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Autore: chiupetta    10/12/2011    11 recensioni
Scrutai il mare nero centinaia e centinaia di volte al secondo, pur di trovare quella stella, quella stella tanto birbante da far capolinea nell’atmosfera terrestre.
Tanto stupida da voler consumarsi nell’impercettibile.
E finalmente arrivò.
Chiusi gli occhi e…
“Desidero che la mia vita cambi totalmente, desidero di poter essere un’altra ragazza, una qualunque, che non sia io.”
..Ma in quel preciso attimo, solo un’altra ragazza stava esprimendo lo stesso medesimo desiderio..
Genere: Fantasy, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cielo, ora è il tuo turno.
cap.1



“A quanto pare il compito di biologia non è stato alla portata di tutti, vero signor Mellet?”
Gesticolava con area esperta la prof. Rebur.
Una tipa impacciata e con fare disordinato, ma con l’aria di quella che la sa lunga.
Potevo anche essere la peggiore dell’intero istituto, ma ero certa di aver preso almeno la sufficienza.
Doveva essere così.
Per forza.
Sapevo che i suggerimenti di Malik erano migliori rispetto a come la pensavo io, ma la materia non mi era mai stata amica.
Un po’ sulle palle ecco.
La prof. Cominciò a girovagare per i banchi con fare risoluto per poi consegnare agilmente, con un rapido movimento del polso, i fogli scritti.
Le espressioni della classe non mi rincuorarono affatto.
“Nove! Scontato signori!” annunciò fiera Annabel la classica secchiona.
Due o tre palline di carta la colpirono dritta in testa provocandole un leggero imbarazzo, poi la buffoneggiarono con i fischi da stadio.
“Ho la sufficienza.” Mi mimò con le labbra Tessy, l’amica perfetta.
Fin da bambine era nostro solito passare pomeriggi interi sul Monopoli, vedendo Guerre stellari ed ingurgitando barrette al caramello.
Due sorelle separate alla nascita per meglio dire.
Le feci segno di ‘sì’ con il capo.
Infine ecco che vidi il mio foglio svolazzare a mezz’aria sul banco.
“Il compito..” mormorai più a me stessa.
L’incertezza di girare e leggere il voto, così chiaramente marcato in rosso, mi metteva quasi a disagio.
Mi feci coraggio.
“Ho preso sette, non ci credo..” stavo quasi per esultare, quando il mio compagno di banco mi rubò il documento dalle mani.
“Arizona ha preso Sette! Chi le ha suggerito?” urlò apertamente ai compagni.
“Ridammelo coglione!” cercai invano di recuperare quel voto tanto atteso, ma il suo braccio, teso verso l’alto, mi impediva ogni possibilità di salvataggio.
“Hei piccola stai calma, te lo do te lo do.” Finalmente abbassò la cresta.
Odiavo quando era solito chiamarmi ‘Arizona’, è vero venivo proprio da quelle parti, ma non ero mai stata una grande appassionata delle mie origini.
E si sa: quando arriva la nuova preda nella scuola più famosa di tutta Los Angeles, è inevitabile non farsi un’idea su di essa.
Buona o cattiva non ha importanza.
Questo è il liceo gente.
“Signorina Sunrise mi meraviglio di lei, complimenti per l’impegno.” Si congratulò con la sottoscritta, tutta sorridente, la prof. Rebur.
Era solo inizio anno, e tutto ciò che ricordo era l’aria fresca e il profumo di pini lungo il cortile della scuola, le risate delle cheerleader e l’insopportabile vociare degli atleti.

* * *

                             
“Sei più brava di me.” Dissi a Tessy, impegnata a lamentarsi sull’immeritata sufficienza.
“Ma hai preso pur sempre sette.” Mi rinfacciò solenne.
Chiusi con un tonfo l’armadietto poi, affianco di ‘Tey’, cominciai ad incamminarmi verso l’affollata mensa.
“Che farai stasera? E’ la notte di San Lorenzo, la notte dei desideri.” Mi domandò lei, impegnata a riempire il vassoio con qualche schifezza.
“Penso che me ne starò sul tetto come ogni sera. Tu?”
“Oggi Justin rilascia un’intervista e sarò troppo occupata per guardare il cielo, cara amica!” cinguettò emozionata compiendo numerosi saltelli sul posto.
Quel Bieber.
Si chiama così giusto?
Era il suo argomento principale, sempre e solo lui, non sapeva resistere solamente cinque minuti senza aprir bocca e parlare di quel.. tizio.
Decisamente estenuante.
Insopportabile.
Il solito bimbo, montato, con i soldi pure nel culo.
Un po’ inutile, non credete?

 * * *


“Hai avuto i risultati del compito?” Mi chiese da perfetto finto – interessato papà.
“Sì.” O meglio dire, patrigno.
“Allora?” Agitò la forchetta con segno impaziente, lasciando che il polpettone si freddasse indisturbato.
“Ho preso sette.”
“Resterai comunque a casa questo fine settimana, come il prossimo.” Ammiccò appagato quasi felice.
Quale motivo può far essere contenti nel vedere soffrire una povera adolescente?
“Ma perché?!” mi innervosì in un millesimo di secondo, mandando al diavolo anch’io il polpettone.
“Ho deciso così.” Questa volta rise di gusto, contento di un finale così melodrammatico.
Era odio quello che provavo verso di lui.
Nient’altro che odio.
“Voglio uscire!”
“No che non uscirai piccola mocciosetta.” Mi aveva provocata, oh si.
“Ho detto che uscirò, invece.” Tentai di rimanere in un tono più o meno basso, quando a tagliare l’aria fu la sberla che mi colpì in pieno viso.
Le guance avvamparono improvvisamente e le lacrime iniziarono a sgorgare freneticamente.
“Eley Arianne Sunrise, tu non metterai un solo piede fuori da casa mia fino a nuovo ordine!” urlò, quando mi alzai da tavola, dirigendomi a passo svelto verso la mia camera.
Il mio rifugio di allora.

Già è così che mi chiamo, Eley, questo nome tanto da santarellina che mi ritrovo.
Non mi si addice neanche un po’.

Probabilmente sarà solo e solamente la cena a restarmi sullo stomaco fino a nuovo ordine.
Altro che punizioni ingiuste.


Aprì con fare circospetto il grande finestrone, poi lo scavalcai, ritrovandomi sul tetto della villa.
Era diventata ormai un’abitudine rintanarsi lì sopra.
La pace era inconfondibile, non potevo desiderare di meglio, proprio come il cielo.
Il cielo un grande amico anche lui.
Sempre pronto a vegliare sulla mia piccola e inosservata figura vagante, in un modo così uguale e disuguale nello stesso istante.
Afferrai la mia calda coperta e l’attorcigliai malamente al bacino, riscaldandolo.
Ed ecco che appoggiai la schiena, alzando gli occhi verso quella distesa infinita, simile al mare ma non del tutto.
Nella mia di distesa regnano le stelle, i pianeti, le galassie.
Non era mia abitudine desiderare qualcosa e riporci chissà quale fiducia, ma quella notte il mio grande piccolo amico mi avrebbe sicuramente perdonata.
Era un evento più unico che raro.
Così stetti ad aspettare attimi e attimi di pura tranquillità.
Scrutai il mare nero centinaia e centinaia di volte al secondo, pur di trovare quella stella, quella stella tanto birbante da far capolinea nell’atmosfera terrestre.
Tanto stupida da voler consumarsi nell’impercettibile.
E finalmente arrivò.
Chiusi gli occhi e…
 


“Desidero che la mia vita cambi totalmente, desidero di poter essere un’altra ragazza,
una qualunque, che non sia io.”




..Ma in quel preciso attimo, solo un’altra ragazza stava esprimendo lo stesso medesimo desiderio..








Porca trota, leggimi!

Si lo so, sono una grande. 
Questa è una nuova fan fiction (che genia che sono) penso mai vista qui su EFP.
Perciò spero tanto che la leggiate in molti.
Se volete lasciare una recensione, beh ne sarei contenta.
Sono sempre io chiupetta, quindi Pisello-v.<3
Xoxo.

;)

 

Ps: ringrazio mia sorella 'imgotbieberfever' che mi ha aiutato con le idee, visto che la storia è anche un po' sua.
Ti voglio bene.
E in particolare la mia grande, grandissima amica Elvy che mi ha aiutato con i vari titoli e la struttura della storia.

   
 
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