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Autore: Sherlock Holmes    09/12/2011    4 recensioni
Un graffio sul braccio di Watson, e la vita di Holmes potrebbe cambiare per sempre… O forse no?
Genere: Avventura, Commedia, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson, Mrs. Hudson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uscimmo poco dopo dal negozietto di Greek Street, salutati dal tintinnare della campanella d’ingresso.
Avvolgendomi la sciarpa attorno al collo, mi rivolsi al mio coinquilino:- Mi deve 12 scellini, Watson.
- Come?- mi chiese indignato, incamminandosi dietro me.
- Lei mi ha tranciato il sol. Lei me lo ripaga.-
Con un sorriso sardonico, Watson disse semplicemente:- Se lo scorda.
Apprezzai il gioco di parole, ridacchiando.
- Ho salvato la comunità di Baker Street da un’altra notte insonne…- appurò Watson.
- Mh, sarà acclamato come un eroe, Watson…- gli dissi, sarcastico.
Un uomo dal passo veloce e sicuro urtò il dottore, appena al di sotto della spalla.
- Ehi, lei! Faccia attenzione!- esclamò il mio compagno d’avventure, rivoltò allo sbadato. Questi continuò per la sua strada, senza scusarsi.
Watson poggiò una mano sulla parte alta del braccio, dove l’uomo l’aveva colpito, massaggiandosela.
Tornai indietro, sorridendo:- Oh, Watson, non faccia il bambino… L’ha appena sfiorata!
- Ah…- mormorò, osservandosi il braccio – mi ha graffiato.-
- Suvvia, non ne morirà, Watson!- esclamai, riprendendo a camminare.
Notai che il dottore non mi stava seguendo.
- Non credo di sentirmi molto bene, Holmes…- mi rivelò, continuando a massaggiarsi la leggera ferita.
- Le ha fatto male la birra della pastella? Sapevo che non reggeva l’alcool, ma così esagera…- constatai.
- No… Non c’entra… Mi… mi gira la testa.-
Sospirai, alzando il braccio e fermando, così, una carrozza, che indirizzai a Baker Street.
 
Durante il tragitto, il viso di Watson si fece molto pallido e divenne madido di sudore.
Giunti davanti al nostro appartamento, lasciando al vetturino sette scellini a pagamento della corsa, scesi dalla carrozza, ponendo il braccio di Watson sulle mie spalle.
Lo trascinai sui gradini. Bussai col piede, dato che avevo una mano occupata a reggere il violino, l’altra a sollevare il corpo, ora tremante, di Watson.
Mrs. Hudson non venne ad aprire.
Capii che era uscita a far la spesa per la cena.
Feci sedere lentamente Watson a terra.
Respirava affannosamente.
La preoccupazione fece capolino nel mio animo.
Con la chiave di Watson, aprii la porta.
Entrando, pestai una lettera.
“Maledizione… Neanche la posta ha ritirato, la nanny…”
Lanciai lo Stradivari sulla poltrona ed adagiai Watson sulla chiase-longue.
Mi sentivo impotente…
Tremore, sudorazione fredda, respiro difficoltoso… Sembravano i segni di…
Cacciai immediatamente via quel pensiero, scuotendo la testa.
“Non sono un dottore, quindi non posso interpretare correttamente i sintomi.”mi convinsi.
Così, presi una decisione.
- Watson… Ora vado a chiamare un medico… D’accordo?- gli sussurrai, dirigendomi verso l’uscita.
Watson mi afferrò il polso:- Non è necessario, Holmes…- mormorò. – Lei ha… Ha capito perfettamente. Non è una malattia. Le… malattie non si manifestano improvvisamente… Sono… sono graduali… Invece…-
- …i veleni agiscono in fretta.- conclusi, per lui.
Il graffio…
Il veleno gli era stato iniettato con il graffio…
Mi diressi al mio bancone di lavoro.
I reagenti chimici ribollivano nelle beute.
- Non esiste un veleno che fa manifestare contemporaneamente tutti e tre i sintomi…- bisbigliai. Poi, abbattuto, mi dissi – Senza conoscere il veleno, non posso sintetizzare un antidoto…-
“No, no… non è possibile… Ci dev’essere un’altra spiegazione…” sperai“ Insomma, perché avvelenare Watson?”
Osservai il mio riflesso sul ranvier di vetro e vidi in esso la risposta.
Lo sguardo di Watson si posò sulla busta a terra.
In quell’istante, notai che non aveva indirizzo né mittente. Era bianca.
Molti pensieri mi si profilarono nella mente…
La afferrai e la aprii senza tante cerimonie.
 
Egregio Sherlock Holmes,
 
come avrà già intuito, la persona a lei più cara è stata messa in pericolo di vita dal sottoscritto.
Il veleno che scorre nelle vene del dottore ha un solo antidoto, e questa sostanza è in mio possesso.
Se scoprirà la mia identità prima della morte del suddetto medico, le consegnerò il rimedio.
Altrimenti, se John Watson sarà cadavere prima della conclusione della sua indagine, saprò che lei, signor Holmes, non è un avversario degno di misurarsi contro di me.
 
Con la speranza di vederla presto,
ossequi.
 
Sospirai, chiudendo gli occhi.
“Diabolico.” concretizzai.
La lettera era stata vergata su carta comune e inchiostro reperibile da un uomo colto e sicuro di sé. Il tono e la scrittura non davano adito a dubbi.
Non riuscii a dedurre altro.
Vidi Watson reclinare la testa sul cuscino.
Gli asciugai il sudore e gli portai dell’acqua.
Altro non potevo somministrargli.
Non conoscendo il veleno, non potevo rischiare di aggravare la sua situazione…
Mi si strinse il cuore a vederlo in quello stato. Per causa mia.
- Ora vado a cercare un dottore… Poi, devo trovare chi l’ha ridotta in questo stato…- gli annunciai.
- Non ci provi… Holmes… Non voglio nessun dottore…- mormorò, ansante.
- Le ho già detto che non deve fare il bambino…-
Sentii la porta di casa aprirsi.
Mi alzai dalla poltrona, facendola cigolare.
- Mr. Holmes, è lei? O è il dottor Watson?- chiese la nanny.
Lanciai uno sguardo al medico sofferente.
- Mi… mi accudirà Mrs. Hudson.- disse Watson.
- Io…-
- No, Holmes…- ribatté, con uno sforzo – Vada a spaccare il muso a quel… cane che mi ha conciato così…-
Mi chinai su di lui. – Lei guarirà…- affermai.
Watson si limitò ad annuire.
  
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