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Autore: spilletta    08/12/2011    4 recensioni
Il momento del risveglio di Bella alla sua nuova vita visto attraverso Edward e i suoi pensieri.....
-“Ti amo”, sussurrai, in preda ad una forte emozione. Stavo cercando di immaginare il suo primo gesto, la reazione che avrebbe avuto non appena aperti gli occhi. Certo, pensavo, la paura sarà la sua prima compagna e forse il disgusto… No, non il disgusto, forse è più corretto parlare di orrore, o di rabbia. No, no…
Scossi la testa.
Bella mi avrebbe perdonato, ne ero certo. Magari sarebbe stata molto confusa, irritata da quegli enormi cambiamenti nella sua vita, molto tesa e forse..pericolosa. Per sua figlia? Si..forse, ma l’avrebbe amata da subito. Ed io? Avrebbe continuato ad amarmi come prima? A vedermi nello stesso modo? Potevo sopportare il fatto che la nostra intimità avrebbe subito una lunga pausa, ma non avrei potuto sopportare di leggere il disprezzo nei suoi occhi, l’accusa di averla trasformata in un mostro. Ne ero terrorizzato.
Portai la sua mano al volto, baciandola, facendola aderire alla guancia. Quanto ne avevo bisogno.
Bella.-
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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Salve a tutti!! Questo è un pezzo che anche la nostra Stephanie ha descritto ma io ho voluto guardarlo attraverso Edward, come sempre…
Spero vi piacerà!
 
NB: I personaggi non mi appartengono e neanche parte dei dialoghi.
 
IL RISVEGLIO
 
“Edward…sta per svegliarsi…”.
Mia sorella Rose parlò piano, ma riuscì a trattenermi dall’uscire dalla sala e dirigermi al piano di sopra dove Bella continuava il suo lungo sonno.
Rimasi solo un attimo incerto se salire le scale per andare a controllare come stava o restare ed occuparmi di mia figlia. Non è che non volessi stare con la piccola, anzi, ma il pensiero che Bella stesse lottando da sola in quel piccolo letto mi assillava continuamente e mi divideva, scosso dai due più grandi amori della mia vita.
Ero appena tornato dalla caccia. Avevo dovuto. Era così tanto tempo che non mi nutrivo che anche tenere Renesmee in braccio era diventato troppo doloroso. Il problema era che non volevo in alcun modo allontanarmi da casa. Non c’era forza che mi tenesse lontano dalla stanza dove Bella si stava trasformando, anche se non potevo aiutarla, né fare niente per accelerare il processo.
Sospirai e mi avvicinai a Rosalie.
La piccola continuava a muoversi, gli occhi ancora chiusi e le piccole mani strette a pugno. Non potei fare a meno di sorridere guardandola.
“Mi avevi detto di avvertirti quando stava per svegliarsi… ma se vuoi ci penso io, tu vai pure da Bella”, mormorò piano per prolungare il suo sonno.
Scossi la testa. No. Dovevo esserci. Renesmee stava già facendo a meno della madre e non potevo privarla anche del papà.
“No, dammela…”. Tesi le braccia e la presi, un fagottino di pochi chili che iniziò a stirarsi, mugolando. Calore. Una vampata di calore profumato sul mio petto. Mia figlia.
Intercettai il passaggio di Alice che mi osservò seria, i pensieri chiarissimi.
Vado io da Bella, tranquillo, stai con lei.
“Grazie...”, le sussurrai, sedendomi sul divano.
Renesmee ancora non apriva gli occhi e mi misi ad osservarla bene, chinando la testa su di lei. Era bellissima, morbida, calda. Molto calda, perfino più della madre. E profumata. Ma il suo odore non mi sconvolgeva, non alimentava la mia sete. Era qualcosa che mi legava ancora più, se questo era possibile. Le labbra a cuore si aprirono, lasciando intravedere la dentatura perfetta, una mia eredità. Mi scoprii a desiderare di possedere un’immagine di quando ero bambino per poterla confrontare con lei: chissà se mi somigliava? Ma non avevo mantenuto quasi niente della mia vita precedente, se non qualche oggetto appartenuto a mia madre, come l’anello che avevo donato a Bella. Le carezzai le guance rosa, sistemando i capelli che le erano già cresciuti di molto. Ad appena due giorni dalla nascita pareva già una bambina di qualche mese e tutta la mia famiglia, compreso me, continuavamo ad annotare in modo maniacale tutti i cambiamenti che avvenivano in lei ora dopo ora, con un misto di preoccupazione e stupore. Dal canto mio, ero abituato allo stupore. Avevo già avuto un dono immeritato, con l’ingresso di Bella nella mia vita, ma la nascita di Renesmee, l’aver avuto una figlia, era stato il miracolo più grande, la cosa più inaspettata che potessi ricevere. Non ero più lo stesso uomo, non ero più Edward, il giovane vampiro figlio di Carlisle. Ero un padre. Marito e padre. Un cambiamento sconvolgente in poco meno di un mese.
La mia piccola aprì gli occhi. Mi osservò un secondo prima di aprirsi in un sorriso stupendo. Il mio cuore muto si riempì di gioia.
“Buongiorno…”, le dissi restituendole il sorriso e prendendole la mano che riempii di baci. Le uscì un gorgoglio di risa mentre tese l’altra manina verso il mio viso. In un attimo vidi un arcobaleno di colori, immagini, suoni, i sogni che aveva fatto, i desideri che aveva, uno fra tutti, la madre.
La baciai ancora sulla fronte stringendola al petto e lei si sistemò con la testa sotto il mio collo, puntando i piedi. Era già molto più forte e capace nei movimenti di un normale bambino umano.
“Lo so, vuoi la mamma …. Ma ancora dorme, non possiamo svegliarla”, le dissi dolcemente.
Lei mi guardò imbronciata. Capiva tutto quello che le dicevo, o almeno, ne capiva il senso.
“Non ti basto io?”
Sorrise ancora, socchiudendo gli occhi. La sua mano si aggrappò al colletto della camicia e chinai nuovamente la testa per strofinare il naso sulla sua pancia, in un gioco che sembrava piacerle molto. Stare con lei mi sollevava dall’ansia dell’attesa, era il legame con Bella, quella parte umana che stava perdendo, contro cui stava lottando per rinascere alla sua nuova vita.
Sospirai, pensando a lei.
Renesmee smise di ridere e mi toccò gli occhi con le sue piccole dita, poi il naso e la bocca. Mi accorsi di averla turbata, quasi come riuscisse anche lei a percepire i miei pensieri e me ne stupii. La scrutai negli occhi e lei continuò a fissarmi per qualche secondo, con un’aria molto matura, poi la strinsi un po’ di più, sorridendo e le uscì un gorgoglio di risa.
Renesmee. Reagiva forse alle mie emozioni?
Come sono belli insieme…
Devo controllarle la crescita…
I pensieri di Esme e Carlisle mi distrassero e alzai la testa salutandoli con un cenno del capo.
“Deve fare colazione prima “, risposi al pensiero di mio padre.  ”Credo la stia preparando Rose”.
“Si, certo. Sembra cresciuta ancora…”, constatò avvicinandosi.
“Già…”dissi sconsolato.
Avevamo sperato che il rapido accrescimento della piccola terminasse con la nascita, ed invece aveva accelerato la sua corsa, procedendo spedito verso un risultato che rimaneva ancora oscuro. Carlisle faceva tutto il possibile per monitorarne lo sviluppo e aveva iniziato a cercare informazioni, ma, sfortunatamente, Renesmee sembrava davvero unica nel suo genere. Unica e stupenda.
“Credo che capisca quello che diciamo.. comunque ne comprende il senso. Inoltre sembra molto sensibile agli stati d’animo “
“Ho visto. E’ probabile. Ma credo di più che sia particolarmente sensibile al tuo e, sicuramente, a quello di Bella. In fondo ne siete i genitori”.
Il pensiero di un legame del genere con mia figlia mi rese felice e mi sentii leggero.
Mi piacerebbe tenerla in braccio, pensò Esme teneramente.
“Mamma, puoi tenerla tu? Mentre fa colazione andrei a vedere come sta Bella”.
Esme sorrise e le porsi la bimba, adesso impaziente e smaniosa di mangiare.
“Vai pure..pensiamo noi a questo tesoro”, mormorò in un tono musicale, mentre già si dirigeva verso la cucina. Renesmee mi lanciò uno sguardo, di là dalla spalla di mia madre e la sua manina si sporse verso di me facendomi stringere il cuore. Avrei voluto riprenderla subito fra le braccia ma ... no. Non sarei stato tranquillo senza aver prima visto lei. Dovevo starle vicino.
Carlisle mi toccò la spalla, comprensivo.
“Tranquillo…sta andando tutto bene”.
Ha avuto così tante emozioni in poco tempo…pensò.
Scossi la testa. “Non sono preoccupato tanto per l’esito…quanto per quello che starà passando in questo momento e per come si…sveglierà”.
“Cosa temi?”
“E’ troppo difficile da dire… è solo una mia paura”
Non lo forzerò se non vuole, pensò serenamente.
Invidiavo questa capacità di Carlisle, la tranquillità, il suo riuscire a non gravarsi di pesi non necessari, di prendere le cose per quelle che erano, senza ingigantirne i problemi.
Lo guardai facendo un mezzo sorriso prima di scomparire al piano di sopra.
Aprii piano la porta. Eccola. La mia Bella.
Andai ad inginocchiarmi accanto a lei.
Sembrava che niente fosse cambiato da quando l’avevo lasciata poche ore prima. Forse, forse la pelle era leggermente più chiara e più compatta. Non mi azzardavo a toccarla, non volendo innescare qualche strana reazione.
Non si è mai mossa…
Alice stava seduta in un angolo, sotto la finestra. Non l’avevo neanche notata, prima di udirne i pensieri.
Sta andando bene… pensò.
“Chissà come sta..”
Mi persi ancora nella contemplazione del suo volto, preoccupato. Era mai possibile che non desse a vedere niente, né un segno di lotta, di dolore, di... qualcosa. Era lì, tranquilla, immobile da ormai quasi tre giorni.
I tre giorni più lunghi della mia vita.
Poggiai la fronte sul bordo del letto, pieno di ansia.
Avevo bisogno di una sua parola, di sentire la sua voce. Ero talmente pieno di emozioni che avrei dato qualsiasi cosa per essere tranquillizzato, per ridurre la pressione che sentivo dentro.
“Edward…”, mormorò Alice, non seppi dire se con il pensiero o con un filo di voce.
“Edward”, ripeté incalzante.
“Cosa c’è… “, risposi alzando lo sguardo.
“io so di cosa hai paura”.
Mi passai una mano fra i capelli, un gesto molto umano, ma era così che mi sentivo.
“Che vuoi dire?”
Temi che prima o poi Bella ti incolperà per averla trasformata in un vampiro, fu il pensiero di Alice.
La guardai a bocca aperta. Mia sorella mi conosceva bene.
“Temi di vedere nei suoi occhi il disagio, la difficoltà, la paura di essere quello che è … tutte cose di cui porterai il peso… Mi sbaglio?”.
Annuii, senza voce. Era molto tempo che mi chiedevo come Bella avrebbe reagito alla trasformazione. Ero conscio del fatto che era stata una sua decisione ma… non potevo fare a meno di avere paura. Avrei perso il suo amore, la sua stima? E se fosse stato così, come lo avrei sopportato?
“So che non è una cosa … razionale. Bella mi ha ripetuto un’infinità di volte che era quello che voleva. Le credo, ma so anche che non poteva sapere a cosa andava incontro e temo che quando lo scoprirà… possa pure arrivare ad odiarmi…”
Alice non pensò e non disse niente. Si limitò per un tempo abbastanza lungo ad osservarmi seria.
Poi si alzò e si inginocchiò accanto a me, dandomi affettuosamente una piccola spallata.
“Ho una mia opinione in proposito. Bella ti ama davvero.. tuttavia nessuno può prevedere la sua reazione. Nemmeno io, anche se mi sto sforzando di farlo..” disse facendomi l’occhiolino. “Però, però... non ho mai visto un legame come il vostro e la sua forza – indicò Bella – è davvero enorme, tanto quanto la sua testardaggine…”
“Quindi?”, chiesi più confuso che altro dai suoi discorsi.
“Quindi dico che non devi preoccuparti. Bella è sempre imprevedibile…. No?”
“Effettivamente…”
Alice mi abbracciò di slancio.
Non ti deprimere…e non deprimere Bella con le tue ansie, pensò stampandomi un bacio sulla guancia. “Vado a godermi la mia nipotina, altrimenti…. Tra poco arriverà Jacob e addio tranquillità…”.
Le sorrisi ringraziandola prima che sparisse dalla porta.
Sospirai. Anch’io desideravo un po’ di tranquillità, un cuore finalmente in pace.
Titubante le presi una mano tra le mie, dolcemente, sperando che avesse una minima reazione. Ma niente.
Avevo un enorme bisogno di lei. Come se non riuscissi più ad affrontare niente senza la sua presenza.
“Amore… dove sei?”, le sussurrai all’orecchio. Bella mosse appena le labbra, un movimento impercettibile ma reale che mi indusse a  parlarle ancora.
“Bella, come posso aiutarti? Vedrai, tra poco sarà tutto finito…staremo insieme, come volevi. Bella, mi senti? Sono qui..”.
Sembrò che le pupille roteassero più volte dietro alle palpebre chiuse, forse un gesto di dolore. Era impossibile capirlo. Mi chiedevo se veramente darle la morfina fosse stata una buona idea, Bella sembrava affrontare tutto con una calma così irreale, innaturale. Le accarezzai il volto. La sua pelle stava diventando più fredda, anche se non la percepivo veramente in quel modo, essendo sempre molto più calda di me. Ancora per poco.
“Ti amo”, sussurrai, in preda ad una forte emozione. Stavo cercando di immaginare il suo primo gesto, la reazione che avrebbe avuto non appena aperti gli occhi. Certo, pensavo, la paura sarà la sua prima compagna e forse il disgusto… No, non il disgusto, forse è più corretto parlare di orrore, o di rabbia. No, no…
Scossi la testa.
Bella mi avrebbe perdonato, ne ero certo. Magari sarebbe stata molto confusa, irritata da quegli enormi cambiamenti nella sua vita, molto tesa e forse..pericolosa. Per sua figlia? Si..forse, ma l’avrebbe amata da subito. Ed io? Avrebbe continuato ad amarmi come prima? A vedermi nello stesso modo? Potevo sopportare il fatto che la nostra intimità avrebbe subito una lunga pausa, ma non avrei potuto sopportare di leggere il disprezzo nei suoi occhi, l’accusa di averla trasformata in un mostro. Ne ero terrorizzato.
Portai la sua mano al volto, baciandola, facendola aderire alla guancia. Quanto ne avevo bisogno.
Bella.
No. Lei non mi avrebbe mai disprezzato.
Forse l’avrebbe colta il rimorso della scelta fatta.
Ecco. Era la cosa più probabile. Ero il primo a temere di averle rovinato la vita, perché non avrebbe dovuto pensarla così anche lei?
Bella, Bella…
“Volevo il meglio per te… e tu? Tu volevi me. Chissà se ne sarai ancora così convinta…”, sussurrai quasi a me stesso.
Avvertii la presenza di mio padre dietro la porta.
Entrò lentamente, i suoi pensieri erano pieni di fiducia.
“Nessun cambiamento?”, chiese tastandole il polso per controllare il battito cardiaco.
“No”.
Poi si portò la sua mano al volto.

“L'odore della morfina non c'è più”.
“Infatti”.
“Bella? Mi senti?”.

Era inutile, sapevo che non avrebbe risposto, ma tentai anch’io.
“Bella? Bella, amore? Riesci ad aprire gli occhi? A stringermi la mano?”, le dissi piano all’orecchio, senza riuscire a nascondere il dolore che provavo. “Forse... Carlisle, forse ho agito troppo tardi”.
Mio padre scosse la testa, toccandomi affettuosamente la spalla.
“Ascolta il suo cuore, Edward. È più forte persino di quello di Emmett. Non ho mai sentito niente di così vitale. Starà benissimo”.
«E... la schiena?”.
“Le lesioni non erano tanto peggiori di quelle di Esme. Il veleno la guarirà come ha fatto con lei”.
“Ma è così rigida. Devo aver fatto qualcosa di sbagliato”.
“O qualcosa di giusto, Edward. Figlio mio, hai fatto tutto ciò che avrei fatto io, e anche di più. Non sono sicuro che avrei avuto altrettanta deter-minazione, né la fede che c'è voluta per salvarla. Smettila di rimproverarti. Bella ce la farà”.
“Dev'essere in agonia”, mormorai angosciato.
“Non lo sappiamo. Nel suo organismo è circolata tanta morfina. Non sappiamo l'effetto che può aver avuto in questa circostanza”.
Mi rivolsi ancora a lei, sperando con tutto il cuore che potesse udirmi.
“Bella, ti amo. Bella, perdonami…”.
Sarebbe meglio che venisse giù con noi, pensò Carlisle, preoccupato per la nuova situazione venutasi a creare con i Quileute.

“No, rimango qui”. Risposi con fermezza. “Troveranno un compromesso”.
“Situazione interessante. E io che pensavo di aver già visto tutto” commentò.
“Ci penserò poi. Ci penseremo insieme” dissi baciandole il palmo della mano, sforzandomi di non ascoltare i pensieri di mio padre riguardo a Jacob e a mia figlia. Non avevo né la forza né la voglia di affrontare il problema, soprattutto “quel” problema. Quello che contava era Bella, era la sua salvezza. Il resto, avrebbe potuto attendere.

“Siamo in cinque, sono sicuro che eviteremo che si trasformi in uno spargimento di sangue”, continuò Carlisle seguendo il filo dei suoi pensieri.
“Non so da che parte schierarmi. Mi piacerebbe prendere a calci entrambi. Be', per ora lasciamo perdere”, risposi secco.
“Chissà cosa ne penserà Bella”, disse Carlisle fra sé.
“Sono sicuro che mi sorprenderà. Come sempre”, conclusi con un mezzo sorriso.
Carlisle annuì sorridendo e uscì dalla stanza, seguendo la voce di Esme che lo cercava dal piano di sotto.

Tu sei una sorpresa continua, pensai sfiorandole il volto con le dita, ormai l’ho capito.
Posai la testa accanto a lei, in modo da toccare con la fronte la sua spalla. Mi sentivo stanco, ma anche pieno di euforia.
Bella, Bella. Isabella. La mia piccola grande donna.
L’idea che saremo stati insieme per sempre mi eccitava e l’impazienza mi faceva fremere. Di nuovo sentimenti umani. Dubitai che li avrei più persi.
Avvertii, attraverso il contatto con la sua pelle, che il calore la stava abbandonando sempre più in fretta.
Ebbi il desiderio di stringerla a me, per proteggerla, per rassicurarla come avevo sempre fatto, ma non lo feci. Da cosa avrei dovuto difenderla? Ero fermamente convinto che in quella stanza l’unico ad avere paura fossi io.
Il mio amore era coraggioso, tanto, troppo a volte.

E molto spesso nelle sue battaglie aveva avuto ragione.
Sorrisi. E avrà ragione anche di questa. Lei vivrà. Vivrà.
Di nuovo una presenza.
Forse sono di troppo….
Alice.
Alzai la testa, facendole cenno di entrare con un sorriso.
“Quanto manca?”, le chiesi.
“Non molto. Vedi com'è tutto più chiaro? Ora la visualizzo molto meglio”, rispose, mentre mi mostrava l’immagine sfocata di una Bella stupenda e vitale. Ma la visione durò pochissimo.

Sospirò.
“Ti senti ancora un po' amareggiata?”.
“Ehi, grazie mille per avermelo ricordato. Anche tu rimarresti mortificato se ti rendessi conto di essere prigioniero della tua stessa natura. Vedo bene i vampiri, perché sono una di loro; vedo gli umani così così, perché lo ero anch'io. Ma non posso vedere questi strani mezzosangue, perché non sono niente che mi riguarda direttamente. Mah!”.
“Alice, concentrati”.
“Giusto. Ora è fin troppo facile vedere Bella”.
La vidi di nuovo, ora più chiaramente. Sorrideva.

Mi rilassai.
“Sta migliorando sul serio”, sussurrò.
“Certo”.
“Non eri così ottimista, due giorni fa”.
“Due giorni fa non riuscivo a vederla bene. Ma ora che non ci sono più tutti quei buchi neri, è una pacchia”.
“Puoi concentrarti un attimo per me? Dammi una previsione... dettagliata”.
Alice sospirò. “Quanto sei impaziente. Lasciami un secon...”.
Eccola ancora. Era proprio lei. Era la sua bocca, il suo naso, i suoi capelli, i suoi occhi, anche se avevano perso il loro colore naturale. Non c’era dubbio.
“Grazie, Alice”, dissi con un sorriso.
“Diventerà splendida”.
Replicai. “Lo è sempre stata”.
Alice sbuffò. “Sai cosa intendo. Guardala”.
Non risposi, intento a guardarla con occhi diversi, con una certezza in più.

Mentre le stringevo la mano percepii un cambiamento repentino: la temperatura scese di colpo, diventando simile alla mia. Dentro di me si agitò la consapevolezza della fine.o:p> s="messagebody">Dov’era mio padre?
Carlisle”, chiamai a bassa voce, sicuro che mi avrebbe udito.

Il cuore di Bella stava battendo ad un ritmo pazzesco, accelerando nella sua ultima corsa.
Ecco mio padre.

“Ascolta”, dissi.
Il battere ritmico e furioso del suo cuore era l’unico suono che si udiva distintamente.
“Ah”, disse Carlisle. “È quasi finita”.
“Manca poco”, concordò Alice impaziente. “Chiamo gli altri. Devo dire a Rosalie...?”.
“Sì, tenete lontana la bambina”, dissi per precauzione, anche se la frase mi bruciò in gola.
Ebbi l’impressione che alle mie parole gli occhi di Bella si stringessero in un gesto di dolore. Preoccupato le strinsi la mano più forte. Non volevo lasciarla, specialmente nel momento in cui il suo cuore avrebbe smesso di battere.

“Bella? Bella, amore?”, chiamai.
Non rispose ma la sentii irrigidirsi, i primi segni di vita, dopo tre giorni di assoluta immobilità.
Mia sorella uscì a cercare gli altri e Carlisle mi pose le mani sulle spalle, protettivo. Ne avevo davvero bisogno. Tra pochi istanti avrebbe aperto gli occhi.
Il corpo di Bella si tese, gettò la testa all’indietro inarcando la schiena. Stavo male, non potevo aiutarla. Il suo cuore dava i suoi ultimi sordi rintocchi, l’ultima corsa prima di tacere per sempre.
Durò pochi attimi, qualche secondo, poi ricadde immobile sul lettino.
Trattenni il fiato.

Bella aprì gli occhi, sorpresa.
  
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