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Autore: angelad    07/12/2011    8 recensioni
è quasi Natele a New York, l'atmosfera si sta traformando. c'è qualcosa di magico nell'aria. Castle ci crede, Kate no.. ciò che entrambi non sanno,xò, è che questo sarà un Natale indimenticabile
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il suo appartamento brulicava di luci e di colori.

Ghirlande e festoni variopinti ornavano ogni mobile, candele rosse e bianche erano accese ordinatamente sul camino, sui vetri delle finestre erano state applicate decorazioni a tema, da un simpatico Babbo Natale intento a leggere su una sedia a dondolo ai fiocchi di neve.

Il tavolo della cucina era fasciato da una splendida tovaglia rossa ricamata con un motivo geometrico dorato e sopra era appoggiata una composizione di agrifoglio a forma di corona con all’interno un angelo di cera.

Bastava guardarsi intorno per scoprire qualcosa di nuovo, ma ciò che la colpì di più, lasciandola letteralmente senza fiato, era il magnifico albero di Natale che svettava in mezzo alla sala.
Era enorme, grande quasi quanto essa, tutto adornato con decorazioni bianche, le sue preferite. Le luci lo rivestivano completamente, ma avvicinandosi, Kate notò una marea diversa d’ornamenti: palline di ogni forma, stelle, angeli, regali, cristalli.. Non mancava proprio nulla, era come nelle favole. Quella, però, era la realtà e Kate stentava ancora a crederci. Rimaneva immobile davanti ad esso senza riuscire ad emettere suono.

Una mano si posò sulla sua spalla: “Ti piace tesoro?”.

La donna riuscì a rompere il silenzio: “E’ magnifico” rispose, ma dovette interrompersi perché si rese conto d’avere la voce rotta dalla commozione.

“Ci tiene da morire a te, lo sai vero?”.

Kate annuì.

Il padre continuò: “Guarda lassù tesoro- indicando la punta dell’albero- la riconosci?”.

La giovane donna sobbalzò: “La mia stella, quella che mi avevate regalato tu e la mamma. Come ha fatto ad arrivare qui? Era a casa”.

“Lo so, infatti gliel’ho data io. Ero stufo di vederla chiusa in quella scatola”.

“Tu sapevi di tutto questo?” disse Kate guardandosi in giro.

“Sì tesoro. Ieri è venuto a trovarmi, doveva parlarmi. Voleva sapere cosa ti piaceva del Natale, quand’eri bambina. Voleva farti una sorpresa. In realtà mi sono limitato a dargli la mia copia delle chiavi di casa tua, aveva già preparato tutto senza sbagliare una virgola. Ti conosce ormai quasi meglio di me, forse quasi più di te stessa”.

L’uomo sorrise e le accarezzò il viso.

“Credo che quella busta sul tavolo sia per te. Io scendo un momento al bar qui sotto, ho improvvisamente voglia di un caffè” e, preso il cappotto, lasciò la giovane donna sola con i suoi pensieri.

Kate si avvicinò al tavolino e prese in mano la busta dove la scrittura inconfondibile di Rick aveva scritto “Per Kate”.

La strinse al petto per qualche secondo e si abbandonò sul divano. Le luci dell’albero le illuminavano il viso. Fece un profondo respiro e la aprì.

“Ciao Kate. Quest’anno ho decisamente esagerato, lo so. Volevo farti un regalo speciale  ed ho avuto quest’idea. Spero ti piaccia! È solo per portarti un po’ di gioia in questo giorno così speciale, per farti assaporare di nuovo il Natale. Quando dici di non amarlo, non ti  credo. So che non è vero, ma capisco che, in questi giorni, il tuo dolore si accentui e che ti faccia soffrire. Volevo fare qualcosa per te, spero di esserci riuscito. Dovresti ringraziare in seguito anche la “manovalanza”, cioè Esposito, Ryan e Lanie, che, mentre io mi assicuravo di tenerti lontana da casa con una fantomatica lezione di pattinaggio, hanno montato, sotto mie precise direttive, tutto questo. Un’ultima cosa: sotto l’albero troverai qualcos’altro per te. Tantissimi auguri di Buon Natale.
                                                                           Richard                                       “

 
Un sorriso le illuminò il viso, questa volta Rick aveva colpito nel segno. Rise al pensiero di Ryan ed Esposito che trasportavano quell’albero gigante su dalle scale, con Lanie che, avendo preso possesso della situazione, impartiva ordini ai due malcapitati.

Era felice, finalmente aveva capito di non essere sola, i suoi amici le volevano bene davvero.

E Rick?

Beh Rick la amava e lei lo sapeva, lo aveva sempre ricordato. Era un uomo veramente unico, non avrebbe mai trovato nessun altro che la capisse e la rispettasse quanto lui. Doveva chiamarlo, ma prima, decise di vedere cosa si nascondesse sotto l’albero.

Si accucciò ai suoi piedi e, ben nascosto tra i rami, trovò un grosso pacco rosso con un fiocco dorato. Scartò il pacchetto e all’interno trovò una specie di libro con un post it attaccato e una seconda scatola incartata. Dopo averla appoggiata sul divano, lesse ciò che c’era scritto sul foglietto.

“Sorpresa numero 2! Questo è il tuo regalo, quello vero. Ho scritto una storia per te e vorrei che la leggessi prima di aprire il pacchetto più piccolo. Non barare!”.

Non aveva nessuna intenzione di farlo. Tirò su le gambe e si rannicchiò tra lo schienale e il bracciolo del divano e aprì il libro, il suo libro.

L’aveva scritto solo per lei. Era decisamente emozionata. Inizio a leggere:

“Questa è la storia di uno scrittore..”.

Si fermò immediatamente, le mancava l’aria per respirare.

Aveva scritto “quella storia”?

Aveva veramente scritto la loro storia?

Cercò di calmarsi e continuò.

“Questa è la storia di uno scrittore. Uno scrittore pazzo ed egocentrico, divenuto famoso per i suoi gialli, quasi tutti best seller. Viveva in un lussuoso appartamento a New York insieme alla sua bellissima figlia e ad una madre un po’ ingombrante. Era ricco, spensierato, donnaiolo e poco affidabile. Il classico adulto-bambino che si rifiutava di crescere, un eterno Peter Pan.

Un giorno, colto dalla noia e per far impazzire la sua seconda ex moglie-manager, decise di uccidere il suo personaggio di spicco e di terminare così la sagra che aveva consolidato il suo successo mondiale.

Alla presentazione di quest’ultimo libro, tutto procedeva con il solito rituale: autografi, foto e belle ragazze, tutte per lui. Stava per andarsene quando sentì alle spalle una voce femminile che lo chiamava. Pensando di trovarsi davanti una delle sue fan sfoggiò il più stupido dei sorrisi. Davanti a lui, però, si trovava una poliziotta, una detective della omicidi; aveva bisogno di alcuni chiarimenti su un suo libro, poiché l’omicida si era ispirato ad esso per commettere il delitto. Aveva bisogno d’entrare nella testa dell’assassino.

Lo scrittore decise di collaborare con lei, di aiutarla a risolvere il caso.

Quella donna era tutta d’un pezzo, non amava le scorciatoie e si capiva benissimo che non aveva preso in simpatia lo scrittore. La sua presenza lo irritava e, per questo, lui si divertiva ancora di più.

Risolto il caso, l’uomo ebbe l’ispirazione per un nuovo personaggio per i suoi romanzi: la detective dura, ma astuta. Chiese al suo amico sindaco di “intercedere” per lui presso i superiori della donna, voleva vederla lavorare sul campo, voleva conoscerla meglio. Quella donna lo aveva decisamente colpito.

Non poteva nemmeno lontanamente immaginare d’aver preso in quell’istante la miglior decisione della sua vita, quella che avrebbe cambiato il suo futuro.

La loro convivenza iniziò tra alti e bassi. Lui prese l’abitudine di portarle il caffè al mattino per cercare di essere galante; la donna, al contrario, cercava di mantenere le distanze, ma poco a poco iniziò a rilassarsi. Continuò  ad irritarsi ad alcune azioni dell’uomo, ma ormai si vedeva che stava recitando una parte,  in realtà si divertiva.

Il tempo passava i due iniziarono  a scoprirsi a vicenda: lei era una sua fan, aveva letto tutti i suoi libri, voleva sposarsi una volta sola nella vita, possibilmente con l’uomo giusto ed era molto diversa da come si mostrava.

Aveva un grande cuore, sapeva sempre quali parole usare con i parenti delle vittime, possedeva un’umanità straordinaria.

Lo scrittore si chiedeva perché una donna così bella (perché era straordinariamente bella) avesse deciso di fare il detective e non un lavoro diverso. Un giorno notò al suo polso un orologio da uomo e, mentre seguivano un caso che sembrava toccarla molto, le chiese cosa fosse accaduto a suo padre, perché portasse il suo orologio. Lei non rispose subito, ma a indagine conclusa, gli raccontò il suo più grande dolore.

La madre era stata assassinata, nessuno aveva mai trovato il colpevole, non aveva avuto giustizia, per questo era diventata un poliziotto. Aveva dovuto superare un bruttissimo periodo, il padre aveva iniziato a bere, ma era riuscita ad aiutarlo. L’orologio e la catenina, che portava sempre al collo, le ricordavano ciò che aveva perso e ciò che aveva salvato.

L’uomo capì in quell’istante che la donna non era dura come sembrava, era ferita, mutilata nell’animo. Mentre parlava i suoi occhi si erano tinti di una tristezza infinita, ma la dolcezza delle sue parole era palpabile. L’uomo si chiese per molto tempo perché avesse condiviso con lui quelle emozioni così intime, senza mai  trovare una risposta soddisfacente.

Da quel giorno si unirono sempre di più, divennero amici. Ridevano, scherzavano, ma soprattutto, si prendevano in giro.

Quante volte lui la provocava, faceva battute stupide per ricevere da lei le sue famose occhiatacce che amava così tanto! Dal canto suo lei non si faceva pregare: lo chiamò gattino per un’intera giornata, perché lui odiava essere soprannominato così, svitò le viti della sua sedia e fece “esplodere” la macchina del caffè per solo convincerlo di essere stato veramente maledetto da una mummia! Lui non se la prese, vederla ridere era bellissimo.

Lavorare con lei, però,  gli insegnò cosa fosse veramente la vita, quanto dolore c’era nel mondo e quanto lui fosse fortunato. Lo aiutò a crescere.

Un giorno il caso di sua madre fece di nuovo capolino nella sua vita. Riuscirono a trovare l’uomo che materialmente aveva commesso l’omicidio. Questi le confessò di essere stato assoldato da qualcuno di estremamente potente. La detective fu costretta ad ucciderlo prima che potesse rivelare il nome, per salvare il suo partner tenuto in ostaggio. L’uomo si sentì terribilmente in colpa per quanto era accaduto, voleva lasciare il distretto. Fu la donna a convincerlo a restare, spiegandogli che aveva bisogno di lui, aveva bisogno della sua allegria e sentenziò che  quel verme lo avrebbero preso insieme.

Erano sempre più uniti, si completavano a vicenda. Agli occhi di tutti erano una bella coppia, tanto da far sospettare che tra loro non ci fosse solo un’ amicizia. E, in parte era vero, perché a poco a poco i loro sentimenti mutarono, ma entrambi non volevano rendersene conto.

Lo scrittore incominciò a capire che la detective stava diventando qualcosa di più, quando la sua vita fu minacciata da un serial killer. Quell’uomo riuscì perfino a far esplodere la sua casa, mentre lei era all’interno. La paura d’averla persa lo uccise per qualche minuto, ma quando riuscì a sfondare la porta e a constatare che era viva e stava bene, ritornò a vivere.

Incominciò a chiedersi cosa fosse quel nodo alla stomaco ogni volta che incontrava il suo sguardo, perché al mattino, appena sveglio, accendeva il cellulare aspettando una sua chiamata. Nonostante tutto non riuscì a dichiararsi, anzi fece di peggio, decise di tornare con la sua ex moglie e di lasciare il distretto per l’estate. Lei in quel periodo usciva con un altro ragazzo, pensò che non fosse interessata a lui. Non poteva sapere che lei aveva rotto quella relazione.

Quando in autunno ritornò a New York per presentare il suo nuovo libro, trovò la detective molto arrabbiata con lui. Non ne capiva il motivo, ma non aveva intenzione di lasciare che lei lo estromettesse dalla sua vita. Scommisero per il suo rientro in squadra, riuscì a vincere  (almeno così la donna gli fece credere) e divenne nuovamente il suo partner.

Tutto ricominciò come prima: il caffè, le battute, i casi, la loro amicizia. La doccia fredda per lo scrittore arrivò quando scoprì la presenza di un dottore- motociclista nella vita della detective.

Rivederla aveva riacceso quella miccia interiore che aveva cercato di sopire e quel ragazzo era davvero una scocciatura.

Per fortuna dello scrittore, il dottore aveva lo straordinario talento di sparire dalla vita della donna nei momenti “giusti”, cioè quando la detective aveva bisogno di un sostegno, la lasciava sempre sola e lui cercò di approfittarne.

Le indagini sul caso di sua madre ebbero una seconda svolta quando il detective, che aveva investigato su di esso, venne assassinato davanti ai loro occhi. La donna mostrò il suo lato più fragile e lo scrittore le restò accanto, anche quando  fu estromessa dalle indagini.. L’aiutò a ricercare la verità per conto suo e promise a se stesso che l’avrebbe protetto a costo della sua vita.

Ormai non poteva più negarlo, non andava al distretto per scrivere i suoi libri, andava lì solo per lei, per poterla “vivere”. La sua “musa” era diventata il suo unico desiderio.

E quella sera, in quel vicolo, quando dovevano salvare i colleghi della donna creando un diversivo, un bacio gli sembrò l’unica idea possibile. Doveva essere “un bacio sotto copertura”, ma non fu così per nessuno dei due. Quando le loro labbra di toccarono dentro all’uomo si irradiò un grande fuoco e il cuore incominciò a battergli sempre più forte. La strinse a sé ancora di più e sperò che quell’istante durasse per sempre. Quando si staccarono l’uomo capì di non aver mai baciato prima di allora.

Entrarono nel palazzo e lo scrittore si ferì una mano prendendo a pugni quel maledetto cecchino che voleva ucciderla. Nell’ambulanza mentre lei lo ringraziò per averle guardato le spalle, lui riuscì a dire solo “always”.

Per sempre.

Sì, lui era lì per lei per sempre, non l’avrebbe mai lasciata sola..

Non erano più amici e lo sapevano entrambi. Un amico non è geloso e un’amica non sorride compiaciuta ed onorata di tale sentimento. La conferma fu l’ “always” che lei pronunciò in quell’occasione. Forse  lei provava gli stessi sentimenti.

Le loro emozioni crescevano di giorno in giorno, di ora in ora. Solo la maledetta paura di rovinare tutto li bloccava:  non erano pronti.

Il destino, però, non aveva ancora smesso di scombussolare le loro vite. La tragedia incombeva sulle loro teste.
Il mandante dell’omicidio della madre ricattava il suo capitano, l’uomo che la detective considerava il suo secondo padre.
 Per proteggerla, per impedire che fosse uccisa le aveva mentito per molto anni: non le aveva mia detto di essere implicato.  
La situazione precipitò: quell’omicida aveva decretato la morte della donna. Nel disperato tentativo di salvarla per l’ultima volta, il capitano la attirò in un hanger per parlarle. Le raccontò una parte di verità e la usò come esca per i sicari. Quando questi arrivarono, però, la donna fu portata via dallo scrittore sotto ordine del poliziotto. Aveva deciso di sacrificarsi per lei. La dovette portare via di peso, mentre la donna si dimenava straziata dal dolore, non poteva sopportare ciò che stava accadendo. Non poteva essere vero. Lo scrittore la tenne stretta a sé e avrebbe fatto qualunque per alleviare la sua sofferenza, per non vederla piangere così.

Il giorno del funerale del capitano fu il giorno più difficile della loro vita. La giovane donna stava tenendo un discorso di commiato e ripeté una frase dettale dall’uomo qualche sera prima per incoraggiarla: “ Alla fine, la miglior cosa che si possa sperare è trovare un posto dove prendere posizione. E si è molto fortunati se si trova qualcuno che voglia stare con noi”. Lo guardò. Quello sguardo valse per lo scrittore più di mille discorsi, capì che ormai erano sulla stessa lunghezza d’onda. Erano complici, era lui che lei voleva al suo fianco.

Uno strano luccichio, proveniente da dietro una lapide, attirò la sua attenzione: capì, ci mise un secondo. Si lanciò di scatto nella direzione della donna e le si buttò addosso, ma arrivò troppo tardi. Il proiettile aveva già colpito il suo corpo. Fu invaso dal terrore quando sentì il calore del suo sangue e vide il viso della donna contrarsi in un’espressione di stupore e di dolore. Le mise una mano sotto la testa in modo da poterla guardare negli occhi, in quegli splendidi occhi verdi che si stavano spegnendo. La supplicò di restare con lui, di non abbandonarlo.

No, non era giusto, non poteva andarsene in quel momento, non doveva morire. Avevano tutta la vita davanti a loro, dovevano dirsi ancora tante cose. Fu in quell’istante che riuscì a pronunciare le parole più importanti della sua esistenza. Quella frase uscì dalla sua bocca carica di ogni tipo di emozione: rabbia, paura, sconcerto, tristezza, ma soprattutto amore.

Quel “ti amo” era solo amore, tutto l’amore che lo scrittore portava nel cuore.
 
 
Ebbene sì, lo ammetto Kate Beckett, io ti amo.

Ti amo profondamente con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima. Ho creduto di morire anch’io quel giorno, quando hai chiuso i tuoi occhi tra le mie braccia.  So che hai udito quelle parole, so che te lo ricordi. So che mi ami, ormai ti conosco, so decifrare i tuoi pensieri, le espressioni del tuo viso..”


Kate si fermò. Non riusciva ad andare avanti. Le lacrime inondavano il suo volto, non ricordava nemmeno precisamente in quale punto della storia avesse iniziato a piangere. Quel pianto era liberatorio, era felicità, era gioia. Come un’onda stava portando via ogni sua paura, il muro dentro di lei era crollato.

Sì lo amava, Rick aveva ragione.

“Smettiamola di aspettare, diamoci una possibilità. La meritiamo, abbiamo diritto ad essere felici. Non ho paura del futuro, non più. Ho capito che il nostro amore non può finire, noi siamo destinati a stare insieme.
Io, però, non posso scrivere il finale di questa storia, puoi farlo solamente tu.

Apri il secondo pacchetto e, dopo averlo fatto, leggi l’ultima pagina”.

 
La donna ubbidì e scartò il regalo. Si trovò tra le mani un portagioie di legno finemente decorato con due rose e sopra era stato inciso il suo nome. Notò che aveva una serratura ed era chiuso; non poteva aprirlo, senza la chiave che non riusciva a trovare. Decise di tornare a leggere.

“Ora dovresti avere in mano un portagioie, o meglio uno scrigno.

 Se il libro, metaforicamente parlando, simboleggia me, sono uno scrittore e ho messo in quel testo tutti i miei sentimenti, quest’oggetto rappresenta te.

Uno scrigno dev’essere bello, deve attirare l’attenzione, ma, nello stesso tempo, deve essere resistente per poter proteggere ciò che è contenuto al suo interno. Tu sei esattamente così: esternamente, per chi non ti conosce, appari bellissima, ma dura, resistente come l’acciaio. Ti sei costruita addosso questa corazza per nascondere la cosa più importante che possiedi: la tua anima, tanto ferita in passato. Fai uscire la vera Kate solo quando ti senti al sicuro, quando non sei spaventata. Io quella Kate l’ho vista, l’ho vissuta, me ne sono innamorato e ormai  non riesco più a farne a meno. Senza falsa modestia sono l’unico a saper tirar fuori il meglio di te, mi hai dato la chiave per entrare nel tuo cuore ed ora voglio farlo per tutta la vita.

Non smetterò mai di ripeterlo: io ti amo Kate, ti amo tanto.

                                                                                        Rick

Ps. Credo di possedere un’altra chiave che  potrebbe esserti utile. Avvicinati alla finestra e guarda fuori”.


Lo vide. Era in strada ad aspettarla. In mano aveva un piccolo oggetto.

Improvvisamente si ricordò le parole di quella vecchietta: “Vedrai che quando meno te lo aspetti, la magia si abbatterà su di te e, quando ti troverai faccia a faccia con lei, non potrai ignorarla”.

Kate pensò che avesse ragione: quella sera era accaduto sicuramente qualcosa di speciale, qualcosa di magico..
Non poteva ignorare ciò che il cuore di Rick le aveva detto, né ciò che il suo stava gridando.

Uscì dalla porta e corse da lui.

 

 

Angolo mio.
Scusate il ritardo, ma c’è voluto più tempo a scrivere questo capitolo. E’ lungo lo so, ma avevo tante idee e ho faticato a metterle giù. Il racconto non è ancora finito, lo scrigno di Kate deve essere aperto. Fatemi sapere cosa ne pensate! Grazie a tutti

  
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