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Autore: Beapot    03/12/2011    4 recensioni
Ci sono 19 anni da riempire tra la fine della guerra e l'epilogo scritto dalla Rowling. Un dopoguerra non è facile neanche per i vincitori, forse soprattutto per loro. Dove si trova la forza per rinascere dalle proprie ceneri, come le fenici?
Genere: Azione, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Harry/Hermione, Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Come le Fenici

 

CAPITOLO IV

 

Cerco il conforto di uno sguardo amico,
cerco il conforto di un sorriso che sa scaldare il cuore,
cerco il conforto della tua mano, che sa parlare senza dire nulla.”

(Stephen Littleword, Aforismi)

 

 

La sollevo delicatamente e la stringo a me mentre mi Materializzo sulla soglia della casa che vedo oltre la collina.
Non so chi mi aspetta dietro la porta ma continuo a fidarmi dell'esile figura che tengo tra le braccia, perché so che non avrebbe rischiato oltre.
Batto il pugno sul legno scuro della porta e l'urgenza portata dalla paura mi fa dimenticare le buone maniere.
Non mi importa di essere scortese, non mi importa di disturbare, so solo che lei mi ha portato qui e che a tempo debito ne scoprirò il motivo, ma ora devo pensare a farla stare bene.
La porta viene aperta dopo pochi colpi e mi trovo di fronte la figura di una donna alta, capelli ricci a incorniciarle il viso, e occhi spalancati dalla sorpresa.
Andromeda non dice niente e mi lascia entrare, guidandomi verso una camera vuota.

«Cosa le è successo?»

La guarda con apprensione mentre la deposito piano sul letto, allineandole braccia e gambe e liberandole il viso dai capelli crespi.

«Ha perso i sensi dopo averci fatto Materializzare qui. Aveva perso le forze anche prima, ma si è ripresa quasi subito»

Parlo in fretta, la voce incrinata dall'ansia, e i miei occhi non si spostano dal suo viso troppo pallido.
Andromeda mi fa cenno di lasciare la stanza e di seguirla altrove.
Non vorrei lasciarla lì, ma seguo la strega senza opporre resistenza.

«Dobbiamo lasciarla riposare. È evidente che non si è ancora ripresa»

Anche lei riesce a essere pragmatica e sbrigativa, forse anche un po' burbera, ma non ci faccio caso perché le sue parole mi fanno tirare un sospiro di sollievo.

«Si riprenderà?»

Annuisce piano.

«Lo stress accumulato dalla battaglia e la Materializzazione l'hanno indebolita»

Sposta lo sguardo su di me in una richiesta di spiegazioni.

«Mi ha portato lei qui»

Non so neanche perché lo sto dicendo a lei.
Sarebbe stato meglio fingere di essere arrivato qui di mia spontanea volontà.

«Come stanno i Weasley?»

Ignora il mio disagio e mi volta le spalle mentre prepara un tè.
Non mi sarei aspettato un'accoglienza del genere, poi mi ricordo che nonostante sia scappata di casa è pur sempre una Black ed è cresciuta nelle formalità.

«Male»

Cosa altro posso dire?
Non li vedo da giorni perché non ne ho la forza, sono scappato e ora mi trovo nella casa di una donna quasi sconosciuta.
Quasi sconosciuta, se questa guerra non le avesse portato via tutta la famiglia.
Torna a guardarmi, e nel suo sguardo c'è una punta di scetticismo.
Forse lei ha capito perché sono lì prima di me.
Mi porge la tazza fumante e io sostengo il suo sguardo in silenzio.

«Non è colpa tua, Harry»

Il tono ora è quasi materno, comprensivo.
Ho avuto modo di conoscere la sua copia malvagia, tanto simile nell'aspetto esteriore quanto diversa in quello interiore, e non avrei mai pensato che avrei sentito tanta dolcezza uscire dalle labbra di quella figura.
Mi muovo a disagio e continuo a tacere.
Non sono convinto che abbia ragione.
Cerca di nuovo i miei occhi, e nella profondità del suo sguardo ritrovo quello di Sirius.

«Già»

Rispondo piano, mentre ricordo le stesse parole pronunciate dalla voce del mio padrino.

«Ted è nella sua stanza, sta riposando»

Annuisco pensando a quel bambino ora orfano, e una morsa mi stringe lo stomaco.

Andromeda si siede al tavolo e mi invita a fare altrettanto, mentre con gesti distratti mescola il suo tè.

«Grazie per avermi fatto entrare»

E' tutto ciò che riesco a dire.
L'unica cosa che può interrompere il silenzio e restare formalità allo stesso tempo, come impone la rigidità di questa donna.
I miei occhi si posano su una copia della Gazzetta di qualche giorno fa, e leggo il titolo.

 

Che fine ha fatto il Prescelto?

 

Distolgo in fretta lo sguardo ma è troppo tardi, perché lei ha notato il mio gesto.
Posa una mano sul giornale e lo attira a sé quasi distrattamente.

«Non sei ancora pronto?»

Non solo ha saputo che mi sto nascondendo, come lo hanno capito tutti.
Sembra anche aver capito il perché l'ho fatto.
Scuoto la testa abbassando lo sguardo, stringendo i pugni sulle ginocchia.

«Ne hai parlato con qualcuno?»

Si tiene distante, ma la premura inaspettata delle sue parole mi colpisce.
Sono costretto a scuotere di nuovo la testa.
Che senso avrebbe mentire adesso?

«Sei venuto qui per questo?»

Aspettava solo il momento per pormi questa domanda, posso sentirlo dal tono che si è fatto urgente all'improvviso.
Sembra quasi spaventata da quell'evenienza, come se non sapesse come reagire.

«Lei ne ha parlato con qualcuno?»

Il mio tono è leggermente aggressivo mentre evito di rispondere e le pongo la stessa domanda.
Intima, indagatrice.
Una domanda difficile a cui rispondere, ma se l'ho fatto io ci riuscirà anche lei.
Si irrigidisce raddrizzando la schiena e distoglie lo sguardo.

«Non mi ascolterebbe nessuno»

Quella risposta mi spiazza, la rende vulnerabile.

Tradisce la sua debolezza e mi sento in colpa mentre la terribile verità mi investe.
Anche lei è sola.
E non perché non ha la forza necessaria per stringersi a qualcuno per condividere il dolore.
Lei è sola perché tutti quelli che amava se ne sono andati troppo presto.

«Io la ascolterei»

Provo un moto d'affetto per quella donna e non voglio nasconderlo.
Come Hermione, è più forte di me e allo stesso tempo più indifesa.
La guardo negli occhi e la invito a parlare.

«Ha ucciso mia figlia»

Lascia andare l'incertezza, e la rabbia prende il suo posto.
La voce si spezza mentre parlando ne prende consapevolezza.
Non faccio domande, le lascio il suo tempo.

«Mia sorella le ha tolto la vita»

Le mani che reggevano la tazza tremano come la sua voce.

Vorrei sostenerla ma quell'informazione mi fa gelare il sangue nelle vene.
Non avevo osato chiedere cosa fosse successo quella notte, la sola vista dei corpi senza vita delle persone che amavo erano una sofferenza troppo grande per essere approfondita.
Bellatrix Lestrange aveva ucciso Dobby, l'elfo libero.
Bellatrix Lestrange aveva ucciso Sirius Black.
Bellatrix Lestrange aveva ucciso anche Ninfadora Tonks.
Serro ancora di più i pugni sotto al tavolo mentre il disgusto mi riempie lo stomaco.
Andromeda posa la tazza e resta in silenzio, lo sguardo perso nel vuoto.
All'improvviso il pianto di un bambino la riscuote, illuminandole gli occhi.
Si alza ed esce dalla piccola cucina senza dire una parola, preoccupata solo della ragione di quei singhiozzi.
La osservo immobile, poi la seguo.
La cameretta di Ted non è molto grande, ma è accogliente.
Su un mobile vicino alla culla è posata una foto che ritrae Remus e Tonk mentre stringono il loro bambino.
Guardo le loro espressioni e mi accorgo di non aver mai visto Remus così sorridente.

«L'abbiamo scattata qualche giorno prima della battaglia»

Dice seguendo il mio sguardo, mentre si china per prendere il bambino.

«Avrei dovuto combattere io al posto loro. Non avrei dovuto restare qui al sicuro»

Si rimprovera, fissando un punto imprecisato della parete bianca.
Accarezza distrattamente la testa del piccolo che ora si è calmato.

«Ho conosciuto sua figlia. Lei non glielo avrebbe permesso»

Ricordo la determinazione di Tonks e la sua ostinazione.
Andromeda continua a cullare Ted e non mi risponde, assorta nei suoi pensieri.
Guarda fuori dalla finestra e il suo sguardo scorre sulla distesa d'erba.
Chissà, forse si sta perdendo anche tra i ricordi.

«Lo hanno lasciato solo»

Posa delicatamente le labbra sulla pelle liscia del bambino, in un gesto così tenero che mi fa stringere il cuore.
Gli lascia un bacio leggero sulla fronte, lo sfiora con amore.

«Non è solo, ha lei»

Mi sembra talmente ovvio che non avrei voluto dirlo, eppure le mie parole la sorprendono.
Scuote la testa e torna a guardare la foto.

«Non avrà i suoi genitori»

Continuo a guardarla stringere il bambino come se fosse la cosa più preziosa al mondo.
E per lei è così, perché è tutto ciò che le resta della sua famiglia.
La vedo stringerlo come penso che farebbe una madre, ma posso solo immaginarlo perché non posso ricordare come era quella sensazione.

«Ha qualcuno che lo ama e che gli starà vicino. Non sottovaluti la sua importanza, Andromeda. Ted ha bisogno di lei»

So quanto quelle parole siano vere perché lo ho sperimentato, mio malgrado, sulla mia pelle.
Mi guarda con uno sguardo indecifrabile, un misto tra gratitudine e compassione.
Sono stanco di avere quello sguardo su di me.
Sono cresciuto senza una famiglia e l'ho superato, non ho bisogno di leggerlo in continuazione negli occhi degli altri.

«E se non ne fossi più capace?»

Una punta di panico e ansia nella sua voce che non mi sarei aspettato di sentire.
Parole incrinate dalla paura di non essere abbastanza.
Possibile che non capisca che è proprio ciò di cui entrambi hanno bisogno?
Lei e il bambino andranno avanti insieme, per me è così ovvio.

«Lui le darà la forza, e lei farà altrettanto»

E' confusa, quasi sorpresa dalla la mia “saggezza”, e non capisce che in realtà non è altro che esperienza.
Una cicatrice invisibile che continuerà a bruciare.
Si avvicina e mi porge il piccolo Teddy che mi guarda curioso.

«Sei il suo padrino»

Mi ero quasi dimenticato di quel dettaglio.
Quando Remus mi aveva comunicato il suo desiderio ho pensato che non sarei potuto essere abbastanza responsabile.
Troppo giovane, troppo in pericolo, troppo lontano.
Guardo gli occhi del bambino e mi ricordano i suoi.
Calmi, dolci, comprensivi, profondi.
Aveva ragione Tonks a dire che assomigliava a lui.
Lo accolgo tra le mie braccia e lui sembra a suo agio, mi sorride e si aggrappa curioso alla mia maglietta.
Penso all'importanza che Sirius ha avuto nella mia vita, anche se il tempo che abbiamo avuto è stato troppo poco.
Penso al vuoto che la sua presenza ha riempito.
Penso a quanto mi ha raccontato sui miei genitori.
Perché per Sirius loro non erano solo degli eroi, ma soprattutto i suoi migliori amici.
La prima famiglia che abbia mai avuto.
Mi ha fatto conoscere il Malandrino James e la saccente Lily.
Mi ha fatto conoscere i ragazzi spensierati che erano prima di tutto quel dolore.
Sorrido a Ted, e so che farò lo stesso per lui.
Gli farò conoscere Lunastorta e la goffaggine di Tonks.
Gli dirò che sua madre odiava il suo nome, perché so che Andromeda non lo ammetterebbe mai.
Gli racconterò del piccolo problema peloso di suo padre.
Appoggio a mia volta le labbra sulla sua fronte, mentre i capelli cambiano colore.
Mi accorgo che la sua vita è stata segnata quasi quanto la mia perché non conoscerà i suoi genitori.
Mi accorgi che nonostante tutto siamo simili.
Guardandolo gli prometto silenziosamente che farò di tutto per alleviare il suo dolore, perché in fondo non è del tutto solo.
Una muta promessa nel mio sguardo.
Lo stringo di nuovo e so che anche io avrò bisogno di lui.

Perché non c'è niente come la spensieratezza e la vivacità dei bambini per farti apprezzare la vita.
Perché nella loro ingenuità sono molto più forti degli adulti, e io sono diventato adulto troppo in fretta.

   
 
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