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Autore: Mademoiselle Moody    08/12/2011    6 recensioni
Ambra è una ragazzina di undici anni decisamente problematica, costretta ad una vita di inferno. Ma, un giorno, scopre di essere una semidea dal futuro già segnato ed aiuterà Percy nelle sue missioni impossibili.
Genere: Avventura, Commedia, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buonasera gente, ecco a voi il quinto capitolo. Ho dovuto spremere di parecchio le meningi, ma alla fine ce l'ho fatta. :) Spero non vi schifiate. Grazie a tutte le persone pie che seguono e recensiscono. Vi adovo. *w*

»M.Moody



LA COLLINA DEGLI ESSERI DIVINI.

 

Ambra spalancò i suoi grossi occhi castani, cercando di mettere a fuoco la cabina.

Inspirò profondamente la piacevole aria, ricca di salsedine, alla quale non era abituata.

Certo, al mare vi era andata, ma il massimo a cui si era spinta era stata la spiaggia di Ostia.

Si stiracchiò -con nemmeno un pizzico di eleganza- e saltò in piedi dal letto.

Il suo era davanti all'oblò dal quale si vedeva solo il blu.

Dell'oceano?

Del cielo?

Chissà, stava di fatto che Ambra era a chilometri di distanza da Crescenzo.

Parallelo al suo letto, ce n'era un altro con accanto la porta del bagno. Invece, dall'altra parte delle stanza, vi era la porta di ingresso.

« Che cavolo è questa puzza? » domandò alzando le ascelle. «Che razza di schifo ».

« Gu? » chiamò poi, guardando nel letto accanto al suo. « Gu!? »

« Mhh...» fece di tutta risposta l'uomo. « Che c'è? »

« Puzzo » rispose lei seriamente.

« Beh, non è una novità... » bofonchiò l'uomo, girandosi dall'altra parte.

« SCUSA?! » ringhiò lei. « VORRESTI DIRE CHE PUZZO?! »

« Nah » dissentì a sua volta. « Solo.. che sono tre giorni che non ti cambi e non ti lavi.. quindi..»

« Sì, certo, svia il discorso » borbottò lei mentre si dirigeva verso il bagno. « Andrò a farmi una ricca doccia ».

« Dovrebbe interessarmi? » chiese l'uomo, ancora con gli occhi chiusi.

« Se venissi attaccata dal telefono della doccia e dovessi morire... sappi che il mio fantasma verrà a perseguitarti fino a quando... »

La frase non poté essere terminata perché il Vecchio aveva iniziato di già a russare.

« ...Non mi supplicherai di ucciderti» digrignò.

 

Dopo una sana doccia, ad Ambra sembrò di rinascere.

Di certo non si asciugò i capelli: pensava fosse uno spreco di tempo.

Così, con i ciuffi sgocciolanti, uscì dal bagno e notò che Guglielmo dormiva beatamente.

Ancora non per molto.

Gli si avvicinò silenziosamente e inizio a battere chiassosamente le mani accanto al suo orecchio.

« GUGLIELMO, ALZATI ABBIAMO APPENA ATTRACCATO! »

Il pover'uomo sussultò e belò dallo spavento, prima di spalancare gli occhi.

«DOBB..FORZ..AND.EH!? » sbraitò. « AMBRA! »

« Ahah, siamo pari così, Vecchio » rispose lei, gioiosa.

« Sei infima, sappilo » disse lui massaggiandosi le tempie. « Perché mi hai svegliato? »

Lei si sedette sul letto davanti e alzò le spalle. « Boh, non era giusto che tu dormissi e io no ».

« Ottima spiegazione, cara, davvero...» mugugnò lui.

« Su questa crociera sul Nilo » continuò lei, fingendo di non ascoltare. « Ci sarà qualche negozio? »

« Lo sai che alla fine c'è un assassinio sul Nilo? » domandò lui.

« E lo sai che il cadavere ti somigliava? »

« Spiritosa. Comunque, vuoi fare shopping? » chiese.

« Questi vestiti fanno schifo, Gu. Sono tre giorni che li indosso. Non mi sono mai cambiata, ci ho dor...»

« Okay, okay, ho capito...» la bloccò lui. « Vuoi che ti accompagni? »

« E se venisse un altro mostro, eh?! E se mi attaccasse? Già mi hai abbandonato mentre mi facevo la doccia, sei un incosciente! E se mi uccidono mentre sto comprando un paio di mutande?! Devi pensarci a queste cose.. sei o non sei il mio Custode? »

« Non vedo l'ora di portarti al Campo. Ti lascio lì e arrivederci ».

« Ti voglio bene anche io, Gu ».

 

Al piano superiore c'erano una ventina di negozi d'abbigliamento, di scarpe e di elettronica.

Gioiosa, Ambra prese tutto quello che le serviva. Del resto la nave era deserta, non doveva pagare niente ed essere servita da nessuno. Una vera bomba.

Buttò definitivamente i suoi jeans e la sua felpa.

Iniziò a fare la sfilata per i camerini cercando l'approvazione di Gu che bocciava ogni sua scelta.

Alla fine, optò per una canottiera grigia semplice, con sopra una camicia da uomo verde a quadri (che le stava come minimo cinque volte in più), dei jeans scuri a sigaretta e un paio delle sue scarpe preferite: Converse All Star.

Basse, grigie.

Lei non era una tipa a cui interessava l'aspetto fisico oppure apparire più bella delle altre. Ma di certo, non era nemmeno una di quelle a cui non importava nulla.

Si vergognava anche un po' di quell'ambigua situazione: di solito le rubava le cose, questa volta invece aveva il libero arbitrio.

« Entro quanto dovremmo arrivare a New York? » domandò Ambra, mentre usciva dal negozio.

« Un'oretta al massimo » rispose lui. « Hai bisogno di qualcos'altro? »

Mentre passavano davanti al negozio di elettronica, ivi in vetrina c'erano dei telefoni appena usciti, Ambra si incupì.

«Ehi » la chiamò lui, scuotendole la spalla. « Che ti è preso? »

« Niente, solo che Crescenzo.. se è vero il fatto del telefono, che non posso usarlo, non potrò più sentirlo... per i prossimi tre mesi? »

Il vecchio la scrutò. Raramente Ambra dimostrava i suoi stati d'animo, ma con Guglielmo era diverso. Era praticamente suo padre.

« Amb, ti ricordi se nei saloni c'erano delle fontane? » domandò lui, afferrandole il polso e cominciando a camminare.

« Non me lo ricordo, ma se questa è una nave di Poseidone, ti pare che non ci sono fontane? »

La nave in questione, sussultò.

« Tesoro, è meglio che non pronunci i nomi degli dei. Sono un tantino suscettibili ».

« Okay, come non detto ».

Fortunatamente la fontana c'era.

« Oh, grazie agli dei » sospirò l'uomo, mentre frugava nella tasca dei pantaloni.

Pescò una moneta d'oro e prima che la gettasse nell'acqua, Ambra lo bloccò.

« Che diavolo è? »

« Una dracma d'oro » rispose cauto lui. « I soldi dell'antica Grecia ».

« Fantastico, Gu. Ma penso ti stia sbagliando, non stiamo a Fontana di Trevi: è inutile che getti i soldi ».

Guglielmo scoppiò a ridere e lanciò la moneta nell'acqua.

« Ragazza di poca fede, aspetta e vedrai... Oh Dea, accetta la mia offerta: mostrami l'Orfanotrofio di Santa Maria in Trastevere ».

La dracma sparì; in compenso apparve il viso sfocato di un ragazzo noto ad Ambra.

« CRESCENZO! » urlò.

Il ragazzo si girò e spalancò gli occhi. « Ambra? »

« Sì, idiota, sono io! »

« Sei tornata? »

« Ehm, Cresc... veramente...»

« Te ne sei andata? » chiese lui alzando il tono di voce.

« Sono stata costretta a farlo! » si scusò lei, iniziando a gesticolare. « Sono stata attaccata da un... due, sì, erano due tizi che mi volevano stuprare! Così io ho ferito gravemente uno dei due e l'altro mi voleva denunciare, ma dato che io non ho le prove per testimoniare la mia innocenza sono dovuta scappare via con Guglielmo ».

« Hai finito? » chiese pungente l'amico.

« Come?! » domandò a sua volta Ambra. Intanto Gu la guardava senza capire.

« No, dico, hai finito di raccontarmi questa palla? »

« No, Cré, non è una palla...»

« Ambra, ti conosco bene, hai raccontato più bugie tu che Pinocchio. Ero il tuo migliore amico, PENSI DAVVERO CHE NON ABBIA CAPITO!?»

Crescenzo era paonazzo dalla rabbia.

« Perché eri? Cresc, tu lo sei ancora il mio...»

«NON DIRLO NEMMENO! » urlò lui. « NON PROVARLO A DIRE NEMMENO! CI ERAVAMO PROMESSI CHE OGNUNO POTEVA CONTARE SULL'ALTRO NEI MOMENTI DI BISOGNO E CHE NON CI SAREMMO MAI DETTI BUGIE! INOLTRE AVEVAMO PIANIFICATO DI SCAPPARE INSIEME DA QUI, A MENO CHE QUALCUNO NON CI AVESSE ADOTTATO PRIMA... E TU? TE NE VAI!»

« Crescenzo, tu...»

« NO, STA' ZITTA, AMBRA! » la bloccò lui. « Forse hanno ragione tutti, sai? Da quando te ne sei andata Agata è molto più tranquilla, ha dato addirittura una festa! ALLA QUALE HO ANCHE PARTECIPATO! »

Ambra aveva gli occhi sgranati. « Non ci credo, Crescenzo, ti sei fatto circuire da loro...»

« Non voglio di certo essere amico di una persona egoista e meschina come te » sibilò. « Sparisci, non voglio mai più vederti né sentirti ».

E così il messaggio finì.

Ambra continuava a guardare il punto dove un attimo prima il suo migliore amico stava urlando.

Ah, che stupida, ex migliore amico.

« Ambra, è meglio che tu vada a prepararti, stiamo per arrivare » disse Guglielmo.

Non se lo fece ripetere due volte.

Si trascinò fino alla camera da letto.

L'unica persona al mondo di cui si interessava le aveva appena detto di sparire.

La giornata prometteva veramente bene.

Mentre ripensava alle parole di Crescenzo, Ambra e Guglielmo erano scesi al porto.

Nemmeno l'arrivo nel nuovo continente riusciva a metterle allegria: pensava ancora al suo amico.

« Perché non gli hai detto la verità? » domandò Guglielmo interrompendo il silenzio, mentre chiamava un taxi.

« Non mi avrebbe creduto ».

«Ti ha vista come un ologramma, pensare di essere figlia di un dio mi sembra il minimo... »

« Non lo conosci, Gu....»

«Ecco il taxi! » cambiò discorso il vecchio.

« Salve, vorremmo andare a Long Island, grazie ».

Salirono in macchina e chiusero le portiere.

«Allora, che ne pensi del mio inglese? » domandò lui.

« Sinceramente? » disse lei, riacquistando la sua aria tronfia.

« Certo ».

« Fa schifo ».

Guglielmo rise e le diede una gomitata. Anche lei abbozzò un sorriso.

« Vedrai » fece lui. « Troverai un sacco di nuovi amici come te ».

« Sì, è vero » sorrise sorniona.

Guglielmo si tranquillizzò vedendola di nuovo allegra, anche se non sapeva che Ambra era bravissima a camuffare le sue emozioni.

Era gasata per l'arrivo al Campo ma allo stesso tempo, sarebbe tanto voluta tornare indietro per andare da Crescenzo.

Per strappargli un ultimo abbraccio.

Dopo mezz'ora di corsa, l'autista annunciò l'arrivo alla collina.

« Sicuri che volete andare qui? » chiese incredulo l'uomo.

« Certo, signore. Ecco a lei i soldi » pagò Gu, uscendo dalla macchina.

« Uomo » chiamò Ambra. « Dove diavolo siamo? »

« Ecco, piccola, ora vedrai » disse lui, camminando per la collina fino ad un portico di legno.

« Benvenuta a Campo Mezzosangue».

Il Campo era la cosa più bella che avesse mai visto.

Varcata la soglia, notò un immenso paesaggio verde, vicino a un lago, ghermito di ragazzi che combattevano, correvano alla luce del tramonto.

« Uomo » chiamò la ragazza, strattonandogli la maglia. «ARGH!»

« Che c'è?» urlò terrorizzato.

« Scusa, è che non sono abituata a vederti con le corna... »

« Corni » la corresse lui.

« E' uguale » tagliò lei. « Ma che ore saranno? »

« Le sette e mezza di sera ».

« Di già... »

« Che ne pensi di questo posto? » chiese lui mentre si dirigeva verso un edificio.

« E' meraviglioso, Gu. Ma dove stiamo andando? » domando lei a sua volta, mentre vedeva ragazzi in armatura che le sfrecciavano accanto, armati.

« Alla Casa Grande, devi parlare con il direttore del Campo ».

«E' un semidio? » domandò lei, guardandosi in torno a bocca aperta.

« No, è un dio » puntualizzò lui. « Quello del vino ».

« Ah, Dioniso » fece lei, mentre lui l'ammutoliva.

« Che ti ho detto riguardo i nomi? »

« Oh, che tedio » alzò gli occhi al cielo.

« Eccoli lì! » Gu indicò due uomini seduti ad un tavolo, intenti a giocare a carte.

Due uomini, oddei, era un parolone.

Uno dei due era un Centauro, l'altro, invece, un tizio tarchiato vestito con una camicia leopardata.

Vicino a sé teneva una lattina di Diet-Coke.

« Signor D, Chirone! » salutò Guglielmo arrivando.

Il centauro distolse gli occhi dal gioco e salutò sorridente i nuovi arrivati.

« William, finalmente ce l'hai fatta! »

« William? » domandò Ambra incredula. « Per quale motivo ti chiamano così? »

« Tu sei Ambra, giusto? » chiese il centauro, allungando la mano. « Piacere sono Chirone, mi occupo delle attività qui, al campo ».

« Piacere mio » fece lei, stringendogli la mano. « Lei invece è talmente occupato a giocare da non potermi salutare? »

« Vedo che apprendi presto, ragazzina » chiarì lui, pungente. « Io sono il direttore, chiamami signor D; anzi, preferirei proprio non essere chiamato. Chirone, sta a te ».

« Pinnacolo? » domandò Guglielmo-William, mentre si chinava verso la ragazzina. « E' un gioco di carte che piace tanto qui ».

«Ahah, ti sto battendo un'altra volta, mio caro! » esclamò il centauro.

Aveva un'aria estremamente saggia che piaceva molto alla ragazza.

Dioniso in compenso borbottò qualcosa di incomprensibile, mentre Ambra osservava silenziosamente la partita.

In quel momento arrivò una nuova persona, un ragazzo, che fu salutato calorosamente solo da Gu, perché gli altri erano presi dalla partita.

« Posso? » chiese poi la ragazza, al dio.

« Sei ancora qui, Ambrosia? » domandò sprezzante il signor D.

« A quanto pare ci dovrò rimanere anche per parecchio » rispose tagliente. « Butti la regina, sempre meglio che sacrificare il re. Alla prossima mossa si riscatterà con l'asso ».

Dioniso rimase un attimo a pensare per poi fare ciò che gli era stato consigliato.

Vinse la partita.

« Beh, grazie, ragazza » borbottò lui, rimescolando il mazzo.

« Come scusi? Penso di non aver capito bene » fece lei sarcastica, suscitando le risate del ragazzo.

Finalmente si accorse di lui.

Era alto e biondo, con due grossi occhi azzurri molto intensi. Il viso era perfetto, tranne per una brutta cicatrice sulla guancia destra.

« Ho detto scusa, Ambra » chiarì scorbutico il dio.

« Sentiti fortunata » le disse il ragazzo. « Non si ricorda mai i nomi dei suoi allievi. Gli piaci ».

« Il lago è abbastanza grande e alto, figlio di Ermes. Se ti butti dal lato destro, potrai affogare molto velocemente » sputò le parole il dio del vino.

« Certo, signor D. William, ora la ragazza è nelle mie mani, vai a riposarti » lo esortò il tipo, prima di rivolgersi ad Ambra. « Vieni, ti faccio vedere un po' questo posto ».

« Ciao Gu, arrivederci Chirone, Dioniso...»

Il signor D fece finta di niente. La osservò per poi iniziare nuovamente a mescolare.

Si allontanarono dal posto di gioco prima che il biondo le sorridesse un'altra volta.

«Hai mai giocato a Pinnacolo? »

« Dici il gioco di carte? No » rispose lei.

Era veramente bello.

Lui alzò il sopracciglio. « Però, notevole ».

« Grazie, tu chi sei? »

« Giusto. Sono Luke, capo della casa undici, figlio -purtroppo- di Ermes ».

« Piacere Luke, capo della casa undici, figlio -purtroppo- di Ermes. Io sono Ambra, casa di niente, figlia di nessuno ».

  
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