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Autore: detoxIretox    04/12/2011    8 recensioni
Il Paese delle Meraviglie è un classico. Impossibile resistere ai colori vivaci, alle straordinarie creature, alla vita travolgente di un mondo così vivo.
Un mondo dei balocchi nel quale si sono perse tante persone, e dal quale nessuno ha fatto ritorno.
Per Haruna sarà un viaggio di sola andata nelle tenebre di un paese distorto, una favola a lieto fine mancato, dolce come lo zucchero e amara come la morte.
***
So che dovrei aggiornare tante altre cose, ma non ho saputo resistere.
[accenni Haruna/Fubuki, Endou/Kazemaru, la mia solita roba, yada yada yada]
Genere: Fantasy, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Celia/Haruna, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Haruna aveva accolto il ritorno di Kazemaru con grandissima gioia. Lo Stregatto era ricomparso dal nulla (come era suo solito fare) e aveva preso la mano della ragazzina, baciandola. Tuttavia lei non era rimasta affatto imbarazzata o impaurita.
“Che hai fatto a questa povera ragazza?” aveva chiesto sbigottito Kazemaru, rivolgendosi a Terumi. “Non sembra nemmeno lei.”
“E’ il grande potere persuasivo del dio supremo” aveva replicato pungente Terumi.
Haruna aveva sorriso divertita a quell’affermazione, poi aveva piantato gli occhi accesi da una determinazione del tutto nuova, più matura, in quelli della sua guida personale. “Mio caro Stregatto, ho ancora bisogno dei tuoi servigi per trovare il castello della Regina di Cuori. Vorresti essere il mio accompagnatore, di nuovo?” aveva chiesto ammiccando.
“Mia cara Miss, con questo atteggiamento”, e l’aveva presa a braccetto, “ti accompagnerei anche in capo al mondo.”
Haruna non ricordava di essere mai stata così sicura in tutta la sua vita. Finalmente era assolutamente certa di quello che stava facendo; non aveva più paura, non aveva più timore. Doveva solo andare sempre avanti per la sua strada, la strada che l’avrebbe portata dritta a casa, e non solo; una strada che l’avrebbe portata alla maturità, alla consapevolezza, all’abbandono dell’immagine di bambina ingenua che fugge di fronte alle difficoltà. Avrebbe dato il benvenuto a una Haruna nuova di zecca; che si sarebbe fatta rispettare, che avrebbe affrontato qualunque ostacolo per il suo scopo. Che non si sarebbe fatta plasmare dal volere di chi più forte di lei... mai più.
 
Quando aveva rivisto Kazemaru, si era perfino quasi convinta che alla fine del bosco di rovi avrebbero ritrovato magicamente Mamoru e che i due si sarebbero riappacificati; tutto questo però non successe. Da come si comportava lo Stregatto, non sembrava affatto reduce da incontri indesiderati con vecchie conoscenze... con tutta probabilità Mamoru doveva essersi premurato di sparire non appena il suo ex si fosse avvicinato.
“Spiegami perché tu e Mamoru vi siete lasciati” ordinò Haruna a bruciapelo, mentre faceva finta di essere particolarmente interessata a una rosa azzurra che aveva trovato lungo il cammino. Se la rigirava tra le dita, accarezzando pigramente i petali screziati di un blu profondo oltremare, e ogni tanto se la portava alle labbra per sentirne la morbidezza o assaporarne l’intenso profumo.
Kazemaru trasalì, poi sospirò. “Hai conosciuto Fuusuke, Aki e Ichinose, vero?”
“Sono persone interessanti” si giustificò lei.
“Fuusuke ce l’ha a morte con me.”
“Non posso fare a meno di notare che non poche persone qui ce l’hanno a morte con te” azzardò Haruna esitante. Provò a scrutargli il volto per cercare un piccolo segno di come avesse reagito a quelle parole; cercò una traccia qualsiasi, di rabbia, tristezza o sorpresa, ma tutto quello che vide fu pura e cruda impassibilità. Quel ragazzo era un fuoriclasse nel non mostrare i propri sentimenti... più o meno come lo era Mamoru nel fare il contrario. Un’altra differenza che rendeva Haruna sempre più incapace di immaginare quei due insieme...
La voce di Kazemaru la riscosse dai suoi pensieri. “Mamoru era troppo impegnativo.”
Haruna sospirò. Poteva essere bravo quanto volesse a mentire, ma in un qualche modo la ragazza riconobbe la bugia e gli si mise di fronte, il palmo della mano rivolto verso di lui. “Dì la verità... siamo soli adesso...”
“E’ questa la verità.”
“Ti sembro un ragazzo esaltato con un problema allarmante con lo zucchero?”
“Mi sembri una ragazzina molto testarda che mi accusa di essere un bugiardo” sbottò lui infastidito.
“Perché l’hai lasciato, se lo amavi?”
“Io non...”
“Non prendermi in giro! Cos’è successo davvero, si può sapere?”
“Shirou...”
Quando Kazemaru pronunciò repentinamente quel nome, preso in contropiede, la ragazza si sentì trasalire, e rivide per un attimo il volto splendido di quella creatura che l’aveva condotta fin lì. “Shirou cosa?”
“Chiunque nel Paese è stato innamorato almeno una volta di Shirou” spiegò lo Stregatto, sconfitto.
“Come... chiunque?”. Haruna deglutì. “Anche... anche tu?”
“Oh, sì. Parecchio.”
Lei rimase immobile un momento, lo sguardo basso. “Oh” fu tutto ciò che riuscì a dire.
“Sì. Oh” ripeté Kazemaru. “Shirou è stato la mia ossessione per un bel po’ di tempo, appena prima che conoscessi Mamoru. Provai ad avvicinarmi a lui, e lui sembrava anche intenzionato a stare con me... solo che poi capii che tutto ciò che ama davvero è solo se stesso; adora essere ammirato ed essere considerato irraggiungibile. La consapevolezza che aveva solo giocato con me mi fece...” e qui Kazemaru prese un respiro profondo, “mi fece soffrire... molto. Fu più o meno da allora che cominciai ad avere paura di essere ferito di nuovo così, e a volte l’amore che Mamoru dimostrava nei miei confronti mi spaventava... come se... potesse finire da un momento all’altro. Così decisi di lasciarlo io, prima che potesse farlo lui.”
“Che grandissima... cavolata” ringhiò Haruna, su tutte le furie. “Mamoru ti sembrava il tipo da abbandonarti come aveva fatto Shirou?”
“Le persone sono tutte uguali!” esplose Kazemaru. “Quelle a cui ti affezioni di più sono quelle che ti feriscono più profondamente quando ti deludono, e quindi che scopo avrebbe amare qualcuno se poi ti lascia? Non è molto meglio stare soli?”
“No, assolutamente no.” Il tono di Haruna si era fatto più ragionevole. “Se qualcuno ti ama sul serio non farebbe mia nulla per ferirti, Kazemaru. Semmai sei stato tu a ferire Mamoru, te ne rendi conto?” gli chiese.
Kazemaru distolse lo sguardo. “Siamo quasi arrivati.”
Sebbene fosse stato un chiaro tentativo di cambiare discorso, fu comunque sufficiente a distogliere Haruna dal problema di coppia tra lo Stregatto e il Cappellaio per riportare tutta la sua attenzione sulle parole che aveva appena udito.
“Siamo al castello?” chiese, guardandosi intorno febbrilmente.
“Frena, ho detto quasi” sorrise stanco Kazemaru. Sembrava essersi ricomposto dalla sfuriata di poco prima, sebbene conservasse la consueta tristezza nei malinconici occhi nocciola. “E poi credo che dovrò lasciarti qui prima di arrivare alle mura. Alla Regina non piace chi si avvicina troppo senza invito...”
“Non potrebbe consentirti di entrare con il mio?”
“Ne dubito... è una donna davvero poco comprensiva.”
Haruna rise istericamente. “Non... non sarà mica così terribile, vero?”
Il solo sguardo di Kazemaru fu una risposta piuttosto eloquente.
“E non esiste un Re di Cuori?” chiese lei, curiosa.
“Esiste... però non ha alcuna autorità; la sua dolce mogliettina non gliene lascia avere nemmeno una. E visto che ha il potere di far decapitare la gente che si oppone a lei, quel buon uomo se ne sta in silenzio rannicchiato nel suo trono, a tradirla con chiunque capiti a tiro non appena può.”
“Una vita coniugale perfetta” commentò sarcasticamente la ragazzina. “Questo mondo è sempre più strano...”
“Benvenuta nel Paese delle Meraviglie, mia cara...” fu la risposta melliflua dello Stregatto, prima di scomparire.
 
Capì di essere quasi giunta al castello quando riuscì a vedere, dritta davanti a sé, una cinta di mura dal colore vermiglio. Così affrettò il passo, determinata a terminare il prima possibile quell’inquietante avventura nella quale si era cacciata.
Fu fermata quasi subito da una paio di ragazzetti dall’aria spaurita che stavano potando un cespuglio di rose rosse... ma, arrivata più vicina, Haruna si accorse con parecchia sorpresa che non lo stavano potando; sembravano lo stessero...
“...Dipingendo?” chiese, allarmata.
Quello che sembrava il più giovane dei due, con corti capelli castano chiaro disordinati e occhi grandi e blu che sembravano in stato di perenne meraviglia, le andò incontro con sguardo a dir poco preoccupato. “No! No! Non puoi avvicinarti in questo stato! La nostra spettabile sovrana non approverebbe affatto!” gridò.
“Ma cosa...?” iniziò Haruna, ma l’altro, anche lui gli occhi neri spalancati in segno di stupore, venne a dare man forte al compagno. “Non esiste, non esiste” borbottò scuotendo la testa. “Azzurro e bianco... che cattivo gusto.”
“I miei vestiti? Che hanno che non vanno?” chiese lei stizzita.
“Tachimukai, ma l’hai sentita?”
“Non si vergogna?”
Haruna si impose di stare calma. “Cosa dovrei indossare per chiedere udienza alla Regina?”
“Sua Eccellenza non dà udienza a nessuno” affermò quello che il compagno aveva chiamato Tachimukai.
“Io ho un invito!” sbottò Haruna. “Eccolo, va bene adesso?” chiese, sventolandolo sotto il loro naso.
L’altro, dai capelli neri sparati in aria, si avvicinò ancora, esitante, osservando con occhio esaminatore la carta di cuori. Poi si ritrasse facendo spallucce. “Il tuo è un invito autentico, ma non è detto che la nostra Regina ti consenta di entrare...”
“...Vestita così, poi” aggiunse Tachimukai storcendo il naso. Prese il pennello che stava usando poco prima per dipingere di vernice rossa le rose bianche del giardino, poi lo passò sul grembiule di Haruna all’altezza del petto.
“Ma... ehi!” protestò lei, imbarazzata. La pennellata rossa le troneggiava sulla posizione del seno.
“Toramaru, dammi una mano anche tu.”
“Non provarci!” fece Haruna, rivolgendosi minacciosa al ragazzo dai capelli neri che Tachimukai aveva chiamato. “Non provarci o ti faccio fuori!”
“Be’, ma se entri così sarà la Vostra Altezza a farti fuori” spiegò calmo Toramaru. “Lei vuole il rosso. Tutto rosso: le rose che crescono fuori dal muro, gli affreschi che ornano le pareti del castello, gli abiti dei cortigiani che la circondano.”
“Il rosso è il colore del sangue” aggiunse Tachimukai, come ulteriore chiarimento.
Haruna trasalì. “Sangue? Che regnante deliziosa avete...”
Ma non fecero in tempo ad aggiungere altro che una pallina la colpì violenta alla nuca, strappandole un gridolino di dolore e un’imprecazione. Si voltò massaggiandosi il punto dove le era arrivato il colpo, e vide che doveva essere partito da dentro il portone delle mura di cinta, che probabilmente nascondevano i giardini frequentati dai cortigiani e dalla Regina stessa.
“Sta giocando a croquet!” esclamò spaurito Tachimukai.
“E’ un brutto segno?” chiese Haruna, ancora seccata da quello che era successo.
Toramaru le rivolse un sorriso tirato. “E’ che lei è una frana a croquet, ma non vuole che nessuno si azzardi a dirlo o lo fa decapitare...”
“QUALCUNO MI RIPORTI LA MIA PALLA!!”
La voce femminile che giunse dalla stessa direzione dalla quale era giunta la pallina fu aspra e autoritaria; venne quasi subito seguita dalla figura di una ragazza giovane e molto bella. L’attraente volto imperioso era rabbuiato da un’espressione di capricciosa stizza, come quello di una bambina che non riceve subito il giocattolo che ha chiesto, mentre gli occhi castani sembravano sprizzare scintille. Lunghi capelli ondulati e lucenti, dello stesso colore, le incorniciavano il viso pallido, mentre la vita magra era avvolta in un corsetto vermiglio così stretto da provocare dolore solo vedendolo. La lunga gonna che le copriva anche i piedi, com’era buona usanza, era rossa anch’essa. Haruna alzò lo sguardo e notò una piccola coroncina splendente sulla testa, nella quale erano incastonati tre rubini, uno più grosso dell’altro... e quello al centro aveva la forma di un cuore.
Era lei, dunque, la Regina di Cuori che terrorizzava i suoi sudditi... a vederla così, sembrava di più una bambina viziata, o almeno fu questa la prima impressione che ebbe Haruna.
Piantò gli occhi attraversati da un’impazienza infantile in quelli confusi della Alice, e li ridusse a due fessure per poi puntarle contro una mazza da croquet rossa. “Tu! Che aspetti a portarmi la palla?” fece, il tono perentorio che alla ragazzina non piacque affatto.
Stava per dirgliene quattro, ma le occhiate spaventate dei due pittori di rose la convinsero a tenere la bocca chiusa. Visto che la Regina non sembrava intenzionata a sprecare altro fiato, Haruna si voltò contrariata e raggiunse la pallina che l’aveva colpita. Poi si avvicinò alla sovrana e gliela porse.
“P-Perdonatela, Vostra Maestà”. Tachimukai accorse alle due ragazze e spinse la schiena di Haruna verso il basso con forza, per costringerla ad inchinarsi. Lui fece lo stesso. “Non è di qui, non conosce le regole...” la giustificò.
La Regina li guardava indispettita. “E che aspetta a impararle, questa mocciosa? Un invito ufficiale?”
“A proposito di inviti...” sussurrò Haruna controllando la rabbia nella sua voce, “Vostra Maestà... mi è stato consegnata questa” ed estrasse l’asso di cuori, “e se possibile vorrei avere udienza presso la vostra... ehm, ammirabile e splendente persona...”
Non si era mai rivolta a un regnante, quindi non sapeva affatto come fare. Eppure quelle parole sembrarono andarle più che bene, perché accennò un sorriso pieno di sé. “Non sarai molto sveglia, ma almeno sei educata. Seguimi; finché non avrò voglia di sentire che hai da dirmi, sarai la mia raccattapalle. E voi due” ringhiò, rivolgendosi a Tachimukai e Toramaru che si misero sull’attenti, “velocizzatevi un po’, per l’amor di Dio. Le rose non diventano rosse da sole.”
Un breve “sì, Maestà” fu l’ultima cosa che Haruna sentì dai due, poi le porte si chiusero alle loro spalle e la Regina si diresse impettita verso un sentiero che svoltava a sinistra. Haruna affrettò il passo e la seguì.
Giunsero a un giardinetto circondato da arbusti e cespugli di rose rigorosamente rosse, interrotte qua e là da sprazzi di fiori di altri colori molto accesi. Tra i fili d’erba soffici e ben curati erano piantati degli archetti da croquet, mentre tutto intorno vi erano delle sedie rosse occupate da parecchi spettatori composti e splendidamente vestiti; tutti i suoi cortigiani, si disse Haruna.
Vi erano poi un paio di troni posizionati esattamente al centro di quel giardino immenso; uno era vuoto, e doveva essere quello della Regina. L’altro invece era occupato da un ragazzo che doveva essere il Re. Aveva la pelle bianca come quella di un cadavere, il viso affabile e degli accesi capelli rossi e lisci. Stava sorridendo affabile, mentre faceva illuminare gli occhi verdi, e parlottando con un altro ragazzo seduto di fianco a lui, dai capelli color pistacchio raccolti in un codino.
“Natsumi! Amore! Sei tornata!” esclamò il regnante non appena si accorse del ritorno della moglie. Poi i suoi occhi si posarono su Haruna. “Chi è la ragazza?”
“La mia raccattapalle” rispose tutta soddisfatta lei.
“Come ti chiami?”
“Haruna.”
“Sotto che seme sei nata, Haruna?”
“Non sono di qui, sono un’Alice.”
Un silenzio imbarazzato da parte di tutti i presenti seguì quell’affermazione. Venne bruscamente interrotto dalla risata squillante della Regina. “Hiroto caro, perché quell’espressione stupita? Se ha un invito per il mio castello è ovvio che sia un’Alice. Ma non pensiamoci ora, devo concludere la partita.” E, detto questo, si posizionò davanti alla pallina che Haruna le aveva riportato e la colpì con estrema malagrazia, spedendola di nuovo fuori dal giardino.
“Raccattapalle!” gridò Natsumi.
Haruna sospirò: sarebbe stata una lunga partita.

 
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Ehilà!!
*piovono forconi*
*si nasconde dietro lo scudo di Capitan America(?)*
Ehm, lo so, lo so che sono in ritardo clamoroso. Ma non ho più uno straccio di idea né di tempo! È un momento un po’, ecco, complicato >.<
Però ho ripromesso a me stessa che avrei finito questa storia, e mi ci sto mettendo molto d’impegno. Ormai siamo quasi giunti alla fine... anzi, forse il prossimo è anche l’ultimo capitolo! :D
Per chi sia quasi morto d’infarto quando ha scoperto che avevo formato una coppia reale improbabile con Natsumi e Hiroto, dico che ho scelto lui come Re perché se la fa con tutti tranne che con sua moglie, e nei prossimi capitoli si capirà che ha una tresca con il ragazzo con cui parlava poco fa... indovinato chi è? Non è difficile xD
Infine, mi rivolgo a Niki_White perché non ho il tempo di scriverle un messaggio personale: per i disegni, so che sono un mostro per l’enorme ritardo (anche in quelli -.-) ma tanto nontiperdinientecoooooff volevo dire, se Francesca se lo ricorda, domani me li mette in chiavetta e forse domani pomeriggio te li mando, così potrà cominciare la tua tortur... ehm... il tuo giudizio ^^”
Mi raccomando: ti voglio CRUDELE!! ù.ù
Grazie a tutti per le fantastiche recensioni e tutto il vostro LOVE *fa cuoricino con la mano come nel video di Without You di David Guetta*
Alla prossima!
  
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