Storie originali > Generale
Segui la storia  |       
Autore: Leitmotiv    09/12/2011    3 recensioni
Pia conosce perfettamente l'arte del mentire agli adulti.
Cain s'illude di poter capire le persone con una sola occhiata.
E poi ci sono gli altri, a scuola, per strada, in quelle simmetriche case della working class di Manchester.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
corpo






                                                                                MASS MEDIA







Il pub era pieno di clichè, un classico pub inglese dell'immaginario comune. Alti sgabelli ai banconi di legno, lunghi bicchieri colmi di birra, il pavimento di  faggio scricchìolante, la tv accesa in un punto ben visibile.

Pia rimase titubante sull'uscio, scrollandosi qualche fiocco di neve dalla frangia. Scruto' i clienti alla ricerca di visi noti.
Cain si tolse il berretto, stringendolo fra le mani.  Gli capitava di rado di entrare in un pub pieno di adulti come quello.
- Avviciniamoci al bancone e chiediamo - suggerì il ragazzo, chinandosi all'orecchio di lei.
- Non conosco nessuno, non di persona almeno - disse la biondina, avanzando.
L'uomo dietro al bancone accenno' loro un saluto con il mento, ed avvicino' una scodellina colma di noccioline.
Quel posto la metteva a disagio; avvicino' uno sgabello al compagno - Vuoi una coca?
Il moro annuì, prendendo anch'egli posto.
- Allora due coca? - disse l'uomo dietro al bancone, guardando lo schermo televisivo. Stavano trasmettendo una trasmissione sportiva.

Non c'erano molti avventori, e l'eta' media di questi oscillava fra la cinquantina e la settantina.  Un anziano stava combattendo fra il reprimere una fastidiosa tosse, ed il convincere il proprio interlocutore dei suoi credi sportivi; l'uomo davanti al vecchio rideva sotto i baffi, lisciandosi il mento barbuto. L'anziano sputo' qualcosa nel fazzoletto, riprendendo a parlare con voce arrochita.
A quel gesto, Pia abbasso' gli occhi infastidita.
- E' un anziano, dai! - obbieto' Cain, scorgendo il gesto della ragazza.
- E chi ha detto niente! - gli rispose lei.
Cain sorrise, con la sua smorfia abituale - Glielo devo chiedere io, a questo signore? - le disse, sussurrando - si sporse sul bancone, poggiando il mento sul palmo - Ogni tanto la tua grinta va a farsi benedire...
Pia riservo' al ragazzo un'occhiata di stizza; afferro' qualche nocciolina e le inghiottì di getto, reclinando il capo - Aspetto che ci serva da bere, prima.
Anche Cain allungo' la mano alle noccioline - Senti un po', com'e' che ieri sera non mi hai risposto?
- Avrei voluto spiegartelo stamattina, ma tu facevi l'offeso... Mi sono addormentata, né piu' né meno. Mi dispiace.

Malgrado le convinzioni ed i propositi che aveva covato nel letto la sera prima, Cain le credette con facilita'. Gli pesava  esser definito "permaloso", poiche' aveva la ragione dalla sua parte, ma dopo un attimo di silenzio evito' di farla lunga.  

Quando il proprietario si avvicino' con due tumblers di coca alla spina, colmi di ghiaccio, Pia ne approfitto' per attaccar discorso.
- Mi scusi... Lei conosce per caso Jhona Tunninghton?
L'uomo annuì, lasciando cadere in entrambi i bicchieri una fettina di limone ed una cannuccia colorata - Pero' e' un paio di giorni che non si fa vedere. Ma voi non siete della sua scuola - disse, indicando la divisa che i ragazzi indossavano - Lui frequenta la Curtis.
- Sono la sua vicina di casa - spiego' la ragazzina - Mi ha mandato sua nonna...Vede, stanotte non e' tornato a casa. E' molto preoccupata.
- Accidenti, non e' la prima volta... Quando Mrs Tunninghton non era costretta a casa, spesso veniva a ripescarlo qui. Gliel'ho sempre detto, io, di non farla preoccupare... Ma Jhona e' il tipo che ti risponde con un sorriso e poi continua  a fare come gli pare.
Pia sapeva bene com'era fatto il suo vicino, quell'uomo lo aveva perfettamente descritto con poche parole - Quindi proprio non l'ha visto? Non e' che magari qui c'e' qualcuno che lo conosce? Che l'ha visto ieri sera, ad esempio...
- Oh bhe... - il proprietario si guardo' intorno - Non ci sono i suoi amici ancora, pero' aspetta... - disse, sparendo dietro la porta a spinta della cucina.

Cain si sporse verso la spalla della ragazza - Ti dico la verita'. Non ho molta voglia di incontrare i suoi amici... Dobbiamo aspettarli?
- Tu non prendi sul serio questa cosa - disse, tirandogli la cravatta. Punto' gli occhi in quelli azzurri del ragazzo - Se i miei hanno trovato quel cellulare, lui...
L'uomo torno' accompagnato da un ragazzetto brufoloso con i capelli rasati a zero.
- Questo e' Mason. Lui vede spesso Jhona.
Il garzone si pulì le mani al grande grembiule da cucina che indossava, tirando su con il naso. Non aveva un'aria collaborativa, e nemmeno uno sguardo particolarmente intelligente. Squadro' i due ragazzi, soffermandosi sulle loro divise, poi volto' l'attenzione alla ragazzina.
- Tu sei quella che sta nella casa accanto a Jhona - proclamo' - E' da sabato sera che non lo vedo. Perche' lo cercate?
Pia non si sentì certo lusingata dall' esser stata riconosciuta da quell'individuo. Chissa' cosa diceva di lei Jhona ai suoi amici, e cosa questi pensavano di lei. Si chiese a quel punto se erano a conoscenza anche del modo in cui tirava su qualche quattrino, facendo tatuaggi senza licenza.

Cain prese parola - Non e' tornato a casa stanotte e nemmeno stamattina, sua nonna e' molto preoccupata.
Il ragazzetto corrugo' la fronte, avvicinandosi per fronteggiare il moro - Tu conosci Jhona?
Pia li interruppe, scendendo dallo sgabello - Ci ha mandato sua nonna. E' importante che Jhona torni a casa prima che si presenti l'assistente sociale.... Se non dovesse trovarlo durante il controllo, sia Jhona che sua nonna passerebbero dei guai.
Il garzone porto' le mani ai fianchi, fissando il viso della ragazza - Aspetta un po'. Sabato sera lui si e' allontanato dal gruppo per seguire te... Io ti ho vista, e c'era pure lui con te. Se non lo sapete voi dov'e' finito...
Pia e Cain si guardarono in faccia. Non era stata una buona idea investigare in quel pub.

La ragazza non si immaginava certo di esser così visibile, tanto da essere addirittura riconosciuta da un amico di Jhona che non aveva mai visto. Sorseggio' la coca, cercando di parere piu' innocente possibile - Sì ma si e' fermato solo un attimo a salutarmi - mentì - Non so che dire a sua nonna... Dove potrei trovarlo?
- Guarda che Jhona potrebbe rincasare stanotte. Lui e' fatto così! Non so dove potrebbe essere ora, potreste provare al campo da calcio, ma non si allena da quasi un mese - disse il butterato.
- Se dovesse passare di qui, gli diremo di tornarsene subito a casa - s'intromise il proprietario.



Finito il proprio drink, i due ragazzi tornarono in strada.
Cain alzo' il viso al cielo, incontrando i pacati, silenziosi fiocchi di neve - Vuoi andare a chiedere al campo? Secondo me dopo la pioggia di ieri sara' tutto ghiacciato...
- Il fatto e' che non so che dire alla nonna di Jhona - rispose lei, riparando le mani in tasca - Forse mi sto solo allarmando per nulla. Pero' lo sai Turner...quelli  forse sarebbero capaci uccidere anche Jhona. Siamo cresciuti insieme, io e lui.
- Prima ti fai prendere dall'agitazione, ora dalla malinconia. Di un po', e sii sincera... Ti piace Jhona? - le chiese Cain, senza guardarla in faccia.
Chiederle di dirgli la verita' era una domanda sciocca, aveva capito ormai che Pia diceva la verita' solo quando le faceva comodo; ma  non era il tipo, se n'era accorto solo in quell'ultimo periodo, capace di poter  controllare la propria gelosia, non almeno come Pia controllava le proprie emozioni.
Per un attimo si sentì solo. Erano in due a conoscere il segreto degli Hunt, ma quella biondina lo coinvolgeva e lo allontanava in continuazione. Poi c'era quel ragazzo, Jhona, che conosceva Pia da sempre. Lui probabilmente conosceva la vera Porhia Hunt, perche' non era possibile che quella ragazza fosse sempre stata come l'aveva conosciuta lui. Malgrado considerasse Jhona una sorta di troglodita, dovette ammetere che in questo stava un passo avanti a lui.
La gelosia gli fece luccicare gli occhi. Strinse i pugni in tasca, aspettando la risposta di lei.

- Di certo non mi e' indifferente - gli disse - Ma non lo amo.

Fra i due ragazzi si  creo' quell'atmosfera morbida ed intima, ma frizzante di aspettative, che prometteva grandi rivelazioni. Entrambe i ragazzi avevano annusato quell'aria almeno una volta nella vita, e quando la sentirono avvicinarsi nuovamente non poterono che esserne chi deliziato, chi spaventato. Chissa' se anche gli adulti potevano ancora provare quell'atmosfera...
Intorno a loro  case e  strade si erano ovattate sotto il lento scendere della neve. I rumori e la vita degli altri sembravano lontani, come un pallido ricordo.

Cain fermo' la ragazza per un braccio.
- Ti ho baciato piu' di una settimana fa. Fino ad ora mi sono chiesto se il tuo bacio era sincero. Tu non hai piu' detto niente...
Pia rimase a labbra serrate. Lo sapeva che prima o poi avrebbero dovuto affrontare quell'argomento.  Sfioro' con il pollice il mento del ragazzo, la pelle arrossata dal freddo, le labbra tremanti come quelle di una fanciulla di altri tempi, i suoi occhi azzurri ed eloquenti che aspettavano una risposta.
- Non c'e' niente che mi dispiaccia di te - Pia riporto' la mano in tasca. Stava per dirgli anche qualcosa di spiacevole, e non  poteva essere sicura che il ragazzo avrebbe preso le sue parole con filosofia - Pero' io non ci sto con i sentimenti, Cain - disse, chiamandolo per la prima volta senza usare il suo cognome - Per me e' difficile avvicinarmi a te in quel senso.

Per Cain aveva provato preoccupazione ed una sorta di affetto, ma quel bacio non le aveva suggerito nient'altro. Mentre si lasciava toccare da Jhona non c'era stato senso di colpa nei suoi confronti.  La cosa che piu' le lasciava l'amaro in bocca era che non riusciva lei stessa  ad afferrare i propri  veri pensieri ed a tramuarli in parole, e così stava succedendo anche ai suoi sentimenti.
Pia si stava perdendo. Pia stava perdendo se stessa.

Turner era rimasto confuso da quelle parole, che non erano un , ma neppure un no. Per l'ennesima volta era riuscita a disarmarlo di parole ed intenzioni.

Tutto rimaneva infinitamente immobile, la neve sembrava aver cristallizzato anche cio' che li circondava.

Cain non era sicuro delle parole che stava per dirle,  ma fece un piccolo sforzo per farle uscire dalla bocca.
- Forse dovremmo riparlarne quando tutto questo sara' finito. E' come se fossimo in tilt emozionale, non e' vero Pia? - le sorrise, curvando  le labbra in un gesto che la ragazza aveva notato fin dal primo giorno in cui si erano conosciuti.
Anche Pia abbozzo' un sorriso, forse sfiorata da un alito di tenerezza - Sei saggio, allora. Forse sì, Turner, e' come dici tu.
- Non potresti continuare a chiamarmi Cain...?
- E' che non mi viene spontaneo!
- Mi intristisce un po' sentirti dire sempre il mio cognome... Tu pronunci la "c" in maniera carina, mi piacerebbe sentirlo piu' spesso.
- Io dico un sacco di parole con la "c", non ti bastano?
- Hai capito benissimo cosa intendevo!
- Vedremo un po', se mi verra' spontaneo allora non ci saranno problemi... - gli rispose con aria provocante.

Continuarono a camminare sotto la neve, senza rendersene conto avevano girato intorno a tutto l'isolato. Un camion aveva slittato vicino a loro, il suono delle gomme li aveva riportati alla realta, ai  problemi, i segreti e la vita degli altri.
La neve aveva continuato a scendere, ma nessuno dei due si sentiva piu' cullato dal silenzio di poco prima.

- Ho paura che Jhona non tornera' piu' a casa.
- Dici che stanotte sarebbe troppo rischioso andare al magazzino?
- Stanotte devo rimanere in casa. Devo pure sforzarmi di cenare con loro. Non voglio che possano  anche solo pensare che gli sto evitando, sarebbe pericoloso.
- Qualsiasi cosa decideremo di fare da ora in avanti, sara' pericoloso.
- Hai ragione. Ma se non vogliamo che finiscano per braccarci, devo continuare a fingere che tutto sia come prima. Magari se ti comporti in maniera strana con tua madre, lei pensera' che hai problemi da ragazzo, invece se io divento diversa dal solito, i miei  aguzzeranno i sensi per capire cosa mi sta succedendo. Se tu fossi un assassino impenitente proveresti paranoie per tutti quelli che conosci.
Cain irrigidì le mascelle. Pia avrebbe dovuto tornare nella tana del serpente. Tuttavia non conosceva i genitori di Pia:  avrebbero davvero fatto del male alla propria figlia se avessero scorto in lei il barlume del sospetto?

Una berlina illumino' le schiene dei ragazzi, per poi affiancarli.
Quando l'autista tiro' giu' il finestrino, Pia riconobbe l'inaspettato viso di suo padre. Non avrebbe fatto in tempo a far allontanare il ragazzo. I coniugi Hunt, sorridenti, spostarono la propria attenzione su Cain, riconoscendo la stessa divisa che indossava Porthia.
Quando mai avevano visto la propria dillettta figlia passeggiare con un ragazzo?
- Tesoro! - comincio' sua madre - Te ne stai così sotto la neve?!.
- Hey, da dove spuntate voi due? Niente lavoro, oggi? - chiese Pia, piegandosi sul finestrino. Cain rimase in silezio, intimamente scosso dall'avere a portata di mano i due assasini. Gli assassini di suo padre, probabilmente.
- Avevamo i colloqui con i professori, te ne sei scordata?
Pia si dette della stupida, non avrebbe dovuto dimenticare una cosa come quella, un evento che di solito portava apprensione negli studenti.
- Tutto bene, no? - chiese loro, fingendo preoccupazione.
- Se non te ne sei ricordata, direi proprio che non avevi motivi per essere in apprensione per i tuoi voti - sorrise sua madre -  Ed i genitori del tuo amico sono andati ai colloqui?

Gia', i genitori  di Cain. Solo in quel momento Pia realizzo' che se era vero che gli Hunt avevano ucciso il signor Turner, non era difficile che conoscessero anche il resto della famiglia.
Pure Cain sembro' realizzare quel pensiero, scostandosi dalla luce del lampione per sistemarsi meglio il berreto sugli occhi.

- Ma certo che sì - rispose la biondina, sorridendo a sua volta - Non frequento gente ignorante, io.
- Non la vuole una cioccolata calda, il tuo amico? - disse suo padre, accendendo la lucina davanti allo specchieto retrovisore.
- Siamo passati da Meson's, visto che nevicava  e ci e' sembrato carino prendere cioccolata in polvere e pasticcini! - esclamo' Hellen, mostrando una busta del negozio.
Mai Pia avrebbe messo allo stesso tavolo Cain ed i presunti assassini di suo padre. Non poteva chiedergli quello sforzo, era piu' di quanto innaturale potesse fare al ragazzo. Porthia si considerava bugiarda e forse un po' al di sopra degli altri, ma non era crudele.
Anche se durante i suoi pesanti pensieri si era considerata tale piu' di una volta, visto che per arrivare alla verita' stava sacrificando il cadavere di quel poveraccio che era finito in pezzi nel bagaglio della Rover e tutte le vittime che lo avevano preceduto.

- Mi stava riaccompagnando a casa, ma deve tornare dai suoi per sapere il responso del colloquio - spiego' la ragazza.
- Comunque grazie - aggiunse Cain, alzando la mano per accennare un saluto, con il viso immerso nel colletto del cappotto - Ci vediamo domattina, ok? - disse alla ragazza, allontanandosi e cercando di mantenere un passo rilassato.
- Allora dai, sali! - Hellen tiro' la manica della figlia - Vuoi fartela tutta  a piedi?



Il giorno dopo gli spalaneve avevano  sgombrato la carreggiata dalla neve, spargendovi del sale.  Per tutta la notte, nel buio delle loro stanze, Pia e Cain avevano udito il loro meccanico procedere per le strade.  Il sonno si era alternato ai soliti pensieri negativi, e al muoversi delle loro membra nervose sotto le lenzuola.
Cain si era consolato "con se stesso", in una pratica abituale da adolescente. Prepotente, l'immagine del viso di Pia si era alternata al corpo di certe donne piu' formose.  Arrivato all'apice, si era poi vergognato di quei pensieri, nascondendo il viso nel cuscino. Non c'era niente di perverso in quello che aveva appena fatto, ma l'imbarazzo era stato piu' forte della razionalita' e dell'educazione sessuale che gli insegnavano a scuola.
La giovane Hunt, ignara delle pratiche del ragazzo, aveva finito per prendere un blocco ed una matita, cercando di tirare giu' qualche schizzo per la sua scarsa clientela di futuri tatuati. Si era addormentata verso le quattro del mattino, con la matita in mano ed il blocco poggiato sulla pancia.

Le lezioni si erano susseguite pigramente. Erano stati annunciati gli ultimi compiti ed interrogazioni prima della vacanze estive.
Sia Turner che Hunt avevano rivolto un pensiero al giorno di Natale. Il moro avrebbe passato il venticinque Dicembre dai parenti, aprendo regali che nessuno azzeccava mai, zii, nonni e cugini sarebbero stati  alle prese con il problema mentale di sua madre, accondiscendenti come al solito.  Quell'anno pero', ne era sicuro, l'argomento principale sarebbe stato l'arresto dei coniugi Hunt. Avrebbero discusso dell'indagine che sicuramente sarebbe stata aperta su di loro, e probabilmente avrebbe dovuto sopportare le offese nei confronti di Pia e, a ragione, dei suoi genitori.
Chissa' se dopo lo scoppio della tempesta mediatica Pia si sarebbe trovata ancora in citta'?
Era facile immaginare un epilogo sereno, in cui i "cattivi" l'avrebbero pagata, e lui sarebbe riuscito a riprendere le redini del rapporto con la ragazza, ma in quel momento gli sembrava tutto decisamente irreale.

Sopra la classe del ragazzo, seduta nel banco di mezzo, Porthia  non aveva quasi pensato al Natale. Da qualche giorno si era arresa all'idea che per lei, quel giorno, non ci sarebbe stato nulla da festeggiare, così come durante il veglione di Capodanno.
Forse per le feste sarebbe stata gia' affidata a su zia, che abitava in una contea dove d'estate faceva il bagno nei laghi, nella grande casa di legno e carta da parati di lei.  O da suo zio Charles, che abitava in un minuscolo appartamento di Londra, impregnato di nicotina e lettiera di gatto. Sempre che anche loro non fossero in qualche modo implicati negli omicidi...

Qualunque fosse stato il Natale che li attendeva, si erano ripromessi di denunciare gli Hunt prima di quel giorno di festa.


Al termine delle lezioni Cain aveva rintracciato Pia vicino all'uscita.
Avevano parlato della sera prima, dell'incontro inaspettato con i genitori di lei, e Cain si era confidato, cercando di spiegarle la rabbia con cui aveva dovuto avere a che fare in quel momento.
Sul viso di entrambi si leggevano i segni di una nottataccia.

- Mi mancano le mie lunghe, pacifiche dormite - commento' il ragazzo, sbadigliando - Sta a vedere che fra poco riattacca a nevicare.
- Nevichera' spesso, fin dopo Natale. Perche' non provi con delle tisane?
- Con te hanno funzionato? - chiese Cain, alzando il sopracciglio.
- Direi di no, ma magari con te funzionano.
- Ne dubito... E' da pazzi dirlo, ma non vedo l'ora che arrivi sabato.
Pia volse la faccia da un'altra parte - Non dire cose di cui potresti pentirti.
- Tu...non ti sentirai piu' libera, dopo?
La bionda scosse il capo - Non lo so, non lo so proprio...
- Gia', sono uno stupido, scusa! La tua vita cambiera' radicalmente, non vale la pena assillarti gia' da ora... Scusami Pia.
Pia gli rivolse un impercettibile sorriso - Passera' tutto, non ti preoccupare.

Cain lascio' la ragazza in cima alla strada dove abitava,  guardando ogni macchina che si avvicinava. In cuor suo si augurava di non dover mai piu' avvicinare i due genitori della ragazza. Le disse che magari si sarebbero sentiti piu' tardi per pianificare qualche mossa, ma che prima avrebbe dovuto ripassare per il compito di fisica, materia che lo metteva alla prova. Lei gli aveva risposto che avrebbero dovuto continuare a studiare, e a non farsi scoprire troppo fuori casa, ma che comunque avrebbero potuto cenare insieme in qualche fast-food.
Pia cammino' sino all'abitazione, osservando le punte umide degli scarponcini che indossava per contrastare la scivolosita' dell'asfalto.  Se fosse nevicato invece di piovere, la domenica in cui Jhona era scomparso, non sarebbe stato così tanto assurdo provare a seguire le sue impronte sulla neve fresca; era un'idea che aveva dei risvolti cinematografici, lo sapeva, ma aveva anche imparato che proprio le teorie piu' assurde poevano rivelarsi le piu' veritiere.

Piu' si avvicinava a casa,  e piu' le macchine parcheggiate ai lati della strada aumentavano.  Era un traffico insolito.
L'apprensione le salì dallo stomaco alla gola, come una sorta di nausea senza conati. Aumento' il passo, leggendo esterrefatta sui furgoni e le camionette nomi di emittenti televisive, e, come un pugno nel ventre, la scritta in caratteri bianchi e cubitali della polizia.
Aggiro' un gruppo di giornalisti, cercando di scoprire davanti a quale casa stessero stazionando.

Se fosse stata casa sua, tutto sarebbe finito proprio quel giorno in cui si era lasciata tormentare dal suo futuro. Ce l'avrebbe fatta  a chiamare Cain? No, la prima cosa da fare era chiamare i suoi genitori.
Si allontano' dalla casa, nascondendosi dietro il camioncino di una radio locale. Esrtasse il cellulare con mano tremante, scorrendo sulla rubrica il numero di casa.
Il telefono risultava libero, ed infatti era improbabile che a quell'ora i suoi genitori fossero gia' tornati a casa. E poi perche' nessuno l'aveva avvertita  a scuola?

Poi finalmente capì.

Il telefono le squillo' fra le mani. L'apellativo "mamma" apparve sul display. Pia rispose, quasi balbettando.
Dall'altro capo del telefono sua madre aveva la voce nervosa; di sottofondo poteva sentire la sirena di un'ambulanza.
- Pia! E' successo una cosa terribile. Ora pero' stai tranquilla tesoro! Non tornare a casa, vai al magazzino di tuo padre!
La ragazza percepì diverse persone parlare a voce alta. Sua madre non era sola, ma non riusciva a capire dove diamine si trovasse.
- Cosa e' successo?! - quasi urlo', poggiando la schiena al furgoncino.
- Ascolta Pia. Non so come dirtelo ma...riguarda Jhona. Lui non c'e' piu'. Tu pero' ora devi rimanere tranquilla e andare al magazzino, capito? Io sto andando all'ospedale con la signora Tunninghton!

Un altro incubo aveva cominciato ad avvolgerla, dalle gambe alla testa, come la spira di un serpente. Lascio' scivolare il cellulare sulla neve, in un impatto umido e silenzioso. La voce di sua madre le arrivava lontana.
Sua madre. No quella donna non lo sarebbe mai piu' stata. La sua esistenza era imperdonabile, quello che aveva sicuramente fatto era imperdonabile.

Loro non esistevano piu'. Non avrebbe mai permesso che rientrassero nel suo cuore.






















  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Leitmotiv