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Autore: MusaTalia    02/12/2011    7 recensioni
100. Until that day [100/100]
«Non è mai stata mia intenzione rimanere tutta la vita nell'esercito. Volevo solo stare al tuo fianco. Supportarti. Proteggerti fino a quando non avresti ottenuto ciò per cui hai sempre lavorato tanto duramente. Ed ora ce l'hai. E sono così orgogliosa di te».
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang | Coppie: Roy/Riza
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'RoyAi Collection'
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033 A walk

033 A walk

Una passeggiata

“I walk this empty street / On the Boulevard of Broken Dreams / Where the city sleeps / and I'm the only one and I walk alone”, Boulevard of Broken Dreams, Green Day

 

Maes era morto e lui era stato trasferito a Central City. Non che i due eventi fossero collegati, ma, semplicemente, erano avvenuti pressoché in contemporanea.

Così alle preoccupazioni del nuovo incarico si errano aggiunti il dolore e il cordoglio per la perdita.

Roy aveva trovato una soluzione che anestetizzasse ogni emozione, senza distinguere la rabbia dallo sconforto: concentrarsi solo ed esclusivamente sul suo obiettivo, in modo tale che niente e nessuno potesse intromettersi. Perciò cercava di dare il massimo sul posto di lavoro, dove trascorreva praticamente tutto il suo tempo.

Il fatto che finita una pila di documenti ne spuntassero almeno altre due era davvero comodo. Almeno non avrebbe perso tempo ad auto commiserarsi o a crucciarsi troppo. Era grato del fatto che il lavoro avesse come conseguenza un’alienazione quasi totale.

Ogni giorno Riza lo osservava con sospetto e preoccupazioni crescenti, ma in ogni caso taceva. Roy aveva il suo personale e autodistruttivo modo di affrontare le situazioni e questi particolari stato d’animo. Pertanto l’unica cosa che poteva fare era limitarsi a osservare con occhio attento e incurante della stanchezza, in attesa di un possibile crollo fisico o emotivo, pronta ad allungare un mano per aiutare quell’uomo così importante a rialzarsi.

Purtroppo il suo ruolo di angelo guardiano aveva termine nell’esatto momento in cui, finito il turno (spesso straordinario compreso), entrambi s’infilavano il cappotto, si salutavano e tornavano alle rispettive case.

Una volta arrivato a casa, Roy, meccanicamente, si buttava sotto la doccia per tentare di rilassarsi (tentativo che durava esattamente il tempo passato sotto lo scroscio d’acqua), si cambiava, si sforzava di mangiare qualcosa nonostante il costante senso di nausea, infine provava a leggere qualche riga giusto per svagarsi, spegnere il cervello, allontanarlo dalle preoccupazioni.

Prima dello scoccare della mezzanotte non riusciva a coricarsi e, in ogni caso, anche quando riusciva ad appisolarsi, poco dopo le quattro la sua mente tornava a martellarlo, svegliandolo, sebbene il corpo non fosse per nulla consenziente e invece, reclamava a gran voce un minimo di riposo.

Aveva perso peso nell’ultimo periodo, parecchio peso; e non c’era giorno in cui le occhiaie macchiassero il suo volto.

Sfortunatamente quei pensieri avevano un effetto deleterio su di lui, come un’invasione di locuste nel periodo subito precedente alla mietitura. Perciò, nonostante la stanchezza accumulata, aveva bisogno di mettere in moto il corpo. Allora, lanciato il lenzuolo stropicciato per il sonno agitato, si rivestiva e scendeva in strada. Camminava lungo le vie della città completamente immersa nel suo stato di sonnolenza.

Tanto non era la compagnia degli uomini che cercava; quella dei sogni e degli ideali infranti nell’istante esatto in cui la vita di Maes era stata spezzata era sufficiente.

Passeggiava, senza cognizione del tempo che passava, fregandosene del freddo, dell’umidità e dell’eventuale pioggia.

Così ogni notte, finché un giorno scoprì di non essere il solo a precorrere le vie male illuminate di Central.

L’alba era vicina quando sentì l’abbaiare di un cane, interrotto da un secco rimprovero del padrone. Tanto bastò a fargli alzare lo sguardo. Davanti a lui una figura nota acquisì concretezza: Riza aveva portato fuori Hayate.

Lo salutò con un sorriso e le stesse occhiaie profonde. Ma come aveva fatto a non accorgersi che anche lei passava le notti insonni?

Un centinaio di metri più avanti un uomo uscì di casa. Doveva trattarsi di un fornaio, visto il grembiule già indosso, che andava a preparare il pane per la giornata, e forse anche qualche brioche.

Invitare Riza a fare colazione fu una reazione naturale, come anche addormentarsi la sera dopo cena e risvegliarsi finalmente riposato il mattino seguente. Gli era bastato capire di non essere il solo passeggiatore notturno.


 



NOTE FINALI:
La settimana scorsa ho pubblicato una ff su un fandom diverso, per questo non ho aggiornato. Ma oggi sono qui, con questo theme dal retrogusto amarognolo. Ma ormai mi dovreste conoscere: non posso scirvere troppe cose allegre, felici, romantiche... prima o poi vi beccate l'angst!
Non credo di dover spiegare molto di questo theme; mi limito a tradurre giusto per sfizio più che per reale necessità la citazione iniziale di una canzone, a mio parere, bellissima: "Cammino in questa strada vuota/ lungo il Viale dei Sogni Infranti/ dove la città dorme/ e sono il solo e cammino da solo".
Ringrazio le solite care lettrici! Tenete le dita incrociate perché riesca a mantenere il ritmo!!!
   
 
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