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Autore: Cherry Berry    08/12/2011    1 recensioni
"-Posso sapere il tuo nome?
Il suo sguardo color iris cercò quello color nocciola dello sconosciuto. Vi lesse una pura curiosità, che la portò a rispondere senza pensare.
- Rukia. Il tuo?
Ma lei lo conosceva. Non sapeva come, mentre il ragazzo dai capelli rossicci pronunciava il suo nome, un attimo prima che lo dicesse ad alta voce, lei lo sapeva già. Fu una sensazione stravagante, che le fece sentire una stretta alla bocca dello stomaco, una scossa di elettricità sulla pelle. Fissò il ragazzo, sussurrando il suo nome nello stesso istante in cui esso uscì da quelle labbra pallide e tese in un sorriso amichevole.
- Ichigo."
Prima classificata + premio originalità al concorso "A whole new world" del »DEATH & STRAWBERRY forum.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo, Sosuke Aizen
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CHAPTER 1

 

La solitudine è una pace inaccettabile.

Una contenzione dei sentimenti per sembrare normali

mentre si avverte il desiderio di esplodere, di esistere per qualcuno.

E allora si può anche litigare, colpire e colpirsi,

pur di non essere soli. Inutile per tutti. Inutile a se stesso.

 

La neve cadeva leggera, delicata, candida e così pura da ricoprire ogni cosa con il suo bianco bacio. Rukia fissava lo sguardo verso l’orizzonte, scorgendo il salice spoglio nel suo giardino e nulla più. Tutto era ricoperto da una patina chiara e fresca, che celava il disegno delle colline all’orizzonte. La ragazza spostò lo sguardo verso l’alto, fissando i singoli fiocchi di neve che precipitavano verso terra, dandole la sensazione di volare. Una voce chiamò il suo nome, facendola voltare di scatto e rompendo l’incanto in cui era precipitata. Il suo nome risuonò nell’aria una seconda volta, facendola sobbalzare ed alzare da dov’era seduta. Scese le scale, andando verso colui che continuava a chiamarla.

- Eccomi, eccomi.

L’uomo era in piedi, davanti al tavolo, con le braccia incrociate e l’aria arrabbiata.

- Rukia, dov’è quello che ti avevo chiesto?

La ragazza aprì la bocca, senza che una parola riuscisse a uscire dalle sue labbra. Era certa di averlo comprato, ma ora sul ripiano, dov’ella lo aveva lasciato, non c’era nulla.

- M-ma… Lo avevo poggiato…

- Rukia cara, stai diventando smemorata. Su, non fa nulla.

Aizen le poggiò una mano sulla fronte, sorridendo. Le sue dita erano fredde, come solo la neve poteva essere. Mentre le palpebre della donna si chiudevano e mille fiocchi bianchi cominciavano a volteggiare davanti ai suoi occhi, le parole dell’uomo le giunsero ovattate alle orecchie:

- Riposati un po’, non sei ancora totalmente in te.

 

Rukia si risvegliò sotto le coltri calde, mentre la soffice neve continuava a cadere sul paesaggio circostante. Le sue labbra erano secche, la sua lingua e la sua gola ardevano di sete.

- S-Sosuk…

La voce le morì, lasciandola scossa e con una forte tosse. Un bicchiere d’acqua le venne teso. Lo svuotò in un sorso, tendendolo all’uomo e abbozzando un sorriso. Sosuke si sedette sul bordo del letto, facendole una carezza e scompigliandole i capelli.

- G-grazie.

- Figurati piccola Rukia. Ti senti meglio?

La donna annuì. Ora si sentiva davvero in forma, pronta ad andare a correre nella neve.

- Sosuke, perché i miei ricordi sono così nebbiosi?

La domanda le era sorta spontanea, senza che riuscisse a fermarla. C’era qualcosa che non andava nella sua mente, c’era una coltre di neve in essa, la stessa neve che ricopriva ogni cosa fuori.

- È dovuto alla tua malattia. L’influenza ha assopito la tua memoria.

Un bel sorriso incurvava le labbra dell’uomo. Rukia si sporse, verso di lui, allargando le braccia e stringendole intorno a quel torace ampio.

- Grazie per esserti preso cura di me.

Aizen la strinse a sé, parlando direttamente nel suo orecchio.

- È stato un piacere.

 

Nonostante i giorni si susseguissero velocemente, creando vortici ripetitivi di eventi e parole, i ricordi di Rukia non tornavano a galla. La sua testa restava piena di ovatta, come se vi fosse un disturbo, un’interferenza che le rendeva difficile ricordare. Eppure era sicura che ci fosse qualcosa d’importante da tenere a mente.

 

Quella mattina il sole la svegliò, mentre la neve luccicava sui prati fuori dalla sua abitazione. I suoi occhi brillanti si aprirono sul mondo, timidi e pieni di speranze, mentre ancora una volta il fantasma di un sogno le scivolava via dai pensieri, lasciandola leggermente scossa. Ultimamente le capitava spesso di svegliarsi in preda all’angoscia, carica di panico e terrore e con una frase che le ronzava nelle orecchie, ma che non riusciva a visualizzare in nessun modo. Si mise a sedere sul letto, scuotendo i corti capelli neri e stropicciandosi gli occhi. Un timido raggio di luce filtrava dalle pesanti tende appese alle finestre, colpendo il cuscino dove fino a poco prima era poggiato il suo viso pallido e addormentato. Abbandonò le calde coperte per vestirsi e scendere al piano di sotto, dove la colazione la attendeva sul tavolo della cucina, con un biglietto da parte di Sosuke. La ragazza mangiò in fretta, uscendo finalmente in mezzo al manto nevoso che ricopriva ogni cosa, lì intorno. Inspirò una grande boccata d’aria fredda, producendo piccole nuvolette di condensa, mentre le sue guance s’imporporavano per via del brusco sbalzo di temperatura. Mosse qualche passo incerto lungo il vialetto dell’abitazione, dirigendosi verso il bosco, dove le altissime cime degli alberi erano incurvate verso il terreno a causa della grande mole di neve che vi si era depositata sopra. Rukia moveva i piedi ogni secondo con sicurezza maggiore, finché non iniziò a correre, affondando fino alle caviglie. Ben presto cominciò ad avere il fiato corto, il suo cuore batteva così forte da rimbombarle nelle orecchie, sentiva il sangue giungere in ogni parte del suo corpo. Rallentò il passo, respirando con calma e continuando a muoversi in direzione del bosco. Quando incontrò i primi alberi era certa di essere in cammino da circa un’ora.  Il bosco era silenzioso. Come sempre d’altronde, non l’era mai capitato di sentire quegli “strani rumori” di cui aveva sentito parlare tempo prima. Una leggera fitta le colpì le tempie. Non ricordava quando avesse sentito una frase del genere. Sapeva che non era stato Sosuke a dirgliela, ma Rukia associava quelle parole a una voce maschile. Eppure… Ancora dolore alla testa. La donna si massaggiò la fronte, percependo solo in quel momento la freddezza delle sue mani. Si era dimenticata di coprirsi per bene. Il suo passo si fece più veloce, mentre cercava di riscaldarsi le punte delle dita, congelate, soffiandovi sopra. Finalmente cominciò a percepire lo scorrere d’acqua. Era quasi arrivata, quindi. Si rimise a correre nella direzione dalla quale proveniva il suono melodioso, giungendo finalmente dinanzi a un ruscello. Non era molto grande, da una sponda all’altra misurava circa un metro, eppure non era ancora ghiacciato, l’acqua continuava a scorrere placida e serena, con il solito gorgoglio spumeggiante. In alcune parti, dove stagnava, sulla superficie si era formato un leggero strato di ghiaccio, trasparente e pieno di strane composizioni arabescate. Cercò un posto adatto, che fosse sgombro dalla neve, per potersi sedere comodamente.  Vide un piccolo spiazzo di terra gelata, sotto la folta chioma di un abete, che era stato risparmiato dalla bufera, e vi si accovacciò sopra, incrociando le gambe e poggiando la schiena al tronco, robusto e forte. Chiuse dolcemente gli occhi, ascoltando il fiumiciattolo scorrere, riflettendo. Aveva bisogno di schiarirsi le idee, voleva ritrovare quei ricordi che aveva perduto. Quello era il luogo preferiva quando voleva riposarsi o semplicemente desiderava il contatto con la natura. Sedere vicino a quel torrente la faceva sentire in pace con se stessa, cosa che ultimamente non accadeva quasi mai. Nel silenzio che riempiva la radura, riusciva a percepire i deboli rumori che la natura produceva, mentre il buio avvolgeva la sua vista e l’odore fresco e delicato della neve la colpiva, facendola sprofondare sempre più in quel regno di pace che tanto aveva bramato. Si massaggio con dolcezza le tempie, percependo il sollievo che le provocavano i polpastrelli freddi sulla sua pelle bollente. Era ancora malata, dopotutto.  Rimase parecchio tempo in quella posizione, mentre le dita riprendevano calore e la circolazione cominciava a migliorare. Era certa che fosse piuttosto tardi quando decise di alzarsi in piedi, scuotendo i capelli che si erano riempiti di piccoli fiocchi di neve scivolati dai rami. Girò sui propri tacchi, voltandosi nella direzione dalla quale era provenuta, camminando con passo sciolto e veloce. Sicuramente Sosuke era tornato a casa e cominciava a domandarsi dove si trovasse. Rukia scosse la testa, tra sé e sé. Come poteva tornare a casa, o in quel posto che si ostinava a chiamare casa? Per lei nulla era peggiore che vedere gli occhi scuri che l’attendevano, impazienti. Eppure in quello sguardo non vi era una briciola d’amore. La donna sapeva, ne era certa, che Sosuke non provava amore nei suoi confronti. Era dura affermarlo, eppure era proprio così. Nonostante continuasse ad affermare di volerle bene, di provare qualcosa per lei, ella conosceva la verità. Lui non provava alcun sentimento nei suoi confronti e Rukia non riusciva a comprendere perché la tenesse al suo fianco. In fondo se non l’amava, perché continuare a curarla, servirla, tenerla a bada? A queste domande non era in grado di dare risposte, nemmeno un misero accenno di ciò che poteva essere la verità le ronzava nella mente. Uscì finalmente dal boschetto innevato, scorgendo in lontananza la sua abitazione. Accelerò l’andatura, finendo per riempirsi le scarpe di neve fredda, bagnata. Salì il vialetto con espressione pensosa, mentre ancora mille interrogativi torreggiavano nella sua mente, senza che potesse trovare una soluzione. Aprì la porta di casa, stampandosi sulle labbra un sorriso, falso, dolce come il miele e velenoso come una puntura d’ape. Oramai la finzione era l’unica cosa che l’era rimasta, così bastava sorridere ed andare avanti.

-Sono a casa!



***
Salve a tutti! Scusate se nel prologo non ho scritto nulla ma andavo di corsa. Volevo soltanto dare due piccole informazioni riguardanti la storia: l'avevo già pubblicata tempo fa, ma avendola aggiunta tutta insieme era stata praticamente ignorata. Siccome è un racconto a cui sono molto affezionata vorrei poter dire che l'hanno letta molte più persone. Inoltre volevo ringraziare chi ha recensito e messo la storia tra le seguite♥ Poi... Niente, spero che possiate apprezzare anche questo primo capitolo, con cui si entra nel vivo della narrazione. Non so quando aggiornerò di nuovo, ma penso in tempi brevi. Nell'ultimo capitolo aggiungerò la valutazione ricevuta nel contest. :D
  
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