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Autore: alister_    07/12/2011    0 recensioni
(Sylar/Elle, what if? post 3x11)
Dopo ventiquattro anni passati ad essere solo un burattino dell'Impresa, restare senza burattinaio l'aveva lasciata del tutto disorientata. Nel caos tempestoso di una normalità irraggiungibile e di una solitudine insopportabile, si era aggrappata disperatamente allo scoglio più solido che aveva trovato – poco importava che si trattasse dell'assassino di Bob.
In fin dei conti, è possibile un cambiamento per chi si è macchiato di tanti delitti?
[Terza classificata, Premio Trama e Premio Fangirl al contest Storia d'Ammmore di Dark Aeris]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elle Bishop, Sylar
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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» N/A: Storia scritta per il contest Storia d'Ammmore indetto da Dark Aeris sul forum di EFP, a cui si è classificata terza, vincendo anche il Premio Trama e il Premio Fangirl :D 

Dedicata in tutto e per tutto a lady_cocca, senza la quale questa storia non avrebbe visto la luce!


Autore:
Alister09/alister_
Titolo della storia:
Wash the blood from your hands
Coppia:
Elle/Sylar
Rating:
Arancione
Genere:
Introspettivo, sentimentale
Tipologia:
long-fic (tre capitoli)
Avvertimenti:
what if?, lime, angst
Introduzione:
(what if? post 3x11) In fin dei conti, è possibile un cambiamento per chi si è macchiato di tanti delitti?
Note dell'autore:
La storia prende le basi dalla domanda che quasi tutti ci siamo posti assistendo alla tragica fine di Elle nella 3x11: e se Sylar non l'avesse uccisa? Che cosa sarebbe successo? Le interpretazioni di questo gesto sono molte e tutte significative, perciò non vorrei andare OOC con un personaggio tanto controverso cambiando questo punto focale della trama; tuttavia, la morte di Elle è stata fortemente influenzata dagli impegni cinematografici dell'attrice Kristen Bell, quindi non posso fare a meno di chiedermi se, in caso contrario, il suo personaggio avrebbe resistito ancora per qualche puntata. In ogni caso, ho cercato di mantenere simile il contesto a quello del telefilm, apportando il minor numero di modifiche possibili. Immaginiamo che, quella notte sulla spiaggia, Gabriel/Sylar non abbia ucciso la ragazza; tutto il resto si è svolto coerentemente a quanto visto nelle puntate conclusive del terzo volume; accompagnato da Elle, silenziosa spalla, Sylar si è impossessato del potere di capire quando le persone mentono o meno, ha ucciso Arthur e ha cercato vendetta contro la Primatech similmente a quanto mostrato nell'episodio 3x13. Elle, la cui esistenza è stata totalmente pilotata dall'Impresa, ha contribuito alla sua distruzione, fuggendo dall'incendio con Gabriel. La storia è ambientata ai tempi del quarto volume, cioè sei settimane dopo gli eventi conclusivi del terzo.
Il titolo è preso da “Oceans” degli Evanescence.




It's too late to change your mind
Even though this fragile world is tearing apart at the seams
You can't wash these sins away

(Evanescence, Erase This)



Ormai era una faccenda personale.

Tutto era iniziato per colpa della Primatech e l'aveva visto sin dall'inizio in prima linea.

Aveva dato la caccia a Sylar per quasi due anni: l'aveva pedinato e catturato, l'aveva ucciso e aveva lavorato al suo fianco, tanto da arrivare a conoscerlo meglio di chiunque altro. Qualunque dubbio avesse Danko sulla sua lealtà alla loro causa, in questo caso perdeva di valore: non c'era nient'altro che desiderasse fare quanto uccidere definitivamente quello psicopatico.

Aveva ricevuto il video che testimoniava come Elle Bishop – e di conseguenza Sylar – fosse sopravvissuta all'incendio della Primatech il giorno dopo la richiesta di separazione di Sandra: regolare i conti una volta per tutte era diventata così la sua unica ragione di vita.

Quella mattina di aprile, Noah Bennet era pronto a porre fine a quella storia che si protraeva da troppo tempo. Avrebbe vendicato Claire per tutto quello che aveva sopportato, avrebbe punito quei due assassini per tutti gli innocenti che avevano ucciso senza alcun rimorso.

Caricò la pistola; di lì a qualche ora, il mondo sarebbe stato un posto migliore.



Parte terza

An act of trust


Fu più facile del previsto.

Non avrebbe mai immaginato che il piano si sarebbe realizzato senza alcuna complicazione. Gli bastò appostarsi nei pressi del motel dove risiedevano i due bersagli, identificare la macchina che avevano noleggiato ed aspettare che Sylar uscisse allo scoperto.

Gli puntò la pistola alla nuca proprio mentre stava caricando l'auto con i suoi effetti personali.

Al freddo contatto con la canna dell'arma, si irrigidì.

-Ciao, Noah-, disse, senza neppure voltarsi. -Ci hai trovati prima di quanto pensassimo-.

-Non siete così bravi a nascondervi-, rispose lui, sorridendo. -Non imparate mai ad evitare le telecamere di sorveglianza. Da Elle me lo sarei aspettato, ma da te no. Un tale errore da principiante-.

Sylar alzò impercettibilmente le spalle.

-Forse la possibilità di venire trovato non mi impensieriva così tanto. Non sono come gli altri, Noah, lo sai bene: puoi mettere in gabbia loro, ma non certo me-.

-Infatti non sono qui per catturati. Sono venuto per ucciderti-.

Lui non si scompose: quella pistola premuta contro il suo unico tallone d'Achille non sembrava impensierirlo, né tanto meno sortivano alcun effetto le minacce. Come sempre, sicuro delle proprie capacità, Sylar manteneva il sangue freddo.

-E che cosa, di grazia, ti fa pensare che ci riuscirai così facilmente?-, chiese, e Noah seppe, pur stando alle sue spalle, che sul suo viso aveva fatto capolino il sorriso strafottente che innumerevoli volte aveva desiderato cancellare nel sangue. Spinse ancora di più la canna contro la sua testa, facendo pressione contro il cuoio capelluto.

-Non sono io quello con una pistola puntata alla testa, Sylar. Non credere che sia solo: presto arriverà qualcuno ad occuparsi di Elle-.

Inaspettatamente, quelle parole – pronunciate al solo scopo di togliergli dalla testa la possibilità di ricevere aiuto dalla sua compagna di viaggio – fecero breccia: alzò il capo verso il motel, a cercare con lo sguardo la finestra della loro camera.

D'istinto Noah lo imitò: dietro ad una tenda bianca al terzo piano, la testa bionda di Elle fissava la scena immobile. Nel vederla sana e salva, Sylar parve rilassarsi: rimase per qualche istante a fissare la ragazza, come se stesse tentando di comunicarle un tacito messaggio.

-Non verrà ad aiutarti. E, se anche lo facesse, non servirebbe a molto, credimi-, disse sprezzante.

-Non voglio che venga ad aiutarmi. Voglio che stia al sicuro-.

Si stupì. Non si sarebbe aspettato una risposta tanto genuina da parte sua, perché non aveva mai considerato l'eventualità che Elle potesse essere qualcosa di più che il passatempo di uno psicopatico: la sua fragilità psichica ed emotiva la rendeva il soggetto ideale per i giochetti perversi di Sylar.

Se durante l'eclissi Noah si era sorpreso di aver visto nascere tra i due un insolito affiatamento, alla Primatech era apparso chiaramente che la figlia di Bob non era altro che un burattino mosso dagli inganni spietati di quello che ancora si ostinava a chiamare Gabriel. Quasi gli faceva pena: povera Elle, cercava sempre l'amore nelle persone sbagliate.

-Non fingere che ti importi di lei. Non me la bevo neanche un secondo-.

-Non sto fingendo. Sono cambiato, Noah-.

A quelle parole, Bennet scoppiò a ridere.

-Quante volte ho già sentito questa frase?- disse, scuotendo la testa. -Sai una cosa? Non ci ho creduto neppure la prima volta, quando Angela mi ha costretto a fare squadra con uno psicopatico come te-.

-Questa volta è diverso-.

-E' sempre diverso, ed è sempre falso. Niente può far cambiare un mostro-, ribatté aspramente.

-Un figlio sì-.

Sylar pronunciò quelle tre semplici parole a bassa voce, quasi stesse parlando tra sé e sé.

Per un attimo, Noah allentò la presa attorno al calcio della pistola, la mano tremante: tra tutte le scuse che pensava di sentir uscire dalla bocca dell'altro, mai ne avrebbe immaginata una del genere.

Stava bluffando? Il suo era forse un disperato tentativo di indurlo a compassione?

Cercò di ragionare a mente lucida: erano passati quasi due mesi dall'eclissi, quindi – razionalmente parlando – non era impossibile che stesse dicendo la verità.

Sylar approfittò del suo momento di riflessione per passare al contrattacco.

-Tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro-, disse.

-Anche ammesso che tu non stia mentendo-, Bennet ignorò volutamente la sua allusione, -perché la cosa dovrebbe farmi cambiare idea? Credevi che con questo annuncio mi sarei commosso e congratulato con te? Che ti avrei lasciato andare regalandoti un bell'orsetto di peluche?-

Sfiorò con l'indice il grilletto.

-Questo è un motivo in più per ucciderti. Farò un favore al mondo, impedendovi di mettere su la vostra famiglia di psicopatici. Risparmierò a un povero bambino la sofferenza di avere un padre come te-, sibilò a denti stretti.

Si aspettava che, a quelle parole, Sylar reagisse; che usasse uno dei suoi tanti poteri, in un impeto di rabbia, stanco di quell'inutile gioco di retorica. Invece, nonostante Noah fosse pronto a sparare prima di finire catapultato dall'altra parte della strada, lui non reagì; si limitò a replicare con tono pacato, come se le sue parole non l'avessero minimamente colpito.

-Neanche tu eri esattamente candidato a padre dell'anno, quando l'Impresa ti ha affidato Claire, o sbaglio?-

-Non osare tirare in ballo Claire, brutto figlio di puttana-

Il solo sentire il nome di sua figlia in bocca a quel pazzo gli fece tornare in mente tutto quello che avevano dovuto passare per colpa sua: Claire che correva via dalla palestra della scuola, Claire incapace di provare dolore, Claire che piangeva la morte di Meredith. Quel bastardo meritava la morte.

-Eri un assassino, Noah. Uccidevi quelli come noi, quelli come Claire: li ammazzavi senza neppure doverci pensare, ed era per questo motivo che tutti alla Primatech ti reputavano uno degli agenti migliori. Lodavano la tua freddezza, la tua risolutezza nel non lasciarti coinvolgere dal lavoro. Eppure, quella bambina ha stravolto ogni tua convinzione. Ti ha cambiato, Noah, proprio come questo bambino ha cambiato me-.

-Non esiste alcun bambino- ringhiò. -E noi due non abbiamo niente in comune. Io ho sempre agito per salvare delle vite, mentre tu sei un pazzo psicopatico che gode nello scoperchiare la testa a degli innocenti. Non c'è speranza di redenzione per uno come te-.

Tentò di accantonare l'immagine della piccola Claire tra le sue braccia, i suoi occhi blu che gli scrutavano il viso con curiosità, che le parole di Sylar gli aveva fatto suo malgrado tornare in mente. Quando Kaito Nakamura gli aveva assegnato quell'incarico d'eccezione, Noah aveva tentato in ogni modo di rifiutare. Dopo la morte di Lisa,1 aveva impiegato ogni energia nell'eliminazione dei soggetti avanzati; persino il matrimonio con Sandra non era stato che un pallido avvenimento di contorno alla sua caccia senza fine, un bieco tentativo di riprendere a vivere una vita almeno in parte normale.

Era stata Claire a risvegliare in lui emozioni che credeva scomparse per sempre. Il sorriso con cui lo salutava la mattina, i pianti con cui lo teneva sveglio notti intere, le prime parole, i primi dentini: dettaglio dopo dettaglio, quella bambina aveva rimesso insieme i pezzi della sua umanità distrutta. Gli aveva dato una valida ragione per cui vivere: non era più il desiderio di vendetta ad animare le sue azioni, ma il desiderio di proteggere quel prezioso tesoro che gli era stato affidato.

Nelle parole di Sylar c'era un fondo di verità. Claire l'aveva cambiato più di quanto avesse mai fatto qualsiasi altra persona al mondo; questo, però, non significava certo che avrebbe dovuto dare a un mostro una seconda possibilità. Le mani del vecchio Gabriel Gray si erano macchiate di troppi delitti perché potesse davvero diventare un uomo migliore, in grado di prendersi cura di un bambino.

Inoltre, lui non sarebbe mai stato capace di perdonargli tutto ciò che aveva fatto alla sua famiglia e, in particolare, alla sua bambina.

-Se ne sei davvero convinto-, disse lentamente Sylar, -allora falla finita una volta per tutte-.

Noah chiuse l'indice attorno al grilletto.

-E' proprio quello che sto per fare...-

-No!-

Nel sentire quell'urlo, colmo di disperazione, si bloccò, le dita ancora ben stette attorno al calcio della pistola.

Con la coda dell'occhio, vide l'esile figura di Elle Bishop un paio di metri dietro di lui: tra le mani stringeva un'automatica, ma le braccia le ricadevano inerti lungo i fianchi. Non l'aveva attaccato, né con l'arma, né con il suo potere; per una volta non sembrava propensa allo scontro.

-Elle, torna dentro-, esclamò Sylar nel riconoscere la sua voce.

-No-.

-Vattene, mettiti al sicuro!-

-No, Gabriel! Non me ne starò ferma a guardare mentre ti ammazza. Non un'altra volta-.

La voce di Elle era colma di risolutezza. Si avvicinò a passi cauti, continuando a tenere la pistola bassa, fino a posizionarsi a meno di un metro da loro.

Sylar sospirò: sembrava essere davvero sulle spine.

-Ti conviene andartene, Elle. Presto arriveranno degli agenti ad occuparsi di te, agenti addestrati a neutralizzare il tuo potere-, la ammonì Noah, voltandosi appena a guardarla. -Vattene ora e forse riuscirai ad evitarli. La mia priorità è Sylar: per quanto ti riguarda, posso anche chiudere un occhio-.

-Hai sentito?- gli fece subito eco Sylar. -Va' via-.

-No!-, ripeté la ragazza per l'ennesima volta. -Guardami, Noah: ho una pistola in mano e non ho neanche provato a puntartela addosso-.

-Hai paura che possa premere il grilletto-.

-Avrei potuto lanciarti una scarica tanto forte da farti svenire prima che riuscissi ad accorgerti della mia presenza, ma non l'ho fatto, come Gabriel non ha usato i suoi poteri contro di te: credi che basti una pistola a metterlo fuori gioco? Se avesse voluto, avrebbe potuto farti a pezzettini già da parecchio-.

Stava bluffando: nel suo tono acuto, Bennet riusciva a leggere l'agitazione mal celata di chi sa di trovarsi in un campo minato. Tutti i poteri di Sylar sarebbero stati neutralizzati da un semplice proiettile piazzato nel punto giusto della sua corteccia cerebrale; Noah non era uno sprovveduto, e, se c'era qualcuno in grado di intimidire anche i soggetti avanzati più sicuri di sé, quello era lui.

Tuttavia, nonostante fosse pienamente consapevole del pericolo, Elle non sembrava affatto intenzionata ad accettare l'opportunità di salvarsi la pelle che le aveva offerto. Non mentiva quando diceva che il suo obiettivo primario era Sylar: era lui la vera minaccia, il vero responsabile di tutte quelle morti – quello che doveva pagare.

Lei, in fondo, era ancora la bambina costretta a subire continui test per ordine del padre. Ad essere sinceri, al pensiero che finisse di nuovo a fare da cavia da laboratorio per gli scienziati del governo, Noah provava una certa compassione: non aveva mai dimenticato il modo in cui gli occhi di quella bambina costretta a sopportare voltaggi sempre più alti si svuotassero, diventando simili a cocci di vetro, dopo ogni prova miseramente fallita, quando suo padre la ricompensava con uno sguardo colmo di delusione e una visita dell'Haitiano, che frantumava la sua memoria con la stessa lentezza inesorabile con cui si consumava la sua psiche. In fin dei conti, l'unico da biasimare per ciò che era diventata Elle era Bob.

-Non voglio farti del male-, continuò, alzando le mani come in segno di resa. -Nessuno di noi due vuole farlo. Abbiamo deciso di smetterla con le cattive abitudini, una volta per tutte. Non torceremo più un capello a nessuno, a partire da te. Vogliamo avere la possibilità di cambiare, di ricominciare da capo-.

-Non si può semplicemente voltar pagina, Elle-, le ricordò lui, severo. -Non dopo quello che avete fatto-.

-Continuate a dirlo tutti-, sbottò lei, -ma in realtà, ovunque mi giri, vedo solo persone capaci di perdonare. Quante volte Claire è passata sopra alle tue bugie? Quante volte ti ha dato l'opportunità di essere un padre migliore? Quante volte io ho perdonato mio padre per tutto quello che mi ha fatto, chiedendo in cambio solo un briciolo del suo affetto? -

Di nuovo, la mente di Noah tornò ai corridoi vuoti della Primatech, nei quali tante volte Elle aveva rincorso la figura sempre volta di spalle del padre. L'aveva vista crescere, l'aveva vista piangere e urlare, farsi sempre più grande chiusa in quella struttura, come una bestia in gabbia, e non aveva mai mosso un dito per aiutarla. L'unica cosa che aveva fatto per lei era stato rivelarle la verità sui test condotti da Bob: ancora ricordava l'incredulità ferita con cui aveva accolto quella notizia.

-Gabriel mi ha perdonato per quello che gli ho fatto, per quello che gli abbiamo fatto-, gridò, -E io ho perdonato lui. Non ti sto chiedendo di perdonarci, Noah-, proseguì, abbassando la voce. -So che è impossibile; ti sto solo dicendo che, se noi siamo mostri, siete stati voi a crearci. Veniamo tutti dalla fucina della Primatech, dove tu ci hai visti diventare così senza che il pensiero di aiutarci neppure ti sfiorasse!-

L'aveva presa in giro, quando aveva cercato di convincerlo a lasciar perdere Gabriel Gray; aveva spinto la piccola Elle – che, dopo anni di solitudine, finiva con l'invaghirsi di ogni ragazzo venisse a contatto con lei – tra le braccia del paziente zero, in modo che lo trascinasse sull'orlo di un baratro di sangue senza possibilità di risalita. Era vero: aveva avuto un ruolo fondamentale nella nascita di Sylar. Anche per questo motivo toccava a lui rimediare.

-Dacci una possibilità, Noah- sussurrò la ragazza, puntandogli contro i suoi occhi azzurri colmi di dolore. -Dacci la possibilità che nessuno ci ha mai dato. Non ti chiedo niente di più di provare a credere che esista, anche per noi, un'opportunità di ricominciare da capo-.

Ripetere le stesse parole che aveva usato con Sylar poco prima sarebbe stata sicuramente la scelta più saggia: non poteva fidarsi di due individui del genere. Non poteva permettersi di vederli come persone, e non più come criminali.

Eppure, era vero che anche lui non era stato altro che un agente privo di emozioni, capace solo di premere il grilletto e far sparire dalle proprie case uomini e donne che di sicuro avevano famiglia e amici, senza provare il minimo rimorso; ed era anche vero che a risvegliare in lui una coscienza sopita da troppo tempo era stata Claire, la sua bambina.

Forse, a conti fatti, non era lui la persona più indicata per giudicare se Elle Bishop e Gabriel Gray meritassero o meno un'occasione di ricominciare; forse, la decisione spettava soltanto al tempo.

Abbassò la pistola.

-Vi do mezz'ora di vantaggio-, mormorò. -Non avrete un secondo di più per sparire dalla circolazione per sempre-.

Sylar si voltò a guardarlo, meravigliato; Elle annuì, scattando subito in direzione della macchina, pronta alla fuga.

-Forza, Gabriel!-, esclamò mentre apriva la portiera del passeggero.

Lui, fermo a scrutare il volto di Noah, non rispose.

-Grazie-, gli disse.

Poi si voltò e sparì per sempre.



New York, sette mesi dopo



-C'è posta per te!-, trillò Claire sulla soglia del suo appartamento.

Contagiato dal suo sorriso luminoso, Noah si spostò per lasciarla entrare. Come al solito, la sua visita era del tutto improvvisa e l'aveva colto mentre era intento a riscaldare del cibo precotto.

Lasciò vagare lo sguardo attraverso il disordine del soggiorno: di lì a poco, sarebbero arrivati i rimproveri di rito.

-Ehi, orsacchiotta!-, la salutò con un abbraccio. -Che cosa mi hai portato?-

-Lettere di gente che ancora ti crede a Costa Verde-, rispose lei con un'alzata di spalle. -Mamma si è raccomandata di fartele avere, quando sono tornata a casa per il week-end-.

Nel sentire nominare Sandra, Noah non poté fare a meno di pensare al suo nuovo compagno, Doug l'allevatore di cani; Claire se ne accorse e gli rivolse uno dei suoi sguardi preoccupati.

-Va tutto bene, papà?-, chiese. -Qui dentro è un vero macello-.

-Sì, sì-, dissimulò lui, prendendole dalle mani le buste contrassegnate dall'indirizzo della sua vecchia vita. -Tu, piuttosto? Come va il college?-

-Oh, tutto regolare-, sua figlia cominciò a spostarsi per la casa, gettando occhiate di disappunto a destra e a sinistra. -A parte un dannato test di economia la prossima settimana, non c'è niente di che. Dio, papà, che schifo!-, commentò, dopo aver passato un dito sullo scaffale ricoperto da uno spesso strato di polvere.

-La donna delle pulizie è stata male, questa settimana-, provò a giustificarsi. Finse interesse per la posta e, per evitare altri rimproveri, chiese: -E la tua amica Gretchen? Lei sta bene?-

-Sì, anche lei è un po' presa da questo esame-, Claire si appoggiò al tavolo della cucina e fece una smorfia nel notare la “cena” che stava preparando. -Ci sono una marea di pagine da studiare, tanti di quei numeri e grafici da far venire il mal di testa!-

-Magari posso darti una mano-, disse Noah distrattamente, scorrendo la posta. Una lettera dalla vecchia compagnia assicurativa, una una raccomandata dalla banca: doveva ricordarsi di cambiare il domicilio una volta per tutte. Per ultima, c'era una busta con il suo indirizzo scritto a mano, una calligrafia sottile che gli sembrò di aver già visto: il mittente non era indicato.

-Grazie, ma non credo tu possa resistere molto a quaranta pagine di maledette tabelle. Fidati, è qualcosa da evitare come la peste-.

Avendo cura di dare le spalle a Claire, aprì con cautela la busta. Non c'era alcuna lettera al suo interno; solo una foto.

Un neonato con una tutina azzurra e qualche sparuto capello sulla testina rosea lo fissava innocente, un'espressione curiosa sul volto che quasi assomigliava a un sorriso.

Girò la foto.

Noah Gray, 11 novembre 2009.

-Chi ti scrive di bello?-, chiese Claire, curiosa, affacciandosi da dietro la sua spalla.

Lui si affrettò a richiudere la busta.

-Nessuno-, rispose. -Solo qualcuno a cui ho dato una mano tempo fa-.

Sua figlia annuì, soddisfatta dalla risposta.

-Tu aiuti sempre tutti-, disse, con un sorriso.

E Noah Bennet capì di aver fatto la scelta giusta.


1La prima moglie di Noah, uccisa da un soggetto avanzato.





Note finali


Il mio timore più grande, nel rapportarmi a questi personaggi, era sicuramente quello di andare OOC: nessuno dei due ha una psicologia facile da interpretare e gestire e in particolare Sylar ha dimostrato, nel corso della terza stagione, di essere soggetto a repentini cambi di atteggiamento. Ho cercato di ricollegarmi in particolar modo al suo comportamento ambivalente nel quarto volume e al suo attaccamento alla famiglia emerso più volte nel corso della serie; al contempo, ho tenuto in conto la caratterizzazione che aveva nell'episodio “Io sono diventato la morte”, dove Peter viaggia quattro anni nel futuro e scopre che Gabriel Gray ha messo la testa a posto per amore del figlioletto Noah. Mi ha sempre incuriosito questo nome e mi sono sempre chiesta che cosa ci fosse dietro: nella storia, ho cercato di dare una mia interpretazione all'interrogativo, ponendo Noah Bennet come ago della bilancia, che per primo ripone un po' di fiducia in questi due psicopatici.

Per quanto possibile, ho provato a seguire la linea narrativa del quarto volume, con le azioni governative capeggiate da Nathan contro i soggetti avanzati e la ricerca da parte di Sylar del suo vero padre: per ovvie ragioni di trama, ho evitato di introdurre il personaggio di Luke.

L'epilogo è ambientato durante la quarta stagione, quando Noah abita da solo a New York e Claire va ormai al college: i riferimenti a Gretchen e al nuovo fidanzato di Sandra sono pertanto da considerarsi parte di questo arco narrativo.

   
 
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