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Autore: medea nc    08/12/2011    0 recensioni
Raccolta di storie nella quale si inseriscono varie vicende che porteranno Draco ad innamorarsi di Hermione. Abbandonato il progetto iniziale di 10 storie autoconclusive, ne compaiono due, di cui una con più capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti, Contesto generale/vago
Capitoli:
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Coercizione: Obbligo di frequenza (Prima Parte)

 
L’Ardemonio evocato da Tiger, ingestibile per un mago di quarta lega come lui, aveva causato parecchi danni.
La sua morte in primis, e qualcosa a Draco.
Stava annaspando in mezzo a quel calderone, senza avere la percezione della vista, quando una sua mano allungata verso il fumo intossicante era stata catturata da un braccio forte, vivo, che lo aveva trascinato lontano dalle fiamme, e posizionandolo sul manico di scopa.
Chi fosse? Lui non lo sapeva, soltanto i suoi occhi bellissimi e spenti in mezzo al proprio sconforto sentiva di avere da qualche parte, in qualsiasi parte del corpo.
Quando atterrarono fu più il tatto sviluppato ed accorto a guidarlo, ma dopo poco dovette ricredersi.
“Dove siamo?” sbraitò.
Tutti lo guardarono strano, Harry, Ron, Hermione, perfino Goyle. L’unico che gli si avvicinò.
La testa bionda, scarmigliata, si voltò di scatto appena sentì muovere l’aria su un lato, verso di sé.
“Chi sei?” berciò.
“In che parte della scuola ci troviamo?” continuava ad insistere con la classica prepotenza congenita alla propria educazione di viziato.
I quattro rimasero imbambolati come se fossero diventati tutt’ad un tratto marionette.
Goyle più di loro.
Solo la femmina, l’intelligente, assottigliò un po’ gli occhi seguendo i movimenti scomposti del ragazzo che non la finiva di strizzare ed allargare convulsamente le pupille, alla fine capì.
Fece qualche passo, ma non troppi da potersi far sentire da lui.
“Non ci vedi?” gli domandò con una preoccupazione non troppo evidente, forse qualcosa che somigliava più a curiosità.
“Fatti gli affari tuoi, sudicia!” questa volta non fece seguire il solito mezzosangue, ma non ce n’era bisogno, il disprezzo evidente lo sottintendeva.
“Malfoy, si può sapere che hai?” chiese anche Harry.
Era fin troppo evidente che non ci vedesse, ma era assurdo che un piagnone come lui non ancora si fosse messo a sbraitare per tutta Hogwarts.
“Goyle, dove sei?” si ricordava almeno che Tiger era finito nel fuoco, per la verità era l’unica cosa che ricordasse prima di … prima di.
Non l’avrebbe mai creduto, ma appena sentì il compagno avvicinarsi a lui mettendogli una mano su una spalla, ne fu davvero felice, e senza voler dare troppo nell’occhio agli altri tre, senza nemmeno ringraziarli per avergli salvato la vita, nonostante tutto, se ne andò, seguendo i passi dell’amico che camminava un passo avanti a lui mentre adesso era la sua mano posata sulla spalla robusta del ragazzo.
Era chiara la situazione, ma era anche chiaro quello che stesse accadendo al mondo magico, ed Harry era preso dalla battaglia finale contro Voldemort.
Hermione e Ron si guardarono per pochi istanti.
Si erano messi insieme da meno di un quarto d’ora ed in quel momento pensarono che era stata l’unica cosa sensata di tutta la loro vita, forse addirittura la più giusta.
Intrecciarono le loro dita e seguirono Harry, solo lei si girò incuriosita alle sue spalle per vedere, fosse stata anche per l’ultima volta, il profilo di Malfoy che si allontanava nella penombra delle aule oramai distrutte.
Poi accadde tutto in fretta, senza tregua, senza respiro, senza il tempo di dire “fulmine” che già l’acquazzone imperversa sulle lande, come un film al cinema senza intervallo.
Harry le aveva ordinato qualcosa, di uccidere Nagini forse, ma lei era ancora distratta accidenti! Ancora!
Poi Harry se n’era andato, i mangiamorte erano entrati ad Hogwarts, Hagrid aveva portato il suo migliore amico ormai morto e Voldemort si preparava a prendere il mondo della Magia.
Anche Draco doveva essere lì, la sua famiglia era ancora tra le prime file dei sostenitori dell’Oscuro, ma no, lui non c’era. Solo Goyle era tra i buoni, strano!
Tutto il resto divenne solo confusione.
Confusione erano i suoi sentimenti, le sensazioni che si accavallavano con le altre a seconda delle novità.
Harry era vivo, Harry stava bene, grande! Sì questo sì che era davvero grande! Poteva ancora distruggere il maligno, potevano ancora farcela.
Nagini era lì, da qualche parte, lei e Ron l’avrebbero ucciso quel maledetto serpente!
Neville, Neville Paciock l’avrebbe fatto, per vendicarsi accidenti!
Per vendicarsi finalmente della barbaria commessa sulla sua famiglia.
Era certa che Neville avrebbe ucciso personalmente Lestrange, o che l’avrebbe fatto lei, ma era contenta così … andava bene così, che Paciock almeno si riscattasse su quella gente.
E poi … fine.
Non ci sarebbe stato più nulla da dire, più niente da aggiungere.
Le venne in mente Malfoy, falsa! Non l’aveva mai dimenticato, non se l’era tolto dalla testa da quando lo aveva visto l’ultima volta.
Aveva notato lei stessa la fuga dei suoi genitori senza di lui.
Lui doveva stare da qualche parte, ancora dentro Hogwarts, … da solo.
Goyle sapeva dov’era , ma Goyle non c’era più, chissà dove diavolo si trovava adesso?!
Mentre poteva vedere la folla rilassarsi dopo la battaglia, le ferite curarle alla buona, i visi ancora stravolti, i pianti disperati per chi era oramai andato, si accorse di Ron piangere il fratello morto e non poté fare a meno di pensare a chi avesse salvato lei. Dopo l’oblivion sui genitori, dimentichi sì, ma felici, sereni perlomeno da qualche parte nel suo bel mondo umano, lei a chi poteva salvare ancora?
Nemmeno risollevare Ron da quello sconforto poteva, nessuno in quel momento ci sarebbe riuscito.
Di fronte alla morte c’è solo disperazione. Dopo … molto tempo dopo … rassegnazione.
Stava per avvicinarsi a lui, ma qualcosa le suggeriva che l’abbraccio di Molly, quello di Ginny, o di Arthur, sarebbe stato più confortante del suo. Più caldo.
Si allontanò, forse come una vigliacca, mentre tutti erano distratti da qualcuno più importante di lei, del suo egocentrismo; si allontanò dalla Sala Grande e scappò per i corridoi.
 
Non c’era piano, non c’era stanza, non c’era aula o mucchio di pietra che un tempo aveva un’austerità e adesso era distrutto, che non avesse analizzato, scrutato, studiato e memorizzato nella testa.
Ogni tanto solo qualcosa di insensato le usciva da bocca:
“Malfoy!”
Il nome che più di tutti, per tante sue buone ragioni, avrebbe dovuto dimenticare.
Parecchi avrebbero dovuto farlo.
Arrivò ai bagni delle ragazze, era una delle parti più danneggiate dalla guerra, ma Mirtilla Malcontenta era ancora lì, con la sua aria crucciata e quel sorriso perennemente strambo.
“Malfoy.” Sibilò incerta, mentre ispezionava i gabinetti, uno per uno.
“Shhhhhhh” le si avvicinò il fantasma parlando a bassa voce.
Quando si appostò alla spalla della ragazza le fece un cenno d’intesa.
Ultimo bagno a destra.
“È lì … è lì dentro, hihihi! L’ha accompagnato il suo amico bruttino, quello grosso, il figlio di Hagrid!”
Hermione capì che si trattasse di Goyle e non diede molto peso alla battuta sardonica dello spettro riguardo alla stazza del serpeverde.
Poi all’improvviso la vide vibrarsi in un volo veloce fino al soffitto con le mani congiunte e cominciando ad urlare con quella sua voce stridula.
“Bellissimo vero? Oh, se solo volesse morire?! Gliel’ho chiesto sai?! Avrei diviso volentieri con lui la mia dimora. È anche più bello di Harry!” asserì convinta.
“Ma mi ha mandata via! Mi sembra un principe ma non ha dei modi gentili!” piagnucolò, adesso di nuovo vicina alla secchiona.
Hermione sorrise.
“No, non ce li ha!”
Poi rimase alcuni secondi interdetta sopra la porta prima di decidere di aprirla lentamente, scansando eventuali oggetti volanti. Con Malfoy era sempre meglio andare sul sicuro.
Quando spalancò l’uscio, lo trovò seduto ai piedi del gabinetto, con le braccia sopra le ginocchia ed il viso completamente nascosto.
“Chiunque tu sia, sparisci!” intimò, ma questa volta la voce era bassa, acerba, sembrava essere tornata quella che aveva ad undici anni, non i toni maturi di quasi un uomo qual’era.
“Malfoy!” sussurrò.
“Ancora tu!” la rimbeccò, questa volta più sicuro.
“La guerra è finita, Malfoy! Voldemort è stato sconfitto. Harry … ha vinto … Noi abbiamo vinto.” Ma non c’era molto entusiasmo nei suoi toni.
“Voi? “ e batté le mani per applaudire, senza muoversi dalla sua posizione.
Voleva essere cattivo, beffardo, ancora una volta, come sempre.
Era talmente roso dall’odio che non aveva pensato nemmeno di chiedere della sua famiglia, ma lei ci pensò, ci pensò eccome.
“I tuoi genitori …”
La sua testa si alzò di scatto seguendo la sua voce.
Finalmente vide gli occhi grigi di una volta, bellissimi, come sempre, disarmanti, come sempre.
“Cosa gli è successo?” domandò, e adesso sì che c’era preoccupazione, paura, apprensione.
Allora sei umano!
Esclamò nella sua testa ricciuta.
“Credo che stiano bene; li ho visti scappare lontano dalla battaglia, però non so dove siano andati.” Gli rispose come una cronista.
Quello guardò il vuoto della parete, semmai si potesse dire di vedere qualcosa; e rise, maligno, e … triste.
“Scappati! È la cosa che ci riesce meglio, lo sai mezzosangue!”
Mezzosangue, come se si fosse dovuta impressionare; e s’impressionò davvero, perché anche se lo aveva detto, non era stato come le altre volte; non c’era disprezzo, non c’era rancore, non c’era nemmeno importanza, come se l’avesse chiamata per nome, o con uno di quei nomignoli ridicoli che si danno tra amici, o tra fidanzati.
Mezzosangue, ma sarebbe potuto essere anche Tesoro, Piccolina, … Amore.
Si accostò di più e lui la sentì, ma non disse niente.
Era stanco, anche una come Mirtilla lo poteva capire, forse davvero avrebbe preferito morire e rimanere da fantasma nei bagni con quella matta, sempre meglio di niente!
Aveva paura a toccarlo, ce l’aveva sempre avuta. Era certa che nel momento in cui gli avesse messo una mano addosso per amicizia, o per affetto o peggio per pietà, quello l’avrebbe aggredita.
Ci andò cauta, inginocchiandosi accanto a lui, con il sedere seduto sui talloni.
Volteggiò solo una mano accanto al suo viso, ma rimase sospesa nell’aria senza sfiorarlo.
“Sei cieco Malfoy?”
Quello si girò di scatto, non aveva ancora imparato a calcolare bene le distanze, non poteva sapere quanto fosse vicino il suo viso a quello della ragazza, se ne accorse solo quando l’alito fresco di lei entrò dritto nelle sue narici sensibili, prima che arrivasse anche il profumo buono dei capelli e poi quello più nascosto … della pelle.
“Vedo solo ombre, indistinte, sfocate, parecchio sfocate.” Disse piatto.
La sentì fare un lungo respiro.
“Se la strega più in gamba di Hogwarts non risponde con la solita saccenteria da maestrina significa che sono messo davvero male!” imprecò tra i denti tra l’ironia e una rabbia malcelata.
Ok, era senza forze. Gli si leggeva in faccia che avrebbe ceduto. Cattivo momento per fare troppo la remissiva e dargliela vinta. Anche perché con lui non era mai stata remissiva, era cosa difficile!
Senza fare più la gentile impaurita, lo afferrò per le braccia e cercò di tirarlo su.
“Io non so fino a che punto potrò aiutarti, ma c’è la McGranitt giù e tanti altri insegnanti e maghi bravissimi che qualcosa potranno fare, andiamo!” gli ordinò.
Ma Malfoy era pesante e non aveva alcuna energia, nemmeno quella per opporsi a lei, la sua nemica di sempre, dopo Harry ovviamente.
“Collabora per favore!” gli consigliò.
E quando quello ubbidì  (ubbidì? No meglio, le permise di sollevarlo n.d.a.) Hermione si accorse di quanto fosse alto rispetto a lei.
“Credi davvero che con il da fare che avranno nel salvare quelli che sono sempre stati dalla loro parte, si occuperanno di me?” inveì senza ritegno.
Mirtilla che fino ad allora si era affacciata con una certa curiosità, se ne scappò improvvisamente due bagni distante.
“Quel ragazzo è proprio indisciplinato. Che razza di principe è?” blaterò con la sua mente contorta.
“ Non tutti giudicano le persone secondo il tuo metro di giudizio, Malfoy.” Disse placida.
Quando costatò che poteva anche camminare con i suoi piedi, le venne istintivo prendergli la mano e guidarlo fuori da lì, lui non si oppose, non poteva.  
 “Ciao Mirtilla!” esclamò Hermione.
“Me lo porti via?” piagnucolò da dietro la fontana.
Malfoy non le rispose, di solito la ignorava e basta.
“Eh sì! Ha bisogno di cure, ma tranquilla il tuo principe ritornerà meglio di una volta!” scherzò mentre la faccia del biondo era semplicemente schifata.
“Tutte ste’ confidenze, vorrei sapere chi gliele ha date a ste’ due?!” ciancicò.
Nessuno li aveva visti finire in quella che doveva rimanere dell’antica infermeria, fortuna per lei, nemmeno Ron. Il rosso non avrebbe apprezzato quelle confidenze con Malfoy, anche se era convalescente.
A dispetto dell’ovvio classismo del serpeverde, Madama Chips, seguita a ruota dalla McGranitt ispezionarono il suo caso per alcuni minuti.
Hermione si sentì in dovere di andare ad avvisare il fidanzato e gli altri che avrebbe dato una mano in infermeria, ma fu parecchio sbrigativa.
Aveva costantemente paura di perdersi il momento in cui le due avessero sentenziato qualcosa di grave su Malfoy e lei non ci fosse stata. Aveva bisogno d’aiuto quel ragazzo, e lei lo avrebbe aiutato. Era la sua causa.
Ron ed Harry la seguirono a ruota. Passarono altri minuti. Le iridi di Malfoy erano sotto l’ispezione di due medigaghi molto in gamba, ma i loro sguardi che s’intercettavano non promettevano niente di buono.
All’ennesimo scrollo di teste, il più anziano emise il suo responso:
“A causa del forte impatto visivo caustico, la cornea è stata intaccata da diventare opaca. Per fortuna non c’è stato alcun distacco della retina; ciononostante ci vorrà del tempo prima che le cornee acquistino la completa visibilità.”
“Quindi potrà ancora vedere?” domandò Minerva.
“Sì, con le cure giuste.” Continuò il dottore.
“E non possiamo operare con la magia?” chiese in apprensione la McGranitt.
“No. Solo con alcune pozioni che devono essere preparate costantemente ed applicate subito dopo, possiamo migliorare la vista. “
Malfoy aveva iniziato a scalpitare appena aveva aperto bocca il medimago.
“E quali pozioni?” chiese Hermione.
Lei era esperta tanto quanto l’infermo in pozioni.
Il medimago che sembrava più giovane, le passò una pergamena con sopra scritte tre ricette differenti. Gli ingredienti erano piuttosto comuni ma lei le aveva lette da qualche parte e ricordava che i tempi di preparazione erano parecchio lunghi, anche perché andavano miscelati subito prima di essere applicati negli occhi, di modo che non si disperdessero le loro proprietà ancora fresche.
Ogni cinque ore andava messa una medicina differente, in alternanza.
“Per quanto tempo dovrebbe assorbire questi filtri?” domandò titubante la ragazza.
I due non risposero subito, poi il più anziano disse:
“Per tutto il tempo che ci vorrà.” E la sua voce non prometteva niente di buono.
Malfoy non disse nulla, adesso che non poteva vedere, avrebbe acuito gli altri sensi per intuire la preoccupazione trapelare dai presenti.
Le cure di cui aveva bisogno non erano impossibili; erano altre le complicazioni:
qualcuno che si prendesse costantemente cura di lui, lui, Draco Lucius Malfoy,
e che sapesse e soprattutto volesse preparare quelle pozioni senza tregua.
I suoi genitori erano chissà dove ed oltre a loro due, nessuno sapeva a chi poter chiedere aiuto per prendersi cura del ragazzo.
Nella scuola, pur ammettendo che ci fossero stati dei volontari, in primis si sarebbe dovuto far curare, sempre lui, Draco Lucius Malfoy, e poi sarebbero dovuti essere abbastanza efficienti da non preparare una cosa per un’altra o sbagliare la ricetta. Insomma! Ad Hermione balenò perfino l’idea di portarlo in un ospedale babbano pur di sottrarsi al sacrificio che chiedevano i medimaghi, troppo complicato per chiunque.
Poi si ricordò … la sua causa. Lei che non aveva avuto bisogno di salvare nessuno, di proteggere nessuno … Perché era andata da Malfoy? Perché?
“E sia! Organizzerò io stessa dei gruppi per prenderci cura del signor Malfoy!” sentenziò Minerva McGranitt.
Hermione cominciò mentalmente a contare:
Uno … Due … Tre
“Lasci stare!” rispose freddo il biondo viziato.
Lo sapevo!
Pensò la riccioluta.
“Non ho bisogno di tutto quest’aiuto. Appena i miei sapranno dove sto, mi verranno a prendere e mi riporteranno a Malfoy Manor, e lì mi daranno tutte le cure di cui ho bisogno, anche migliori di quelle che potrei ricevere da voi!”
Il solito arrogante!
Imprecò nel suo brillante cervello, la ragazza.
“Signor Malfoy, i suoi genitori non sanno che lei è qui, ed anche se venissero a prenderla, non credo che altri medimaghi possano darle delle soluzioni differenti.”
Continuò la donna.
“E poi le cure devono iniziare subito.” Intervenne il più giovane medico.
Ok, aveva bisogno di cure immediate, pozioni. Lei era eccellente in pozioni. Perfino gli ingredienti li avrebbe potuti reperire ovunque.
C’era bisogno di costanza, e chi era più testarda di lei nel finire una cosa iniziata?
Era indispensabile anche agire da sola, con la sua precisione e non con troppe persone che magari avrebbero confuso una medicina per un’altra. Rispettare i dettagli era indispensabile. Altro punto a suo favore.
Trattare con Malfoy, ah! Questo era il vero problema. Sorbirlo per chissà quanto tempo. Tempo senza scadenza, senza un limite. Poteva guarire, non poteva guarire.
Sarebbe stata una bella rogna, proprio adesso che Ron si era deciso ad esporsi con lei e forse a mettere su famiglia.
Chi glielo faceva fare? Poteva anche starsi zitta e lasciare Malfoy al suo destino.
Malfoy poi, il suo nemico, aveva fatto anche troppo per lui.
No! Non aveva fatto niente, come non aveva fatto niente per nessuno; o meglio, aveva aiutato, ma a metà, un po’ sì e un po’ no. Era stata con Harry durante la ricerca degli horcrux, ma quando si trattava di uccidere Nagini, per poco non morivano lei ed il suo rosso.
Anche adesso stava facendo le cose a metà. L’aveva prelevato dai bagni di Mirtilla Malcontenta, eh già, sai che bello sforzo!
Davvero un’impresa non c’è che dire!
Ok, lui era la sua causa. La sua personale, non di Harry o di Hogwarts, ma sua sua, di Hermione J. Granger, dove lei era la protagonista, non una, seppur validissima, alleata.
“Mi occuperò io di lui!”
Il silenzio tombale dovuto alle preoccupazioni del caso non si ruppe nemmeno per un istante, solo si … trasformò.
Assunse le sembianze dello stupore prima, della rabbia dopo, e della compassione per ultimo.
L’unico che rimase innocuo fu proprio Malfoy.
E quando Malfoy sembra innocuo preparatevi al peggio.
McGranitt e Madama Chips andarono a preparare il primo infuso della cura, i medimaghi si dileguarono in altre stanze di Hogwarts per visitare gli altri, e Ron si trascinò dolcemente Hermione fuori da lì.
Harry rimase solo pochi secondi, ma lui non sarebbe stato di nessun aiuto al suo nemico di sempre, a meno che non desiderasse essere il parafulmini della rabbia che gli ribolliva dentro.
“Hermione no. No. Non lo devi fare. Non sei costretta!” la buffa faccia di Ron era simpatica anche quando parlava di cose serie.
“Sì che devo! È solo, Ron. Ed io so che cosa sia la solitudine.”
“Che dici?”
“Dico che tu qui hai la tua famiglia, hai combattuto per loro, eri preoccupato per loro. Quando siamo andati alla ricerca degli horcrux tu ci hai lasciati per un po’; sai perché, Ron? non per le litigate o perché non credevi in quello che stavamo facendo, ma solo perché eri preoccupato per loro, per i tuoi genitori, per i tuoi fratelli; loro erano in pericolo, qui, in questo mondo. Io no. Io non mi sono preoccupata dei miei. Dopo l’oblivion non ho dovuto combattere con la disperazione che potessero rischiare le loro vite come la tua famiglia rischiava la sua.
Io ed Harry siamo rimasti. Io, Harry, e Malfoy, trovi qualcosa in comune Ron, ci troveresti mai qualcosa in comune?”
Quello la guardò solo stupito senza pensare in concreto.
“Siamo soli. Siamo assolutamente soli. Lui ha cercato di difendere i propri genitori e guarda com’è finito! senza nessuno. Harry ha difeso il mondo senza la vicinanza di una madre, di un padre, ed io, io l’ho seguito. Ora come ora chi c’è accanto a noi, chi gioisce per noi? Il mondo magico? Ma non i miei genitori, non quelli di Harry che sono morti, e nemmeno lui lì dentro si può godere niente, con nessuno.”
Poi sorrise disturbata.
“Ho appena visto morire mio fratello.” Sentenziò Ron, per farle capire quanto anche lui potesse essere distrutto da una perdita.
Quella lo guardò.
“E piangi per lui, fallo Ron, fallo tante volte, perché potrai vivere dei suoi ricordi, dei suoi scherzi, del suo buon umore contagioso. Potrai dire di aver avuto un fratello.
Io, Harry, e perfino Malfoy, non abbiamo goduto nemmeno del piacere di averlo un fratello.”
“Non ti capisco. Che cosa vuoi fare esattamente?”
“Aiutarlo. Aiutarlo a guarire. È così difficile?”
Non si aspettava una risposta da lui, non se l’aspettava mai, solo quella conferma col suo viso lentigginoso, giusto per approvare le sue scelte che dovevano essere giuste. Ron non era come Malfoy, Malfoy le avrebbe reso la vita un inferno se fosse stato il suo ragazzo, l’avrebbe contrastata. Ma Ron no, Ron si fidava di lei.
E ritornò in infermeria.
Sparito.
Draco Malfoy … era … sparito.
 
 
 
Nota: Personaggi e ambientazione sono di proprietà di J.K.Rowling, io li ho solo usati per questa storia senza alcuno scopo di lucro.
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