Nadia era una bambina intelligente per la sua età. Molto intelligente.
Nell' asilo che frequentava nella grande città nessuno ci aveva mai fatto caso, ma ora che si erano trasferiti i suoi genitori pensavano che le cose sarebbero sicuramente cambiate. Dopotutto, si trattava di un asilo privato, frequentato soprattutto dai figli dei più rispettabili borghesi del luogo. I genitori di Nadia pagavano tanto per mandarla all' asilo tutti i giorni. Sapevano che quella non era la scuola giusta per lei, ma era la più vicina e non avrebbero potuto fare altrettanto.
Il papà era molto dispiaciuto di vederla in lacrime ogni volta che venivano a prenderla, ma non c'era scelta. Nessuno sapeva perché Nadia piangeva, tranne Nadia, ovviamente.
I genitori di Nadia non erano di quella città: venivano da un' isola lontana; un isola dove i fenicotteri volano in cielo, c'è un bel mare e il sole splende.
Nadia però era nata nella città, e nonostante quel brutto soprannome che le avevano dato gli altri bambini all' asilo e quelle maestre cattive e vili sempre pronte, con un bel secchio d' acqua in mano, a spegnere il fuoco della sua curiosità, la apprezzava.
Quando i suoi genitori l' avevano imbarcata su quella nave non credeva che sarebbe andata via per sempre. Per un anno intero fu convinta che prima o poi avrebbe rivisto il palazzo dove abitava e i giardini di fronte, che erano in ristrutturazione e non frequentava da tanto tempo, ma non fu così.
La nave avrebbe riportato lei e la sua famiglia sulla loro isola, un' isola che in fututo per lei sarebbe stata una gabbia: un' enorme gabbia mascherata da isola di sole.