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Autore: Hiraedd    05/12/2011    8 recensioni
James Potter, è esattamente come chiunque non abbia gli occhi rivestiti di prosciutto e i capelli rossi (qualunque riferimento a persone realmente esistenti è pienamente voluto) può osservare ogni giorno… simpatico, sempre pronto a far ridere gli altri, generoso, darebbe la vita per i suoi amici e per quelli più deboli.
Peter Minus, beh, è Minus. Facendo coppia con lui nell’aula di Trasfigurazione ho imparato a conoscerlo meglio. Sempre in seconda fila, senza essere visto, sembrerebbe più una pedina che un giocatore. In realtà, mi sono accorta, è un giocatore tanto quanto gli altri.
Sirius Black... Sirius definisce tutti i confini. Gira per il mondo con scritto in fronte “QUI FINISCONO I BLACK E COMINCIO IO”.
Remus Lupin è la mente diabolica del gruppo. È il classico esempio di persona che tira la pietra e nasconde la mano, non per codardia, ma per quieto vivere. O meglio, fa tirare la pietra agli altri, decisamente, e si mantiene la sua reputazione da Prefetto e bravo ragazzo. Tutto quello che ci mette, è il cervello. Decisamente un personaggio degno di stima, un idolo (Dai pensieri di Marlene McKinnon)
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mary MacDonald, Peter Minus, Remus Lupin | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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LILY
JAMES
SIRIUS
MARLENE
MARY
 
-santissima Morgana, Circe e tutti i fondatori, tu e Sirius avete ragione!- esclamo entrando in casa Potter e sfilandomi la sciarpa.
Dietro di me sento James ridere divertito.
-ah, lo sapevo che prima o poi sarebbe accaduto- esclama sicuro.
-accaduto?- chiedo interdetta.
-Lily Evans che ammette che io, James Potter, ho ragione su qualcosa- mi risponde ridendo e sfilandomi il cappotto.
-idiota- piccata gli mollo una gomitata poco gentile sul fianco.
Però ha ragione. Quante cose sono cambiate in nemmeno quattro mesi!
-sarò un idiota, però anche tu hai ammesso che ho ragione- mi fa notare.
Sbuffo.
-Merlino, è proprio terribile- cedo alla fine mentre lo seguo in salotto –non ha smesso di parlare un attimo, in due ore sono riuscita a sapere tutta la sua vita, quella del marito e dei tre figli-.
-si, se Merlino fosse stato più pietoso gliene avrebbe concesso uno solo, di figlio-.
-se Merlino fosse stato più pietoso non li avrebbe nemmeno fatti incontrare, lei e suo marito. Per fortuna, almeno la torta era buona, sono piena come un tacchino-.
-per fortuna sei più bella-.
-della torta?-.
-del tacchino-.
Sbuffo, e replico la gomitata di poco prima rivolta al fianco, accentuando, però la forza nel braccio.
-sei un idiota-.
-un idiota che ha ragione- ribatte.
Alzo gli occhi al cielo, perché non sono stata zitta?
-eddai, fammi gustare appieno il mio momento di gloria!-.
Ridacchio.
-adesso ho capito perché Mary la odia tanto- commento.
-la signora Remsy? La odiano tutti, chi più chi meno… in fondo in fondo anche la mamma non la sopporta, ma è obbligata a mostrarsi gentile, la chiama sopportazione per un buon rapporto di vicinato-.
Annuisco computa.
-capisco-.
James sorride.
-però hai visto come sono stato bravo a ripararle la caldara?-.
-caldaia, James- lo correggo paziente.
-si, vabbè, quella- ribatte lui –ci ho messo solo due ore. E senza magia, per di più!-.
Scuoto la testa.
-ogni quanto le si rompe, quella caldaia?-.
-più o meno ogni natale, e d’estate ogni due settimane. Penso si chiami sfruttamento, secondo il ministero-
-e questa volta Sirius se l’è saltata…-
-ci puoi giurare che la prossima volta ci andrà lui, brutto figlio di un cane. Cioccolata?-.
-sei un trogolo- commento divertita scuotendo la testa –ti sei appena mangiato metà torta della signora Remsy!-.
Sorride, sbattendo angelicamente le palpebre.
-devo crescer…-
-disturbo?-.
La voce squillante di Mary McDonald ci distrae dalla nostra diatriba costringendoci a sporgerci verso l’ingresso. Il sorriso entusiasta di una delle mie migliori amiche fa bella mostra di se dallo stipite della porta spalancata.
-Mac, entra, fa freddo- la rimprovera a mo’ di saluto James, facendo un cenno rivolto alle poltrone accostate al camino.
-sto bene, grazie James per l’interessamento, è un piacere vederti, e tu come stai?- lo prende in giro Mary entrando nella stanza.
La saluto con un sorriso gettando una bonaria occhiata di rimprovero verso James.
-cosa…?- tenta di giustificarsi lui.
-buzzurro- esclamo alzando gli occhi al cielo.
 

-ma non dovevi essere con Paul?- mi chiede Lily curiosa squadrandomi dal suo posto sulla poltrona più vicina al fuoco allegro del caminetto.
Sbuffo.
-aveva promesso ad uno dei suoi amici che si sarebbero visti a Diagon Alley, non avevo voglia di andarci- scuoto la testa.
Lei mi guarda di sottecchi, le domande che le frullano in testa ben espresse dai suoi occhi verdissimi e ridotti a fessure.
So cosa si sta chiedendo. O meglio, cosa sta pensando, senza alcun punto di domanda.
Io adoro Diagon Alley, ci passerei tutta la vita.
-Mary, va tutto bene?-.
Sbuffo ancora, alzando gli occhi al cielo.
Io e Paul abbiamo litigato, questo è vero, ma non è che deve saperlo per forza tutto il circondario.
Sono cose che capitano, in una coppia.
O almeno credo che capitino.
Non mi è mai capitato di far parte di una coppia. Di una coppia seria, intendo.
Merlino, sembra un circolo vizioso, penso.
È proprio per questo che abbiamo litigato.
Siamo una coppia seria?
La domanda di riserva, per favore?
-Mac?-.
Mi accorgo di essermi persa nei miei pensieri, senza aver risposto a nessuno di loro due.
Sorridente e coccolosa, tesoro, mi ripeto, sorridente e coccolosa.
-certo, tutto bene- annuisco, per poi inventarmi una scusa sui due piedi –mamma vuole ridecorare il salotto in stile luigi XVI. Non si può più stare in casa, c’è pieno di cataloghi di antiquari magici in giro. Ne ho trovato uno persino in lavanderia!-.
Lily sorride tristemente, i suoi occhi sembrano dirmi che se voglio parlare, lei c’è.
Le sorrido in risposta, non è niente di grave.
-dimmi, Potter, dov’è quel cretino di Black?- gli chiedo tutta interessata, abbandonando il tentativo di fare conversazione e arrivando dritta al punto.
Non è forse per questo che sono venuta fin qua?
Insomma, ho percorso a piedi addirittura due isolati, tutto per poter parlare con Black.
-Sirius?- mi chiede James –è a Diagon Alley, credo, aveva appuntamento con Lène-.
Appunto. Proprio di questo volevo parlare con Mister “sono-il-più-figo” Black.
-ti dispiacerebbe mandarmelo non appena torna a casa? Avrei proprio bisogno di parlar…-
Vengo interrotta da  un fruscio e da una luce argentata che entra dal camino, e che pur non facendo quasi alcun rumore attira i nostri sguardi come una calamita.
-cosa…?-.
-Diagon Alley in fiamme, non muovetevi di casa, ci faremo sentire quanto tutto si sarà calmato-.

 

***

 
Le fiamme ruggiscono lambendo gli scaffali ingombri di libri, la carta crepita nella morsa del fuoco, il caldo è soffocante e l’aria densa di fumo.
Vicino a me sento qualcuno tossire, ma il fumo scuro quasi oleoso mi impedisce di vedere alcunché oltre i due metri di scaffali che mi sovrastano.
-Lèn…- sbuffo e tossisco, tenendomi una mano premuta sullo stomaco, laddove quasi mi pare si sia formato un tappo che mi impedisce di respirare.
Anelo aria fresca come un assetato brama una fonte, sento gli occhi bruciare e iniziare a lacrimare.
Chi diavolo ha trasformato il Ghirigoro in una fornace piena di fuoco e fiamme?
Perché l’inferno si è trasferito a Diagon Alley, in una banale libreria?
Attorno a me sento qualche urlo, ogni tanto il tonfo di qualcuno che si accascia sovrastato dalle fiamme e dal fumo, vinto da un nugolo di maschere nere che svaniscono veloci come sono arrivate, lasciando alle proprie spalle solo cumuli di fuoco e brace ardente.
-Timothy!- la voce di una donna, l’urlo straziante di una madre, probabilmente, mi perfora un timpano –Tim, dove sei?-.
Mi appoggio con le spalle alla libreria portandomi una mano alla bocca.
Voglio aria, aria, aria.
Non ce la faccio, non posso resistere ancora per molto.
Il grigio del fumo è ormai così denso che a stento riesco a vedere il pavimento di parquet. Nel tentativo di afferrare il vuoto e reggermi in piedi, scontro una pila di libri causando una piccola frana.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.00
 
Siamo arrivati precisi in tempo prima che il folletto a capo dello studio chiudesse la porta dietro le spalle della mia augusta madre e del resto di quella famiglia di pezzenti.
Che, ci tengo a precisare, non è la mia.
Le mie parole, le sue parole, mi frullano ancora in testa, così potenti e salde.
Se Marlene McKinnon non esistesse, non faccio altro che ripetermi da mezz’ora, bisognerebbe inventarla.
È bastato un mio si, semplice e schietto, a provocare quel luccichio deciso nei suoi occhi color brace, a far scattare le sue sopracciglia in un piglio decisamente arguto?
Giusto un passo prima di oltrepassare quella soglia, insieme, per prendere una decisione, lei mi afferra un polso e mi blocca.
-sia chiaro, Black, nel caso in cui tu decida di tradirmi con una delle tue tante oche ti ritroverai a maledire il malaugurato giorno in cui tua madre posò i suoi occhi per la prima volta su tuo padre-.
Sorrido appena.
-è una minaccia, McKinnon?-.
Scontata, lo so, eppure sempre d’effetto.
Un luccichio pericoloso nello sguardo, un sorrisetto sadico appena accennato, dipinto su labbra così perfette che solo la mente contorta di Merlino avrebbe potuto inventarle.
Sono fatte per far cedere, quelle labbra.
-che domande, certo, Black-.
 
Fine Flashback
 

Un boato, un urlo e poi più niente.
Il buio causato da tutto questo fumo è inquietante, nemmeno le fiamme riescono a rischiararlo completamente.
Fiamme alte come gli scaffali, travi che dal soffitto crollano fino al pavimento, travolgendo tutto ciò che trovano nel loro passaggio. Tutti quelli che trovano nel loro passaggio.
Il fumo è talmente denso che sembra  liquido mentre, cercando di respirare, mi ritrovo ad inghiottirne grandi manciate.
Mi brucia la testa, mi pulsa come se qualcuno ci stesse giocando a quidditch dentro, e mi ritrovo a piangere per inumidire gli occhi che dolgono da quanto sono secchi.
Un altro boato, e poi il dolore, assurdo e totale, sembra spaccarmi la schiena.
Un gemito è tutto quello che mi esce dalle labbra, un singulto subito soffocato dall’ardore urlante delle fiamme.
Non so chi sia stato l’emerito cretino che ha osato affermare che per il troppo dolore si sviene.
Evidentemente non aveva provato questo tipo di dolore.
Perché adesso, io non vorrei far altro che addormentarmi, e invece mi ritrovo a dover lottare con anima e corpo per conservarmi questa vita che tanto mi sta costando.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.05
 
-McKinnon, che scherzo sarebbe mai questo?-.
La voce scocciata di Walburga mi sorprende e mi giro verso di lei, quasi scottata.
Datti una calmata, Lène, mi dico cercando di mettere un freno ai battiti impazziti del mio cuore.
Sono in ansia, sono tesa e sono decisamente nervosa.
In ansia, non so cosa succederà quando prenderò veramente la mia decisione. Non so nemmeno a cosa sono disposta a rinunciare per avere la mia vita come la voglio io.
Rinunciare a Sirius e ai miei amici? Sono così importanti, per me.
Non mi immagino la mia vita senza di loro. Non mi immagino, tra vent’anni, chiusa in un tailleur prezioso come quello di Walburga, con il suo stesso sguardo schifato, a proclamare la supremazia del sangue puro e in special modo dei Black ovunque.
Rinunciare a Regulus, a tentare di salvarlo? Sono davvero così meschina da lasciarlo al suo destino perché non voglio sacrificare nulla?
Non voglio nemmeno pensare al tatuaggio che presto gli ornerà il braccio, e la vita intera. Non voglio pensare che l’unico modo per salvarlo sia abbassare la testa e cedere. Non voglio pensare che nemmeno quello potrebbe funzionare.
Rinunciare alla mia famiglia, a quell’affetto incrollabile che mi ha accompagnato fin da che ho i primi ricordi?
Non so cosa significherebbe, scegliere di andarmene di qui senza firmare quel contratto.
Guardo Sirius…
Non so nemmeno cosa significherebbe firmarlo.
Merlino, perché deve essere tutto così complicato?
-vorrei che si leggesse il contratto- dico alla fine, tossicchiando prima per liberarmi la voce di ogni incertezza.
Ci sono persone che affrontano questa stupida guerra tutti i giorni, mi dico, riuscirò bene a tener testa a Walburga Black per il tempo sufficiente questo pomeriggio.
 
Fine Flashback.
 

***

 
La voce di Dorea svanisce insieme ad uno sbuffo di fumo argenteo, la lupa evanesce e lascia al suo posto un vuoto che per qualche secondo pare incolmabile.
Diagon Alley in fiamme.
Le parole scavano nell’aria vuoti inimmaginabili, quasi viene a mancare l’aria.
-Diagon Alley in fiamme- ripete Lils con voce atona. Mi guarda, poi guarda James, poi riguarda me.
James, bianco come un cencio, non riesce a staccare gli occhi dal punto in cui, tra le poltrone, il patronus è appena scomparso.
-Sirius- mormora alla fine –Sirius è a Diagon Alley con Lène-.
Spalanco gli occhi.
-anche Paul- sospiro lasciandomi cadere sulla poltrona.
Diagon Alley in fiamme.
Quei bastardi questa volta hanno colpito il punto giusto per mettere il mondo magico in ginocchio.
Insomma, Diagon Alley è il culmine della vita magica Londinese, è la via magica per eccellenza. Colpendola, hanno colpito il cuore del mondo della magia, quello che accoglie anche i babbani.
Sotto le feste, in genere, è sempre talmente piena di gente da essere quasi invivibile.
Le corse agli ultimi regali, gli studenti, soprattutto i nati-babbani, che portano le proprie famiglie a visitare quel particolare angolo di paradiso intriso di magia per mostrare che si, la magia esiste davvero ed è spettacolare.
Decine e decine di persone accalcate le une sulle altre all’interno dei negozi più belli e più gettonate, come accessori per il quidditch, Dolci Delizie e l’emporio del gufo.
Il rumore di una poltrona che striscia sul pavimento mi riporta alla realtà, giusto in tempo per vedere James alzarsi dalla sua poltrona e puntare il camino.
-James, che diamine hai intenzione di fare?- gli urla Lils, gli occhi verdi tondi come boccini, il tono tra l’irato e il preoccupato.
-restate qui, devo andare da Sirius- risponde lui spiccio.
-James, non osare…-
La risposta di Lily si perde nell’aria all’arrivo di un secondo patronus.
Un leone sghimbescio d’aspetto, il patronus sembra zoppicare.
-restate fermi ovunque voi siate-.
La voce di Alastor Moody riecheggia nella stanza generando un po’ di timore, per lo meno nella sottoscritta, prima di spegnersi e lasciare una traccia di vapore nell’aria.
Guardo Lils, che fissa il punto in cui il patronus è scomparso, e poi James, teso come ad aspettare qualcosa.
Non appena l’alone argenteo scompare completamente, James riprende la sua corsa verso il caminetto.
-James!- sbraita ancora Lils –James, resta qua, se ne sta occupando qualcun altro-.
James si volta, la guarda e poi guarda me. Poi torna con lo sguardo mortalmente serio su di lei.
-Lily, è Sirius, so che ovunque lui sia, in questo momento vuole me-.
 

***

 
Un gemito vicino a me, così vicino che forse posso individuarne la fonte.
Mi guardo attorno cercando di farmi forza, di trovare nei miei polmoni otturati dal fumo ancora qualche piccola bolla d’aria.
Ci riesco, con non so quale forza, riesco a rialzarmi lentamente e a farmi strada per qualche passo in quella libreria che adesso è una fornace. Alcuni scaffali sono caduti, formando una gabbia compatta attorno a me, amalgamati da fiamme, cenere e fumo.
-do…dove sei?- chiedo tossendo a voce più alta possibile.
Sto a malapena sussurrando, mi sento la lingua come un pezzo di sughero.
-aiuto- la voce, lieve e gracile, proviene da sotto una piccola pila di libri. Se faccio attenzione riesco a veder spuntare una mano piccola, piuttosto ossuta, il polso schiacciato dal peso della carta stampata.
Mi chino al fianco della piccola pila e inizio a togliere libri dal pavimento, vedendo poco per volta emergere un bambino gracile e con gli occhiali. Getto i libri alle mie spalle, so che saranno carburante per un fuoco che mi sta corrodendo fin dentro l’anima, che provocheranno questo fumo che adesso mi sta uccidendo esalazione dopo esalazione.
Due occhi socchiusi mi fissano da dietro le lenti quadrate.
-ehi, guardami- riesco ad articolare tra un colpo di tosse e l’altro.
-voglio la mamma- risponde lui, probabilmente talmente tanto sotto shock da non capire nemmeno bene la situazione –portami dalla mamma-.
Deve essere la signora che ha urlato prima.
-sei Timothy?- chiedo ricordando il nome che ho sentito nell’aria.
Annuisce.
-voglio la mamma. Voglio qualcuno che ci aiuti-.
Già, lo vorrei anche io.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.13
 
-Il presente contratto sancisce la promessa unione di due membri illustri di due antiche casate.
Marlene Danae McKinnon, nata il 22 febbraio 1961, stato di sangue: puro, si impegna ad unirsi in matrimonio a Regulus Arcturus Black, nato il 2 settembre 1961, stato di sangue: puro, portando in dote la somma di 700 galeoni d’oro. Regulus Arcuturus Black, nato il 2 settembre 1961, stato di sangue: puro, si impegna ad unirsi in matrimonio a Marlene Danae McKinnon, nata il 22 febbraio 1961, stato di sangue: puro.
Il matrimonio è da celebrarsi entro e non oltre i dodici mesi di scadenza previsti da questo contratto.
Fideiussore di questo contratto: Walburga Drusilla Black in Black e Fidelma Cassiopeia Black in McKinnon-.
Posso vedere Marlene pietrificata dopo la lettura del contratto, l’unica cosa che si muove, in lei, è lo sguardo, che sembra quasi impazzito vagliare tutte le possibilità.
So che per lei è abbastanza difficile senza che io mi metta a dare sarcasmo o a litigare al suo posto, quindi mi siedo in un angolo e mi limito a tacere, confidando intimamente che faccia la scelta più giusta.
-ora che il contratto è stato letto, invito i due ragazzi a firmare sotto il proprio nome, dopodichè firmeranno le due garanti-.
Alla fine proprio non ce la faccio, a restare fermo nei miei propositi e a non guardare Marlene. Vedo che ricambia il mio sguardo, pensierosa, e le sue parole mi risuonano nella mente.
Saresti disposto a provarci seriamente, Black?
-non chiedeteglielo- dico alla fine, quando la vedo temporeggiare.
Perché a volte è così difficile, prendere una posizione, quando le persone che escludi sono persone che ami così tanto?
Quando decisi di andarmene di casa lo feci senza alcun ripensamento.
Non amavo mio madre e mio padre, e l’amore per mio fratello si era dimostrato più debole delle convinzioni del sangue.
Capisco solo ora che non posso chiedere a Marlene di scegliere tra la sua famiglia e i suoi amici, non posso chiederglielo io e non dovrebbero farlo nemmeno loro.
-taci- mi rimprovera mia madre.
-non chiedetele di scegliere- continuo ignorandola, come sempre, d’altronde –non chiedetele di scegliere tra la sua famiglia e i suoi migliori amici-.
Guardo Fidelma, così simile a sua figlia, e vedo che mi sta guardando attentamente.
Tuttavia, in Marlene c’è qualcosa che in Fidelma manca. È l’anima d’acciaio che, una volta sfiorito il bocciolo, rimane ad ornare con il suo profumo e la sua rattrappita bellezza. Come un fiore messo sotto una pressa, rimane intatto e forte, nonostante la fragilità.
Un fiore che appassisce attaccato allo stelo, invece, si affloscia su se stesso privo di dignità e di colore.
Tutto quello che deve succedere, adesso, è che qualcuno tagli lo stelo a Marlene e la convinca a crescere da sola.
 
Fine Flashback.

 
Sdraiata a terra con la schiena inondata di dolore mi accorgo che, sul pavimento, il fumo è più rarefatto e l’aria è più respirabile.
Non che sia fresca, questo no.
Il fumo tende ad andare verso l’alto.
Ho le braccia ricoperte di graffi e schegge di vetro, di bruciature ed ustioni, la pelle bagnata di sudore e sporca di fuliggine.
Le unghie sono quasi tutte spezzate, le mie mani sanguinano, i mie occhi lacrimano.
Eppure ci sto riuscendo, centimetro dopo centimetro, sospiro dopo sospiro, a tirarmi fuori da qui.
La schiena mi brucia e mi duole, ma suppongo sia un bene che io la senta ancora.
-Sirius- esclamo sentendo la gola raschiare da tanto è asciutta –Sirius, ci sei?-.
I libri, gli scaffali e le fiamme sembrano formare una prigione attorno a me, una prigione le cui sbarre sono costituite da un fumo denso e grigio.
-Lène- mi risponde la sua voce, ovattata da qualche metro di distanza e da una parete di scaffali.
Il sollievo che questa piccola risposta appena accennata mi procura mi invade il petto e mi spinge a singhiozzare.
-Sir, stai bene?- riesco ad urlare.
-si, tu stai bene?-.
Sono quasi fuori, vorrei rispondere, ma uno scaffale crolla accartocciandosi su se stesso e obbligandomi a schivare schegge di legno e lapilli di fuoco.
-Lène!- l’urlo preoccupato si spegne poco dopo il frastuono causato dalla frana.
-sto bene, sto bene- lo rassicuro.
-Marlene, arriverà qualcuno a salvarci- mi sorprende, rassicurante. La sua voce è appena un po’ più forte, deve essere appoggiato al di là di questo stesso scaffale.
-Black, non si può dire che tu non sia ottimista-.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.20
 
-non chiedeteglielo-.
La sua voce ha come il potere di aprire un sipario, ecco che gli attori vanno in scena.
Questa volta, però, io non ho alcun copione, non so che fare, proprio adesso mi si è seccata la lingua.
Hanno appena letto il contratto, vogliono spingermi a firmare e li sto odiando tutti per questo.
Non riesco a dire di no, e mi sto odiando per questo.
E poi c’è Sirius, che un po’ lo sto odiando e un po’ lo sto amando per il semplice fatto che c’è.
-taci- lo interrompe Walburga.
-non chiedetele di scegliere- la ignora lui rivolgendosi a mia madre –non chiedetele di scegliere tra la sua famiglia e i suoi migliori amici-.
Non avete il diritto di farlo.
La fine della frase è implicita, ma aleggia nell’aria con la chiarezza di un patronus.
Non avete il diritto di farlo.
Ed è vero, non ce l’hanno. Così come io non ho il coraggio di dir loro che non voglio farlo, non voglio scegliere e, nel caso in cui dovessi scegliere, non voglio sposare Regulus con un contratto così squallido.
Bella mira che ha avuto il capello parlante, nello spedirmi a Grifondoro.
Non ho nemmeno la forza di dire un semplice no.
-Sirius ha ragione, non chiedetemelo- riesco a dire alla fine.
Mia madre mi guarda, severa come mio padre.
Credo si fossero aspettati un tentennamento del genere.
-firma quel documento, Marlene- mi dice mia madre portandosi una mano alla testa, forse preda di qualche emicrania strana, o semplicemente scocciata all’idea di dover discutere.
Ecco, questo atteggiamento mi da fastidio.
Come se io fossi una di quelle bambine recalcitranti e di indole ribelle, come se io fossi solita impuntarmi su minuzie insignificanti solo per averla vinta.
-potremo parlarne un attimo?-.
-firma quel documento e stai zitta, ragazzina- interviene Walburga, mettendo fine con la sua voce aspra a qualsiasi tentativo di risposta di mia madre.
-stavo parlando con mia madre- le faccio notare –mamma, non farmi scegliere-.
-la vita è fatta di scelte, Marlene- s’intromette una voce nuova.
Regulus ha fatto un passo avanti e ha aperto bocca per la prima volta da venti minuti.
Lo guardo, inarcando un sopracciglio.
-già, e a quanto pare tu hai già fatto le tue- concordo –tutte sbagliate-.
Lui mi guarda, io lo guardo.
Poi sorride, un sorriso di scherno come quello di nemmeno venti giorni fa.
Merlino, è passato così poco dalla volta nei sotterranei?
-ci hai mai pensato, che per noi i cattivi siete voi?- mi dice con un sorriso sardonico.
 
Fine flashback
 

***

 
James Potter sei morto, ci puoi giurare.
È questo quello che penso quando lo vedo scomparire tra le fiamme verdognole della metropolvere.
Morto.
Se ti prendo ti disintegro, pezzo per pezzo.
-andiamo- dichiaro a Mary ancora ferma immobile sulla poltrona.
-cosa? Ma Lils, lui ha detto…-
-chissene frega di quello che dice quel pallone gonfiato di James Potter- ribatto duramente –idiota, presuntuoso arrogante, bastardo-.
-cosa vuoi…?-
Non le do nemmeno il tempo di finire, afferro una manciata di polvere volante, la butto nel fuoco e mi ci fiondo dentro prendendola per la collottola.
-Diagon Alley!- esclamo a voce ben chiara.
Non ho paura di finire in mezzo al fuoco, la metropolvere ha la particolare proprietà di farti atterrare nel camino più vicino a quello che desideri tu, se questo è in fiamme o inagibile.
Infatti, il camino di Madama McClan è quello più vicino e, prima di uscire dal negozio, noto che sembra completamente abbandonato.
Ma non è infiammato, non c’è fuoco da nessuna parte.
Possibile che si siano sbagliati e…?
No, una nube di fumo grigio è visibile all’altro lato della strada, ed alte fiamme sembrano lambire alcuni edifici di robusta e solida pietra.
Fiamme che si nutrono di pietra?
-ma quello è ardemonio!- esclama Mary lasciandosi sfuggire uno squittio terrorizzato.
Ardemonio.
Ora ho paura.
Ci sono solo alcune persone in grado di controllarlo efficacemente.
I mangiamorte, Lord Voldemort e Albus Silente.
Dal momento che dubito seriamente che il preside si sia messo ad incendiare il Ghirigoro, Dolci Delizie e Accessori per Maghi, non restano che due alternative, l’una più orrida dell’altra, ed entrambe pessime.
Uscendo dalla bottega del cucito riusciamo a scorgere un sacco di gente ammassata davanti agli edifici in fiamme, chi piangente, chi urlante, chi sporco di cenere e semplicemente stanco.
Gli ultimi devono essere i superstiti.
Guardo le loro facce, non ci sono ne Lène, ne Sirius.
Mary vede Paul, ma non sembra troppo sollevata, e capisco perché.
Lène non si vede da nessuna parte.
-Marlene!- la chiamiamo più volte. Niente, nessuno risponde. Alla fine Paul ci si affianca.
-ho visto Sirius e Marlene entrare al Ghirigoro prima che andasse in fiamme-.
Eccola, la stoccata finale.
Guardo il fumo, le fiamme così vive che seminano distruzione e, probabilmente, morte.
No, non voglio nemmeno pensarci.
-James!- urlo vedendolo sporgersi verso il Ghirigoro –James, non andare lì dentro, non ci provare-.
Lo raggiungo, lo afferro per i polsi e lo giro verso di me.
-James, non ci provare, non andare lì dentro.
-Lily, c’è Sirius lì dentro-.
Ed ecco che esplode, dentro di me, una rabbia cieca e una furia omicida.
C’è Sirius lì dentro.
So perfettamente che non è il momento giusto per sentirla, eppure è proprio gelosia quella che mi attanaglia le viscere?
-non andare, James, ti prego!- lo supplico piangendo e tenendolo fermo per i polsi.
Sono una persona orribile, vero?
Perché sento tutta questa paura? Perché sento tutto questo dolore, questa rabbia e questo odio?
Mi sento un mostro, nel momento in cui James mi sfugge dalle braccia e si tuffa nell’edificio.
-Jamie!- non posso far altro che strillare, e lasciare che le lacrime sfuggano ai miei occhi come James sfugge a me.
Mi sento un mostro, quando lo vedo entrare.
Mi sento un mostro perché darei qualsiasi cosa per vederlo riemergere vivo, anche se questo qualsiasi cosa fossero le vite di Sirius e Marlene.

 



NOTE:
ok, mi odiate, è comprensibile.
Non è colpa mia, davvero, cerco di aggiornare e scrivere il più velocemente possibile, ma tra tutto è davvero un periodo un po’ estenuante. In più ho aggiornato un po’ in ritardo per poter aggiornare anche l’altra mia ff, quindi chiedo scusa.
Comunque, posso capire che mi odiate.
Spero che questo capitolo vi piaccia, davvero, credo sia uno dei miei preferiti in assoluto.
Continuerà nel prossimo, ovviamente.
Di precisazioni da fare non ne ho, risponderò alle recensioni appena possibile.
Un bacio e un grazie a chi legge e recensisce facendomi sapere cosa ne pensa,
sperando che vi piaccia,
buona lettura,
Hir
 
 
 
   
 
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