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Autore: xhellsangel    03/12/2011    2 recensioni
Dicono che gli opposti si attraggono, pensavo fosse una grande cazzata.
Marta. Sedicenne -quasi diciassettenne- con una vita normale, da quest'ultima non pretende niente. Sa che non può avere tutto, ma ciò che può avere, lo pretende. Non è mai stata innamorata, è in uno stato di credo/non credo in questo sentimento.
Mattia. Diciassettenne irritante come pochi, attraente come nessuno. Non cerca niente di serio nella vita, si diverte a cambiare le ragazze come un paio di mutande, poiché è estremamente consapevole delle sue doti. Vuole divertirsi, solo divertimento.
Cosa potrebbe succedere se le loro vite si incrociassero?
Disastro.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 1:
sfiga a raggi X

 

 

Sentii uno strano bip provenire dal comodino, inizialmente ero sicura fosse solo una strana immaginazione, una di quelle che si hanno nel dormiveglia in quanto non si sa se il cervello sia collegato o meno.
Drasticamente, costrinsi una mano ad insinuarsi al di fuori del letto per vedere cosa fosse, quando scorsi il cellulare che vibrava irrefrenabilmente, in cerca di qualcuno che gli desse attenzioni.
Era la sveglia, e se era la sveglia...
La scuola!
- Cazzo! - sbottai lanciando le coperte da qualche lato della mia camera, disinteressata a quale angolo remoto del pavimento fossero destinate quelle povere lenzuola. 
Erano le 7.10, se la vista non mi stesse tradendo. 
Volente o no, sfilai il mio adorato compagno d'avventure, il mio fidato pigiama, ed entrai, non con poche difficoltà, nei miei tanto amati -quanto odiati- jeans.
Freddi e stretti com'erano, era una vera e propria tortura doverli indossare.
Ancora mezza vestita corsi in bagno, gettandomi dell'acqua fredda in faccia con l'intento di svegliarmi, anche se parve totalmente inutile. 
Passai ai denti, i quali strofinandoli con troppa foga -colpa del mio mal'umore post-primogiornodiscuola- lasciarono cadere nel lavandino qualche goccia di sangue.
Presi la prima spazzola che mi comparve dinanzi agli occhi e l'affondai nei capelli, una delle poche cose che mi piacevano in me erano proprio i capelli, castani, alcuni riflessi rossi non naturali, e lisci dalla nascita, i quali, data la lunghezza, scendevano fino sotto al seno per poi terminare in una leggere ondulatura. 
Invece i miei occhi erano scuri, lo stesso colore del cioccolato fondente, ed era alquanto deprimente questo mio piccolo particolare, in quanto, dati i giorni di pioggia, neanche si distingueva l'iride dalla pupilla.
Passai un leggero filo di matita e del mascara, giusto per non mostrare al mondo il mio volto bianco e cadaverico, odiavo le ragazze che si gettavano quintali di trucco sul volto.
Ritornai in camera mia e scelsi la prima T-shirt che mi capitava avanti, nera, la quale aveva una manica normale e l'altra aperta sul braccio e ad unire la stoffa c'erano degli anelli.
Afferrai le mie due collane portafortuna, la prima era un ciondolo con il segno della pace, la quale combaciava con il collo, la indossavo in modo molto stretto e, l'altra, era un ciondolo a forma dell'infinito, la quale scendeva un po' più larga, entrambe legate a dei laccetti di cuoio. 
Entrai in cucina aspettandomela vuota come quasi ogni giorno, un giorno comprendeva mattina, pomeriggio, sera e notte, eh già. 
Avrei potuto dire che vivessi da sola, se mio padre non si facesse vivo una volta a settimana, massimo; non era un problema, anzi, tutt'altro.
Ancora ricordavo quando la mamma mi aveva spedito con tanto di raccomandazioni da mio padre, sostenendo che con lui avrei ricevuto più attenzione e compagnia, cosa alquanto deludente visto che era ripetutamente assente nella mia vita quotidiana.
La verità era che non avevo ancora completamente digerito la separazione dei miei genitori avvenuta tre anni prima e, non accettavo che mia madre portasse a casa il suo compagno, così, senza preoccupazioni, mi aveva fatto trovare i bagagli fuori casa con la scusa della brava madre. 
Tutto sommato, mio padre era dolcissimo e, anche se era molto poco presente, non mi faceva mancare niente. 
Papà era un noto avvocato e, di conseguenza, cercava di riempire la sua assenza con regali costosi e, tuttavia, non nascondo che mi stava bene. 
- Papà! - mormorai sorridendo, per poi avvicinarmi ad abbracciarlo. 
- Piccolina - rispose mentre mi allontanavo per afferrare un biscotto al cioccolato che giaceva insieme agli altri al centro del tavolo. 
Afferrai la borsa da sopra la sedia, l'avevo già preparata la sera prima, e la issai in spalla. 
Iniziava a sopraffarmi l'ansia per il primo giorno di scuola, nonostante avessi passato quasi tutta la mia vita a scuola. 
Frequentavo il quarto anno delle superiori, liceo scientifico per esattezza, cosa che ancora non mi spiegavo poiché ero una schiappa in matematica.
Visto da un certo punto di vista,  l'inizio della scuola non era un qualcosa di esageratamente traumatico in quanto, quest'anno, noi quarte e le quinte saremo partite per Londra, per ben undici giorni.
Mio padre ne era stato felice, in quanto, secondo lui, per questo breve periodo di tempo non si sarebbe dovuto preoccupare di sua figlia tutta sola a casa, e, tuttavia, questa libertà dilatata che ricevevo, non mi dispiaceva per niente. 
- Come mai già sveglia e vestita? - giustamente, non ricordava neanche che avessi il primo giorno di scuola nonostante gliene avessi parlato una settimana prima a cena, mentre sicuramente fingeva di darmi ascolto, poiché anche quando era presente fisicamente, non lo era mentalmente. 
Mi era sempre mancato l'amore di una famiglia concreta, unita. Non avevo fratelli o sorelle e, per quanto i miei genitori si fossero finti felici prima del divorzio, avevo sempre capito che la loro fosse solo una copertura per non farmi del male, anche se non mi aveva mai fatto paura un divorzio tra i miei, se non stavano bene insieme, non potevo farci niente.
- Ho scuola! - sbottai un po' offesa.
- Ciao papà - continuai facendogli un senno di saluto con la mano. 
Odiavo le cose sdolcinate con i propri genitori, tipo il bacio sulla guancia, eh no, non avevo mica tre anni! 
Afferrai il mazzo di chiavi e mi richiusi la porta alle spalle, scesi i gradini due alla volta e, sbadatamente andai a sbattere contro qualcuno. 
- Scusa - mormorai mentre il ragazzo si girava verso di me, era nel mio palazzo eppure non l'avevo mai visto prima. 
Mio padre mi aveva accennato che al piano di sopra si fossero stabiliti dei nuovi vicini e.. BINGO, doveva essere il figlio dei vicini! 
E, forse, mio padre non era l'unico a non ascoltare le mie conversazioni, la cosa era reciproca. 
Ragazzo niente male, capelli neri come la notte, privi di gel, lasciati liberi in un ciuffo ribelle e naturale. Occhi verdi, screziati dall'azzurro. Fisico scolpito, ma non esagerato e alto. Indossava una camicia a quadri bianca e azzurra, arrotolata fino ai gomiti e completamente sbottonata, da sotto portava un T-shirt bianca. Jeans a bassa vita e hogan bianche, doveva essere..
- Ma guarda dove cazzo metti i piedi! - doveva essere uno stronzo. In casi come questi avrei voluto avere uno di quei poteri magici di Super Man, magari per poterlo incenerire con la vista. 
Uscii dal portone mandandolo a fanculo mentalmente.
Mentre mi avviavo verso l'autobus, accidentalmente, mi cadde l'occhio sul ragazzo con cui mi ero appena scontrato e lo vidi salire su una motocicletta, la quale sembrava poco affidabile.
Distolsi lo sguardo e continuai per la mia strada, stranamente l'autobus fu puntuale e ci salii precisamente alle.. 7.35 ! 
Tutti i posti erano occupati, ma quando scorsi la mia migliore amica, notai con gioia che aveva riservato un posto anche alla sottoscritta.
- Fottuta scuola, la sveglia mi ha svegliata nel bel mezzo di un sogno da dieci e lode, il quale non ricordo - borbottò lei. 
E lei era la mia migliore amica, Giorgia Pace, conoscenti da circa tutta la vita, poiché avevamo passato sin dal primo anno delle scuole insieme, sempre inseparabili.
Giorgia era una ragazza meravigliosa, sia dentro che fuori. 
Capelli color biondo cenere e occhi color nocciola,  tutte le forme al proprio posto, anche se l'altezza le mancava completamente, reclamando sempre sul fatto che, invece, per quanto riguardava me, madre natura era stata più tollerante per quanto riguardasse la statura.
Ciò che amavo di lei, era il suo carattere, sapeva essere ciò di cui aveva bisogno al momento giusto e, per me, c'era sempre stata.
- Gio, ho l'ansia - sbottai d'improvviso, era vero. 
Ero in balia di un mal di pancia, uno di quelli che non avevo dall'inizio dell'anno precedente, uno di quelli di cui ero schiava ogni santo anno, proprio come se stessi ancora alle elementari.
Cercavo di auto convincermi che non c'era motivo per essere in ansia, eppure più quel maledetto autobus si avvicinava alla scuola, più l'ansia cresceva, che brutta fine stavo facendo. 
 
 
- Voglio iniziare quest'anno in un modo diverso - inizio la professoressa Abate, nonché docente di italiano. 
- Visto che sono tre anni che sedete sempre con gli stessi compagni di banco, e quest'anno abbiamo tre ragazzi nuovi, ho deciso che cambieremo totalmente i posti a sedere - avevo sempre ritenuto che fosse una vecchia zitella che non avendo persone o cose sulla quale sfogare i propri problemi, lo facesse in classe con noi, questa ne era la conferma. 
Io e Giorgia lontane? Mai successo in quindici anni di scuola, eravamo state sempre inseparabili ed i professori ne erano a conoscenza.
- Tipo Cuneo e Pace - e ti pareva che non prendeva noi come esempio 
- State insieme da sempre, sicuramente tu, Cuneo saprai tutto su Pace, ma è arrivato il momento di conoscere anche gli altri - e fece centro, conoscevo a memoria ogni passo della mia migliore amica, ma questo non l'autorizzava e dividerci.
Ecco, anche ora la super vista per incenerire le persona non mi avrebbe fatto male.
Iniziò a fare vari spostamenti, mettendo..
- Morici, vicino Cuneo - Morici? Mai sentito prima, doveva essere uno dei nuovi. 
Mi girai per guardarlo meglio e..
- Tu?! - sbottai sgranando gli occhi, mistersoloiosonofigo, nonché nuovo vicino di casa era nella mia aula, nella mia classe, nel mio banco?! 
Non poteva andare peggio di così, lo vedevo un anno duro, a meno che non fossi riuscita a corrompere quella befana dell'Abate, ma ci contavo poco, poiché mi odiava dal principio, in quanto l'unica che non aveva ancora beccato senza fare i compiti, ma questo solo perché la conoscevo meglio degli altri. 
Controllava i compiti ogni tredici giorni, strano ma esattamente vero. 
- Ne sono felice quanto te - rispose facendo schioccare la lingua contro il palato, potevo aggiungere qualche aggettivo allo stronzo che gli avevo attribuito prima? 
Magari un antipatico, strafottente, e sfigato? 
Anche se l'ultimo, sembrava l'ultimo degli aggettivi che gli si potesse attribuire.
Incrociai le braccia al petto come una di quelle bambine che si rifiutava di mangiare le verdure, o magari come una sedicenne -quasi diciassettenne- che già odiava il suo vicino di banco. 
- Allora, per domani voglio una relazione sul proprio compagno di banco, cosa ama fare, gusti personali e.. spremete le meningi perché voglio almeno quattro colonne. Non inventatevi niente di niente, controllerò personalmente che ciò che avete scritto corrisponda alla verità - quella strega peggiorava anno dopo anno, e riusciva sempre ad essere più rompipalle di quanto non fosse già; perfetto, avevo da far un compito con mistersoloiosonofigo. 
Sbuffai rumorosamente, uno sbuffo che non passò inosservato neanche alla rompipalle.
- Qualcosa in contrario, Cuneo? - sbottò con un ghigno perfido, avrei voluto mandarla a quel paese urlando davanti al resto della classe, magari facendomi mandare dal preside, giocandomi l'anno scolastico e.. la gita! 
No, non potevo, e di conseguenza mi limitai a farlo mentalmente.
- Tutto perfetto, prof - risposi a tono, sbattendole un sorriso a trentadue denti, tanto falso quanto la sua simpatia. 
Sentii quel coglione del mio vicino di banco ghignare, magari una gomitata nello stomaco non gli avrebbe fatto poi tanto male.
- Che cazzo ti ridi, Morici? - buttai fuori fulminandolo con lo sguardo e, nel momento che incrociai i suoi occhi mi sentii.. non so come, ma quegli occhi avevano qualcosa di speciale.
Un lato della sua bocca, carnosa e rosea, si alzò in un mezzo sorriso e, successivamente abbozzò una strizzata all'occhio destro. Odioso. 
Iniziavo ad essere davvero manesca nelle mie immaginazioni più vivide, anche se, se proprio dovevo essere manesca, l'avrei menato di brutto.
Percepii il cellulare vibrarmi in tasca, lo afferrai in modo che la befana non potesse vedermi ed aprii il messaggio, era di Giorgia.

* Certo che il tuo compagno di banco è proprio da...
- Qualcuno sta usando il cellulare - è proprio da strangolare il prima possibile. 
Schiacciai il tasto rosso così insistentemente tanto da farlo spegnere, alla strega bastava un futile motivo per stampare una nota sul registro con il mio nome.
- Mi scusi prof, ho dimenticato di spegnerlo prima di entrare in classe e lo stavo facendo ora - 
Cuneo 1 - Morici 0, sorrisi al mio vicino di banco, il quale avrebbe avuto vita breve se non avesse cessato immediatamente di guardarmi, parlarmi e prendere atto del fatto che io esistessi. 
Sentii la befana sospirare, per poi sedersi dietro la cattedra.
- Cuneo, la prossima volta che usi il cellulare in classe, scordati di Londra - odiavo lei, odiavo il mio vicino di banco, odiavo la scuola.
Il coglione si girò con un sorriso da Cuneo 1 - Morici 1.
- Si, non succederà più - le sorrisi, un sorriso tutt'altro che benevole.
Umiliarmi addirittura con la befana, chi lo avrebbe mai detto.
Mistersoloiosonofigo mi stava già portando all'esasperazione, anche se fossimo solo al primo giorno di scuola.
Sicuramente si era già guadagnato il mio odio, visto quanto coglione fosse, ma sicuramente questa non gliel'avrei fatta passare liscia, eh no. 
- Restano ancora 10 minuti prima che finisca la lezione, iniziate il compito che vi ho assegnato, poi lo continuerete a casa, insieme ai vostri compagni - io e lui, nella stessa stanza che non fosse un'aula? I miei peggior incubi si stavano avverando.
Magari avessi fatto un compito su Giorgia, avrei potuto dire a quanti anni ha lasciato il ciuccio, i suoi primi passi, il primo giorno d'asilo, la prima cotta, il primo bacio e la prima volta. 
Invece no, la mia sfiga non aveva mai limiti perché, mentre la fortuna era completamente cieca, la sfiga aveva i raggi X. 
Misi la dovuta distanza tra me e Morici; non avevo mai sentito che la stronzaggine fosse contaggiosa, ma prevenire era meglio che curare.
Strappai un foglio dal quaderno, scrissi grande e grosso al primo rigo 'appunti su Morici'
1) Stronzo
2) Antipatico
3) Coglione
4) Stra..

e sentii qualcuno strapparmi il foglio dalle mani mentre stavo scrivendo 'stafottente'. 
Cercai di strappargli il foglio dalle mani, senza risultati, ovviamente.
- Stronzo, antipatico, coglione e stra..? - chiese con un ghigno.
- E strafottente - risposi fiera di ciò che avevo detto, forse avevo colto il punto giusto, poiché non ne sembrava assolutamente sbalordito, oltretutto era vero.
In fin dei conti, però, non ero mai stata una persona che giudicava gli altri a prima vista, e, a quel pensiero, mi sentii in colpa nei confronti di un ragazzo che, secondo me, neanche conosceva i sensi di colpa.
- Sembra proprio che abbiamo qualcosa in comune - ironizzò lui.
Si, c'è davvero una prima volta per tutto.
Di solito non sbagliavo mai a giudicare le persone, ero sempre attenta sui loro comportamenti e riuscivo a capire il loro carattere e, il suo, l'avevo colpito in pieno.
E poi, era tutta colpa sua se lo avevo definito stronzo, a partire da quella mattina sulle scale.
Mi morsi la lingua, io che gli avevo chiesto anche scusa per essergli finita addosso, la cogliona ora ero io.
- Non credo proprio - risposti scrollando le spalle.
Di solito avevo diversi cambi di personalità, cambiavo a seconda di come erano le persone con la quale avevo a che fare, quindi, di conseguenza, un po' di ragione l'aveva, se lui era stronzo, io facevo altrettanto la stronza.
- Toglimi una curiosità - mormorai improvvisamente - sei il figlio di quelli che si sono trasferiti nel palazzo in cui ci siamo incontrati oggi? Al secondo piano! - sbottai.
Magari la giornata sarebbe potuta migliorare, magari era lì da un nonno, o una zia, o un amico.
Pregai in tutta le lingue del mondo, peccato conoscessi solo l'italiano, ma vabbé, quello era solo un piccolo e innocuo particolare.
Si girò completamente verso di me, portando i piedi sotto la mia sedia.
- Acida e sbadata - mormorò.
- Non sei il mio vicino di casa? Oh, allora Dio esiste davvero! - sbottai.
Avevo paura di piangere dalla gioia da un istante all'altro.
Se davvero non era il mio vicino, avere una distanza più consistente con lui era un dono del cielo.
Non avevo mai avuto una forte fede religiosa, non ero mai riuscita a credere concretamente in qualcosa che non potevo vedere, forse, però, ancora una volta, potevo dire che c'era una prima volta per tutto, davvero.
- Ne sono felice quanto te, stronzetta, ma abito in quel palazzo da circa un mese, al primo piano. - 
Al primo piano, io ero al primo piano.
Al primo piano c'erano solo due case, la mia e quella.. E QUELLA DEL COGLIONE?!
Non ci credevo, allora non era stata la tizia del piano di sopra a trasferirsi, ma quella affianco casa mia!
Non avevo mai avuto un qualcosa che si potesse definire legame con quelle due famiglie.
Al piano di sopra vivevano due anziani, affianco a me un uomo solo, incrociato a volte per sbaglio nelle scale e, se poteva, evitava anche di salutare.
Non poteva, l'incubo continuava alla grande e si stava allargando a dismisura, lui stava invadendo tutto il mio spazio privato. 
Lui viveva affianco a me, lui respirava a pochi metri da me, lui era a troppi pochi centimetri da me.
- Cioè, fammi capire, tu abiti affianco a me? - poi ci pensai su.
- Oh, stronzetta a chi? - sbottai fronteggiandolo. 
Lo ritrovai a qualcosa come cinque centimetri di distanza dal mio volto, stava inquinando l'aria quello lì.
Il suo sguardo era impresso nel mio, e, per quanto odioso fosse ammetterlo, non riuscivo a fronteggiarlo nel mie piene facoltà mentali.
Le sue iridi verdi avevano delle venature azzurre e, visti da quella vicinanza, i suoi occhi erano di una bellezza rara, un di quelle che forse non avevo mai incontrato.
Ciò non cambiava la mia poca simpatia nei suoi confronti, ma forse poca simpatia era troppa, diciamo che la mia simpatia nei suoi confronti si poteva benissimo esprimere a numeri negativi.
- A te - soffiò troppo vicino a me e alla mia bocca, con un sorriso sulle labbra da prendere a schiaffi.
Ridussi gli occhi a due fessure.
Magari mi sarei svegliata da un momento all'altro scoprendo che tutto ciò era solo un incubo.
Magari era ancora il quindici giugno ed avevo ancora un'intera estate per spassarmela alla grande.
- Senti, la mia poca voglia di averti nella mia regione, nella mia città, nella mia scuola, nella mia aula, nel mio palazzo è un conto, ma doverti anche sopportare come vicino di banco è qualcosa di straziante, quindi, via il dolore via il dente. Abbiamo un compito da fare, iniziamo con le domande? -  
Comportarmi da persona civile sembrava un buon inizio.
Forse stavo ritornando in me e stavo lasciando andare i panni della bambina isterica e acida, ma non era mia la colpa, era lo stronzo a farmi diventare così.
Lo vidi scrollare le spalle e tornar a sedersi da persona civile, con le gambe sotto al banco.
- Cosa ami fare nel tempo libero? -
- Una cosa vale l'altra -
- Colore preferito? - mai perdere la pazienza, ripetetti a me stessa, magari sarei riuscita a tirar fuori qualcosa di buono da quel coglione.
- Mai avuto uno. - mi stava prendendo in giro, era sicuro.
 -Sport preferito? - tutti i ragazzi amano il calcio, avevo solo bisogno di una conferma.
Una conferma da Morici? 
Mh, chiedevo effettivamente troppo, me ne stavo rendendo conto da sola.
- Bho - e no, e no, potevo controllare la mia voglia di strangolarlo fino ad un certo punto.
Mi girai verso di lui guardandolo in cagnesco, e con tanto di quell'odio da aver paura di soffocarlo solo con lo sguardo.
Lo vidi girarsi verso di me e ghignare, soddisfatto delle reazioni che riceveva da me.
Godeva nel vedermi furiosa, va bene, vuol dire che non avrebbe tardato a vedermi davvero furiosa.
- Qualcosa mi dice che mi stai prendendo per il cosiddetto fondoschiena - non volevo essere volgare, almeno per il momento, anche se mentalmente gliene avevo dette sicuramente di peggiori.
Assunse un'espressione a dir poco straziante per il mio autocontrollo, prenderlo a schiaffi dinanzi l'Abate non era una buon'idea.
Fuori la scuola, magari ci potevo fare un pensierino, uno o due schiaffi non l'avrebbero ucciso.
Aveva sporso il labbro inferiore verso fuori, arricciandolo leggermente.
L'aria da coglione che si stava prendendo gioco di te gli calzava a pennello, forse perché lo stava facendo davvero.
- Qualcosa mi dice che sei davvero perspicace - magari prenderlo a schiaffi sarebbe stata solo una sua soddisfazione, poiché dubito che gli avrei causato qualche graffio, probabilmente qualche calcio sarebbe stato meglio.
Chiusi le mani a pugno, no, non avevo intenzione di prenderlo a pugni, ma in qualche modo dovevo pur tener a freno la mia voglia.
Mi dipinsi sul volto uno dei miei sorrisi più irritanti, sapevo come irritare le persone.
- Senti, Morici - iniziai.
- Mattia - mi corresse lui.
- Cosa? - risposi aggrottando le sopracciglia.
- Odio le persone che mi chiamano per cognome e, tu, già hai abbastanza punti a sfavore - oh bene, alla fine io ero l'antipatica?
Avevo già abbastanza punti a sfavore?
Bene, perché avevo intenzione di guadagnarne ancora e ancora, perché avevo ancora l'umiliazione con l'Abate da fargli pagare.
- Beh, fa niente, vuol dire che ne dovrai aggiungere ancora, Morici - sorrisi calcando sul suo cognome.
L'avevo detto io che ero abbastanza brava ad irritare le persone.
Sentii la campanella suonare, e, poiché fosse ora di uscire, scattò in piedi anche lui.
- Come vuoi, Cuneo - una cosa era l'odio reciproco, un'altra era farmi assegnare un due dalla befana. 
Mi morsi il labbro inferiore e presi un profondo respiro: dovevo farlo solo per la mia media scolastica, poiché già normalmente non eccelleva. 
Dargli una piccola soddisfazione e poi fargliela pagare cara, questi erano i miei piani.
- Aspetta - mormorai a bassa voce, così bassa che mi stupii del fatto che mi avesse sentita.
Si girò, guardandomi con aria di insufficienza, come se gli dovessi essere grata per avermi degnata della sua attenzione.
Sospirai e poi parlai.
- So che avrai poca voglia di vedermi al di fuori della scuola, dopo tutto la mia è molto meno, ma non voglio un'insufficienza all'inizio della scuola, oggi dove ci incontriamo? - avevo fatto il mio dovere, ora toccava lui fare un passo avanti verso me.
- Senti - iniziò - scrivi qualche cazzata ed io farò altrettanto, figuriamoci se quella verifichi che sia tutto vero - 
Avrei accettato, se non avessi conosciuto davvero bene quella befana.
Sarebbe stata capace di verificare la veridicità del mio compito, solo del mio compito, pur di segnare un impreparato sotto al mio nome.
- Tu non conosci l'Abate, lo farà - lo contraddii, dopotutto cosa ne voleva sapere lui?
Era la prima volta nella sua vita che la vedeva, che gran fortuna quel tipo.
Sembrò sbuffare, forse la sua voglia di vedermi al di fuori della scuola era anche inferiore alla mia, ma quell'ultima idea non mi scalfì minimamente.
Ci pensò su, o almeno così sembrò fare.
Sentii la sua lingua schioccare contro il palato, cazzo quanto mi dava il nervoso quel gesto.
- Vengo da te stasera verso le nove, va bene o già sei a nanna a quell'ora? - ironizzò.
Ok, in camera mia non c'erano telecamere e l'avrei potuto schiaffeggiare per bene, dopotutto, sarebbe stata la sua parola contro la mia, giusto?
Eppure, far entrare quello stronzo in casa mia non mi andava per niente, avrebbe inquinato anche l'aria di casa, cazzo.
Sbuffai rendendomi conto del fatto che stessero uscendo tutti. 
- Perché a casa mia? - tentar non nuoce.
Aggrottò le sopracciglia e poi si girò per andarsene, alzò una mano come segno di saluto e girò le spalle.
Non capii quel gesto finché non lo sentii mormorare qualcosa come..
- Scriverò qualche cazzata, buona fortuna Cuneo - 
Mi aveva zittita quel coglione, a quant'eravamo?
Ah giusto, un punto a suo favore. Cuneo 1 - Morici 2, non mi erano mai piaciuti i svantaggi.
Lo afferrai per il polso e, poi ritrassi la mano disgustata, avrebbe potuto infettarmi per davvero.
- Da me alle nove, non un secondo dopo, ma soprattutto non prima, non fremo dalla voglia di vederti - precisai, ci tenevo a farlo.
- Stammi bene - disse uscendo completamente dall'aula.
Avevo paura di ciò che mi stava attendendo, non ero molto brava a controllare il mio autocontrollo con lui e, la violenza non mi era mai piaciuta.
Ma proprio io dovevo aver quel coglione come vicino di banco? 
C'era una lunga giornata ad aspettarmi, o forse, un lungo periodo...
   
 
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