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Autore: xwonderdemi    06/12/2011    6 recensioni
"Ci arrampicavamo sul tetto a parlare del nostro futuro come se ne sapessimo qualcosa,
non era nei piani che un giorno ti avrei perso.
In un’altra vita, sarei stata la tua ragazza,
avremmo mantenuto le nostre promesse, noi due contro il mondo.
In un’altra vita avrei fatto in modo che restassi,
così non devo dire che sei stato tu quello che se n’è andato.
Quello che se n’è andato."
Dal prologo: «Ma il destino aveva deciso. Il destino non ci voleva insieme, altrimenti non me lo avrebbe portato via».
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nicolas | Coppie: Antonella/Bruno
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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The one that got away.

Capitolo IX.

Effettivamente la via per la guarigione era stata particolarmente lunga.
Ricordai com'ero ridotta qualche giorno dopo.
Bruno non c'era più.
Quel pensiero non faceva altro che vorticare nella mia testa e ricordarmi che ero sola, lui era morto.
Ora, io come sarei andata avanti? La forza per continuare chi me l'avrebbe data?
Certo, avevo promesso che sarei stata forte e non avrei vissuto col suo ricordo, ma...vedermi insieme ad un altro -anche solo immaginarlo- era orribile.
Ero passiva, totalmente.
Mi alzavo la mattina, tardi.
Facevo colazione, tornavo a letto e piangevo.
Mi alzavo qualche ora dopo, mi sciacquavo un po' la faccia, pranzavo con la mia famiglia, mi chiudevo in camera e piangevo...piangevo fino allo sfinimento, poi crollavo dal sonno.
Saltavo quasi ogni giorno la cena. Ero dimagrita di circa otto chili. Sì, stavo diventando anoressica, ma se fossi morta tanto meglio. Non sarebbe cambiato nulla, nulla.
Quella doveva essere la nostra estate.
E invece...era l'estate più brutta della mia vita.
Mi rifiutai di andare al funerale di Bruno. Vederlo così, privo di vita e immobile mi avrebbe solo procurato altro dolore.
Gonzalo e Felicitas partirono e tornarono in Spagna, per dare un po' di conforto a Manuel. Non sapeva che era morto suo figlio, inoltre era ancora in lutto per la moglie. Sarebbe stato un colpo molto duro e avrebbe avuto bisogno di qualcuno.
Caterina era l'unica che ogni tanto riusciva a tirarmi un po' su di morale.
Finché, un giorno, circa un anno dopo, il giorno dell'anniversario della sua morte, mi rimproverai per quel comportamento stupido che avevo assunto.
Avevo promesso a Bruno di non vivere all'ombra del suo spettro. Dovevo vivere la vita che m'era stata donata e che a lui era stata tolta.
Dovevo andare avanti, trascorrere ogni giorno con spensieratezza. Avevo solo diciannove anni ed ero ridotta come una povera vedova.
No, lui non sarebbe stato felice così. Mi voleva vedere sorridere, non produrre quotidianamente del male a me stessa.
Iniziai a mangiare di più, uscii con Caterina e cercai di distrarmi.
Ma ogni volta che lei provava a presentarmi un ragazzo, mi sentivo quasi in trappola e fuggivo.
Smettila di scappare...
La frase di Bruno mi tornò in mente, mentalmente sapevo di dover impegnarmi con tutta me stessa per trovare quel qualcuno che mi avrebbe reso felice, però il mio cuore si opponeva.
Il mio piccolo, fragile cuore era già stato martoriato abbastanza. L'amore l'aveva ridotto così ed ora non voleva dimenticare la ragione di quel dolore: Bruno.
Ogni ragazzo...aveva il suo volto, o per lo meno le sue caratteristiche.
Un pomeriggio di settembre, andai ad una mostra d'arte. Quella passione era rimasta indelebile dentro di me e in un certo qual modo mi ricordava Bruno.
Per quanto facessi non potevo non vivere all'ombra del suo ricordo. Mi manteneva in vita.
Mentre passeggiavo diretta verso la galleria d'arte moderna, sbattei contro un ragazzo.
«Oh Dio, mi scusi, io...», alzai lo sguardo ed incrociai due splendide pozze verdi.
Boccheggiai in cerca di una qualsiasi scusa, mentre lo sconosciuto di fronte a me sorrideva, meno teso di me di fronte a quella situazione.
«Non preoccuparti, non è niente.», mi porse la mano e la strinsi.
«Piacere, Nicolas Ivanichivic.», si presentò.
«Antonella, Antonella Lamas Bernardi.», mormorai a mia volta.
E, per la prima volta dopo la morte di Bruno, sorrisi.
Sorrisi sincera.
Eh sì, quella fu la prima volta in cui incontrai il mio attuale marito, nonché padre di Sophia, Nicolas.
La mostra continuammo a visitarla insieme. Iniziammo ad uscire per un po' come amici e gli raccontai tutto di Bruno e di come ero rimasta provata.
Forse, fu l'unica volta dopo Bruno che m'innamorai nuovamente.
Svelò i suoi sentimenti per me, portandomi a cena nel mio ristorante preferito; anch'io dissi che ero innamorata di lui e ci fidanzammo.
Poi...qualche anno dopo, mi chiese la mano e lo sposai.
E, circa cinque mesi dopo le nozze, scoprii di aspettare Sophia.
Sì, Bruno non c'era più, ma anche Nicolas mi faceva stare bene. Certo, non si poteva avere tutto dalla vita; ero stata fin troppo fortunata.
Con Gonzalo e Felicitas tornammo a sentirci qualche anno dopo la morte di Bruno. Proprio la settimana precedente, scoprii che il mio migliore amico stava per diventare papà.
Di un bellissimo maschietto.
E lo avrebbero chiamato Bruno.
Gonzalo era sempre stato incredibilmente legato al fratello, anche se non l'aveva mai confessato. Quando Bruno morì, lui fu quello che, oltre a me, ne soffrì di più e cercò di non darlo a vedere.
Era difficile tornare a vivere sapendo che tuo fratello, la persona con cui eri cresciuto e maturato, non c'era più.
«Antonella, mi spiace davvero per come è andata ieri...ricorda che io ti amo ora e per sempre e...se non dovessi farcela, devi andare avanti senza di me...».
«Come posso, amore mio? Non pensare a cose del genere, ti prego...»
«Invece le penso. Amore, io voglio che tu sia felice. Se non con me, con qualcun altro. Promettimelo.».
«Te lo prometto.».
Nonostante tutto, ce l'avevo fatta.
Mi sentii in dovere di fare un'ultima cosa, però.
Diedi un'ennesima occhiata alle cose nella scatola.
"Sicura di quel che vuoi fare, Antonella?", mi dissi. "Sei pronta a dirgli addio una volta per sempre?".
Chiusi gli occhi, asciugandomi le lacrime repentine che erano sfuggite al mio autocontrollo.
Sì, l'avrei fatto.
Dopotutto, era quello che lui voleva.
Glielo dovevo.
Presi il coperchio della scatola e la richiusi, conservando solamente quattro cose.
Il ritratto, il nastro, una nostra foto e il ciondolo dell'infinito, che non avevo mai tolto.
Afferrai un pennarello indelebile nero e ripassai la scritta Bruno, poi accanto ci scrissi delle cose.
Fin troppo breve è stato il nostro percorso.
E indelebile come questo pennarello resterai, nel mio cuore.
Va bene, vado avanti, ma, se permetti, non voglio dimenticarmi di te.
Grazie di tutto, Bruno.
Grazie delle risate, delle emozioni, dei pianti e anche delle litigate.
Come ti amavo ieri, ti amo oggi e ti amerò domani.
Tua per sempre,
Antonella.
Tirai su col naso e misi la scatola sotto la scrivania.
Andai dritta dritta in bagno e mi sciacquai il viso, poi mi rifeci il trucco.
Sospirai ed andai in soggiorno, dove Sophia stava guardando un cartone, Peter Pan, il suo preferito.
«Mammina!», esclamò, vedendomi.
Sorrisi e mi sedetti accanto a lei. «E' così triste, sai? Eppure mi sembrava che le favole fossero tutte felici. Perché Peter e Wendy devono separarsi, alla fine?», chiese, puntando i suoi smeraldi nei miei occhi.
«Amore mio, non tutte le favole sono con un lieto fine. Di solito il finale è felice perché almeno il mondo della fantasia deve essere felice. Ma, la realtà è totalmente diversa.», risposi, baciandole i capelli color del grano.
«Mammina...», mi chiamò. «Ma hai pianto? Cosa c'era in quella scatola? Chi è Bruno? Non era papà il tuo principe?», domandò.
Risi, a quanto pare il trucco non era bastato a mascherare il mio dolore. «Una cosa alla volta. Sì, papà è il mio secondo principe. Bruno è stato il primo e in quella scatola c'erano i nostri ricordi.», mormorai.
«Non hai avuto il tuo finale felice, mamma?», aveva gli occhi lucidi.
Scossi la testa. «No. Sono come Wendy. Ho detto addio al mio principe perché sono stata costretta. Ci siamo separati per qualcosa più forte di noi. Tranquilla, amo tuo padre più di me stessa, ma ripensare a Bruno ogni tanto mi fa venire un po' di tristezza.», spiegai con dolcezza.
«Mammina, mi racconti di Bruno?», domandò.
«Forse la mia favola renderà meglio con le immagini, non credi?», estrassi dalla tasca la foto.
«Oh, che bello che è!», disse, indicando Bruno.
«Già.», ridacchiai.
E via di nuovo, con il racconto alla mia Sophia, ma voi lo sapete già, non c'è bisogno che mi ripeta.









Nota dell'autrice.
Secondo voi, quale sarà l'ultima cosa che Antonella farà?
Lo scopriremo insieme nell'epilogo.
Un bacione,
Claudia.

  
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