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Autore: Geisha    12/12/2011    2 recensioni
Dal capitolo 12:
Un cenno... Un solo, misero cenno e lei si sarebbe allontanata, avrebbe sciolto quell'abbraccio tenue che gli stava facendo perdere ogni inibizione, sarebbe ritornata distante e inavvicinabile. L'avrebbe persa ancora... Il panico aumentò e tremando si ritrovò a stringere i suoi fianchi.
-Chyo-chan- il suo naso sfiorò quello di lei e a quella distanza minima, poteva avvertire il suo respiro regolare e che sapeva di sake -Non sei patetica, non lo sei mai stata.-
Non seppe per quanto rimasero immobili a fissarsi e perfino il pensiero di dover avvisare Shinpachi e Kagura del ritardo sfumò nel dimenticatoio. La voleva, del resto non gliene fregava granché...
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gintoki Sakata, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Dopo un po' di assenza, torno con il quinto capitolo! E' più breve rispetto agli altri perché, inizialmente, era unito al capitolo quattro (diviso per non far venire una sincope agli sventurati che leggono xD). Come solito, le note sono in fondo alla pagina :)

Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Hideaki Sorachi; questa storia non è scritta a scopo di lucro.

 

No, not much...



Il chiacchiericcio della gente giungeva distante alle sue orecchie, nonostante pochi istanti prima un paio di mocciosi gli fossero andati contro piagnucolando delle scuse a cui lui non aveva badato, nonostante dei bulletti di periferia si fossero fermati a fumare a pochi passi da lui vantandosi di non aveva capito bene quale rissa vinta contro non sapeva quale banda. E come dimenticare il travestito che ci aveva spudoratamente provato, continuando a ripetergli quanto “soffici e assolutamente stupendi” fossero i suoi capelli ricci e argentei? O la vecchietta davanti a sé che, aria corrucciata, lo fissava irritata mentre puliva l'ingresso.

Ma a lui di tutto questo non gliene fregava niente.

Perché era stanco, affannato dalla corsa e intimorito al pensiero che di lì a poco sarebbe rientrato nel luogo dove tutto aveva avuto inizio dopo troppi anni di solitudine. L'insegna “Atomic Wango” lampeggiava in blu davanti ai suoi occhi cremisi, facendogli comprendere che ormai, tornare indietro, sarebbe stato inutile. Nella mano destra stringeva un sacchettino, nell'altra stringeva la propria coscienza affinché tacesse. Del resto, bastavano già i ricordi a farlo stare male...


-La violenza non è mai la soluzione migliore- severo, il Sensei continuò la propria arringa da quando aveva scoperto la loro deprecabile azione -Pensavo che dai miei insegnamenti, aveste ricavato qualcosa di buono. Probabilmente mi sbagliavo- scribacchiava su un foglio di carta di riso, dando loro le spalle. Gintoki lanciò un'occhiata furtiva ai tre amici, immobili e silenziosi incapaci di discolparsi. Come avrebbero potuto, dal momento che avevano infranto parecchie regole? Si appoggiò alla parete fiocamente illuminata dalla lampada ad olio che, nella stanza da letto, creava particolari giochi di luci ed ombre che catturavano la sua attenzione. Solo alla sberla leggera di Katsura sul braccio si rimise composto, studiando l'espressione arcigna del compagno sotto i cerotti e l'occhio gonfio -Katsura, che cosa recita il quarto principio del Bushido?- il Sensei volse il viso appena oltre la spalla, attendendo una risposta. Zura si mosse sul posto, si schiarì la gola e recitò con voce flebile:

-I Samurai non devono dimostrare la propria forza e sono gentili con i nemici. Senza tale rispetto, gli uomini diventano poco più che bestie. Il Samurai è rispettato non solo per la sua forza in battaglia, ma anche per come interagisce con gli altri uomini.*-

-Secchione.- bisbigliarono Takasugi e Gintoki, scambiandosi un'occhiata inceneritrice. Zura li guardò in cagnesco e Chyoko ridacchiò, emettendo un verso strozzato quando il Sensei si volse completamente in loro direzione. Non gli parve collerico, così come non gli sembrò in procinto di rispedirli a casa senza possibilità di ritorno al dojo; c'era delusione e quello sguardo, che ne era così saturo, lo costrinse ad abbassare il viso per un breve istante. Perché quell'uomo lo aveva portato fuori dal baratro in cui era precipitato e tutto ciò che gli aveva chiesto era di non commettere altra violenza, di imparare che la via della spada non serviva solo per far del male al prossimo; e lui aveva disobbedito, infrangendo quella misera richiesta che gli era stata posta con pacatezza.

-Ci caccerà?- sussurrò Chyo con voce tremante, stropicciandosi le mani. Solo i due compagni lo separavano da lei, ma a Gintoki la distanza parve insormontabile. Ricordava ancora i suoi occhi grigi sgranati, la sua guancia gonfia e rossa, lo sguardo terrorizzato... L'immagine era marchiata nella sua mente sgombra dai pensieri e se solo ci pensava, avvertiva un macigno sullo stomaco, un peso difficile da spazzare via. Si chiese se quella sera, se i suoi gesti, avrebbero cambiato qualcosa nel loro rapporto sano e genuino.

-Non vi caccerò, Fujiwara, ma sappi che il vostro comportamento mi ha molto deluso- un sorriso impercettibile le venne rivolto e quella placidità gli fece distendere i sensi -Takasugi, Katsura e Gintoki, sarete in punizione per un mese. Non frequenterete gli allenamenti al dojo e pulirete la palestra ad allenamenti terminati. Fujiwara, tu darai loro una mano nelle pulizie.-

-Dice sul serio?!- squittì la ragazza sporgendosi leggermente, un sorriso radioso ad illuminarle il volto.

-Inoltre, domani mattina verrete con me al Dojo di Hombu e vi scuserete personalmente con Shinichi.-

-Ma è stato lui a cominciare!- Shinsuke, con fare battagliero, si oppose alla richiesta del Maestro.

-Takasugi, non sei nella posizione di poter ribattere. So bene che è stata difesa, ma non avreste dovuto usare la stessa moneta. La violenza non genera altro che violenza, non mi stancherò mai di ripeterlo. Ora prendete stracci e secchio e andate a pulire la palestra. Voglio che quel sangue sia sparito entro domani mattina.-

-Ma è tardi. I nostri genitori potrebbero preoccuparsi.-

-Sono già stati avvertiti, Katsura. Ora andate.- sorrise loro incoraggiante, mantenendo la propria compostezza e severità. Zampettarono all'esterno dopo essersi inchinati davanti al Maestro e pigramente si spostarono verso il dojo ancora illuminato. Gintoki si trascinava stancamente sui piedi, ancora scombussolato dalla propria reazione, il senso di colpa nei confronti del Maestro che ancora gli bloccava il respiro. E poi c'era lei... Lei che non lo degnava di una parola o di uno sguardo. Volse il viso, deciso ad affrontarla, a cercare gli occhi grigi di Chyoko almeno un ultimo istante, ma la voce scorbutica di Takasugi lo fece bloccare sul posto.

-Stai bene?- scorse il compagno prendere in disparte Chyoko. Digrignò i denti e strinse i pugni; com'era possibile che quel babbeo lo precedesse in tutto?!

-Non mi sono fatta niente. Tu, piuttosto?- alzò gli occhi al cielo; potevano essere più patetici?!

-Riguardo a prima..- lo vide tentennare, grattarsi la nuca e mugugnare qualcosa di indecifrabile; fu tentato di deriderlo senza ritegno. L'algido Takasugi che si dimostrava così impacciato nei confronti della piccola e innocente Chyo. Uno spettacolo da filmare!

-Va bene così!- prese lei la parola, destabilizzando Sgin per un attimo. Probabilmente credeva di uscirsene con una frase ad effetto, ma lei lo aveva anticipato con la propria pacatezza -Lo so, scuse accettate.- e poi lo vide, riuscì a scorgere il suo sorriso dolce rivolto a quell'idiota di un Shinsuke che, dopo tutte le cazzate commesse, non si meritava altro che calci.

Il ragazzo annuì, dandole le spalle con un gesto secco pronto ad andarsene via, ma prima che ciò avvenisse si rivoltò verso di lei, lo sguardo ora più sereno e meno duro -E non mi da fastidio se mi chiami Shin-chan.- eh no! Vederlo così smielato, per i canoni di Takasugi, e osservare il rossore che si propagava sul volto pallido di Chyoko era troppo per il suo stomaco delicato!

-Che pena...- mormorò zampettando verso Zura, sentendo montare una strana sensazione di rabbia che, dallo stomaco, si protrasse per tutto il corpo. Il viso contratto in una smorfia di irritazione aveva indurito i suoi lineamenti solitamente rilassati e le mani prudevano, solleticando l'idea di prendere a pugni qualcun altro. In particolare un cretino con i capelli a scodella e gli occhi verde oliva. Come se la rissa di qualche ora prima non fosse stata sufficiente...

-Fai paura. Te la sei presa per le parole del Sensei?- pacato, Zura, inarcò un sopracciglio alla vista della suo cipiglio nervoso; con la coda dell'occhio, lo vide fissare la coppietta a pochi metri da loro intenti a parlare come due automi senza chip -Oppure...?-

-Andiamo a pulire. Prima finiamo, prima dormiamo.- buttò lì con noncuranza, grattandosi la nuca mentre procedeva a passo spedito verso il sentiero che lo avrebbe condotto a casa del Sensei. Katsura, nonostante la caviglia slogata, gli zampettò dietro cercando di stare al suo passo.

-Io farei attenzione, se fossi in te. Oppure mi darei una mossa- la brezza di fine aprile scompigliò la sua chioma argentea e mentre si voltava verso l'amico, lasciandosi raggiungere dimentico della stanchezza e della rabbia, si ritrovò a soppesare con fin troppa attenzione le parole che ora gli stava rivolgendo. Perché Zura sembrava aver compreso ciò che per lui non era poi così chiaro e cristallino? -Takasugi è un rivale temibile, sappilo.-


-Vuole entrare giovanotto o intende piantare le radici qui?- una voce gracchiante lo ridestò dal tuffo nel passato e lo sguardo appisolato si infranse contro la figura striminzita della vecchietta. Migliaia di rughe solcavano il suo viso smunto, facendola sembrare vagamente minacciosa, e quella scopa fra le sue mani non prometteva nulla di buona, soprattutto perché la maneggiava con fin troppa cattiveria.

Gintoki si grattò il collo, regalandole un'occhiata malevola, poi si decise a parlare -E' ancora aperto?- con un gesto della nuca indicò il locale, ricevendo un grugnito in risposta.

-Stiamo per chiudere. Se vuoi divertirti, è rimasta solo quella disgraziata di Chyoko- tornò a pulire, mugugnando un -Quella è acida come una zitella.- che lo fece ghignare d'assenso.

La brezza fredda gli fece accapponare la pelle e massaggiandosi le braccia per riscaldarle, prese un profondo respiro cominciando ad avanzare verso l'entrata -Perfetto, cercavo proprio lei!- sgarbatamente la spostò di lato, lasciandosi trasportare dalle imprecazioni della nonna e con un braccio alzò la tenda, facendosi largo. Subito un odore di fumo misto ad alcool impregnò le sue narici, facendogli storcere il naso. Si guardò attorno, notando che nulla in quel mese era cambiato del blu Atomic Wango. Il locale era semi deserto, fatta eccezione per qualche ubriacone seduto al tavolo del bar dove una barista svogliata lavava i bicchieri, le inservienti vestite da conigliette che pulivano i tavoli e l'oggetto della sua corsa folle fin lì che, sul palco, ciondolava come una cretina.

Aveva i capelli neri scompigliati che le conferivano un'aria selvaggia e l'espressione imbronciata mentre si guardava attorno svogliata, giocherellando con i pizzi e merletti del corpetto nero e bianco che mettevano in risalto le sue generose forme. Gin deglutì quando avvertì una strano calore montare dalla bocca dello stomaco fino al cervello, cominciando a mandare impulsi strani alla sua coscienza che, stranamente, era riuscita a liberarsi. E adesso farneticava di quanto Chyo fosse sexy in tenuta da cortigiana di periferia. Scosse la nuca con vigore e strinse il sacchetto, avanzando di qualche passo pronto all'ennesima discussione della giornata.

-Per tutti i Kami!- un urlo disperato si levò nella sala, interrompendo il suo lento andare; e adesso che cavolo stava succedendo?! -Quello è il terrorista!- la barista portò le mani fra i capelli, poi si abbassò dietro il bancone -È venuto per ucciderci! Ha una bomba, tutti a terra!-

Un vociare di “Ci ucciderà tutti! Chiamate la Shinsengumi” riempì la sala. Gintoki, capendo di essere l'oggetto delle attenzioni isteriche dei presenti, fissò con apatia il gruppo di baristi che si stavano gettando a terra, poi scosse la nuca mentre procedeva verso il palco con passo di marcia biascicando un seccato -Bombarda una volta l'ambasciata e ti marchiano a vita!-

-Tranquilli, è un idiota ma non è pericoloso- amorevole come uno scorpione, Chyo li richiamò all'ordine con fare scocciato poi lo scrutò con stizza -A cosa devo questa spiacevole visita?- sembrava nervosa, stanca e piuttosto sciupata, ma si disse che era solamente la luce giallastra che la illuminava a renderla vagamente malaticcia e poco attraente. Non che lo fosse mai stata attraente, sia chiaro!

-Ha proprio ragione la vecchia all'entrata. Sei acida come una zitella.-

-Hai detto qualcosa?- domandò Chyoko inarcando un sopracciglio. Gin sventolò una mano, lasciando cadere il discorso -Perché sei travestito così?- mise le mani sui fianchi, inclinando appena il capo -Sei stato ad un cospaly? O era una convention su Capitan Harlock?- un sorriso di scherno le increspò le labbra rese ancora più scure dal rossetto.

-Sei simpatica come un budino scaduto e ricoperto di muffa.- replicò aspro, chiedendosi per quale razza di motivo le sue gambe lo avessero portato fino a lì. Anzi, la colpa era solo da attribuirsi al suo cervello forato che aveva partorito quella stramba idea, con la grande partecipazione della sua bontà smisurata. Perché se adesso si ritrovava ad affrontare una Chyo simpatica come una doccia gelata e già sul piede di guerra, la colpa era da attribuirsi solo e unicamente alla propria gentilezza. O forse, le parole di Zura erano state la molla che aveva dato il via allo sciamare di pensieri che ancora non volevano saperne di scomparire.

Se non fosse stato per lei, il netturbino ti avrebbe di sicuro scambiato per immondizia.”

Forse un grazie glielo doveva...

-La ragazza sta bene?- aveva le braccia incrociate e della rabbia che l'aveva accolto non vi era più nulla. Grazie al cielo, Chyo sembrava essersi rilassata.

-Ahm, sì, direi che sta piuttosto bene. È sempre in carne e si mantiene in forma.- alla sua sparata poco delicata, Chyoko si lasciò sfuggire un risolino, mormorando un incolore “Meglio così, davvero” prima di dargli le spalle e recarsi vicino al lungo palo. Per un momento, Gintoki ebbe il terrore che la giovane si sarebbe esibita in un altro dei suoi maledetti numeri, ma tutto quello che fece fu aggrapparsi con una mano e cominciare a ruotare intorno ad esso in maniera lenta e ritmata, come se stesse seguendo una melodia silenziosa.

E tutto ciò che lui fece, fu seguire quel ritmico movimento che lo lasciò senza parola alcuna, come se per un brevissimo istante avesse deciso di godere di quello spettacolo, conscio che qualsiasi parola detta avrebbe scalfito la quiete faticosamente recuperata. Se solo la guardava bene, con la testa inclinata, un occhio chiuso e l'altro bendato, la Fujiwara non era poi così tanto brutta come la sua mente continuava a dipingerla.

-Tra poco chiudiamo- mormorò Chyo -Devi dirmi qualcosa?-

Molte, troppe cose...” continuava a soffocare quelle parole con tutta la forza che aveva in corpo, conscio che quella notte sarebbe stata l'ultima in cui la Fujiwara si sarebbe presentata ancora davanti ai suoi occhi.

-Non esattamente...- si guardò attorno, distogliendo lo sguardo dai suoi fianchi pienotti. Perché continuava a fissarglieli?! Dov'era una forchetta quando serviva?

-Non so che intenzioni tu abbia, ma stasera non ho voglia di discutere- spossata, circondò il palo con una gamba e inarcò la schiena, lasciando ricadere i capelli dietro sé, quella cascata di fili corvini che per anni aveva sempre visto legati e solamente in qualche rara notte aveva avuto l'onore di stringere fra le dita. E come un susseguirsi di ricordi e immagini via via più nitide, ecco che gli occhi si posarono sul fianco destro, dove una cicatrice svettava su quella pelle color delle neve. Incredibile come un solo, misero particolare potesse fargli tornare un peso sul cuore che da tempo credeva di aver distrutto -Si può sapere che hai da fissare?- pose una mano sul fianco, coprendo la ferita scoccandogli un'occhiata intimidatoria, come se fosse stata capace di catturare il flusso dei suoi pensieri.

Gin si riscosse, poi preso dal nervosismo causato dalla tensione, corrugò la fronte -La puoi smettere di girare? Mi stai facendo venire mal di testa!- le lanciò la busta addosso e lei la schivò per miracolo, guardandolo poi con espressione omicida.

-Ma sei diventato scemo? Potevi farmi male!- lo guardò accigliata, poi con un piede mosse la busta bianca -E questa? Che roba sarebbe?-

-Il saldo del mio debito.- si mise a braccia conserte, imbarazzato dalla propria reazione bambinesca.

-Avevamo un debito?- alzò le spalle, incapace di ribattere. Ma poi la vide stropicciarsi il volto, come se avesse compreso -Maledetto Zura! Gli avevo chiesto di non dirti niente!-

-Non potevi dirmelo subito? Avrei evitato di fare tanta strada!- ancora una volta, fu in grado di far ricadere le colpe sulla Fujiwara; un po' e ne compiacque.

Chyoko sbatté le mani sui fianchi, alzando lo sguardo esasperato al soffitto -Proprio per questo! Non volevo che noi due avessimo un debito, una specie di legame!- Gintoki ascoltò appena le sue parole intrise di irritazione, ma non gli sfuggì quell'ultima parolina pronunciata con disgusto, il tutto corredato da una smorfia di nausea da far sparire a suon di schiaffi.

-Infatti non c'è alcun debito, tra di noi.- si grattò la nuca, conscio che se la favola di Pinocchio fosse stata vera, il suo naso sarebbe arrivato fino allo spazio. Perché per quanto Chyo si ostinasse a sostenere che non avrebbe dovuto sentirsi in dovere di ripagarla, in cuor suo sentiva che qualcosa glielo doveva. Come se quello potesse essere un minuscolo, impercettibile passo per far sì che il perdono arrivasse. E quando lei sospirò, scuotendo la cascata di capelli corvini e mossi, la domanda sorse spontanea nella sua mente: voleva essere davvero perdonato da quella arpia?

-E allora perché sei qui? Ti prego, dimmi che la convention era dietro l'angolo- aggiunse speranzosa, sbuffando subito dopo al suo medio alzato -Che cosa c'è qua dentro?- alzò il sacchetto bianco, guardandolo con diffidenza.

-Hai gli occhi per guardare, no?- replicò scorbutico, sedendosi pesantemente sulla poltrona di velluto rosso dietro sé. Si passò le mani fra i capelli e quando le lasciò ricadere davanti a sé, gli parve di essere ripiombato a quella sera di un mese fa, con Chyo che si esibiva sul palco senza degnarlo di uno sguardo, come se non esistesse, come se non fosse mai entrato nella sua vita. E la sensazione di vuoto che lo colse al pensiero che davvero Chyo sarebbe potuta diventare un vago ricordo, lo spaventò. Per fortuna il rumore della plastica che veniva accartocciata lo richiamò alla realtà e così si scontrò con una Fujiwara incazzosa che fissava il pacchetto neanche fosse stato un pannolino sporco.

-E aprila! Non c'è nessuna bomba, quelle le lascio a Zura- appoggiò le braccia sullo schienale, lasciando cadere la testa all'indietro. Già si immaginava la scena: la risata sgraziata della ragazza avrebbe corroso l'aria pulita del Wango, il suo già scarso buonumore sarebbe finito sotto la suola degli stivali neri e una bella croce rossa sarebbe stata messa su Chyoko Fujiwara. Quella sarebbe stata l'ultima volta che il destino la piazzava sulla sua strada lastricata di sfiga. Purtuttavia crogiolandosi in questi pensieri, alzò il capo quando si rese conto che nessun suon amaro gli era stato scagliato contro. Una Chyo silenziosa e impietrita, che stringeva fra le dita affusolate un vestito rosso di fattura cinese, era dipinta davanti ai suoi occhi, mescolandosi con la piccola adolescente dei suoi ricordi felici.

-Ehm, è-- il suo balbettio fu un suono nuovo, particolare, così stonato in mezzo alle parole colme di cattiveria che gli aveva rifilato a mo' di mitraglietta per tutta la discussione. E il colpo che avvertì al cuore lo colse alla sprovvista.

-Kagura aveva dei vestiti da buttare, così ho pensato di dartene uno- delicato come un elefante, Gintoki provò a mettere insieme una frase di senso compiuto, risultando però più maleducato di quanto avrebbe dovuto. La verità era che parlare con lei non era più facile come un tempo e nemmeno sostenere il suo sguardo era una passeggiata -Non so se ti andrà. Kagura non ha i fianchi così larghi.- si grattò la punta del naso, ghignando alla vista della sua vena pulsante.

-Stai forse dicendo che sono grassa?!-

-Beh, rispetto a cinque anni fa hai messo su qualche chiletto- replicò alzando le spalle, godendo delle sue imprecazioni sommesse -Ma così è meglio. Le tue cosce erano orribili da toccare, così spigolose, scarne...- si stupì della propria capacità di tirare fuori il passato senza preoccupazione alcuna, come se le ostilità fossero scomparse per un attimo.

Lei stessa ne sembrò sorpresa, perché al posto di fare l'isterica per aver commentato le sue giunoniche forme, lasciò cadere il discorso con uno sbuffo e un serio -Perché lo hai fatto?-

-Il tuo kimono si era sporcato, no?- questa volta gli occhi sgranati furono indirizzati a lui, così si alzò e le diede le spalle pur di non doverla affrontare -Beh, con questo non sono più in debito con te.-

Nessuno dei due fiatò, lasciando cadere gli innumerevoli discorsi tirati in ballo in quella stramba giornata cadessero in un silenzio cadenzato dalla musica soft del locale ormai chiuso. Non si erano presi a parole, non avevano fatto recriminazioni e non si erano nemmeno presi a sberle. Levò una mano in segno di saluto, per nulla sconfitto dal silenzio che Chyo gli aveva dato in risposta. Una volta fuori gli parve di poter respirare con più facilità, un enorme macigno si era levato dai polmoni. Guardò il cielo scuro, cercando qualche stella adombrata dalle luci al neon scintillanti e vistose, avvertendo la porta del locale chiudersi alle proprie spalle. Poteva essere un piccolo passo avanti, no?

*****


Chyo coprì le labbra rosse con una mano, soffocando uno sbadiglio. Era un pomeriggio pigro di metà maggio e Chyo, su ordine del Sensei, stava raccogliendo la frutta di stagione con Zura. Pochi giorni e avrebbero finalmente scontato la loro punizione e da quella famosa notte, Chyoko si era ripromessa di non lasciarsi sopraffare dagli eventi. Aveva fatto un patto con sé stessa: diventare più forte e dipendere meno dagli altri. Certo, se Takasugi voleva darle una mano e divenire il suo cavalier servente non avrebbe detto certo no...

-Smettila di sbavare. Pensare a Takasugi ti fa male.- Katsura le tirò dietro una ciliegia, ricevendo una linguaccia come risposta e un poco credibile “Non pensavo a Shin-chan!” che avrebbe fatto ridere anche i sassi. Che poteva farci se era bello come un Dio e lei era cotta come una mela? Scacciò l'immagine sensuale del ragazzo e focalizzò la propria attenzione sul migliore amico, invidiando i suoi capelli lisci e neri, più lunghi dei suoi di almeno una spanna.

-Non pensavo a lui. O almeno, non solo...- borbottò sedendosi sulla veranda, fissando i piedi.

-Pensi ancora che Gintoki ce l'abbia con te?-

-Perché, non è forse così?- inarcò un sopracciglio -Ma insomma, non ti ha detto nulla?-

-Certo che no. Quello non parla mai!- i due lasciarono cadere quel breve discorso che, da un mese a quella parte, cominciavano senza darsi una vera e propria risposta. Perché Chyo non si sognava le cose ed era convinta che, dal giorno della rissa in palestra, Gintoki la stesse evitando per un motivo a lei oscuro. Il babbeo passava le sue giornate a poltrire e quando non dormiva, studiava con Takasugi e Katsura. Beh, questo fino a che lei non metteva piede nella stanza, salutandoli allegra e lui accampava scuse su scuse, defilandosi dalla loro vista. La scusa più gettonata era “Devo andare al bagno!”, e se inizialmente la ragazza aveva pensato che la sua vescica avesse dei seri problemi, con l'andare del tempo aveva cominciato a capire che lì, l'unico problema, era lei.

-E' troppo giovane per avere la vescica debole.- constatò pensierosa mentre dondolava le gambe.

-Credo ce l'abbia con sé stesso, non con te- fu la constatazione di Zura mentre raccoglieva delle ciliege -Da quando c'è stata la rissa, sembra insofferente quando ci sei tu.-

-Andiamo, non gli ho mai rimproverato nulla!- incrociò le braccia, soppesando le parole dell'amico -La verità è che lui è più contorto di quanto non sembri.-

Zura scese dallo sgabello, riponendo le ciliege nel cesto di bambù, sospirando in sua direzione -In realtà è più semplice di quanto credi. È solo scemo, tutto qui.- raccolse il cesto e dandole le spalle cominciò ad incamminarsi verso il dojo.

-A me non sembra...- mugugnò seguendolo, osservando la sua coda di cavallo ondeggiare a destra e sinistra ad ogni suo passo lento.

-Chyo, perché non vai a parlargli? La parola risolve sempre molti problemi- si fermò, ancora una volta intontita dalle parole di Kotaro. Lui la guardò, le rivolse un sorriso dolce poi continuò -Hai mai pensato che tu, per lui, sia più importante di quanto voglia dare a vedere?- e con quella frasetta sibillina e contorta per il suo cervellino, la Fujiwara rimase immobile sotto il sole, crogiolandosi nell'ansia -Inizia ad andare in palestra, io ti raggiungo.- e senza nemmeno prestargli ascolto, la ragazza si incamminò. Perché più gli anni passavano più Gintoki si rivelava incomprensibile? -

Aprì la porta della palestra con svogliatezza, richiudendola piano quando si rese conto che, a rompere il silenzio, era il russare di un Gintoki addormentato contro il muro. Una strana sensazione di disagio la pervase consapevole che, da molto ormai, non le capitava di passare del tempo in sua compagnia. Certo, dormiva e forse nemmeno si era accorto di lei, ma era già un inizio!

Tolse gli okobo e li prese fra le mani, avvicinandosi in punta di piedi verso l'amico. Si acquattò davanti a lui, osservando la sua espressione rilassata e beata, sorridendo piano nel constatare quanto le fosse mancata la vicinanza con quel cretino. Era talmente pacioso che trasmetteva rilassatezza solo standogli affianco. Una sensazione di pace che nemmeno Shinsuke era capace di infonderle.

-Se non la smetti di fissarmi ti do un pugno- Gin aprì un occhio, sistemandosi meglio mentre, Chyo, imbronciata, mugugnò qualcosa di indecifrabile. Piano si mise composta, scrutandolo di sottecchi pronta ad una sua eventuale fuga. Ma l'amico rimase immobile, apparentemente non turbato della sua presenza e la sensazione che Zura avesse ragione, la fece sentire tremendamente stupida. Magari era lei a farsi troppe fisime, forse Gin non ce l'aveva con lei. Magari aveva davvero problemi di vescica...

-Vuoi qualcosa, Chyo?- la sua voce impastata dal sonno la fece annuire e prima che potesse rendersene conto, le parole uscirono dalle sue labbra con facilità e tremolio.

-Dobbiamo pulire la palestra- deviò le proprie paure, accampando una scusa pur di non dover affrontare alcun argomento con lui. E mentre lo sentiva camminare lento verso l'altra parte della stanza, incominciando lei a pulire il tatami, la voglia di scoprire cosa gravitasse in quel buco nero che era il suo cervello montò in lei, sparpagliando tutti i timori e le preoccupazioni -Gin-chan, posso chiederti una cosa?- domandò pacata, guardando il pavimento con fin troppo interesse. Un grugnito le diede il via libera a parlare e dopo aver preso un respiro profondo, Chyo volse lo sguardo in sua direzione -Per caso sei arrabbiato con me?-

Le parve irrigidirsi, ma forse era solo scocciato di dover lavorare -Perché dovrei?-

-Mi... Mi stai evitando da quando c'è stata la rissa e... E io voglio che tu sappia che a me non importa. Tu non hai fatto nulla di male e- si bloccò, indecisa su come continuare; Gintoki continuava a rimanere in silenzio, dandole le spalle -Cioè, hai fatto una cosa brutta, ma non sono arrabbiata con te e--

-Come se mi importasse di quello che pensi- si voltò di scatto, guardandola con le sopracciglia aggrottate -Chyo, non temo il tuo giudizio, non farti problemi per nulla.-

-E allora perché mi eviti?-

-Non ti sto evitando!-

-Vai sempre in bagno quando arrivo io!-

-Mi concili una visitina al gabinetto, tutto qui!-

-Io cosa?!- gracchiò lasciando cadere la scopa, incollerita dall'atteggiamento infantile del compagno. Perché si ostinava a negare l'evidenza? -Zura dice che dovrei parlarti, ma a quanto pare è tutto inutile. Sei peggio di un muro...-

-E tu sei seccante...- strinse le labbra, conscia che di lì a poco sarebbe arrivata la fine della sua tranquillità -Credo tu ti stia dando troppa importanza. Tu non se così...- si bloccò, guardandola con rammarico e colpevolezza, mormorando un flebile -Scusami...- a cui seguì un'alzata di spalle e il suo lento andare, pronto ad andarsene fuori dalla palestra e, ancora una volta, dalla sua quotidianità.

E qualcosa in lei si frantumò in mille pezzettini. Quelle poche parole, pronunciate con tanta indifferenza, ebbero il potere di spezzare la pace del suo animo, come se la tensione accumulata in tutto quel tempo fosse pronta ad esplodere. Recuperò gli okobo e incurante della propria, scarsa mira li scagliò contro Gintoki, colpendo la sua schiena leggermente ricurva.

-Ahi, ma sei diventata scema?!- si voltò con sguardo assassino e sconvolto, massaggiandosi la parte lesa -Razza di cretina, avresti potuto...Chyo, cos'hai?- l'espressione di Gintoki era qualcosa di nuovo, assolutamente mai visto. Traspariva sorpresa dalle sue sopracciglia inarcate e gli occhi spalancati gli conferivano un'aria più sveglia del solito. E tutto questo, era dovuto al fatto che Chyoko sembrava essere diventata una pantera pronta ad attaccare. Tremava da capo a piedi, teneva i pugni stretti e respirava piano, trattenendosi dal commettere qualche pazzia.

-Non ignorarmi! Guardami quando ti parlo!- strillò dando voce ai propri pensieri, facendo uscire tutte quelle parole che non era riuscita a dirgli.

-Chyo, non fare la primadonna- sbuffò contrariato, come se si stesse infastidendo -Quel primato appartiene già a Takasugi.-

-Io non faccio la primadonna, io voglio solo capire cosa Diavolo sta succedendo! Un giorno siamo amici e la volta dopo non mi degni di uno sguardo. Io non ce la faccio più... Io... Io non-- portò le mani sul viso, stringendole così forte da far divenire le nocche bianche e quando chiuse gli occhi, comprese di essere giunta al limite -Io non ce la faccio se tu non mi parli, Gin-chan.- le proprie labbra tremarono e le lacrime che a lungo aveva ricacciato indietro uscirono prepotenti dagli occhi grigi, solcando le guance rosse.

Un Gin sorpreso e colto contropiede si grattò la nuca, farfugliando frasi a lei incomprensibili. Nel silenzio della palestra, spezzato dai singhiozzi rumorosi del proprio pianto, Chyoko non seppe spiegarsi il perché di quella scenata isterica e nemmeno riuscì a spiegarsi come mai le parole di Gintoki fossero suonate come uno schiaffo in pieno viso. Fu come venire tradite, come se solo lei vedesse del bello in quel loro rapporto di amicizia. O forse lei non aveva mai capito Sakata fino in fondo.

Ma tanto, a che pro dispiacersene proprio in quel momento? Cioè che era stato detto non poteva essere rimangiato e la consapevolezza che tutto le stava sfuggendo dalle mani non fece altro che aumentare il senso di angoscia che l'aveva pervasa. Ad un tratto, però, avvertì una mano fra i capelli scuri e la voce atona di Gin che diceva -Basta piangere. Giuro che non farò più lo stronzo, ma tu smettila- e quando alzò il viso, scorse le sue guance rosate, l'imbarazzo dipinto sul suo viso e un sorriso di sollievo fiorì sulle proprie labbra, come se quel semplice gesto avesse potuto scacciare la tristezza covata in quel mese -Sei proprio una mocciosa.- aggiunge con un ghigno.

-Non sono una mocciosa!- si lamentò, gonfiando le guanciotte rosse per il pianto.

-Per essere una mocciosa, pensi troppo.-

-Ehi, ho quindici anni! Non sono una mocciosa!- ripeté tirando su con il naso, scostando la sua mano, tirandogli le guance cercando di usare tutta la forza che aveva in corpo. Cielo, quanto le era mancata quella faccia assonnata e da stupido.

-Mi sei mancato, Gin-chan.- sorrise raggiante, ridacchiando alla vista della sua aria imbarazzata.

-Tu no, non molto...- gli diede una sberla sul braccio, dimentica per un attimo della lite e della vaga sensazione che, dopo quel momento, nessuna parola sarebbe stata utile e far cessare l'imbarazzo. Per fortuna, la voce tuonante di Shinsuke non le diede il tempo di chiedersi come comportarsi.

-Chyo-chan! Gintoki, dove siete?!-

-Arriviamo, Shin-chan!- squittì la ragazza, sbuffando subito dopo alla vista dell'espressione disgustata dell'amico -E tu non dire niente!- gli fece la linguaccia, zampettando verso gli okobo che giacevano a terra. Li infilò ai piedi e si sistemò la lunga treccia scompigliata, mormorando quando orribile fosse con le occhiaie e quel brufolo sulla fronte.

-Andiamo, per Takasugi non sarai mai più bella di lui- la prese in giro e lei replicò con uno sbuffo, procedendo a passo di marcia verso la porta. Un altro urlo di Shinsuke si levò e i due decisero che, forse, uscire sarebbe stata cosa buona e giusta -Muoviamoci, il tuo fidanzato ti cerca.-

-Non è il mio fidanzato!-

-Ah... Meglio così.- fu un frase appena sussurrata, uno sventolio di farfalla che sfiorò la sua mente in maniera martellante. Che avesse capito male? Che avesse travisato le parole di Gintoki? E colta dai dubbi, un incuriosito:

-Hai detto qualcosa?- l'immerse nell'attesa, speranzosa che non fosse un altro modo di Gin-chan per scomparire. Ma lui alzò le spalle, scuotendo la nuca. E Chyoko si sentì più sollevata mentre sorrideva radiosa in sua direzione, zampettando all'esterno verso il cortile, raggiungendo gioiosa Zura e Shin-chan.

Forse era lei a farsi troppi problemi, forse doveva prendere la vita con più serenità. E chissà perché, ma questo non le veniva così difficile se Gin-chan non scompariva...


Aprì gli occhi pesanti mettendo a fuoco la stanza. L'orologio alla parete ticchettava incessante, segnando le 16.40. Quanto aveva dormito? Non si diede risposta, l'unica cosa a cui pensò fu all'incubo del passato che aveva offuscato la sua mente. E quell'abito di fattura cinese piegato ordinatamente in mezzo al marasma della stanzetta, posato sul tavolino davanti a sé, non aiutava la sua mente già stanca.

Come mai Gin fosse corso fino al Wango per darle quel vestito, probabilmente sarebbe stata un'altra domanda a cui non avrebbe mai dato risposta. Un quesito che si sarebbe aggiunto all'infinita serie di domande che mai avevano ottenuto una risposta decente e che lei, nel corso degli anni, aveva accantonato in angolo. Ma una risposta, in questo caso, la voleva davvero? Storse il naso, lanciando un cuscino sul vestito per nasconderlo alla sua vista, ma fu il povero vaso di fiori a venire colpito, cadendo a terra.

-Promemoria: prendere lezioni di mira.- mugugnò rannicchiandosi meglio sulla poltrona, guardando la televisione che trasmetteva un gioco a premi. Nel proprio giorno libero non sapeva mai cosa fare e se da una parte non vedeva l'ora che quello arrivasse per poter dormire, dall'altra sapeva che ciò avrebbe significato perdersi in pensieri inutili, coltivando così paranoie difficili da scacciare.

Chyo, se ti piace ancora dovresti parlarne con lui.”

Ecco che le parole di Zura tornavano prepotenti nella sua incasinata mente, tartassandola come mai prima di allora. E lei che credeva, alla soglia dei suoi ventidue anni, di aver passato il tempo dei turbamenti e delle crisi adolescenziali, si ritrovava immersa nelle proprie incertezze, soppesando le parole dell'amico come se fossero la chiave per poter trovare un senso a tutto ciò che stava accadendo. Forse era solo paranoica e presto Gintoki sarebbe scappato come al solito, lasciandole l'amaro in bocca e la certezza che, nonostante l'essere cresciuta, alcuni errori non avrebbe mai smesso di commetterli.

E no, Gintoki non era lo sbaglio più bello che avrebbe rifatto volentieri... Era solo un terremoto devastante. Quando Chyoko credeva di aver ripreso in mano le redini della propria vita, subito quel cretino di Gintoki ripiombava come un uragano, mescolando tutti i pezzi del puzzle faticosamente costruito. Un puzzle in cui lei era la protagonista assoluta, l'Atomic Wango era la sua casa e Zura era l'amico fedele della porta accanto pronto a darle una tazza di the amaro e degli elastici per capelli. Sakata non rientrava in tutto questo. Anzi, a dir la verità lui c'era, ma rappresentava quei pezzi di solo cielo, tutti blu, che mai sarebbe stata in grado di assemblare. Così rimanevano sparpagliati e quando sembrava riuscire a congiungerne anche solo un paio, ecco che questi si dividevano, facendole passare la voglia. Che fosse troppo vecchia per cercare di capire un ragazzino di venticinque anni?


Il telefono squillò ma la ragazza non tentò nemmeno di andare a rispondere. Non aveva voglia di alzarsi o di chiacchierare con qualcuno. Che poi, nessuno la cercava mai. Tranne il vecchio Ukitake, il pervertito che le regalava migliaia di rose una volta alla settimana. A proposito, forse quelle appassite andavano gettate nella pattumiera, ora che ci pensava.

Al decimo squillò partì la segreteria e la sua voce scocciata che diceva “Non sono in casa e se anche sentissi il messaggio, non è detto che vi richiami! Soprattutto se hai i capelli argentei e ricci” sovrastò il volume della televisione accesa, tenuto basso per non infastidirla.

-Bambolina, sono Wang. Spero tu ti stia godendo il tuo giorno di riposo- storse il naso, Chyo, al suono della voce baritonale del capo. Non era solito fare telefonate di piacere, quindi aguzzò le orecchie, pronta alla cazzata della giornata -Non appena sentirai il messaggio, fammi il favore di venire all'Atomic Wango a ridarmi i vestiti. E le chiavi dell'appartamento...- colse una nota di severità in quella parola, ma un barlume di speranza le scaldò il cuore: che si fosse finalmente deciso a darle un appartamento più carino? -Da domani non lavorerai più qui. Sei licenziata.- il rumore della cornetta che si chiudeva concluse il monologo di Wang, lasciandola incredula sul divano rattoppato.

Non pronunciò neppure una parola, rimase immobile e incredula. Solo quando realizzò l'accaduto si mise seduta. Era stata licenziata e il sonno era completamente sparito.


********

*Ringraziamo in coro Santa Wikipedia.

Note noiose dell'autrice:

Scompaio per un po' e cosa posto? Una schifezza -.- Purtroppo questo capitolo non mi convince e nonostante le migliaia di modifiche apportate, è stata partorita questa... cosa che spero possa comunque piacere. E il titolo... Non ne parliamo! Ho un foglietto su cui sono segnati tutti i titoli da inserire nei capitoli e nessuno si adattava bene alla situazione. Così ho deciso di riportare una frase che Gintoki dice a Chyo quando erano ragazzini. Per me ha un senso, ma non è facile coglierlo e non so neppure quanto senso abbia a prima vista.

Ho fatto del mio meglio, ma purtroppo questo è il classico capitolo di transizione, abbastanza inutile ma comunque importante. Infatti Chyo e Gin sembrano sulla via del rappacificamento... Ma sarà davvero così? Si inizia inoltre a intravedere la piega che voglio dare al loro rapporto e ormai è palese che, tra quei due, qualcosa ci sia stato nel passato. Altrimenti Chyoko non sarebbe così rancorosa :) Ma è ancora troppo presto per poter parlare di rapporto fra questi bambinoni troppo cresciuti. Ci tengo inoltre a ribadire che le cose fra loro evolvono lentamente perché è questo che voglio che accada. Voglio analizzare i loro comportamenti, dare un senso ai loro gesti e alle loro parole e se mai ci sarà qualcosa che andrà oltre le liti, mi piacerebbe avvenisse perché è nato effettivamente qualcosa. E questo qualcosa ci sarà? Mah, leggendo si scoprirà :)


Ne approfitto per dire: povera Chyoko, non gliene faccio passare una :(  Prima Gin, poi il lavoro perso... Vedrò di farla riscattare :)

Oggi sarò breve, così vi lascio liberi in fretta, ma voglio concludere ringraziando THEARTY per aver messo Walking on my own fra le seguite (se passassi ancora di qui mi piacerebbe sapere cosa ne pensi ;)) ed Elizabeth_smile per la bellissima recensione che ha lasciato al capitolo precedente. Sei sempre gentilissima, cara! 

Ringrazio anche chi sta in silenzio ma continua a leggere :)

Prometto che i prossimi capitoli saranno migliori *.* Mi scuso per eventuali errori. Se me li faceste notare, li modificherò immediatamente :)

Al prossimo aggiornamento,
Geisha.

  
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