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Autore: alister_    05/12/2011    7 recensioni
“Su, non prendertela” il suo tono si addolcisce, mentre muove un passo verso di lui; Lee, d'istinto, arretra. “E' lavoro, tutto qui. Niente per cui valga la pena rovinarci la serata, non credi? Le solite inezie di famiglia. Chi può capire meglio di te?”
Appunto, pensa. Da lei non si sarebbe mai aspettato un simile tiro mancino, proprio perché capisce. E, invece, Anna gli ha voltato le spalle, per votarsi alla protezione dell'uomo che odia di più al mondo, con l'unica motivazione di una vendetta ormai priva di significato.

[Anna/Lee, scritta per la Tekken Challenge di Valy_Chan]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Williams, Lee Chaolan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[Set Viola]

Betrayer


 

“Traditrice”.

Voleva accoglierla così, con un insulto sprezzante, uno sguardo deluso.

Nessun bacio, nessun abbraccio, nessuna notte passata insieme: non questa volta, non dopo quello che ha scoperto.

Aveva pianificato ogni gesto di quella serata nei minimi dettagli, per ripagarla con una ferita al suo orgoglio direttamente proporzionale a quella che lei gli ha inferto senza alcun preavviso.

E, invece, nulla va come aveva previsto.

I piani non funzionano mai, se è coinvolta Anna Williams.

 


E' cominciato tutto con una freddezza inspiegata, richieste insistenti di spiegazioni – tanto naturali da sembrare innocenti – una certa reticenza a scoprire le carte in tavola, come sempre con lei.

Poi, le domande schiette di Anna hanno portato dritte ad accuse puerili, mal argomentate.

Una frase che troneggia sulle altre:

“Come hai potuto farmi questo? Come hai potuto allearti con Kazuya?”

Lee urla, a discapito di tutte le sue belle promesse di mantenersi calmo e distaccato. A stento si trattiene dal lanciare il bicchiere di champagne che, come ogni volta, accompagna il loro incontro.

Anna inarca le sopracciglia, senza sembrare troppo impressionata dal suo sfogo.

Insensibile ed egoista, come si è sempre ritratta agli occhi del mondo, mai ai suoi.

In fondo, in tutti quegli anni di sesso e lusso, si sono scoperti l'uno con l'altra più di quanto non abbiano mai fatto con nessun altro. Lee ha imparato a fidarsi di lei, addirittura.

Ed ora quella fiducia che ha imparato a distribuire con parsimonia gli viene rigettata indietro con le solite scuse.

“Nina lavora per Kazama. Sapevi che avrei preso la posizione opposta”, si giustifica Anna con un'alzata di spalle. Per lei quello deve sembrare solo un capriccio, una bizza da superare per potersi godere il resto della serata. Neppure si sforza di cogliere la gravità delle sue azioni, perché – come una bambina viziata – crede che nessuno dei suoi gesti possa avere ripercussioni serie, che vadano oltre un broncio passeggero e qualche parola più aspra del solito.

Non capisce, o forse finge di non capire, perché le è più conveniente. Rotea gli occhi, quasi annoiata, impaziente di liquidare la faccenda con un paio di frasi di circostanza; Lee, però, non ha intenzione di sorvolare, non questa volta.

“Smettila di nasconderti dietro le solite scuse, Anna. Non sei più una bambina in competizione con la sorella. E la G Corporation non è il palcoscenico adatto alle vostre dispute da ragazzine. Neppure ti rendi conto del pericolo che corri a metterti in affari con Kazuya”.

Anna sorride, sprezzante.

“Kazuya non mi fa paura. So come tenerlo tranquillo”.

Non servono ulteriori ammiccamenti per svelare quell'allusione ben poco celata, che arriva dritta all'obiettivo acuendo la sua collera.

Non è mai stato geloso di Anna. La conosce, si conosce, conosce le basi del loro rapporto, mai soffocato da alcun obbligo di fedeltà. Non gli importa di vederla flirtare con ogni uomo di bell'aspetto che le rivolga uno sguardo compiacente, non gli interessa avere la certezza di non essere certo l'unico a dividere il letto con lei; ma non tollera l'idea che le mani sudice di Kazuya la facciano gemere e tremare come è abituato a fare lui.

“Non ti vergogni neppure di dire che ci vai a letto”, ringhia a denti stretti, stentando a riconoscere la sua voce: solo i Mishima sono capaci di far scomparire così la sua proverbiale flemma. Un altro motivo per il quale li odia. “Quanto sei scesa in basso”.

Neppure quella frase sembra urtarla particolarmente. E' un ribaltamento bizzarro, quello: lui, sempre calmo e pronto a mitigare i suoi accessi d'ira, è in preda ad una rabbia che quasi lo fa tremare, mentre lei, impetuosa ed irascibile, risponde con un sorriso sibillino ad ogni provocazione.

“Avanti, Lee. A letto con Kazuya sono andata anche vent'anni fa, prima ancora che ingravidasse la giapponesina. Credo certi trucchetti li abbia imparati grazie a me”.

Gode, la bastarda. Gode nell'alimentare la sua rabbia, gode nel vederlo – per una volta – in preda ad una rabbia irrazionale ed illogica che di solito viene rimproverata a lei. Gode, forse, nel vedere che gli importa, dopotutto.

“Su, non prendertela” il suo tono si addolcisce, mentre muove un passo verso di lui; Lee, d'istinto, arretra. “E' lavoro, tutto qui. Niente per cui valga la pena rovinarci la serata, non credi? Le solite inezie di famiglia. Chi può capire meglio di te?”

Appunto, pensa. Da lei non si sarebbe mai aspettato un simile tiro mancino, proprio perché capisce. E, invece, Anna gli ha voltato le spalle, per votarsi alla protezione dell'uomo che odia di più al mondo, con l'unica motivazione di una vendetta ormai priva di significato.

“Traditrice”, si lascia sfuggire dalle labbra serrate, distogliendo lo sguardo dalla sua figura sinuosa che continua ad avvicinarsi.

La risata piena di Anna riempie la stanza. Quel suono, che spesso ha trovato delizioso, ora gli sembra un intollerabile stridio.

Le gambe snelle della donna, lasciate scoperte dal corto tubino rosso, si muovono sicure nella sua direzione, una falcata dopo l'altra.

Il piede di Lee, sempre teso alla ritirata, scontro il bordo del divano, su cui scivola stancamente,

“Anna la puttana va a letto con il fratellino cattivo”, mormora lei con una smorfia. In piedi davanti a lui, gli posa un dito sul petto, seguendo la fila dei bottoni dal basso verso l'alto, fino ad arrivare al collo.

Ride ancora, un cambiamento tanto repentino di tono da costringerlo al silenzio.

Di colpo si china sul divano, affondando il viso nell'incavo della sua scapola.

“Traditore” sussurra contro il suo orecchio, una carezza suadente che sa di peccato.

“Faresti lo stesso anche tu”, continua, premendo il corpo contro il suo.

Schiacciato contro lo schienale divano in pelle, Lee tace, l'abituale eloquenza annebbiata dalla rabbia e da quel profumo sensuale.

“Ipocrita”.

Anna sfiora il lobo del suo orecchio con le labbra. Morde piano.

“Quante volte hai desiderato che a farti questo fosse Nina, anche se sai meglio di chiunque altro quanto io la odi”.

Attraverso la stoffa sottile dei loro abiti Lee riesce a sentire il suo cuore battere con quel ritmo frenetico di cui, in anni di scontri ed amplessi, ha imparato a distinguere ogni nota.

“La vuoi. Sono anni che vuoi averla nel tuo letto, al mio posto o forse al mio fianco. E, proprio perché sai che non cederà mai, la desideri ancora di più”.

Spinge un ginocchio tra le sue gambe, costringendolo a mordersi il labbro per non sospirare.

“Dopo tutti questi anni, non riesci a smettere di guardarla e di immaginarla nuda sotto le tue carezze. Bastardo”, sussurra, posandogli un bacio all'angolo della bocca.

“Questo non c'entra adesso”, mormora lui, tentando di riacquistare il comando di una discussione nata con lo scopo di metterla spalle al muro. “Non stiamo parlando di Nina, stiamo parlando di te e di Kazuya!”

Anna ride, divertita da quel nuovo scoppio d'ira, e gli solletica il collo col la frangia fine.

Con fermezza, Lee la prende per le spalle e cerca di allontanarla da sé, per prestare fede ai suoi propositi iniziali, già degenerati fin troppo; riesce soltanto a farla scostare da sé quel tanto che basta a ritrovarsi puntato contro il suo sguardo da predatrice.

“Non capisci che è tutta la stessa cosa?”

Il rossetto sulle sue labbra, curve in un sorriso sibillino, è sbiadito: come al solito, ne avrà lasciato tracce sul suo collo, sul colletto inamidato della sua camicia, agli angoli della sua bocca. Tutti segni che fanno parte di una routine collaudata ed apprezzata da entrambi, ma che questa sera non fanno che accentuare la sua ira.

Quel sorriso è inappropriato, sfrontato oltre i limiti della sua capacità di sopportazione. Lee Chaolan sa essere molto paziente, fintanto che gli eventi seguono il corso da lui prefissato.

Anna, invece, stravolge i suoi piani: si fa odiare tanto quanto riesce a farsi desiderare, e le due emozioni coesistono nello stesso istante.

Arrendersi al desiderio di gettarla sul letto o alla voglia di stringerle le mani attorno al collo fino a farla rantolare? La scelta è ardua, e lei sceglie al suo posto continuando a parlare.

“Io e Nina, tu e Kazuya”, spiega, sistemandosi meglio a cavalcioni su di lui. “Siamo uguali, Lee. Per questo dovresti capire più di chiunque altro.”

Inarca il bacino, come tante volte le ha visto fare sopra di lui, tra lenzuola di seta e sospiri affannosi, e lui si trova a cingerle i fianchi senza volerlo. Il suo corpo, semplicemente, risponde d'istinto a quella prassi istintuale che è ormai parte di sé.

“Vivere nell'ombra del proprio fratello, aspettando l'occasione di dimostrare quanto valiamo agli occhi di un padre scostante”, sussurra con voce roca, chinandosi sulla sua bocca. “La storia della nostra vita”.

Un sorriso amaro incrina per qualche secondo quel gioco di seduzione che tanto assomiglia a una trappola; un battito di ciglia, ed Anna torna ad ammantarsi della sua aria sicura.

“Tu non odi Kazuya per quello che ti ha fatto, lo odi per il semplice fatto che esiste. E' colpa sua se non hai mai potuto essere nessuno”.

“Non sono nessuno!”, protesta, cercando con uno scatto nervoso di sottrarsi alla sua presa. “Sono a capo della Violet System, sono un uomo ricco e rispettato, sono uno dei principali avversari della G Corporation e della Zaibatsu, sono...”

“Non sei niente di quello che volevi diventare davvero”, lo interrompe Anna, con la accondiscendenza che si riserva ai bambini ancora troppo ingenui per comprendere i meccanismi complessi che regolano il mondo adulto. “Volevi solo essere una cosa...”

Scivola via dalla sua morsa per tornare a lambire la carne tenera del lobo. Ed è contro il suo orecchio che svela la chiave di volta dell'enigma: “...Il figlio prediletto”.

Quelle tre parole hanno il potere di colpirlo più di uno schiaffo in pieno viso.

Immagini confuse gli si accavallano davanti agli occhi, estratti dal film decisamente troppo lungo in cui rivestiva il ruolo di spalla di Heihachi.

Quanti anni gli ci erano voluti per passare dal desiderio di accettazione all'odio incondizionato? Con quanta cecità aveva sempre negato che tra quei due sentimenti intercorresse uno stretto rapporto di interdipendenza?

Lee socchiude gli occhi, spiazzato: per una volta, non ha la prontezza di replicare con una risposta altrettanto tagliente, altrettanto vera.

Aveva fatto di tutto per diventare degno del nome dei Mishima – come era solito ricordargli Heihachi – e a nulla era valso a guadagnarsi la stima di quel mostro che chiamava padre, con il rispetto di uno sottoposto anziché l'affetto di un figlio, mentre lui si ostinava a guardare avanti, a Kazuya, ai suoi progetti scriteriati, senza mai voltarsi a ricompensarlo della sua fedeltà con una parola d'apprezzamento, o un abbozzo di sorriso.

La prima volta che aveva incontrato Anna Williams era stato durante il primo torneo. Al termine di un'altra estenuante giornata a mandare avanti la Zaibatsu da solo – Heihachi era troppo preso a tener d'occhio Kazuya e ad architettare il loro scontro finale – senza ricevere in cambio alcuna gratificazione, aveva deciso di lasciarsi alle spalle i suoi uffici per svagarsi per un paio d'ore nell'hotel in cui alloggiavano gli altri partecipanti dell'Iron Fist.

Nell'atrio del bar, gli occhi gli erano caduti sulla figura atletica di una bionda dagli occhi di ghiaccio: quello sguardo freddo l'aveva trapassato per una frazione di secondo, attirandolo a sé come una calamita. Aveva giusto bisogno di una sana scopata per risollevarsi da quella giornata difficile, così, con il bicchiere di champagne stretto in mano, l'aveva seguita fino alla sala adiacente, pronto a farsi avanti sfoggiando le sue migliori doti di seduttore.

Si era bloccato quando aveva visto avvicinarsi un'altra donna, altrettanto bella, una brunetta con i capelli a caschetto e le gambe messe in mostra da uno spacco generoso. Dal modo in cui discutevano animatamente, le due sembravano conoscersi molto bene, e Lee era rimasto in disparte, ad osservare la mora gesticolare animatamente davanti all'espressione annoiata dell'altra, finché la bionda non si era congedata con una frase piccata, di cui da lontano non era riuscito a distinguere le parole, ma che pareva essere andata a segno.

Persa la sua preda iniziale, aveva deciso di buttarsi sull'altra, che, seduta al bancone con lo sguardo fisso sul suo drink e le labbra corrucciate come quelle di una bambina, sembrava essere una conquista decisamente più facile.

E infatti, non appena le si era accostato e le aveva ordinato un'altra consumazione con fare galante, il suo viso si era illuminato, mettendo da parte il broncio in favore di un sorriso sensuale.

“Così va molto meglio”, le aveva detto lui, con una strizzata d'occhio. “Quel muso lungo non si addiceva a un bel viso come il tuo”.

Il suo sorriso si era allargato.

“Lo so. Solo mia sorella mi fa quest'effetto”.

“I familiari sanno essere crudeli. Ti ha detto qualcosa di cattivo?”

Lei si era stretta nelle spalle nude.

“Niente di nuovo. Mi ha solo ricordato quanto sia squallido non essere la preferita di papà”.

Colpito ben più di quanto avesse dato a vedere, Lee aveva sorriso, rendendosi conto di aver, in fin dei conti, ripiegato sulla sorella giusta.

Come quella volta, anche ora Anna lo guarda con il capo inclinato, ma nei suoi occhi c'è una maturità di cui allora non c'era traccia. Gli scosta i capelli dal viso, giocherellando con le ciocche argentee nell'attesa paziente che lui elabori le sue affermazioni.

In realtà, nulla di quanto ha detto giustifica il suo comportamento, eppure tutta la rabbia che provava nei suoi confronti è scemata. Il ricordo di quel primo incontro, riaffiorando, ha portato con sé la consapevolezza di essere legato a lei più di quanto sia disposto ad ammettere. Abbastanza per comprendere, dopotutto, le motivazioni d suo comportamento, e troppo per lasciarla davvero andare.

E' con rassegnazione che Lee affonda le dita tra suoi capelli fini e l'attira a sé.

La sente sorridere vittoriosa contro le sue labbra, mentre gli allaccia le braccia attorno al collo e gli si fa più vicina, premendo il corpo contro il suo.

“Sapevo che sarebbe finita così” sussurra, maliziosa e inopportuna, al suo orecchio.

Non riceve risposta: Lee si limita a sollevarla e condurla verso l'ampio letto. E, proprio come la prima volta, lascia che l'intreccio dei loro corpi cancelli di nuovo il fastidioso senso di inadeguatezza che, anche a distanza di anni, continua a perseguitarli entrambi.

 

 

 

 

 

N/A: Questa cosa è stata scritta ad orari indecenti della notte e per giunta a pezzi. L'idea di scrivere una Anna/Lee ai tempi di Tekken 6 mi frullava in testa sin da quando quest'estate li ho visti ignorarsi palesemente in Tekken Blood Vengeance (anche se per Valy_Chan era tutta una finta ai benefici di Nina, svenuta nei paraggi xD) e il prompt mi ha sempre fatto pensare a questi due.

Considerato il pairing, non posso negare di aver scritto la storia pensando ad Evilcassy, ma questa cosa mi sembra troppo senza senso perché gliela possa dedicare. Uhm, Cassy, decidi tu: se ti piace, la dedica è tutta per te xD

Comunque, con questa shot ho finalmente finito il mio primo set per la Tekken Challenge! \O/ Corro subito a claimarne un altro da completare nel prossimo anno xD

 

   
 
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