Fanfic su artisti musicali > 30 Seconds to Mars
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Autore: _DreamerL490_    07/12/2011    1 recensioni
Tutto nasce dalla passione per la musica. Una ragazza sta vivendo il suo sogno; gira il mondo con la sua band e sono entrati a far parte della sua vita i 30 Seconds to mars. Nel giro di due anni tra peripezie e sorprese tutto cambierà.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jared Leto, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Tomo Miličević
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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*Reneé*
Oggi ci saremmo trasferiti definitivamente a New York City. Non avevamo idea di che casa aspettarci, sapevamo solo l’indirizzo e che si trovava in uno dei quartieri più importanti. Jared stava guidando ed io seduta dietro gli facevo da Tom Tom. Non conoscevamo bene la zona dell’Upper East Side e continuavamo a girare intorno a Central Park. Shannon, Fran, Tomo,Vicki e gli altri avevano già trovato la loro casa; non abitavamo insieme, ognuno di noi aveva il proprio appartamento, ma rimanevamo sempre nella stessa zona. Il sole splendeva alto in cielo e fuori faceva un freddo cane. Per strada c’erano ancora dei residui di neve, gli alberi erano spogli, ma nonostante tutto ciò c’era chi faceva jogging, chi correva per evitare di arrivare tardi al lavoro o chi faceva la sua camminata mattutina con il caffè in mano.
"Mi puoi dire l’indirizzo?" domandò.
"Va bene, 130 East 79th Street" risposi.
"Ok, ora siamo su Park Ave, non dobbiamo far altro che svoltare a destra" disse appoggiandosi al volante.
"Ma va!Te l’avevo detto prima!" esclamai.
"No, te volevi passare per Madison Ave!" disse.
"Aah quanto siete complicati voi uomini" sbottai.
"Siamo arrivati!" disse contento.
Scesi subito dalla macchina e mi precipitai vicino a lui. Davanti a me vidi un palazzo color corallo, era di sette piani, c’era il portiere e tanta bella gente che usciva da lì. Era una bella zona, verde, vicina al parco, l’unica cosa che mi mancava della mia L.A era il clima. Jared prese le chiavi di casa e mi fece cenno di entrare. Appena il portiere ci vide, aprì subito la porta e ci salutò cortesemente. Internamente sembrava la hall di un hotel, c’erano due ascensori, due rampe di scale e anche i maggiordomi. Era un ambiente diverso da quello in cui ero abituata a vivere.
"Bello eh?Forse un po’ troppo da figli di papà, ma dovrai abituarti" mi sussurrò all’orecchio. Chiamò l’ascensore e in pochi minuti arrivò. Quando si aprirono le porte, notai che anche lì dentro c’era qualcuno che lavorava per te; entrammo e notai che oltre ai bottoni che indicano il piano, c’è n’erano altri che indicavano come aprire la porta del piano. In quel momento tutto mi parve complicato. Il ragazzo che era con noi premette il pulsante con il numero sette e poi un altro di un colore diverso. Nel giro di cinque minuti arrivammo a casa; mi aspettavo di uscire in un corridoio, ma la porta mi lasciò direttamente dentro l’appartamento.
"Non si sono risparmiati eh?!" dissi entrando in salotto. Anche all’interno era stupendo, il soggiorno era spazioso e illuminato da una grande finestra che dava su Central Park, la cucina era supermoderna e la sala da pranzo da urlo.
"Già, ma non è finita qui, vai al piano di sopra" disse sorridendo. Non avevo notato delle scale, eppure si trovavano nel salone; salì subito le due rampe di scale e arrivai in un corridoio. C’erano cinque porte, aprì la prima a destra ed entrai. Era la stanza mia e di Jared, anche lì c’era tanta luce che illuminava il letto, la cabina armadio era il doppio di quella vecchia e il bagno aveva due lavandini, due specchi e la doccia-vasca. Tutto era magnifico. Mi stesi sul letto per testare la sua morbidezza quando vidi Jared sopra di me.
"Ti piace?" domandò.
"Si!è bellissima" dissi entusiasta.
"Mai quanto te"sussurrò. Non mi diede il tempo di controbattere che mi stava già baciando. Mi strinse a se e mi spinse verso i cuscini.
"Ahi!" esclamai;qualcosa mi aveva fatto male alla schiena. In quel momento Jared tolse un giocattolo per bambini da dietro di me.
"Cole…"mugugnò serio.
"Cosa?" domandai.
"Ti devo far vedere una cosa" disse alzandosi dal letto. Mi coprì gli occhi e mi condusse in un’altra stanza.
"Ora puoi vedere"continuò. Eravamo nella stanza del bambino, poiché non si sapeva il sesso, i colori usati erano il giallo, il verde e l’arancione. C’era la culla, il fasciatoio, l’armadio, una sedia a dondolo vicino alla finestra e una chitarra. Nel muro era dipinto un bosco fiabesco e anche nei mobili che erano tutti bianchi, c’erano degli animali disegnati.
"Ti piace?" chiese.
"Sono senza parole" dissi continuando a osservare ogni singolo dettaglio della cameretta.
"Mi fa piacere, mi ha aiutato Cole e mio fratello" disse.
"Cole?!" domandai. Non era normale un rapporto così ravvicinato tra i due.
"Si, devo ammettere che non è poi così male quel ragazzo" rispose. Si notava benissimo che per dire quelle parole gli c’era voluto del tempo, ma l’importante era che non avrebbero più litigato, almeno per ora.



Ero da sola, Jared era andato a fare un’intervista ed io non sapevo che fare. Decisi di uscire e fare un giro per Central Park. Cercai di evitare i vicini e il portiere, non mi ero ancora abituata alla gente che abitava lì. Fuori era freddo, il vento era così forte che mi faceva lacrimare gli occhi e il cielo minacciava la pioggia. Attraversai tutta Madison Ave ed entrai nel parco. C’erano molte persone, alcune camminavano con i fidanzati oppure erano genitori che correvano dietro ai figli. Tutti mi avevano riconosciuto, nel loro volto vedevo l’insicurezza, non sapevano se avvicinarsi o no. Io continuai a camminare facendo come se niente fosse, arrivai fino al lago ghiacciato; ormai ero stanca e mi andava un qualcosa da mangiare. Mi stavo avvicinando per comprare un hot dog quando sentì qualcuno parlare:"Se fossi in te, andrei a comprarlo da quel signore là in fondo". Non era una voce familiare, così decisi di girarmi per scoprire chi era. Vidi un ragazzo alto, biondo, dagli occhi azzurri, era carino.
"Perché?" domandai.
"Se ne vuoi mangiare uno davvero buono, faresti bene a darmi retta" rispose.
"Va bene, ma vieni anche tu che offro io" dissi contenta. Finalmente avevo trovato una persona normale.
"Non sei come le altre celebrità" disse avvicinandosi a me.
"Beh grazie…e tu chi sei?" chiesi.
"Oh che sbadato, mi chiamo Alex" rispose.
"Piacere, io sono Renata" dissi.
"Tutto il mondo sa chi sei, comunque piacere" disse divertito.
"Bene, allora che mi racconti?Io mi sono trasferita qui e non conosco nessuno a parte te" risposi prendendo i due hot dog.
"Allora ti terrò compagnia io, ti farò da guida, sempre che Jared non se la prenda…Ah ma perché dovrebbe farlo?!Io sono gay" disse.
"Bene!Sei il mio nuovo amico Newyorkese" risposi.
"Scusa, ma ora devo andare al lavoro…tieni il mio numero, ci vediamo domani!" disse frettolosamente.
Lo conoscevo da poco, ma c’era qualcosa in lui che mi dava fiducia: avevo trovato un nuovo amico.
 

  
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