando di
farla sentire meglio.
- Ma
evidentemente quel cretino
è talmente imbranato che ha bisogno di
un’ulteriore “spinta motivazionale”.-
-
Cos’altro posso fare?- chiese
stizzita.
Il ragazzo
sorrise e le spiegò
quello che aveva in mente. Sanae annuì: prima si disse
contraria, ma dopo
dovette convenire che poteva essere la spinta di cui Tsubasa
necessitava.
- Comunque
ricordati che se quel
deficiente non si schioda, ci sono sempre io qui.-
Sorrise
grata a quel ragazzo
che le stava dando un aiuto tanto prezioso.
- Mmm, ci
penserò.- rispose in
tono civettuolo.
L’allenamento
stava per cominciare
e Sanae finì di prepararsi per iniziare a sistemare le cose
in campo. Aveva
bisogno di parlare con il mister il
prima possibile. Annodò i capelli in una coda e
uscì dallo spogliatoio,
trovandosi faccia a faccia proprio con Tsubasa.
Ottimo,
il pomeriggio comincia bene.
Lo
fissò con uno sguardo quasi
astioso.
- Ciao,
Sanae.-
Lei
rispose a mezza bocca senza
nemmeno guardarlo in faccia.
Oggi
siamo di cattivo umore?
- Tutto a
posto?- le chiese,
tanto per spezzare quel silenzio odioso che lei teneva tanto a
mantenere.
- Sese.-
rispose incurante.
-
Sanae...- la sua
sopportazione per quei comportamenti ambigui era giunta al limite.
- EHI,
PICCIONCINI!-
Ishizaki,
un giorno di questi ti ammazzo con una pallonata, lo giuro!
La ragazza
si allontanò
premendosi una mano sulla bocca, perchè altrimenti avrebbe
snocciolato
volentieri una serie di insulti dedicati alla solita mancanza di tatto
di
Ishizaki. In realtà era dal mattino che si sentiva nervosa,
durante la
colazione si era quasi sbranata suo fratello solo perchè
aveva finito tutto il
succo d’arancia e nella pausa pranzo aveva abbaiato contro un
ragazzo che stava
per farle cadere il vassoio in mensa. Il teatrino che aveva messo in
piedi
stava mettendo a dura prova la sua resistenza, sarebbe stato meglio
lasciar
perdere e smettere di autoimporsi comportamenti non suoi. Non aveva
scelta,
ormai, che proseguire quella messa in scena e giocare l’asso
nella manica
suggeritole da Cody, ma l’idea di dover mentire anche al mister la rendeva un fascio di nervi.
Attese con
calma la fine degli
allenamenti e chiese al professor Furuoya di poter parlare in privato.
Fu
invitata a raggiungerlo in sala insegnanti.
- Siediti
pure, Nakazawa-san.
Di cosa si tratta?-
- Ecco,
vede, non penso
riuscirò a continuare a seguire il club di calcio. Vorrei
tentare di entrare
all’Istituto Keio- Shonan[1]
e ho bisogno di tempo per poter studiare adeguatamente. Io...temo non
riuscirò
ad assicurarle la mia presenza con continuità.-
Il mister rimase spiazzato per un momento,
davvero non si sarebbe
aspettato che quella ragazza così assidua e costante nei
propri impegni stesse
dicendo quelle precise parole, senza contare, poi, che si era accorto
di come
il suo atteggiamento nei confronti del capitano della squadra fosse
passato da
un estremo all’altro nell’arco di pochi mesi.
-
C’entra Tsubasa?- chiese a
bruciapelo.
Sanae
poteva ingannare gli
amici, il ragazzo che amava, ma una persona attenta ed empatica come il
professore no.
-
Sì.- abbassò lo sguardo
imbarazzata.
- Apprezzo
la sincerità,
Nakazawa-san.- rispose con un sorriso bonario.
-
Ehm…-
- Non ti
preoccupare, rimarrà
tra me e te, però come insegnante posso solo darti un
consiglio: non lasciare
che siano i sentimenti a manovrare la tua vita, sei tu che devi
prenderli in
pugno e imparare a gestirli.-
- Ci sto
provando, le giuro che
ci sto provando.- rispose, frustrata dalla situazione.
- Ai tuoi
compagni di squadra
dirò che sei troppo impegnata con lo studio, spero che
Nishimoto e Sugimoto
riescano a gestire tutto da sole.-
- La
ringrazio.- si alzò e fece
un inchino per congedarsi, serena per quel barlume di onestà
avuto con il
professore.
Furuoya si
alzò e andò alla
finestra: all’orizzonte l’ultima striscia tinta di
arancione stava sparendo. Prese
le carte che gli servivano e si diresse verso l’uscita della
scuola. Domani non
avrebbe avuto un compito facile nell’informare la squadra di
quel cambiamento,
specialmente il numero 10.
Tsubasa
correva come un
forsennato verso casa, frustrato, irritato, incapace di accettare
quello che
aveva detto l’allenatore.
Mi
odi così tanto? Bisognava arrivare a questo punto?! Cosa
devo fare?
Entrò
in casa come una furia e
nemmeno rispose a sua madre che gli chiedeva come fosse andata la
giornata.
Uno
schifo!
Andò
in camera sua e accese il
PC, guardò la sveglia e cercò di ricordarsi le
ore di fuso in Germania. Niente
da fare, ad Amburgo era mezzogiorno e Wakabayashi non era sicuramente a
casa.
Andò a reperire le sue e-mail e si appuntò su un
pezzetto di carta il numero di
casa del suo amico, aveva bisogno di un consiglio da qualcuno che
sicuramente
si era sempre dimostrato molto più sveglio di lui su certe
questioni.
La sveglia
suonò e Tsubasa la
nascose sotto il cuscino prima di riuscire a spegnerla, poi, come aveva
fatto
in precedenza scese al piano di sotto per prendere il cordless.
Amburgo,
ore 22
Il
telefono iniziò a suonare,
ma la coppia non ci fece caso, avrebbe smesso di lì a breve.
Genzo continuò a
farsi torturare le labbra, finché non fu Inneke a rimettersi
seduta sul divano
e consigliargli di interrompere quel suono fastidioso.
- Hallo, das ist Genzo Wakabayashi[2].-
rispose seccato.
-
Wakabayashi-kun, scusa
l’orario.-
-
Tsubasa?! Proprio adesso…-
- No, per
favore, ho bisogno di
un consiglio.-
Genzo
alzò l’orologio
all’altezza del naso e i suoi occhi si allargarono per lo
stupore.
- Ma tu
sei fuori, sono le
cinque da voi. Se è qualcosa sul calcio puoi anche andare
a…-
- Si
tratta di Sanae!-
Sulla sua
bocca si disegnò un
ghigno divertito: che Tsubasa lo chiamasse per una simile questione era
un tale
evento per cui avrebbe potuto sacrificare una pomiciata.
-
Inneke, ich komme sofort. Warte ein Moment,
bitte.[3]-
La
ragazzina si accomodò meglio
sul divano, risistemandosi il maglione e lisciandosi i pantaloni, poi
iniziò a
torcersi una ciocca tra le dita. Ricevette un ultimo sorriso da Genzo,
che si
andò a sedere sul suo letto in camera.
- Che
vuoi?-
- Non ci
capisco più un cazzo.
Quando è reiniziata la scuola era così carina e
premurosa con me. Mi aspettava
per andare in classe, mi aiutava con lo studio, al club era sempre
disponibile...poi
è andata in vacanza negli USA, lì ha conosciuto
un tizio che ci ha provato con
lei e da quando è tornata mi tratta come una merda.-
-
Esagerato…- rise.
- Non
esagero, è la verità. Non
mi aveva detto che partiva e ho saputo di questo tizio, tramite la
ragazza di
Matsuyama. Sono così incazzato che non ne hai idea.-
Genzo
continuò a ridere,
incapace di contenersi.
- Non
pensi di essere
presuntuoso? Chi ti dà diritto di incazzarti?-
Tsubasa
rimase spiazzato dalle
parole dell’amico: si aspettava comprensione, non prese in
giro.
- Credevi
che Sanae fosse
particolarmente gentile perché è buona? Io la
ricordo come un maschiaccio scassapalle
e non c’è dubbio che sia cambiata, ma se al suo
ritorno il comportamento nei
tuoi confronti è cambiato, c’è un
motivo chiaro come il sole.-
- Sarebbe
a dire?-
- Ha
trovato qualcuno che la
apprezza senza fare troppi sforzi, quindi chi glielo fa fare di stare a
perdere
tempo dietro a te che vedi il mondo in bianco e nero come gli scacchi
del
pallone.-
Che fosse
proprio Wakabayashi a
rinfacciargli la loro comune passione era veramente un colpo basso.
- Genzo,
non sono un’aquila, lo
ammetto, ma secondo te perché dovrebbe arrivare a trattarmi
male per questo?-
- Per
darti una scossa,
imbecille! E poi, scusa se te lo dico, ma sei veramente un pagliaccio se hai chiamato la ragazza di
Matsuyama.-
- E
perché?!- chiese iniziando
a perdere la pazienza.
-
Perché è con lei che devi
parlare, scemo che non sei altro. Tira fuori le palle!-
Non poteva
dargli torto, tutti
i suoi tentativi di capire cosa avesse portato Sanae a comportarsi
così con lui
non erano stati molto seri. Aveva sempre scelto di farsi scudo di
qualcun
altro, tutte persone che in un modo o nell’altro avevano
cercato di fargli
capire quanto lui fosse limitato ed egoista, ma l’unica a cui
non aveva mai
chiesto niente era proprio lei.
-
D’accordo, scusa se ti ho
disturbato.-
- Non
farmi questa voce da cane
bastonato, dai. Vedrai che parlare con lei ti servirà.
Buona…ehm, giornata
ormai, io vado. Ciao!-
- Grazie,
Wakabayashi-kun.-
Ne era
sicuro, doveva parlare
con Sanae, chiederle una spiegazione e confessarle quello che, ormai ne
era
quasi certo, provava per lei.
Sanae
arrivò nell’aula vuota e
posò la cartella sul banco tirando un sospiro, non ce la
faceva più a dire
bugie, non ne poteva più di sforzarsi con Tsubasa: tanto se
ne sarebbe andato e
lei avrebbe solo sofferto di più. Proprio mentre rifletteva,
l’oggetto dei suoi
pensieri varcò la soglia della classe, guardandola in modo
indecifrabile.
- Ciao.-
-
Buongiorno, Tsubasa-kun.-
rispose con lo sguardo basso.
- Il mister ci ha detto che non potrai
più essere presente al club,
questo mi spiace molto.-
- Devo
studiare.- fu l’unica
cosa che riuscì a dire.
- Lo so.
Io, però, avrei
bisogno di parlare con te da soli e con calma.-
-
Tsubasa…-
- Dopo le
lezioni, sotto il
grande albero dietro la scuola.-
Le si
avvicinò e le prese le
mani tra le sue.
- Per
favore, Sanae.-
Sentì
il cuore stringersi, non
aveva mai usato un tono simile con lei.
-
D’accordo.-
- Me lo
prometti?- la guardò
dritto negli occhi.
-
Sì.- finalmente riuscì a
sorridergli senza temere di farlo.
Altri
alunni arrivarono e capirono
che era il momento di sedersi al posto.
Tsubasa
vuole parlarmi, ma cosa vorrà dirmi di così
importante?
Dietro il
fusto del gingko riuscì
a intravedere il profilo del ragazzo che le dava le spalle.
-
Tsubasa-kun?-
Lui si
voltò a guardarla, non
era mai stato tanto felice di vederla.
- Sanae,
grazie per essere
venuta.-
- Te lo
avevo promesso.- gli
sorrise, era stanca di fingere indifferenza con lui.
Lui mise
le mani in tasca e
tornò a posarsi al tronco.
- Vedi,
è da stamattina che
penso da dove cominciare a parlare e ora che sei qui
c’è una domanda che mi
assilla di continuo.-
Alzò
lo sguardo verso di lui
attendendo di sentirlo parlare.
- Negli
Stati Uniti hai per
caso, conosciuto qualcuno?-
Non era
proprio la domanda
migliore da farle.
- Non mi
pare siano affari
tuoi.- disse girandosi dall’altra parte.
- Sanae,
per favore, ti sto
solo chiedendo se stai con qualcuno.-
- Ah, e
con che diritto?-
Nuovamente
quella domanda, le
avrebbe risposto ammettendo i suoi sentimenti.
I
miei sentimenti per te me ne danno il diritto.
Sentì
che si stava muovendo.
- Se era
di questo che mi
volevi parlare hai sprecato il tuo tempo. Buona giornata…-
stava per correre
via, troppo arrabbiata per trattenersi oltre in sua presenza, ma lui
l’afferrò
per il polso e, con un coraggio e una punta di avventatezza che non
credeva di
possedere, la prese e la spinse contro il tronco.
Fu in quel
momento che avvertì
la sensazione che aveva cercato con il bacio di Cody, una scarica
elettrica che
le percorse tutto il corpo e che le fece desiderare che il tempo si
fermasse in
quell’istante. Le labbra di Tsubasa si schiusero e lei
rispose con altrettanto
ardore, felice come non lo era mai stata. Stava per gettargli le
braccia al
collo, ma una rabbia sopita la risvegliò da quel sogno con
lo stesso effetto di
una doccia fredda, quindi gli afferrò le spalle e lo spinse
via.
Il ragazzo
sentì il bruciante
contatto del suo palmo sul viso e divenne di ghiaccio quando vide il
suo
sguardo astioso.
- Non
osare mai più avvicinarti
a me, Tsubasa. Non ti perdonerò mai!- sibilò e
corse via incapace di contenere
le lacrime.
Mi
hai rubato anche il ricordo dolce che conservavo di te, non mi
è rimasto più
niente.
Lui si
passò le mani tra i
capelli, sconvolto e amareggiato, si voltò e
sferrò un calcio verso il tronco
di quell’albero imprecando per la rabbia e per il dolore.