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Autore: sayuri_88    12/12/2011    4 recensioni
lei era il bersaglio degli scherzi di lui, lei una bimba timida e ciocciottella che vedeva in lui il suo peggiore incubo. Che succede se lei se ne va, per tornare solo otto anni dopo? è tutto come prima o per una qualche ragione nascerà qualcosa di bello?
Dal capitolo:
Lei che stava porgendo la mano si blocca come fulminata- I-Ian?- la guardo interrogativo non capendo il suo cambiamento repentino, che le è preso?
Si schiarisce la gola - Ian…Knight?- a quanto pare le hanno già parlato di me. Sorrido strafottente.
-il solo ed unico- sbianca completamente.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao! No, non è un'allucinazione. Sono ancora viva e sì, sto scrivendo. Mi spiace aver fatto passare due mesi per l'aggiornamento ma prima non avevo diciamo l'ispirazione, poi non avevo tempo di scrivere quando invece arrivava e infne il tempo è così poco che non ho nemmeno un po di tempo per me : ( 
In più si avvicina il periodo esami quindi credo proprio che i tempi di aggiornamento non avranno una accellerata...
Tornando al capitolo, l'ho finito giusto ora e lo posto subito visto tutto il tempo che avete aspettato e mi scuso per possibili errori.
Grazie a chi ha messo tra le seguite, preferite e ricordate la storia e chi ha recensito lo scorso capito.
Ancora una cosa: ho aperto un blog
 L'angolo dei perditempo, dove metto spoiler, avvisi. Adesso è in corso un piccolo sondaggio, ho in mente alcune storie che vorrei scrivere una volta terminate quelle in corso e se andate sul blog potete votarle. Nel mentre ve le lascio qui sotto così se vi interessa votate.

1. Storia di pirati: Agli inizi del 700 una nave spagnola viene assalita dai pirati. La storia di Isabella e Edward. Tra pirati, compagnia delle Indie e un vecchio amore vivranno molte avventure. ORIGINALE


2. Il beduino inglese: Giordania agli esordi della rivolta araba vedrà la nascita di una storia tra un inglese che sin da bambino ha vissuto con i beduini del deserto e una missionaria inglese. ORIGINALE


3. Becoming Elizabeth: Tutte vorrebbero vivere la storia d'amore tra Darcy e Elizabeth e se questo fosse possibile? JANE AUSTEN 
(se una cosa simile vi interessa potete guardare 
Lost in Austen , su youtube lo trovate. Breve serie inglese che nonostante i buoni spunti non è stata in grado di sfruttarli a pieno, parere personale,... - Darcy però è interpretato benissimo^^ - ma è guardabile, un Orgoglio e pregiudizio un po’ alternativo)
C'è anche una pagina FB dove potete contattarmi per chiedermi quello che volete.

Buona lettura!




















Sono eccitata ma allo stesso tempo preoccupata, devo essere all’altezza delle loro attese, i professori hanno fama di essere molto severi, ma voglio anche godermi questa esperienza senza fasciarmi la testa prima di romperla. A casa tutti hanno grandi aspettative e non voglio deluderli, voglio dimostrare loro che hanno riposto bene la loro fiducia. Sì, ce la farò e tra qualche anno potrò esibirmi nei più grandi teatri del mondo e tutti inizierà da qui, da questo vecchio edificio dai mattoni rossi e dalle finestre alte e strette.
Uno strombettio mi fa sussultare. Una vecchia BMW rossa, dalla linea slanciata, bassa e larga e con uno smisurato cofano è ferma a pochi centimetri da me, con il motore acceso che sovrastava qualsiasi altro suono della città.
— Allora ti sposti da lì o vuoi rimanere lì imbambolata?
Un uomo, a occhio e croce non deve avere più di trent’anni, dai capelli e occhi neri, ha la testa fuori dal finestrino, e mi lancia sguardi di fuoco. Imbarazzata, mi scuso e mi sposto di lato permettendo al simpatico signore di entrare con la macchina e lo vedo parcheggiare nello spiazzo riservato ai professori. Incrocio le dita e prego che non sia uno dei miei insegnanti.
Il primo giorno e già iniziamo bene.
 
I corridoi sono affollati da ragazzi che entrano ed escono dalle aule, alcuni indossano la calzamaglia o un leggero tutù altri sono carichi di spartiti e custodie per strumenti musicali. Ragazzi e ragazze che coltivano il mio stesso sogno e hanno le mie stesse speranze. Entrare in qualche balletto importante e magari diventare la prima ballerina…
Recupero il mio orario e mi dirigo all’aula della mia prima lezione subito dopo un trio di ragazze. La sala è una lunga navata, occupata da alcuni ragazzi e ragazze seduti a terra a scaldare i muscoli. Una serie di archi la separano da una navata più piccola dove sono sistemate delle panche su cui sono seduti alcuni ragazzi. Questi mi riservano solo un’occhiata veloce per poi tornare a fare quello che stavano facendo. Sposto lo sguardo a destra, dove le pareti sono occupate da grandi specchi, a sinistra invece si apre una piccola porta bianca che dava sugli spogliatoi, lì ritrovai le tre ragazze che si continuavano a parlare mentre si cambiavano. Le panche lungo la parete erano tutte occupate quelle centrali erano libere. Poggiai il borsone e indossai i vestiti per la lezione, ci misi più del dovuto cercando di rallentare il battito del cuore che sembra volermi uscire dal petto come quando avevo fatto i provini per l’ammissione. Prendo un respiro profondo e a passo sicuro tornai nella sala proprio mentre faceva il suo ingresso, una signora distinta, i capelli bianchi raccolti in un alto chignon, indossa abiti ampi dai colori sgargianti e nella mano destra regge un bastone di legno lucido con l’impugnatura argentata. Come richiamati a gran voce i ragazzi che sedevano sulle panche accorrono unendosi a quelli che erano seduti a terra e che ora si erano alzati per accogliere la donna la quale dopo averci riservato un sorriso affabile si dirige verso l’angolo nord della sala. Si ferma vicino a un tavolino, che prima non avevo visto e poggia dei fogli e si toglie lo scialle di un arancione acceso e finalmente si volta verso di noi.
— Buon giorno a tutti, io sono Madame Clarisse e sarò la vostra insegnate di danza classica. — la voce è ferma e autoritaria, tipica di chi è abituato a dirigere un’operazione e non ammette recriminazioni. Se il primo pensiero era stato quello che fosse una donna affabile ora devo rimangiarmi tutto. Lo sguardo è severo mentre illustra il programma dell’anno. Alla fine si registrerà anche un video, dove ci esibiremo in una coreografia creata da noi e la cosa mi esalta moltissimo.
Il cigolio della porta fa voltare il capo a tutti in sincrono, compresa la professoressa che interrompe il suo discorso per vedere chi ha interrotto la sua lezione. E la persona che era entrata era l’ultima che mi sarei mai aspettata di vedere.
— Nana! Ti sembra l’ora di arrivare — la riprende la professoressa picchiettando un paio di volte il bastone sul parquet lucido della sala. Nana, la ragazza che mi aveva detto di non dare peso alle parole della ragazza ispanica che mi aveva dato della raccomandata al provino. Sorrido al suo indirizzo e lei quando mi riconosce lo ricambia prima di raggiungere in fretta Madame e giustificando il suo ritardo causato da un incidente stradale lungo il percorso del tram.
— Lei è Nana, una studentessa del secondo anno mi aiuterà a farvi diventare dei ballerini discreti. Il fatto che siate potuti entrare non fa di voi dei professionisti. Per quello avrete molta strada da fare — il suo tono e le sue parole avrebbero abbattuto il morale anche al più fiducioso di noi.
Il primo giorno e già iniziamo bene.
 
Nessuno sconto anche se è il primo giorno, ci ha letteralmente ammazzato alla fine della lezione i piedi mi fanno un male cane e non solo quelli e anche gli altri sono nella mia stessa situazione.
— Madame Clarisse è una donna molto affabile solo che nella danza è peggio di un generale tedesco. Ama il balletto è tutta la sua vita e vuole sempre il meglio — mi spiega Nana una volta uscite dalla sala. Entrambe abbiamo un’ora libera giusto per mangiare qualcosa e in questo lasso di tempo mi racconta dei suoi studi delle sue aspettative e non posso che confermare l’idea che mi ero fatta di lei durante quella breve chiacchierata. Una ragazza gentile e simpatica con cui potrei costruire una bella amicizia.
Nana conosce i migliori posti per mangiare senza pagare troppo e credo proprio che le costruirò una statua, i prezzi in alcuni posti sono assurdi e se non sai dove andare rimani fregato.
— Sabato faccio la mia prima esibizione se ti va puoi fare un salto — le dico mentre stiamo tornado verso la scuola. Non vedo l’ora di presentarla a Mel, sono certa che le loro due andrebbero d’accordo. Intanto abbiamo raggiunto l’aula della mia lezione.
— Certo, ci sarò sicuramente — mi promette salutandomi con una mano e allontanandosi da me. Sabato farò la prima esibizione e sorrido felice all’idea, Ian non ci sarà e la cosa mi tranquillizza, l’idea che lui mi veda ballare mi mette quasi a disagio, ho come il timore di quello che potrebbe pensare. Lui considera tute quelle ragazze superficiali, le vede solo come un corpo e non voglio che lo pensi di me, come non voglio che nessuno lo faccia. 
— Signorina, vedo che ha la sgradevole abitudine di bloccarmi il passaggio — sobbalzo al suono di quella voce profonda che tradisce una nota di fastidio.
Lo stesso uomo cui avevo bloccato il passaggio questa mattina, mi guarda con un sopracciglio alzato chiaramente indispettito.
— M… mi scusi — balbetto affrettandomi a entrare nella sala, più piccola della precedente. La mia entrata ha attirato gli sguardi degli altri studenti ma è solo un attimo poiché subito la loro attenzione è catalizzata dal professore. Mr. Schreiber, l’uomo a cui ho bloccato due volte il passaggio, sarà il nostro professore di danza moderna e l’idea di non essere nelle sue grazie si è confermata giusto dieci minuti dopo l’inizio della lezione. “Questo non va bene”, “sembri un pezzo di legno”, “e quello che cos’era?” queste sono alcune delle frasi che mi ha rivolto per tutta la lezione, certo anche con gli altri non si è risparmiato ma con me sembra provarci gusto. L’unica spiegazione è che si è alzato con la luna storta non posso davvero pensare che faccia tutto questo solo perché gli ho bloccato il passaggio. Sarebbe assurdo!
Dopo tre ore di danza classica, altre tre di danza moderna e le prove al Red, i miei piedi sono doloranti e protestano a ogni passo ed è con sollievo che accolgo il freddo del ghiaccio che riempie la vasca appena torno a casa. E la routine per gli altri quattro giorni della settimana è la stessa e mentre il sabato si avvicina sono sempre più preoccupata di come sarà la mia esibizione.
— Troviamo un posto e sediamoci. I piedi mi stanno uccidendo — mi lamento con una smorfia mentre vago con lo sguardo per la piazza alla ricerca della mia salvezza e m’illumino quando la vedo. Una panchina di legno sistemata all’ombra di un albero. Senza aspettare la risposta né di Mel né di Nana, troppo attente a una vetrina d’intimo, m’incammino a passo spedito verso di essa e mi lascio andare a peso morto accogliendo con gioia, soprattutto le mie gambe, la sensazione di pace che mi pervade.
— Mi ero preoccupata quando non ti ho vista con noi — dice Mel appena mi raggiunge con una Nana che scuote la testa divertita.
— Sembra una mamma chioccia — mi sussurra all’orecchio dopo aver preso posto accanto a me e io sghignazzo. Non posso che essere d’accordo con lei.
— Ehi! Ti ho sentito benissimo! — la protesta di Mel non fece che aumentare la nostra ilarità. È la prima volta che usciamo tutte e tre insieme e a fare da cornice a questo bellissimo pomeriggio che per mia sfortuna stava volgendo al termine c’è  una leggera brezza che mi sfiora il viso come una leggera carezza e il sole è coperto da qualche ciuffo di nuvole bianche come il latte. Ci siamo divertite e l’incontro tra Mel e Nana è andato oltre le mie più rosee aspettative. Hanno legato subito come se si conoscessero da sempre.
— Allora, emozionata per sabato?
— Oh… sì, questa mattina avevamo la prova dei vestiti — dico con gli occhi lucidi dall’emozione. Quando sono entrata nella stanza dei vestiti, sembravo una bambina la notte di Natale che urla di gioia e strepita per aprire i regali.
Parlammo ancora per un po' di quello che sarebbe successo sabato, gli descrivo i costumi, parlo della coreografia di come sono state le prove con Mel di sottofondo che faceva qualche battuta su alcuni episodi divertenti delle prove.
— E ci sarà anche il damerino?
— No, a quanto pare non c’è — per fortuna, ma lo penso solamente.
— Chi è il damerino? — Nana si sporge in avanti per guardarci entrambe. Io mi alzo, improvvisamente con la voglia di ricominciare a camminare.
— Ehi! Non scappare — una cosa che ho scoperto di Nana è che è curiosa, molto curiosa quando capisce che qualcuno ha omesso qualcosa.
— Okay, ma intanto camminiamo. Devo muovermi — e così continuiamo la nostra passeggiata e a sommi capi le racconto di Ian.
 
****
 
Ottobre è arrivato e ancora si può camminare per le strade di San Francisco senza stringersi nel cappotto per proteggersi dal freddo. Sistemo meglio la tracolla del borsone sulla spalla e infilo le mani nelle tasche della felpa. Poco più avanti intravedo un chiosco, alcuni ragazzi si allontanano con in mano tazze di caffè fumante.
— Un caffè medio — dico lanciando i soldi sul piano. L’uomo versa la bevanda nera e bollente in un bicchiere di carta, lo chiude con il coperchio di plastica e me lo porge con un sorriso.
Mi guardo attorno alla ricerca di una panchina su cui sedermi quando poco distante su una panchina sistemata vicino a un albero vedo Helena insieme a Mel e a una ragazza che non ho mai visto ridere spensierata.
Non mi ha ancora visto e così passo dietro alla panchina, riesco a cogliere gli ultimi frammenti di conversazione di qualcosa che succederà sabato al Red. Ricordo che Helena alla fine del nostro appuntamento mi aveva chiesto se sabato ci sarei stato e ora che ci penso sembrava alcuno sollevata dalla mi assenza.
Poggio la schiena sul tronco dell’albero, il cappuccio della felpa alzato, e ascolto la loro conversazione, sono ben nascosto e anche se dovessero girarsi, Helena o Mel non mi riconoscerebbero. Non parlano più della serata di sabato ma origliare la loro conversazione mi può aiutare a scoprire qualcosa di più su di lei. È solare e allegra, scopro che mi piace ascoltarla sa essere ironica e spesso ho trattenuto a stento le risate per non farmi scoprire.
Poi proprio quando Mel le chiede di me, si alzano e se ne vanno lasciandomi a bocca asciutta e impreco mentalmente. L’idea di seguirle mi sfiora la mente ma la scarto subito, sarebbe rischioso e potrebbero vedermi.  Così, esco dal mio nascondiglio e sorseggiando il mio caffè, che è arrivato a una temperatura accettabile, guardando la schiena delle tre ragazze. Il mio occhio cade leggermente più un basso e mi lascio andare a un fischio di ammirazione. Niente male il loro lato B.
Mi siedo sulla loro panchina posso ancora sentire il calore di Helena ed è… piacevole. Interdetto scaccio quel pensiero e ripenso alla prima settimana di lezioni. Professori scocciatori, compagni secchioni e lezioni noiose, non ci ho messo molto a saltarle a parte quella di diritto civile, l’assistente del professore non è niente male…
Il cicalio del cellulare mi ridesta dai miei pensieri. Guardo il display su cui, sopra la cornetta verde, fa bella mostra di se una foto di Kyle, ricordo quando l’ho fatta; alla festa di Miranda l’anno scorso. Dopo un’ora era già mezzo ubriaco.
— Dimmi.
Nessun impegno per questa sera. Festa dalle Gamma. — è una confraternita dell’University of San Francisco, privata e retta da un gruppo religioso cattolico.
— Interessante — le Gamma sono famose per essere delle ragazze molto aperte e socievoli.
Ti passo a prendere alle dieci, okay?
— Certo.
Perfetto allora ti saluto.
 
Un rumore fastidioso mi trascina fuori dal mondo onirico e piano piano che prendo contatto con la realtà la mia testa inizia a pulsare ininterrottamente dalla mia bocca esce un lamento. Che è successo ieri sera? C’era una ragazza, si è presentata e mi ha chiesto se volevo salire e poi… poi… non ricordo cosa ho risposto. Mi muovo leggermente e il materasso si piega sotto il mio peso. Okay, sono in un letto e dai movimenti che provengono dall’altro lato, capisco di non essere solo e inizio a sospettare la risposta che le ho dato. Solo che non ricordo il suo nome e di solito non è un problema, me ne vado prima ma ora…
A fatica apro gli occhi e quello che vedo è un soffitto bianco immacolato, alzo il capo e con gli occhi ancora socchiusi focalizzo un arredamento femminile.
— Mm… — la ragazza si lamenta, la sento muoversi e subito dopo un suo braccio colpisce il mio petto. Ributto la testa sul cuscino e chiudo gli occhi per il dolore, a stento trattengo un lamento. Certo che è una ragazza mascolina…
La sconosciuta si avvicina fino a sfiorarmi e c’è qualcosa di strano. Il bracco è troppo grosso perché sia quello di una donna, con esitazione faccio uscire n braccio da sotto le coperte e con le dita sfioro l’avambraccio della ragazza. Un momento…penso prima di aprire gli occhi di scatto e alzare la testa. È peloso! Il braccio è coperto da tanti peli, lunghi e neri.
— Cazzo! — urlo, divincolandomi da quel corpo estraneo e scivolando a terra assieme a tutte le coperte.
— Che diavolo… — mormora l’altro con la voce ancora impastata poi lo vedo alzarsi e stropicciarsi gli occhi per poi guardarsi attorno. Spalanco ancora di più gli occhi quando lo riconosco. 
— Kyle? Che diavolo ci fai nel letto con me? — l’amico gli rivolse uno sguardo addormentato. Passò lo sguardo prima su di me poi sul letto. Un sorriso strano gli piega le labbra.
— Come, ti sei dimenticato della nostra notte di fuoco? —
— C…cosa? — iniziavo a sudare freddo. Le sue illazioni… no, non potevo crederci. — Smettila di fare il cretino. — gli ringhio contro.
Con gesti secchi mi libero delle coperte e alla bell'e megliosistemo i vestiti stropicciati a causa della nottata.
— Che ore sono? — mi chiede quell’idiota del mio amico. Mi tasto i pantaloni alla ricerca del mio cellulare, l’ultima volta che l’avevo controllato l’avevo riposto nella tasca posteriore dei jeans. Fortunatamente è ancora lì.
— Sono le otto di mattina.
Il tempo di rispondere a Kyle che la porta si apre e fa capolino una testa castana truccata e acconciata.
— Ehi, vi conviene andare. Tra poco verrà uno dell’università a controllare che tutto sia a posto.
— Okay, ce ne andiamo subito — le rispondo e lei sorride accattivante.
— La prossima volta chiamatemi. Mi piacciono le cose a tre — dice lasciandomi completamente spiazzato e dopo averci lanciato uno sguardo malizioso.  
— Lo terremo presente! — le urla il mio amico di rimando. Io invece lo fulmino con lo sguardo e amichevolmente, si fa per dire, lo colpisco a un braccio.
—  Muoviti.  
 
Questa cena è una vera noia.
Credo che sia la millesima volta che faccio questo pensiero. Sotto insistenza dei miei genitori ho dovuto infilarmi in un completo e sorridere gentilmente a tutti gli invitati e discorrere con i miei vicini su politica, economia, futuro e altri futili argomenti.
Finalmente dopo il secondo sono riuscito a uscire sulla piccola terrazza a prendere un po’ di aria. Mi appoggio alla balaustra di marmo e allento il nodo alla cravatta mentre appoggio il bicchiere sulla mano di una statua di un bambinetto vestito solo di un velo che copre le parti basse.
Ingoio l’ennesimo sorso di vino, probabilmente ho fatto fuori una bottiglia da solo da quando la cena è iniziata, forse una bottiglia no, ma metà sicuramente. Ma se voglio arrivare alla fine della serata, ho bisogno dell’aiuto dell’alcool per sopravvivere.
— Ian, basta con il vino — è l’ammonimento di mia madre appena mi raggiunge sulla terrazza. Indossa un elegante vestito viola che arriva fino ai piedi. Il viso, leggermente truccato, porta i primi segni della stanchezza.  Mi stacco dalla balaustra e mi giro a osservare il panorama. La città è illuminata a giorno e sembra non dormire mai. Così vivace, così energica.
— Non ne ho bevuto molto mamma — le rispondo.
— Strano, perché ogni volta che ti guardavo, avevi il bicchiere in mano — la voce profonda di mio padre fa voltare sia me che mamma verso la porta finestra. Fa il suo ingresso nella terrazza con sguardo severo. Borbotto il mio disappunto e quando lo vedo cingere la vita di mia madre e scoccarle un leggero bacio sulla bocca, distolgo lo sguardo verso l’orizzonte.
— Cerca di non esagerare — è il suo saggio consiglio. — Nessuna donna vuole un ubriacone al suo fianco.
Gli lancio un’occhiata di traverso ma non rispondo e non passa nemmeno un minuto che mamma preso papà per un braccio decide di rientrare in sala non prima di avermi raccomandato di non stare fuori troppo a lungo altrimenti avrei preso un malanno.
— Non preoccuparti. Secondo te perché bevo tanta vitamina C — le rispondo con tono divertito.
— Sciocco — è la sua risposta, accompagnata da un leggero colpo al braccio. Poi si allontana, mischiandosi tra la gente.
Una leggera brezza fredda mi fa rabbrividire, porta con se l’odore della città e anche il frammento di un discorso tra tre ragazze sedute su una panchina ignare di essere spiate.
Guardai l’orologio al polso, segnava le dieci. Rapidamente feci due calcoli. Il Red non era lontano in poco più di venti minuti l’avrei raggiunto.
Rientro e subito trovo sollievo nel tempore della stanza. Fa davvero freddo fuori…
Con lo sguardo cerco i miei genitori per avvisarli che me ne sarei andato ma non li trovai così raggiungendo l’ingresso e dopo aver recuperato la giacca, ordinai al responsabile dell’organizzazione, la riconosco solo grazie a quell’auricolare ficcato nelle orecchie e  con in mano un piccolo IPad, di avvisarli alludendo alla scusa di non stare bene.
È sabato sera e le strade di San Francisco sono affollate di macchine e moto che sfrecciano sinuose, evitando così tutte le code.
Raggiungo il locale in mezz’ora, davanti a me in attesa di entrare c’è solo un gruppo di cinque persone così non ci metto molto a pagare ed entrare. Le cui soffuse rendono il locale caldo e intimo. E diversamente dalla prima volta che vi ho messo piede, apprezzo l’arredamento e l’ambiente particolare e un po' retro.
Faccio passare tutta la sala ma di Helena nemmeno l’ombra, lancio un’occhiata al bar pensando che se non serve ai tavoli è perché sta aiutando la sua simpatica amica, ma nemmeno lì c’è. Mel preparando dei drink a fianco di due ragazzi e ride assieme a una ragazza seduta al bancone che assomiglia molto alla terza ragazza che ho visto il giorno prima in loro compagnia.
Mi incammino verso di loro immaginando già l’accoglienza che mi darà Mel quando ho solo il tempo di vedere il suo sguardo stupito, quando scorge la mia figura, quello incuriosito della ragazza con cui parlava che le luci si spengono. Lasciando solo un faro che illumina un divanetto nell’angolo destro del palcoscenico. E la musica parte.
 
****
 
— Cosa vuol dire che l’impianto è andato?
— Che è andato — E.J, non sa come comportarsi con Roxy che con le mani nei capelli cerca di trovare una soluzione al problema. Mancano dieci minuti all’inizio della mia esibizione e l’impianto audio si è rotto e non c’è tempo per chiamare qualcuno e ripararlo. Le ragazze avevano smesso di truccarsi e ascoltavano il discorso in silenzio. È strano, durante le prove questo posto era così chiassoso e ora invece sembra non volare nemmeno una mosca.
— Okay, dobbiamo annullare tutto — è la sua decisione dopo minuti di silenzio. Subito un coro di proteste s’innalzò alla decisione della proprietaria. Tra di loro c’ero anch’io. Tutte avevamo provato e riprovato fino a tarda notte, provato e riprovato i costumi e soprattutto io che avevo la parte principale avevo imparato quella canzone a memoria così da provarla a casa.
— Posso cantare io — dico azzittendo tutti.
— Sai cantare? — Roxy mi guarda come se fossi la sua ancora di salvezza, e forse è proprio quello che sono.
— Me la cavo bene e la canzone a furia di sentirla e risentirla l’ho imparata a memoria.
— Sicura? — mi chiede con tono dubbioso ma con una luce speranzosa negli occhi. Tanto che se mi rimangiassi quello che ho appena detto lei farebbe finta di non aver sentito.
Annuisco e subito si scatena il finimondo per sistemare gli ultimi accorgimenti e avvisare la band.
 
Okay… tiriamo le somme di quello che è successo in questo quarto d’ora. L’impianto audio si è rotto, Roxy è entrata in crisi e voleva sospendere lo spettacolo così io che avevo lavorato tanto sull’esibizione, così come le altre mi sono proposta di cantare dal vivo. Bene, ottimo, fantastico,… oddio sono nel panico!
— Helena tra cinque minuti s’inizia —  mi avvisa Gabe passandomi alle spalle e sfiorandomi una spalla. Gli lancio un’occhiata veloce e gli rivolgo un sorriso tirato. Sono nervosa come il giorno del provino.
— Andrà tutto bene, anzi benone — mi dico dopo aver preso un respiro profondo. — Hai provato e riprovato e sai tutti i passi quindi devi solo rilassarti.
Ecco, parlare da solo e a se stessi è il primo sintomo di pazzia…
Sistemo per l’ennesima volta la parrucca bionda, nonostante sia perfettamente ancorata alla mia testa e nelle prove non mi è mai caduta ho il terrore che durante lo spettacolo voli in mezzo al pubblico.
— Al tuo posto Helena. Iniziamo.
 
http://www.youtube.com/watch?v=1giKhGe2bxs
 
 
La sala è completamente buia e silenziosa. Le luci che la illuminano sono quelle delle piccole candele sistemate sui tavoli e lungo la balaustra del primo piano. Canto e mi muovo a ritmo della musica. Solo la mia voce, accompagnata dalle note della canzone, risuona nel locale almeno fino a che tiro il grande cordone al lato del divanetto, che ho usato come appoggio per ballare, e nascono fischi e applausi che mi danno una carica in più facendomi perdere ogni inibizione. Le quinte si aprono rivelando una scalinata al centro del palco. Ballo e mi diverto, non m’interessa nient’altro. Dopo aver eseguito il pezzo lancio uno sguardo ammiccante al pubblico, che ancora rimane nel buio nonostante le luci sul palco siano tutte accese e un’altra tenda si apre in cima alle scale, rivelando le ragazze che iniziano a eseguire il loro pezzo come se fossero bambole. Dietro di loro un palo, di ottone, che mi fa da appoggio per muovermi e un grande specchio che sembra allungare il palco creando un bellissimo effetto scenico.
Le ragazze ballano sulle scale mentre io scendo fino a raggiungere il limite del palco dove due ballerini, in divisa del locale, mi attendono e come se fossi seduta su una lettiga mi portano fino al bancone del bar. Ed è quando in seduta sul piano di legno che mi accorgo di chi ho a fianco.  
Ian, seduto su uno degli sgabelli in giacca e cravatta, con il nodo allentato, che mi guarda a bocca aperta.
Io che non posso permettermi il lusso di fermarmi continuo a cantare e ballare ed è proprio mentre non lo perdo di vista che decido di giocare con lui. Una specie di rivalsa per gli anni passati, per fargli vedere chi sono ora e che cosa so fare. E lui non perde nemmeno un mio movimento e leggo preoccupazione, timore, quando con gesti lenti e sensuali apro una delle porte girevoli che compongono lo specchio dietro al bancone. Sorrido piena di orgoglio per l’effetto che gli ho provocato. Chiudo  la porta dietro di me e mi libero della gonnellina rimanendo in body. Ad aspettarmi le altre ragazze che appena sono pronta ed entriamo. La parte non prevede le parole e così posso sorridere ammiccante verso Ian che per il mio ego ha ancora la bocca spalancata. Con l’indice, chiamo uno dei baristi, lo faccio girare con un piede, questi si piega in avanti in modo da creare un piano di appoggio, e aiutata da altri due, salgo sul bancone. Mi giro dando le spalle alla platea e mi lascio cadere tra le braccia di due ballerini che mi riportano sul divanetto e termino lo spettacolo.
 
— Magnifica! — Roxy mi abbraccia e per poco non soffoco tra le sue braccia.
— Grazie, Roxy.
— Come ti senti?
— Sono… — non so come rispondere, sono tante le cose che provo in questo momento. — Sono al settimo cielo e felicissima e…
Roxy ride felice — Cambiati e vai a casa, finisci qui questa sera. Te lo sei meritato — e dopo una lieve carezza mi lascia per andare dalle altre, senza dare peso alle mie proteste.
— Helena, è stato bellissimo — la voce entusiasta di Nana fa nascere un sorriso genuino e imbarazzato. Lei e Mel si avvicinano e mi stringono in un forte abbraccio riempiendomi di mille complimenti.
— Abbiamo lasciato il damerino al bancone con ancora la bocca spalancata — mi dice Mel divertita.
— A proposito di damerini, — inizia Nana dandomi una leggera gomitata sul braccio con lo sguardo è acceso di malizia, — non mi avevi detto che era così carino.
Avvampo facendola sorridere ma mi riprendo subito, mi schiarisco al gola con un colpo di tosse.
— Sarà carino ma a volte si comporta da cretino. Se vuoi te lo cedo.
Lei accenna una leggera risata e scuote la testa — è tutto tuo. Diciamo che non è il mio tipo — è la sua risposta criptica mentre lancia un’occhiata divertita a Mel. Io le guardo interrogativa non capendo ma quando loro non mi danno altre spiegazioni faccio spallucce e lascio correre.
— Brava, Helena — una delle ragazze mi passa a fianco e la ringrazio con un sorriso.
— Vi va di venire da me dopo? Festeggiamo e poi potete rimanere a dormire da me — propongo tornando a guardare le ragazze. — Per la notte ho io le cose.
— Certo, per me va bene — accetta Mel e poi guarda la nostra nuova amica — Nana?
— Anche per me non c’è problema.
— Bene allora, io vado a sistemare alcune cose in magazzino così, appena finito il turno, sono libera.
— Ti faccio compagnia se vuoi — si propone Nana. È bello il rapporto che si è creato tra loro, anzi… ora che ci penso a volte ho la sensazione che stiano flirtando.
— Okay, allora? — la domanda di Mel mi riporta alla realtà.
— Cosa?
— Io finisco il turno tra due ore. Tu ti dai una sistemata e poi tu e Nana andate a casa tua. Io sarò sempre dietro il bancone e sarà di poca compagnia. Vi raggiungo appena finito il turno.
— Okay —  accettai anche se mi dispiaceva lasciarla da sola.
— Ma prima io andrei da quel bel ragazzo e ci giocherei un po' — mi suggerisce Nana con sguardo malizioso. La sua idea non è male effettivamente…
— Lo farò…
E se ne andarono lasciandomi sola. Più tranquilla tolgo la parrucca e libero i capelli dalle forcine e dalla cuffia. Mi sembra di sentire il loro sospiro di sollievo per essere stati liberati dalla loro prigionia e senza cambiarmi esco per completare la mia piccola rivincita.
 
****
 
Sto ancora guardando il punto in cui è sparita quando la sua voce divertita mi fa voltare di scatto.
— Ehi, Maschione, chiudi la bocca e asciugati la bava. Si sta formando un lago ai tuoi piedi.
— Maschione? — dico alzando un sopracciglio. Indossa ancora il costume di scena, solo che i capelli sono neri come sempre.
— I capelli, erano biondi — mormoro e lei ride. Certo che figura del cavolo che ho fatto, mi tirerei qualcosa in testa da solo se potessi.
— Era una parrucca.
— Stai bene bionda — le rispondo cercando di darmi un contegno e cercando di farlo apparire un gesto naturale mi porto una mano alla bocca per vedere se realmente ho della bava, ed effettivamente un po' ce né. Solo che Helena capisce e scoppia a ridere portandosi la mano alla bocca e poi prende un porta tovaglioli e me lo porge.
— Vuoi un tovagliolo?
La fulmino con lo sguardo e ordino qualcosa da bere e lei chiede una bottiglietta d’acqua. Affoghiamo nell’alcool le mie figure da idiota.
— Spiritosa — borbotto e slaccio la cravatta poggiandola sul bancone con un gesto stizzito. Nel frattempo il barista porta i nostri drink.
— Oh, Ian, non hai senso dell’umorismo — risponde sempre con un sorriso divertito sulle labbra. Mi sta spudoratamente prendendo in giro ma stranamente, rido e ordino qualcosa anche per lei. Probabilmente è il vestito che indossa a farmi questo effetto. Vestito poi… il corsetto evidenzia le sue forme e il seno coperto da quelle pietre che sembrano diamanti attirano molto l’attenzione, per non parlare poi dei pantaloncini corti, anzi cortissimi, che indossa lasciano poco o nulla all’immaginazione e le gambe coperte da delle futili, e inutili, calze a rete. Le accavalla quando nota il mio sguardo indugiare troppo a lungo.
— Ti stai divertendo a provocarmi, vero? — le chiedo una volta che torno a guardarla in viso. Gli occhi con molto truccati e per quanti stia davvero bene la preferisco acqua e sapone. Tutti quegli strati di trucco m’impediscono di vederla davvero.
Lei fa uno sguardo fintamente scioccato come se l’avessi accusata del peggiore dei crimini, ma è solo un secondo perché poi alza le spalle con fare ovvio.
 — È divertente — ammette. Sogghigno scuotendo la testa.
— Okay, beh, ora basta, va bene? O te la farò pagare — la minaccio additandola con l’indice della mano con cui reggo il bicchiere.
— Che paura — e rabbrividisce per finta.
— Allora, tu mica non dovevi venire? — mi chiede dopo aver bevuto un generoso sorso di acqua. Poggia la bottiglietta sul bancone e poggia il gomito su di esso sostenendo la testa con la mano. Nel farlo alza i capelli mettendo in mostra il suo lungo e candido collo. Mi sta deliberatamente provocando.
— E perdermi la tua performance? — rispondo senza far vedere quanto la sua provocazione ha effettivamente colpito nel segno.
— Ti ho fatto una domanda prima io.
— Okay. Ero a una cena dello studio di papà, colleghi, amici, clienti. Dopo due ore non ho più retto e sono scappato — confesso.
— Beh scusa ma se vuoi lavorare nello studio di tuo padre, ti servono gli agganci e conoscere le persone giuste — sì, se sono davvero interessato a diventare avvocato…
— Il punto ora è un altro. Io ho risposto ora tocca a te.
— Helena! Sei ancora vestita? Vatti a cambiare e fila a casa — la voce di una donna sulla quarantina cattura tutta la sua attenzione.
— Sì, Roxy. Stavo parlando con un amico — dice indicandomi con un gesto rapido della mano.
— Oh… lui. Ian te la devo rubare — aggrotto le sopracciglia. Come fa a conoscermi.
— per quanto è bello vedere la gioventù intraprendere la strada del corteggiamento, la mia ragazza deve riposare e tenere al caldo quella voce da usignolo che ha o la licenzio. Quindi… — e mentre parla, prende Helena per le spalle e la fa scendere dallo sgabello e dopo averle dato una pacca sul sedere che fa imbarazzare lei e ridere me se ne va così com’è venuta.
— Simpatica la signora — dico una volta che mi sono ripreso.
— Fossi in te, non mi farei sentire a chiamarla Signora. Ovviamente se tieni ai gioielli di famiglia — aggiunge con un sorriso che oserei dire diabolico.
— Grazie, per la dritta.
— Bene, ora vado o il capo mi licenzia. Buona continuazione Ian — mi saluta con la mano e si allontana con un’andatura seducente per poi scomparire dietro a una porta vicino al palco.










 

   
 
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