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Autore: xhellsangel    07/12/2011    4 recensioni
Dicono che gli opposti si attraggono, pensavo fosse una grande cazzata.
Marta. Sedicenne -quasi diciassettenne- con una vita normale, da quest'ultima non pretende niente. Sa che non può avere tutto, ma ciò che può avere, lo pretende. Non è mai stata innamorata, è in uno stato di credo/non credo in questo sentimento.
Mattia. Diciassettenne irritante come pochi, attraente come nessuno. Non cerca niente di serio nella vita, si diverte a cambiare le ragazze come un paio di mutande, poiché è estremamente consapevole delle sue doti. Vuole divertirsi, solo divertimento.
Cosa potrebbe succedere se le loro vite si incrociassero?
Disastro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2:
inquinamento in casa



Ero sempre stata abituata a studiare l'inquinamento ambientale a scuola, ma il vero inquinamento si sarebbe presentato da un momento all'altro in casa mia.
Avrei voluto accoglierlo con indosso un pigiama, tanto per fargli capire di doversene andare il più presto possibile, ma le possibilità che mi avrebbe deriso per il resto dei suoi giorni, erano troppo alte. 
Un pantaloncino con una felpa erano più che sufficienti, dopotutto, avrei cercato di sbatterlo fuori il prima possibile. 
Era stupefacente l'odio che si era guadagnato il ragazzo in poco più di dodici ore.
Esuberante, strafottente, antipatico e stronzo.
- Io al tuo posto, un pensierino su di lui lo farei, ma anche più di uno. - aveva sbottato la mia migliore amica.
L'avevo pensato anch'io, prima che il soggetto in questione aprisse bocca.
Non avevo mai avuto storie davvero serie in passato, non ero mai stata innamorata, non credevo fermamente nell'amore; forse avevo paura di quest'ultimo sentimento.
- Gio, scherzi, vero? Io con quello lì con ci passerei neanche un giorno della mia vita - borbottai imbronciata, già era tanto doverlo vedere tra poco, ma sentirne parlare anche da Giorgia mi sembrava un incubo ad occhi aperti. 
Un tipo così, sicuramente non era da coppia fissa.
Morici che portava i fiori alla ragazza, la portava a cena fuori e la riaccompagnava a casa prima della mezzanotte.
Peggio di un film comico.
Scoppiai in una sonora risata.
- Vabbé Martì, poi non dire che non te l'avevo detto. - sbottò.
Odiavo la sua convinzione su quella specie di essere umano, quel ragazzo urtava il mio autocontrollo anche solo respirando, figuriamoci se ci fosse stato qualcosa tra di noi.
Certo che il suo aspetto fisico era davvero sprecato per un tizio così.
Madre natura a volte era davvero crudele, l'avevo sempre detto.
- Tranquilla Gio, non ne avrò modo - e le ultime mie parole furono sovrastate dal rumore del campanello.
L'incubo stava prendendo forma, si stava materializzando.
Avrei potuto far finta di non averlo sentito, ma il giorno dopo, avrei corso il rischio di veder materializzare un'insufficienza, e l'idea non mi allettava per niente.
- Gio, il tuo cliente da difendere ha preso vita fuori la porta di casa mia, devo staccare. - oppure offrimi una via d'uscita, avrei voluto implorarla.
Mi alzai incamminandomi verso la porta, ancora con il cellulare tra le mani.
Stringevo tra le mani quell'aggeggio come se fosse la mia ancora di salvataggio, come se potesse teletrasportarmi in qualunque altro posto, ma non lì.
- Non sbramarlo, ricorda: conta fino a centoundici prima di parlare. - e chiuse così la chiamata, con una sua risata trattenuta.
Sospirai ormai rassegnata, portando una mano sulla maniglia della porta.
Mattia Morici era dall'altra parte della porta.
Mattia Morici stava per entrare in casa mia.
Mattia Morici abitava accanto casa mia.
Aprii la porta con un gesto a rallentatore e lui prese forma davanti ai miei occhi.
Era davvero una frana quel ragazzo, avevo sempre avuto un debole per i ragazzi in tuta e lui si presentava a casa mia in quello stato: una maglietta a mezze maniche bianca, semplice, con un pantalone della tuta blu, con strisce bianche sui lati. Adidas. 
Certo che madre natura aveva giocato davvero a suo favore, o forse lo sport rendeva così il suo fisico.
I pantaloni della tuta gli cadevano morbidi sulle gambe, fino ad accasciarsi leggermente più larghi alle caviglie, e scarpe dell'Adidas, bianche con delle strisce blu.
Ci sapeva fare nell'abbigliamento, bisognava ammetterlo, ci sapeva fare almeno quanto non sapeva farci con le persone.
No, non ci sapeva fare fino a quel punto.
Nessuno ci sarebbe mai riuscito, era un paragone davvero esagerato.
E in quel susseguirsi di pensieri e giudizi, si era già accomodato in casa mia senza molte cerimonie; mi richiusi la porta alle spalle.
- Allora, dove ci mettiamo? - neanche un saluto, degno di lui.
Sospirai rassegnata, scuotendo lievemente la testa.
Senza spiccicare mezza parola, mi avviai verso la mia camera, aspettando che mi seguisse.
E così fece.
- Siediti lì - dissi indicando la sedia vicino la scrivania, sulla destra, poiché la seduta di fronte al pc era mia.
Mi voltai a prendere un quaderno e due penne. 
La mia camera non era molto grande, c'era un letto ad una piazza e mezza, un ampio armadio, uno specchio a parete e la scrivania col computer.
Quando mi voltai, lo trovai seduto esattamente dove non doveva essere.
- Morici, passa sull'altra sedia - sbottai fulminandolo con lo sguardo.
Posai una mano sul suo braccio destro, per spintonarlo lievemente verso l'altra sedia.
Sfiorando la sua pelle nuda, rabbrividii e mi scostai all'istante.
Sicuramente era stato per colpa della sua pelle fin troppo colda e le punte delle mie dita esageratamente fredde; lo vidi fissare la sua pelle, per poi fissare i suoi occhi nei miei.
- Ti hanno mai detto che non si trattano così gli ospiti? - sussurrò, un sussurro accompagnato da un ghigno. 
Sbuffai già stanca per i primi cinque minuti trascorsi in compagnia di mistersoloiosonofigo. 
Mi buttai a peso morto sull'altra sedia, strappando qualche foglio dal quaderno. 
- Iniziamo con sto coso - sbottò lui. 
- Cosa fai nel tempo libero? Che sport pratichi? Dove abitavi prima? Il tuo migliore amico? La tua ragazza? - buttai a raffica un paio di domande, lasciando trapelare un sorriso ironico sull'ultima parola.
Nessuna ragazza sana di mente si sarebbe messa con un tipo come Morici.
Sicuramente l'avrebbe mandata al manicomio prima di compiere un mese insieme, e poi, sicuramente le avrebbe fatto un paio di corna più lunghe di quelle di un'alce. 
- Non ho mai tempo libero. Calcio. Sempre da queste zone. Stefano. Sembro il ragazzo da storie serie? - mormorò inarcando un sopracciglio sull'ultima domanda.
Effettivamente, cercavo solo una conferma.
Segnai tutto sul foglio, approfondendo con parole vaghe per allungare il tema. 
- Mai avuto una storia seria? - continuai con le domande.
Non era il momento di uscirmene con una delle mie battute, dovevo tenere un discorso di senso compiuto. 
Scoppiò in una risata, rovesciando la testa all'indietro.
Mi sentii improvvisamente stupida per la mia stessa domanda.
Lui, una ragazza e una storia seria? Nah.
- C'è bisogno che ti risponda? - 
- No. Credo proprio di no. -
 
 
- A quanti anni hai perso la verginità? Sempre che tu l'abbia persa. - stronzo.
Certo che non aveva bisogno di giri di parole per fare domande.
Le sue labbra sempre aperte in quell'insopportabile ghigno mi davano ai nervi. 
Avrei voluto strapparglielo, se solo ci fosse stato modo. 
- Mi credi una vergine di ferro? - era giusto rispondergli con i sui stessi modi. 
Alzai il sopracciglio destro, con un mezzo sorriso.
Scrollò le spalle senza fare cenno, né positivo, né negativo.
- Seriamente, hai fatto avvicinare un ragazzo senza sbramarlo? - ghignò.
Quel ragazzo era davvero un insulto al mio autocontrollo. 
Come faceva SuperMan?
Socchiudeva gli occhi, si concentrava sull'obbiettivo e lo inceneriva.
I primi due passaggi mi riuscivano, il terzo, no. 
- Al secondo anno di superiori, avevo quindici anni e mezzo. - accennai un mezzo sorriso provocatorio; no che mi andasse di sbandierare le mie informazioni personali, ma la verità in quel caso era opportuna.
Il ricordo della mia prima volta mi balenò alla testa. 
Era la festa di una mia amica, festeggiava i suoi sedici anni. 
Una delle prime vere feste a cui avevo partecipato e, un bicchiere tira l'altro, si sa come vanno a finire determinate cose. 
Il fratello della festeggiata, allora diciassettenne, era davvero un bel ragazzo.
Capelli biondi, color cenere, e occhi scuri.
Già, feci sesso con il fratello di una delle mie amiche più strette. 
Il giorno dopo ricordavo quasi tutto, nonostante la sbronza, e decidemmo di non parlarne con nessuno; vviamente, in quel nessuno, era esclusa Giorgia e il mio migliore amico.
Fu una cosa orribile, la prima volta per una ragazza dovrebbe essere qualcosa di stupendo, perfetto.. un ricordo da poter custodire con amore e gelosia, uno dei ricordi più belli, eppure io avevo sbagliato tutto.
- Interessante - si limitò a dire.
- E tu? - domandai.
Era legittima la mia curiosità, soprattutto dopo avergli rivelato uno dei miei segreti.
Era impossibile pensare che lui fosse vergine.
Per quanto odio mi ispirava, non potevo negare che infondo, era carino. 
Davvero carino.
- In seconda media. - ghignò, e per poco non affogai con la mia stessa saliva.
Iniziai a tossire come una disperata, diventando sicuramente rossa in viso.
Si, maledetto, il coglione se la godeva alla grande.
- Stai bene? - era, ovviamente, una domanda posta in modo al quanto ironico.
- Vaffanculo - risposi col poco fiato che avevo recuperato.
Io in seconda media a stento sapevo come si facesse, lui invece già era passato alla pratica, che ragazzo precoce.
Avrei davvero voluto conoscere la sua prima vittima, magari a quell'età ancora non aveva sviluppato il suo lato da stronzo senza via di ritorno. 
- Che c'è, saresti voluta essere tu al posto di una delle tante ragazze che hanno urlato il mio nome? - si avvicinò fin troppo per i miei gusti. 
Una delle tante ragazze.
Feci una smorfia per il senso di disgusto che mi dava quella frase.
Certo, era ovvio per un ragazzo della sua età, chi ragazza non gli avrebbe sbavato dietro?
IO.
Mi feci un applauso mentalmente, ed era da ammettere, era più che meritato l'elogio nei miei stessi confronti.
- Neanche se tu fossi l'ultimo ragazzo sulla faccia della terra. - sbottai fissando gli occhi nei suoi.
I nostri nasi erano a tre o quattro centimetri di distanza, troppo pochi per i miei gusti, la sua vicinanza mi faceva venir voglia di spaccargli il naso.
Abbozzò uno dei suoi soliti sorrisi da soloiosonofigo. 
Ricambiai con un ghigno, inarcando un sopracciglio.
- Non ci scommetterei. - soffiò sulle mie labbra.
Allarme rosso, rosso, troppo rosso.
Mi ritrassi all'istanti e mi maledii da sola per aver fatto perfettamente il suo gioco, avevo mollato per prima.
Sorrise furbo, il coglione mi stava provocando alla grande.
Lo odiavo, risvegliava i miei istinti peggiori.
Se fossi stato un ragazzo, l'avrei pestato di sicuro.
La sua arroganza superava di gran lunga i miei deboli limiti di sopportazione, avrei dato di matto da un momento all'altro se non se ne fosse andato.
Stavo per chiedergli apertamente di andarsene prima di avere la possibilità di cacciarlo a calci nel fondoschiena, quando parlò.
- Devo andare, altrimenti farò tardi - sbottò alzandosi.
L'orologio segnava le undici e mezza, avevamo passato due ore e mezza ad insultarci e tentar di concludere qualcosa con quel fottuto compito.
Ma dove cazzo voleva andare a quell'ora?
- Domani abbiamo scuola.. - mi uscì mentre ero in sovrappensiero.
- Sopravvivrò. Tu, invece, porta il culo a letto altrimenti domani sarai più isterica di oggi. - avevo già detto di odiarlo?
Beh, avevo sempre amato ribadire le cose, soprattutto quando quest'ultime rappresentavano la verità.
- Stronzo - borbottai incrociando le braccia al petto.
- Non fare la finta incazzata, sai che è la verità. - ghignò soddisfatto.
Non era colpa mia se avevo un compagno di banco che suscitava in me i peggior istinti omicidi anche alle otto di mattina, quando in normali circostanze l'unica cosa che avrei desiderato sarebbe stato un cuscino.
Mi fermai sulla soglia della porta della mia camera, mentre Morici era già fuori alla porta.
Se ne andò così come era arrivato, senza un saluto, ne un cenno con la mano. 
L'avrei ripetuto per il resto dei miei giorni: stronzo, antipatico, coglione e strafottente.

   
 
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