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Autore: Val__    10/12/2011    2 recensioni
Quando uscì dall’edificio sospirò profondamente, tirò fuori dallo zaino l’mp3, si infilò le grandi cuffie argento e blu e ascoltando i suoi adorati Three Days Grace e, proprio quando si stava per incamminare verso casa lo vide ancora, solo che questa volta insieme a lui ce n’erano altri due. Sgranò gli occhi, non riusciva a muoversi, era paralizzato dal terrore. Lo stavano fissando, non c’era nessuno per quella via, quindi era ovvio che stessero fissando lui, pertanto non poteva chiedere aiuto a nessuno. Aveva ormai imparato che anche se scappava gli sarebbero corsi dietro, agire d’istinto era l’unica cosa che non doveva mai fare quando aveva paura, ed il suo istinto diceva “corri bello e porta a casa la pelle!” pensandoci bene.. è sensato, ma lui invece decise di improvvisarsi stupido e gli camminò incontro.
[...]
Hearth continuava a guardare negli occhi uno dei lupi, quello bianco, sembrava essere quello più imponente, stava davanti agli altri due che non osavano passargli avanti neanche per sbaglio. Si seguivano con gli occhi il Bianco ed Hearth, ogni passo che egli faceva, il lupo non lo perdeva d’occhio.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Simple Wolfs' Story

Capitolo 4: Violenza

(l'immagine non è mia, è presa da Deviantart, se può causare problemi contattatemi che la tolgo subito! <3 )

Erano ormai le sei passate ed il cielo si stava rabbuiando, Royce non si sentiva sicuro a sapere Hearth girare da solo percorrendo la strada, piena di vicoli e che per di più passava dal parco che di sera era pieno di gentaglia poco affidabile, così decise di testa sua che doveva accompagnarlo a casa.

< Royce non c’è bisogno che mi accompagni, questa strada la faccio sempre da solo e non mi è mai successo niente! > affermò sicuro Hearth. Royce assottigliò lo sguardo < vuoi dire che non ti è ANCORA successo niente! È ben diverso! > insistette testardo lui, Hearth sbuffò < come vuoi… contento tu, contenti tutti! > si rassegnò.

< Ehi Hearth, ma come si scrive il tuo nome? > chiese Royce all’improvviso < Come cuore in inglese ma con l’acca finale! Infatti la mia amica Ria mi chiama “Cuoricino”… è un soprannome orribile! Sospetto che i miei genitori fossero ubriachi quando mi hanno dato questo nome > rispose ridendo < Ria? > ripeté piano mentre era assorto Royce, ma non abbastanza piano da non farsi sentire dal Rosso < conosci Ria? > chiese sospettoso < c-cosa? Non ho detto Ria ho detto… GELATO! Io non la conosco! > improvvisò < gelato? >… insomma ma non ci assomiglia nemmeno, poteva inventarsi qualcosa di meglio!
Questo pessimo tentativo di distrazione fece capire ad Hearth che i suoi sospetti erano fondati, e ora era sicuro che sia Royce che Ria gli stessero nascondendo qualcosa < si gelato! Andiamo a comprare un gelato! Io voglio al cioccolato! > gridò Royce poco prima di caricarsi Hearth sulle spalle ed iniziare a correre verso un baracchino del gelato.

Dopo aver sballottato il povero Hearth fino al gelataio più vicino, il minimo che Royce potesse fare per farsi perdonare lo scombussolamento, era offrire il gelato al più piccolo.
< Lo sai quand’ero piccolo i miei genitori adottivi mi dicevano che il cioccolato fa diventare pazzi… io non ci credevo neanche un po’ ma adesso comincio quasi a crederci… ma visto che con tutto il cioccolato che io e Ria ci siamo mangiati di nascosto non è possibile disintossicarsi, credo che continuerò il mio viaggio verso la pazzia fino a che il cioccolato, la nutella e derivati non mi faranno schifo… cioè neanche tra un milione di anni > disse convinto mentre gli veniva porto il gelato.
Royce lo guardò per un secondo, poi scoppiò a ridere, dopo almeno un quarto d’ora di continue risate e contorcimenti vari per la mancanza d’aria, finalmente si pronunciò < ’Dio ma come ti viene in mente! Semmai mangiarne troppo può far venire qualche brufolo, o qualche chiletto in più… che non ti farebbe affatto male sai?… Ma è normale! Insomma funziona così con tutte le “schifezze” iper-caloriche, non ti farebbero esplodere migliaia di puntini rossi in giro per la faccia e non ti farebbero diventare una balena di 100 chili, se non fossero piene di grassi e zuccheri… che sono appunto quelli che le rendono così buone e che ti fanno diventare dipendente! >, insomma Royce dopo quell’attacco di ridarella aveva cominciato a parlare, parlare e parlare, non la smetteva più e dopo un po’ Hearth dovette conficcargli il gelato ormai sciolto in bocca per farlo stare zitto.

< Ok! Fermo qui! Ora ci posso arrivare da solo a casa è praticamente dietro l’angolo! > sostenette Hearth impuntando i piedi e cominciando a tirare Royce dalla parte opposta a quella di casa sua < perché scusa! Non vuoi che veda dove abiti? Guarda che non entro mica dalla finestra a rubare! > ribatté Royce senza capire il motivo di tanta agitazione < è che… i-il giardino è in disordine e il tagliaerba si è conficcato sul tetto e… insomma non puoi! Fermo qui! A cuccia! > ordinò Hearth camminando all’indietro per assicurarsi che Royce rimanesse lì dov’era.

Come avrete capito in realtà il giardino non c’entrava un tubo, la verità era che se LORO avessero visto Royce avrebbero sicuramente dato a lui la colpa dell’ “orripilante” ritardo di Hearth e lo avrebbero cacciato via a colpi di scopa o peggio, Walter (il padre adottivo) avrebbe potuto tirare fuori il suo fucile da caccia, comprato quando Hearth aveva cominciato a vedere il suo lupo grigio aggirarsi nei dintorni di casa, e minacciarlo (e non solo) con quello. In breve qualunque cosa avessero fatto quei distruttori di vite sociali, avrebbe fatto scappare Royce, e probabilmente non l’avrebbe voluto più vedere, beh… come dargli torto! Anche Hearth era terrorizzato all’idea di dover rientrare a casa, non voleva vederli, non voleva sentirli, stava dalla mattina, quando usciva per andava a scuola, alla sera, quando per via del coprifuoco era costretto a rientrare, fuori casa, faceva di tutto per evitarli nei giorni festivi, preferiva andare dal quel pazzo di Albert piuttosto!

D’accordo Hearth respira, basta aprire la porta senza farsi sentire e fiondarsi in camera, correndo come se stessi scappando da un branco di lupi affamati,… che non è poi così difficile da immaginare vista la mia “fervida immaginazione”.

Hearth aprì la porta in silenzio, nonostante si sforzasse di non fare il benché minimo rumore, quella maledetta porta continuava a pensare di essere una sorta di cane che per qualche stupido motivo e sicuramente meno importante dell’incolumità del Rosso, stava guaendo senza aver l’intenzione di smettere.

Silenzio… devo fare silenzio…

Ma non riuscì nemmeno a muovere più di due passi dentro casa che la figura di Mandy, la sua matrigna, gli si piazzò davanti, rossa in viso dalla rabbia, la quale metteva in evidenza le numerose rughe sulla fronte, i capelli castani, sempre curati e al loro posto, ora erano dritti per l’irritazione, la mano destra alzata pronta a imprimere con forza la sua impronta sulla pallida guancia di Hearth, i suoi occhi di un verde gelido puntati su Hearth, ormai si preparava all’imminente impatto, che fu così forte da fargli perdere l’equilibrio.

< A-aspetta… p-posso spiegare, vi prego! >, il patrigno, anche lui furente era dietro la figura di Mandy, lo guardava con sufficienza, e non esitò un momento, dopo che Hearth ebbe riacquistato un minimo di equilibrio, ad afferrarlo per i sottili capelli ramati, a scaraventarlo sui primi gradini delle scale che conducevano al secondo piano, a qualche metro dall’ingresso, l’impatto fu forte per il debole corpicino di Hearth, era caduto su di un fianco, e ci avrebbe scommesso che si sarebbe formato un livido grande quando la Russia sul mappamondo, in più il volo che era stato costretto a fare meritava un 10+ nella scala delle cadute rovinose.
Hearth si alzò a fatica e senza nemmeno alzare lo sguardo salì a gattoni le scale cercando di salvarsi da quei mostri che, poteva giurarci, lo stavano guardando disgustati e con disprezzo, come sempre del resto, l’unico motivo per cui lo avevano adottato era per riceve l’assegno di mantenimento inviato dall’orfanotrofio, quei soldi a lui destinati servivano a pagare le varie operazioni di chirurgia plastica di Mandy e il televisore al plasma di Walter che, dimostravano la loro gratitudine facendogli desiderare di non essere mai venuto al mondo.
E dire che da piccolo desiderava tanto essere adottato e ricevere l’affetto di due genitori che gli erano sempre mancati,… ora gli sembrava solo di vivere in un brutto incubo.

Ne valeva davvero la pena?
Valeva davvero la pena di farsi picchiare di nuovo per una misera mezz’ora di ritardo sul coprifuoco per stare un po’ con Royce?

Si chiese Il ragazzo che, giunto in bagno, stava osservando l’enorme impronta rossa sulla sua guancia, si espandeva dal mento sino allo zigomo, chiuse gli occhi e, quando lentamente li riaprì, incontrò i suoi occhi ambrati, lucidi e sul punto di far scoppiare la diga che fino a quel momento aveva trattenuto un fiume di lacrime. Non riuscì a trovare una risposta alla domanda che si era fatto in precedenza, l’unica cosa che sapeva era che quella mano rossa sulla sua guancia non sarebbe andata via in una notte, e per domani avrebbe dovuto trovare qualcosa per coprirla… come un cerotto, un cerotto mooolto grande e, visto che c’era, una scusa da rifilare a Royce per la presenza di quest’ultimo.

Uscì dal bagno camminando alla svelta, ancora con i goccioloni sul punto di scendere, entrò in camera con lo sguardo basso e triste. Quando lo alzò, ripresosi un pochino incontrò gli occhi cristallini di Royce che lo osservavano preoccupato, Hearth trasalì, e quando lo vide avvicinarsi a lui con l’intento di capire cos’era successo… la diga si ruppe e le lacrime scesero lente rigando il volto di Hearth, ora posseduto dalla tristezza.
Royce non chiese nulla, probabilmente aveva già capito l’accaduto, lo abbracciò e lo strinse forte, cercando di comportarsi come un bravo fratello maggiore si sarebbe comportato, perché dopotutto per lui Hearth non era altro che un fratellino bisognoso d’affetto e di attenzioni, e lui avrebbe fatto di tutto per renderlo felice e portarlo via da quel posto, causa di tutta la sua tristezza.

In quei pochi istanti Hearth, ancora in lacrime, riuscì a rispondere alla sua stessa domanda:

Si ne vale la pena!

Territorio di Val-chan

Salve Lupetti! Scusate il tempo infinito in cui non ho aggiornato, in questo periodo sono un po' molto depressa, infatti mi sono ricontrollata tutti i capitoli e ho modificato in alcune parti l'ultimo che ho pubblicato.
Cercherò di aggiornare in un tempo equo e di curare un po' di più i capitoli!
Chiedo ancora perdono!
Tanti Baci
Val_chan <3

  
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