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Autore: Hiraedd    11/12/2011    10 recensioni
James Potter, è esattamente come chiunque non abbia gli occhi rivestiti di prosciutto e i capelli rossi (qualunque riferimento a persone realmente esistenti è pienamente voluto) può osservare ogni giorno… simpatico, sempre pronto a far ridere gli altri, generoso, darebbe la vita per i suoi amici e per quelli più deboli.
Peter Minus, beh, è Minus. Facendo coppia con lui nell’aula di Trasfigurazione ho imparato a conoscerlo meglio. Sempre in seconda fila, senza essere visto, sembrerebbe più una pedina che un giocatore. In realtà, mi sono accorta, è un giocatore tanto quanto gli altri.
Sirius Black... Sirius definisce tutti i confini. Gira per il mondo con scritto in fronte “QUI FINISCONO I BLACK E COMINCIO IO”.
Remus Lupin è la mente diabolica del gruppo. È il classico esempio di persona che tira la pietra e nasconde la mano, non per codardia, ma per quieto vivere. O meglio, fa tirare la pietra agli altri, decisamente, e si mantiene la sua reputazione da Prefetto e bravo ragazzo. Tutto quello che ci mette, è il cervello. Decisamente un personaggio degno di stima, un idolo (Dai pensieri di Marlene McKinnon)
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mary MacDonald, Peter Minus, Remus Lupin | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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LILY
JAMES
SIRIUS
MARLENE
MARY
EMMELINE
REMUS
ALICE
PETER
FRANK
REGULUS
RABASTAN
CORRISPONDENZA
 
 
 



La vendetta, è una sorta di giustizia selvaggia*

 


Io non ho mai avuto grandi aspirazioni nella vita.
Non ho mai desiderato essere un coraggioso grifondoro, quando sin da che sono nato mi hanno avvolto in copertine verdi e argentate.
Non ho mai desiderato avere una madre comprensiva che la sera, prima di addormentarmi, mi rimboccasse le coperte cantandomi una dolce ninnananna, quando sin da che sono nato mi hanno affidato alla cura degli elfi impartendomi l’educazione a stampo Black.
Non ho mai desiderato avere un amico con cui confidarmi quando finivo in punizione, o un’atmosfera allegra a Natale, o ridere dal mattino alla sera circondato da simpatiche compagnie.
Non ho mai desiderato nemmeno di essere il primo della classe o il ragazzo più ambito di Hogwarts.
In realtà, ad essere proprio onesti, non ho mai nemmeno desiderato di essere promesso in matrimonio alla figlia piantagrane di una dinastia secolare.
O almeno, non l’ho desiderato fino a quel giorno in cui, spinto da un non ben preciso senso di gelosia mista ad imbarazzo, l’ho vista al campo da quidditch parlare con quel cretino di Sirius e allora l’ho invitata ad Hogsmeade.
Non ho mai cercato la gloria fine a se stessa, come ha fatto Sirius, non ho mai cercato una famiglia che amasse anche i miei due nomi, oltre al cognome, non ho mai cercato amici per cui dare la vita con il sorriso.
Non ho mai cercato nemmeno una ragazza che avesse il potere di rincretinirmi con un solo sguardo, o con due parole.
A lei ne è bastata una sola.
Quel no, appena sussurrato, che Sirius e sua madre le hanno dovuto strappare fuori con le pinze.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.20
 
-la vita è fatta di scelte, Marlene- mi intrometto ad un certo punto, quando una sua frase forse mal calcolata attira la mia attenzione.
Proprio non lo sopporto, questa sorta di perbenismo grifondoro, secondo cui io ho sbagliato semplicemente perché ho fatto qualcosa che loro non avrebbero mai fatto.
-già, e a quanto pare tu hai fatto le tue- mi risponde con un sopracciglio lievemente inarcato –tutte sbagliate-.
La guardo con attenzione.
Poi sorrido, di un sorriso beffardo e intriso di freddezza.
-ci hai mai pensato che per noi siete voi i cattivi?-.
Ecco, la loro intoccabile logica grifondoro per me ha sempre avuto una falla.
Possibile che per loro sia tutto bianco o nero?
Io non ho mai desiderato essere un mangiamorte, ma mio fratello è scappato di casa, se ne è andato e mi ha lasciato a rappezzare alla bell’e meglio tutti i buchi che ha trascurato lui.
Io non ho mai desiderato essere un serpeverde, ma mio fratello è finito a grifondoro, quindi sono passato io a raccogliere i cocci che lui ha lasciato per terra.
In realtà, io ho raccolto i cocci di mio fratello per tutta la vita.
Lui troppo impulsivo, troppo deciso, che non si è mai curato delle persone a cui deve passare sopra per seguire la sua strada nella vita.
Non che io lo biasimi più di tanto, in realtà io non ho mai desiderato nulla e mi sono sempre rassegnato a prendere il posto che gli altri mi lasciano, nella vita.
A sentire mio fratello, questo è un atteggiamento da codardi.
Io non credo sia così.
Credo che nel mondo ci siano persone come lui, che nascono con il preciso compito di troneggiare e con tutte le qualità per arrivare a farlo, persone che non si danno la pena di pensare quanto questo costi a coloro che li circondano. E persone come me, che hanno il preciso compito di modellarsi in base agli atteggiamenti di quelli come lui, perché non si può lasciare un buco nella tela della vita semplicemente perché c’è chi non si è degnato di riempirlo.
E credo che il mondo abbia bisogno di entrambi, coloro che mirano a qualsiasi costo al proprio obbiettivo e coloro che si modellano per riparare i danni dei primi.
Perché per farvi fare la parte degli eroi, Marlene, servono i cattivi, in questo mondo e perché c’è chi non si può prendere il lusso di andarsene.
Ricordo con precisione quando l’ho detta, questa frase, nella penombra dei sotterranei, ad una ragazza che pensava di potermi salvare.
Come se io volessi essere salvato.
Come se io potessi scegliere.
Io non ho mai desiderato, di scegliere.
In realtà, quelli che si possono permettere di scegliere sono in pochi, i più fortunati, forse… a tutti noi altri poveri mortali resta disporci come meglio crediamo, per prendere meno botte quanto tutta la baracca cadrà e noi ci resteremo intrappolati.
Capita.
-adesso basta, ragazzina, firma e levati dai piedi-.
La voce di mia madre interrompe quel filone di pensieri che mi ha portato indietro nel tempo di due settimane. Marlene la guarda insicura, poi sussurra piano.
-no-.
Sapevo che sarebbe arrivato, quel no.
L’ho capito quel pomeriggio ai sotterranei, che non avrebbe acconsentito, che si sarebbe rifiutata se io mi fossi rifiutato di farmi salvare.
Perché anche questo, è incredibilmente grifondoro.
Il voler a tutti i costi vedere il buono nelle persone, il volergli far fare le cose secondo loro più giuste.
Come se una persona non avesse i propri motivi, per scegliere quello che sceglie.
Lo avevo capito, che non avrebbe acconsentito.
Ma non avevo pensato che mi avrebbe fatto così male.
 
Fine flashback.
 

***

 
 
Guardo le fiamme. Sono talmente alte da farmi paura, talmente calde che posso avvertirne il calore soffocante perfino da qui, lontano almeno cinque metri dall’edificio che sta andando a fuoco.
Mi volto, riesco a trovarla con lo sguardo, incrocio i suoi occhi e vi leggo una preghiera che poi tanto muta non è, dal momento che sta inveendo contro di me ora veemente, ora supplichevole.
Volto di nuovo la mia attenzione al Ghirigoro, deglutendo.
C’è mio fratello, lì dentro, ne sono sicuro.
Così come sono sicuro che se non mi ammazzerà il fuoco, lo farà la rabbia di Lily quando uscirò di li.
Ma c’è mio fratello, lì dentro.

 
La consapevolezza dei miei desideri, delle emozioni che sto provando, mi attanaglia le viscere con tanta forza che ho bisogno di restare qualche secondo immobile per assorbire tanta intensità.
Merlino, come sono arrivata a questo punto?
Meno di cinque mesi fa disprezzavo James Potter con tutta me stessa, lo deridevo e non desideravo altro che vederlo fallire in tutte le sue imprese mirabolanti. Meno di cinque mesi fa strepitavo al solo sentirne il nome, mi sentivo bruciare gli occhi dalla rabbia non appena lo scorgevo a cinquanta metri, facevo di tutto pur di prenderlo insieme a quel cretino di Black e affibbiare ad entrambi una punizione da lode.
Ora, a cinque mesi di distanza, lo imploro di non tuffarsi in un edificio in fiamme per salvare suo fratello, sarei disposta a dare la vita della mia migliore amica pur di riaverlo indietro vivo.
Come sono arrivata a questo punto?
Da quando ho smesso di inveire alle sue battute e ho iniziato ad attendere i suoi sorrisi con il cuore in gola?
E perché diamine me lo sono permesso?
 

 ***

 
L’aver sentito la sua voce oltre questo mare di libri mi ha un po’ rassicurato.
Almeno è ancora viva, e non faccio che ripetermi che in questo oceano di fuoco essere ancora vivi è già qualcosa.
È strano, questo fuoco si comporta in modo strano. Non si alimenta dei libri che gli lancio, li invade ma non li lambisce per consumarli.
Deve essere ardemonio, mi dico.
Ardemonio lanciato da qualcuno che non vuole ucciderci e basta, incenerendoci, ma che vuole ucciderci facendoci soffrire, torturandoci con il calore e con il fumo, così denso che quasi non ci si riesce a vedere attraverso.
Mi ricordo del bambino, riesco a estrapolare dalla mente annebbiata dal dolore e dal calore alcune parole per accertarmi che sia ancora qui vicino.
-Timothy, sei qui?-.
Il bambino mi risponde tossendo, con voce gracile ma ancora ben udibile.
-la tua amica è dall’altra parte dei libri?-.
Si, maledizione, si.
Devo riuscire a trovare un modo per uscire vivi da qui, per farla uscire viva da qui.
Le ho promesso che mi sarei impegnato, a far quadrare questa strana relazione che sta nascendo tra noi.
Gliel’ho promesso.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.25
 
-ti prego, Regulus, vieni via con noi- le parole di Marlene mi provocano un moto di stizza che mi obbligo a tenere a bada –non devi per forza farlo, non devi per forza fare quello che ti dicono loro-.
Guardo mio fratello, veramente forse per la prima volta dopo un sacco di tempo.
Le parole di Marlene sono sincere, ma so già quale sarà la risposta.
Mio fratello non verrà con noi.
Non è abbastanza coraggioso per opporsi, e non lo sarà mai.
-non lo farà, Lène- le dico –preferisce la sua esistenza fredda e grigia, preferisce un marchio sul braccio alla libertà-.
Perché diamine quel damerino non si ribella?
Loro e le loro idee gli hanno rovinato la vita.
Poteva salvarsi, se solo l’avesse voluto.
Mio fratello, infatti, ha abbassato la testa e lo sguardo.
Alla fine, innumerevoli, si sono levati solo gli insulti di mia madre, che non si risparmia mai i propri commenti, soprattutto se negativi.
-Fidelma, fai qualcosa, insomma!- alla fine, dopo strepitii e borbottii si è arresa rivolgendosi alla madre di Marlene, che ha passato un lungo momento con le mani alla testa come a curarsi un dolore improvviso.
-mamma, ti prego…-
-Marlene, firma quel pezzo di carta oppure vattene via da qui- la interrompe suo padre, altero e serio come sempre.
Non avrei mai pensato al signor McKinnon come ad una persona così severa. È vero che è quello che tiene un po’ di più alle tradizioni nobili dei maghi, ma visto così sembra una copia sbiadita di mia madre.
Comunque l’ho già detto, mi pare.
Se Marlene McKinnon non ci fosse, bisognerebbe inventarla.
-io amo Sirius-.
Eh?
 
Fine flashback.

 
Continuando a strisciare raggiungo la libreria oltre cui ho sentito parlare Sirius, e inizio con le palme bruciacchiate delle mani a spingere lo scaffale. Ci sarà pure un modo di uscire di qui, mi ripeto.
Intanto ingoio fumo, saliva e lacrime salate. Non riesco a smettere di piangere a grandi singhiozzi, sento la vita e, peggio, la voglia di vivere, scivolarmi tra le dita come acqua.
-Sirius?- lo chiamo ancora.
-Lène?-.
Sospiro ancora.
-levati da dietro alla libreria e aiutami a tirarla giù da quella parte- lo informo –e stai più in basso che puoi, l’aria è più respirabile e c’è meno fumo-.
-ok, spingi lo scaffale, noi tiriamo-.
Noi?
-c’è qualcun’altr…- vengo sorpresa da un eccesso di tosse che mi squassa i polmoni, impedendomi di continuare.
-un bambino- mi risponde la sua voce ovattata –stai bene, Lène?-.
Annuisco, poi mi ricordo che non mi può vedere.
-si-.
Non ho fiato per dire altro, continuo a tempestare di pugni e schiaffi la libreria davanti a me, sperando che ceda in fretta, mentre il dolore alla schiena si fa sempre più acuto.
Alla fine cede, in un mare di lapilli e scintille che bruciano i nostri abiti.
Dall’altra parte, accovacciati al suolo, Sirius e un bambino con gli occhiali mi guardano straniti.
Finalmente la fortuna inizia a girare.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.30
 
La mia affermazione ha scatenato l’inferno.
Non so perché l’ho detto ad alta voce, non pensavo di averne il coraggio, ma volevo spezzare quella tensione immobile che si è formata nella stanza come una cappa di nebbia vacua.
È una di quelle cose che fai senza pensare minimamente alle conseguenze, sperando tuttavia che si sblocchi qualcosa, anche se magari poi te ne penti subito dopo.
Beh, se il mio intento era quello di sbloccare qualcosa, direi che ci sono riuscita.
Walburga ha iniziato ad urlare come una pazza isterica, a darmi della feccia e della donna scarlatta, espressione, se mi permettete, un po’ datata.
Mia madre mi ha guardato come si guarda una manticora.
Mio padre ha smesso di respirare, ho quasi paura che gli venga un infarto.
Quello che osservo con più attenzione, comunque, è quello che mi colpisce di più, un riflesso di delusione sul volto di Regulus, che quando cerco di cogliere il suo sguardo volta la testa come a scacciarmi. Avverto la spinta quasi come se fosse fisica, mi ritrovo quasi a barcollare.
Sirius mi guarda stranito, come se non capisse dove voglio andare a parare.
Non lo capisco nemmeno io, a dire la verità.
Ho semplicemente detto qualcosa che pensavo avrebbe potuto sciogliere la situazione.
Quando lo fa Mary funziona sempre.
 
Fine flashback.

 

 ***

 
E così, alla fine, Sirius si è preso anche quell’unica cosa che mi ero ritagliato per me.
Com’è che dice sempre lui?
È arrivato per primo.
Mi sforzo di respirare, di prendere questa cosa con la stessa filosofia che riservo alle altre che lui mi strappa da sotto il naso.
Non mi è mai importato molto, alla fine, di avere o non avere una cosa piuttosto che un’altra.
Questo è quello che mi ripeto come un mantra.
 
Flashback-> 23 dicembre 1977 ore 15.30
 
Il rancore che provo verso Sirius, più che essere mio, è sempre stato di qualcun altro, di qualcos’altro.
Da due anni disprezzo mio fratello perché ci si aspetta che sia così, perché io devo fare così.
La rabbia, invece, che mi avvolge adesso come un bozzo protettivo non ha niente a che fare con quel rancore sbiadito. È bruciante, e mi infiamma al punto che mi devo controllare per non prenderlo per il collo e spaccargli quel bel faccino che tanto si cura.
Bastardo.
Le tempie mi pulsano, ho male alla testa e mi bruciano gli occhi che sento iniettati di odio.
Non riesco a sopportarne nemmeno la vista, ne sua ne di Marlene.
Per questo volto la testa, e il desiderio che ho di spintonarla spero che si senta anche così, anche se non la tocco nemmeno con il pensiero.
Maledetta.
Avevo qualcosa che avrebbe potuto rendermi felice, e Sirius me l’ha tolta.
Pagherà per questo, giuro che lo farà. E sentirà tutto il dolore di questo fuoco che mi invade, sarà impotente e guarderà il suo mondo andare in pezzi.
Esattamente come sto facendo io.
Sento mia madre che strepita ancora, minaccia a vuoto con la sua voce glaciale, fulmina con un solo sguardo sia quel figlio che non ha mai apprezzato sia quella ragazza a cui tanto a malincuore mi avrebbe ceduto.
-andiamocene- dico alla fine voltandomi verso la porta.
-come? Ma, Regulus, questa ragazzina…-
-non mi interessa, madre- le rispondo gelidamente –non la voglio una babbanofila del genere-.
 
Fine Flashback.

 
Più tardi, li ho visti uscire dall’ufficio notarile per mano, Marlene con gli occhi rossi e mio fratello, mio fratello, con un sorriso sereno sulle labbra.
Ci dirigemmo alla Gringott, io e mio padre silenti come al solito, mia madre indispettita o, a dir la verità, completamente infuriata.
-razza di bambina viziata… come ha osato… e quell’altro, feccia… sangue del suo sangue… se solo potessi… razza di lurido bastardo… babbanofili e feccia, ecco a cosa porta… sfrontata e impudica…-.
-madre, andate voi alla Gringott, io devo ritirare in farmacia alcune scorte di ingredienti per le pozioni- la interrompo piuttosto bruscamente, innervosito dal suo borbottio, ancora scosso dalla rabbia.
Al cenno di assenso dei miei genitori mi mossi verso la farmacia facendo lunghi respiri per calmarmi.
Questa sera stessa scriverò a Lestrange, mi dico, per sapere con esattezza la data in cui è stato fissato il marchio.
Tanto per ribadire che io non ho alcuna intenzione di farmi salvare.
Sono quasi alla farmacia quando li vedo di nuovo, lei ferma davanti alla vetrina del Ghirigoro che fissa il vuoto e lui intento a guardarla, un braccio intorno alle sue spalle, come a volerla consolare, come se ne avesse qualche diritto. Poi entrano, come una coppia qualunque, come se non avessero niente a che fare con il pugnale che mi spunta tra le scapole.
E all’improvviso mi viene un’idea.
Tanto per ribadire che io non ho alcuna intenzione di farmi umiliare.
Il resto, è storia.
 

***
 
L’interno è denso di fumo grigio che lambisce la pietra con la stessa intensità con cui avvolge i libri.
Non si nutre di nulla, consuma tutto.
Estraggo la bacchetta con prontezza per mormorare un aguamenti piuttosto potente, ma non mi sconforto quando vedo il getto d’acqua evaporare. Sapevo che sarebbe successo, ma tentar non nuoce.
-Sirius?- chiamo a gran voce portandomi una mano al volto per conservare un po’ d’aria pulita –Sirius, Lène?-.
All’inizio non mi risponde nulla se non lo schioccare del fuoco e il ruggire delle sue fiamme roventi.
Penso che qualunque morte sarebbe preferibile a quella data dal fuoco, la cui mano non è certo magnanima.
Attorno a me ci sono crolli e esplosioni, e per un attimo ho davvero paura che sia troppo tardi, troppo tardi per Sirius, per Lène e per me.
Se morissi, Lily non mi perdonerebbe mai.
Ricordo il colore dei suoi occhi offesi, arrabbiati, preoccupati e delusi.
Delusi.
Non voleva che io mi gettassi nel fuoco per salvare Sirius, forse non capisce che io per Sirius morirei. Così come morirei per lei, senza alcun ripensamento.
In genere, dai propri migliori amici ci si aspetta che darebbero la propria vita pur di proteggerci. Io sono sicuro che i malandrini lo farebbero, per me.
Ebbene, io so per certo che darei la vita per loro e per Lily senza alcun battito di ciglia, lo farei con il sorriso sulle labbra.
Ma forse questo Lily non lo capisce.
Quando il fuoco sembra farsi più vicino, mi dico che non appena uscirò da qui prenderò Lily per mano e troverò un modo per dimostrarle quanto la amo, per farle capire che per me lei è importante quanto la mia stessa vita, e di più.
Quando uscirò da qui, perché io da qui ci uscirò.
-Sirius, Lène!- li chiamo ancora, fino a quando la gola non mi brucia come se ingoiassi ad ogni respiro carta vetrata.
-siamo qui!-.
Morgana e Circe, hanno risposto! Velocemente, quanto più veloce le fiamme mi permettono, mi spingo verso di loro passando sopra a libri e scaffali crollati. In un angolo non ancora lambito dalle fiamme riesco a vedere un corpo a terra. È una donna dai tratti minuti, le braccia e le gambe scomposte, le punte dei capelli in fiamme.
Non c’è alcun dubbio sul fatto che non sia più viva.
 

 
 
 
 
 
 
 
*Francesco Bacone
 
NOTE:
allora, questo capitolo è visto soprattutto da parte di Regulus, perché ho voluto approfondire un po’ di più la sua personalità per poi evolvere le sue azioni in futuro.
Spero che vi piaccia, a me è piaciuto molto e il prossimo capitolo si prospetta, a parer mio, ancora più interessante.
Nel prossimo capitolo avremo i conflitti interiori ed esteriori tra James e Lily, e il natale a casa Potter.
Come sempre, grazie a tutti quelli che hanno letto e recensito, spero di sentire ancora i vostri pareri, risponderò appena avrò un po’ di tempo da dedicarvi.
Buona lettura,
Hir.
 
 
 

   
 
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