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Autore: Kitsune Blake    13/12/2011    4 recensioni
Questa storia può essere considerata uno spin-off de “La radura”. Rispetto a quest’ultima è cronologicamente collocata prima. Comunque non è necessario leggere l’altro racconto per comprendere questo, che si concentra su Sesshomaru e Minori, una kitsune creata nel giro di pochi secondi dalla mia mente contorta e inserita a partire dal decimo capitolo della storia fra Inu no Taisho e Izayoi. Spero che possiate gradire!
Dal capitolo 3:
La kitsune non poté fermare una lacrima che le percorse delicatamente la guancia, per poi cadere silenziosa sul pavimento di legno.
“Eccomi!” esclamò all’improvviso la voce di Taro, che era appena entrato portando fra le braccia una bacinella di legno colma d’acqua. “Ehi, stai piangendo?”
Minori si asciugò in fretta la guancia. “No, ma che dici?” ribatté, accennando un sorriso. Vide il demone lupo scrollare le spalle e sedersi accanto a lei, per poi posare a terra il recipiente.
“Se lo dici tu…ti ho portato un po’ d’acqua fredda, per alleviare il dolore. Posso?” chiese, tenendo già fra le mani un panno bagnato. Era lievemente rosso in viso.
[ Storia temporaneamente sospesa per revisione e riscrittura dei capitoli ]
Genere: Azione, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sesshoumaru
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Racconti dalle terre dell'Ovest'
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Ecco qui il terzo capitolo del mio pazzo spin-off! Vi chiedo scusa per il ritardo con cui aggiorno (come forse saprete, bazzico anche nel fandom di Dragon BallXD) e vi avviso preventivamente (onde evitare ritorsioni contro l’autrice, insomma) che in questo capitolo il glaciale principe non comparirà. Avrete comunque modo di farvi un’idea sulla situazione della protagonista. ^^ Colgo l’occasione per ringraziare Pluto90, Fede chan Pucci, ShihoMiyano, 0DuBhe0 e Sheiren S_, che hanno apprezzato e commentato il primo, il secondo capitolo oppure entrambi. Ringrazio anche chi ha aggiunto la storia alle preferite, alle ricordate o alle seguite, e anche solo chi legge (per la pazienza che dimostra nel leggere i miei scrittiXD). Il prossimo turno è de “La radura”, spero che intanto possiate gradire questo aggiornamento! Buona lettura! ^^ Kitsune

 

Due incontri molto diversi

 

La residenza del Generale era davvero molto imponente. Il corpo principale era costituito da numerosissime stanze, molte delle quali, a detta di Taro, erano precluse a tutti tranne che allo stesso Inu no Taisho e a suo figlio. Alcune stanze davano direttamente all’esterno, rivolgendosi verso la foresta, mentre altre si affacciavano su uno splendido ed enorme cortile interno.

Quando Minori passò insieme alla sua guida nella veranda interna, rimase estremamente colpita da quell’angolo di natura. Alcune carpe nuotavano pigramente in uno stagno al centro del giardino, mentre i bucaneve spuntavano da qualche sparsa chiazza bianca che tardava ad arrendersi alla primavera. Piccole conifere spiccavano con il loro verde scuro, in mezzo al colore ben più pallido delle tenere foglie che sbocciavano sugli altri alberi. Il profumo dolceamaro di un bosco che impregnava l’antico legno della dimora, come se la vita pulsante non avesse mai abbandonato le venature scure delle pareti, donava a quel giardino lo splendore di un dipinto, ma l’immagine immortalata era più che mai viva e tangibile.

La kitsune forse rimase fin troppo estasiata da quello spettacolo. Doveva averlo dato a vedere, perché una risata divertita giunse subito alle sue orecchie.

“Guardare ma non toccare” disse Taro, col tono di chi la sapeva molto lunga. “Imparerai presto a conoscere i luoghi in cui potrai mettere piede senza essere punita”.

Minori fu piuttosto infastidita da quelle parole. Era appena arrivata, ma non mandava giù di essere trattata come una stupida novellina. “Dimmi un po’, lupetto, da quanto sei qui tu?”

Il demone, che camminava poco avanti a lei, si voltò a guardarla, gli occhi ridotti a due fessure brillanti. “Come mi hai chiamato, stupida volpe?”

“Mi hai sentito benissimo” rispose lei serafica, senza abbandonare tuttavia un velo di minaccia. Si sorprese di questa sua sicurezza, in fondo non sapeva nemmeno con chi aveva a che fare.

“Comunque” continuò, alleggerendo il tono, “non hai risposto alla mia domanda”.

Per tutta risposta Taro arrossì, tornando a guardare fisso davanti a sé. “Da un po’…” cominciò, ma poi scrollò le spalle. “Sono l’ultimo arrivato”.

Minori rimase interdetta per qualche secondo, fissando sorpresa la schiena rigida della sua guida. Poi scoppiò a ridere. “Non ci posso credere, e dire che ti avevo preso per un veterano!”

Un’occhiataccia del demone la zittì. Solo allora la kitsune notò che Taro aveva gli occhi di un colore blu molto intenso. I capelli neri raccolti in una coda e il viso affilato le fecero venire alla mente un ricordo vivido e recente.

“Sai” cominciò, con una tranquillità totalmente in contrasto con la vivace discussione di poco prima, “mi ricordi molto il demone lupo che ho sconfitto prima di venire qui. Si chiamava Ichiro, mi sembra”.

Taro sbuffò, rimanendo in silenzio. Intanto avevano oltrepassato il giardino centrale, inoltrandosi in un altro corridoio. Molte porte filavano accanto a loro, tutte chiuse. Svoltarono un paio di volte, ma ormai la kitsune aveva completamente perso l’orientamento.

Poi la voce del lupo sovrastò improvvisamente il sordo rumore dei passi che avanzavano sul legno, fino a poco prima unico rumore presente. “Quello che hai incontrato tu è il figlio maggiore di mio zio Hisashi”.

A Minori venne in mente l’immagine di un vecchio demone lupo che aveva assistito in silenzio al suo combattimento. “Quindi tu sei…” cominciò.

“Sì, sono il nipote di uno degli otto comandanti al servizio del grande Generale” la anticipò lui, senza troppo entusiasmo. “Perché sei sorpresa? Se non sbaglio, tu sei la figlia minore di Hideo”.

“Sì, è così” rispose lei, un po’ rabbuiata, ma in pochi istanti il suo viso cambiò espressione, riempiendosi di sincera curiosità. “Non sembri troppo entusiasta di essere il nipote di un comandante”.

“Si nota tanto?” chiese lui, mentre un amaro sorriso gli attraversava le labbra. “Siamo arrivati”.

Minori notò che Taro non aveva molta voglia di parlare della sua famiglia, così evitò di essere insistente. Si concentrò quindi sull’ultima cosa che le aveva detto, e vide una porta scorrevole chiusa davanti a lei.

“Che aspetti?” fece lui, con un sorriso. “Aprila, mica ti mangia”.

La kitsune gli lanciò un’occhiata di rimprovero. Non sopportava il suo sarcasmo. Aprì la porta di scatto, sfogando così una parte del nervosismo che non la abbandonava da ormai più di un giorno.

Le si rivelò subito una piccola stanza, un po’ scarna ma molto accogliente. Un futon si trovava nell’angolo opposto a lei, mentre dall’altra parte le sue cose erano già state sistemate: suo padre doveva aver fatto portare tutto non appena aveva saputo del trasferimento della figlia. C’era persino un piccolo braciere al centro della stanza, sul quale il fuoco scoppiettava vivace.

“E’ molto bella” disse Minori, aprendosi in un sorriso.

“La servitù ha fatto in modo che non ti manchi niente. Puoi anche prepararti da sola la cena, se lo preferisci”.

La ragazza si voltò a guardare il giovane lupo che aveva appena parlato. “Grazie di tutto, Taro”.

Lui incrociò le braccia. “Non c’è bisogno che mi ringrazi adesso. Lo farai a suo tempo”. Detto questo le volse le spalle per andarsene, ma Minori lo raggiunse in fretta e lo afferrò per il braccio.

“Aspetta, che intendi dire?” chiese, confusa.

Il demone sorrise, ironico. “Strano che tu non l’abbia ancora capito”. Poi se ne andò, tenendo le braccia conserte.

La kitsune rimase interdetta per qualche secondo, poi scosse la testa. Che tipo strano…

Tornò nella sua stanza e chiuse la porta, mettendosi subito a sistemare le sue cose. Non che quella camera non le piacesse, ma sarebbe stata la sua casa per un po’ di tempo, quindi aveva intenzione di renderla sua il più possibile. Sistemò i pochi kimono, conscia che probabilmente non li avrebbe mai usati, visto che era lì praticamente solo per addestrarsi.

A quel punto una domanda le sorse spontanea nella mente.

Addestrarsi. Perché poi? Erano in un periodo pacifico, non ce n’era motivo. Eppure Minori non riusciva a togliersi di dosso quella strana sensazione che la attanagliava dal giorno prima. Non riusciva a dimenticare l’atmosfera pesante che aveva respirato nella radura in cui aveva ottenuto quell’incarico tanto prestigioso.

La ragazza era davvero diventata uno dei pochi membri della scorta personale di Inu no Taisho e Sesshomaru, e ora si trovava nella loro dimora, per allenarsi in vista di possibili battaglie. Quali battaglie poi, lei non riusciva a capire. Così sospirò, tornando a sistemare la stanza. Mise la sua amata katana, regalatale da Miyuki tempo prima, vicino al futon. In realtà non aveva motivo di tenere l’arma accanto a sé mentre dormiva, ma in qualche modo si sentiva più sicura, come se la presenza della sorella aleggiasse leggera nella piccola e spoglia camera.

 

***

Passò almeno un’ora prima che Minori fosse soddisfatta del risultato. Lasciò che il fuocherello si spegnesse, l’avrebbe riacceso la sera. In quel momento sentiva piuttosto l’impellente bisogno di darsi una lavata, perciò dopo qualche minuto uscì dalla stanza, tenendo fra le braccia una veste comoda con cui si sarebbe coperta più tardi.

La ragazza si incamminò quindi nel corridoio, decisa. Ma dopo pochi passi fu costretta a fermarsi. Cominciava a capire le strane parole di Taro, perché in quel momento le serviva aiuto.

Dove doveva andare di preciso? Dovevano pur esserci delle stanze apposite da qualche parte, e lei moriva dalla voglia di immergersi nell’acqua calda.

Non avrebbe mai rinunciato. Perciò decise di andare in esplorazione, incamminandosi nuovamente lungo il corridoio deserto. Le porte delle varie stanze scorrevano accanto a lei tutte uguali, e ben presto dovette arrendersi. Si era persa, e non sapeva nemmeno come tornare nella sua stanza.

“Ti sei persa forse?”

Minori si volse all’improvviso. Inconsciamente aveva sperato che quella voce fosse di Taro, ma si accorse subito che non era così. La voce del lupo era giovanile, piena di calore, mentre questa pareva essere di ghiaccio. Fredda, dolorosa come una pugnalata.

E infatti davanti a lei stava un’altra figura. Alto, dagli occhi rossi e taglienti, i capelli neri raccolti in una lunga treccia, il demone stava svogliatamente appoggiato alla parete a pochi metri da lei. L’espressione era beffarda, quasi divertita. La ragazza lo guardava preoccupata, confusa da quegli occhi spietati e brillanti.

“Ti ho fatto una domanda” disse il demone, pacato.

Minori si riscosse al suono della sua voce, e arretrò di un passo. La vicinanza di quel tipo le era insopportabile, si sentiva schiacciare dalla pura aura maligna che emanava la sua figura.

“Cercavo un luogo per lavarmi” disse quindi lei, cercando di suonare più tranquilla possibile. Tuttavia non riuscì a nascondere un fremito nelle sue parole.

Il suo interlocutore si staccò dal muro, e senza togliere quel fastidioso sorriso dalle labbra le si avvicinò, riportando la loro distanza tale e quale a poco prima. “Spiacente” disse, mentre una scintilla di puro sadismo attraversava le sue iridi scarlatte, “stai andando dalla parte sbagliata, ma se vuoi puoi proseguire per di qua e venire con me nella mia stanza. Ci divertiremo, vedrai”.

Minori era letteralmente disgustata, tanto che dimenticò la sua compostezza. “Che hai detto?” chiese, alzando la voce in modo evidente, mentre i suoi occhi verdi si riempivano di pura avversione.

Per tutta risposta il volto del demone si indurì. “La servitù non dovrebbe ribellarsi ai miei ordini”.

“Servitù?” sbottò lei, completamente rossa in viso per la rabbia e l’imbarazzo. “Io sono il nuovo membro della scorta di Sesshomaru!”

“Ma davvero?” rispose lui divertito, con plateale curiosità. “E da quando le kitsune vengono ammesse ai piani alti dell’esercito? Pensavo foste buone solo a pulire i pavimenti e a fare le sgualdrine”.

Minori non ci vide più. “Sei solo un dannato bastardo!” urlò, abbandonando le sue paure come mai aveva fatto e avventandosi contro il demone, piena di collera. Lo attaccò frontalmente, cercando di piantare gli artigli nella tenera carne del collo, ma in una frazione di secondo si ritrovò a terra.

Non capì mai cosa fosse successo, ma il suo avversario ora troneggiava su di lei, una mano stretta al suo collo in una morsa di ferro. “Volevi forse attaccarmi, ragazzina?”

“Lasciami andare, verme…” disse la kitsune in tono soffocato, e malgrado la rabbia avesse ancora possesso di lei, un velo di paura si era posato sui suoi occhi spalancati. Il volto stava assumendo un colorito spiacevole, mentre ad ogni secondo l’aria faticava sempre di più ad entrare nei suoi polmoni.

“Chiedimi scusa, stupida sgualdrina” ringhiò lui, stringendo la morsa. Minori si rifiutava di ascoltarlo, ma si sentiva troppo debole per reagire. Aspettava solo che il demone ponesse fine a quella tortura. In fondo, non aveva mai davvero desiderato entrare nell’esercito.

Stava per scivolare nell’oblio, quando un rumore sordo arrivò alle sue orecchie. In quello stesso istante, la presa intorno al suo collo smise all’improvviso di stringere. Ricominciare a respirare fu un sollievo ma fu anche estremamente doloroso, perché la ragazza si sentiva ancora la gola occlusa, mentre la pelle su cui poco prima premevano le dita dell’altro demone bruciava come se fosse marchiata a fuoco.

“Sai benissimo che non possiamo attaccarci a vicenda” disse una voce in lontananza. Una voce calda e amica. “Vattene, o riferirò tutto a Sesshomaru”.

Una risata sommessa giunse alle orecchie di Minori, odiosa e pungente. “E’ stata questa kitsune ad attaccare me. Mi sono solo difeso. Ma la perdonerò, questa volta. Non c’è gusto né motivo di vendicarsi su gentaglia come lei”.

“Ho detto vattene, Raiden”.

“Pensi davvero che abbia intenzione di trattenermi ancora?” disse il demone, con fare annoiato. “Non butto via il mio tempo”. Un leggero rumore di passi che si allontanavano, poi il silenzio.

Minori era ancora a terra. Tossiva e ansimava, cercando di riprendere fiato. Poi sentì che qualcuno la prendeva fra le braccia, e la riportava nella sua stanza.

“Aspetta” disse, rauca, “io volevo andare…”

“Per adesso non andrai da nessuna parte” la interruppe Taro, deciso. “Devi stare un po’ tranquilla”.

La kitsune sospirò senza ribattere. In effetti, si sentiva uno straccio, non tanto per la debolezza quanto piuttosto per l’umiliazione che aveva subito.

“Chi è quel demone, Raiden…?” chiese, con un filo di voce.

Il lupo la posò delicatamente sul futon. “Quello è il demone più potente della scorta. E’ un bastardo, crede di poter dare ordini a tutti solo perché discende da un’antica famiglia di demoni maggiori. Ora resta ferma, aspettami qui” la avvisò, uscendo dalla camera.

Tutto piombò di nuovo nel silenzio, e ora che Taro se n’era andato, Minori sentì improvvisamente un peso che la schiacciava, all’altezza del petto. Perché aveva accettato di partecipare a quelle dannate selezioni? Non era male a combattere, ma nemmeno poteva definirsi brava. Lei non era mai stata un’amante delle guerre. Ricordava ancora la morsa che le stringeva il cuore, quando il padre Hideo era lontano da casa, impegnato in chissà quali battaglie, mentre lei e la sorella attendevano il suo ritorno, sole.

In fondo, Minori non aveva mai davvero accettato che suo padre facesse parte dell’esercito. Perché allora lei si trovava in quella situazione? Forse per dimostrare qualcosa? Ma a chi?

Sospirò, mettendosi seduta. I lividi sulla gola pulsavano, ma non bruciavano più. Ciò che bruciava davvero era il suo orgoglio, soprattutto perché quel Raiden aveva ragione: una kitsune, un demone di basso rango, difficilmente veniva accettata in ambiti come quello. Minori sapeva che a suo tempo Hideo aveva fatto molti sacrifici per ottenere il posto che occupava ora, allenandosi spesso giorno e notte per intere settimane. Inu no Taisho infine aveva riconosciuto il suo valore, ma il prezzo che suo padre aveva pagato era stato enorme.

La kitsune non poté fermare una lacrima che le percorse delicatamente la guancia, per poi cadere silenziosa sul pavimento di legno.

“Eccomi!” esclamò all’improvviso la voce di Taro, che era appena entrato portando fra le braccia una bacinella di legno colma d’acqua. “Ehi, stai piangendo?”

Minori si asciugò in fretta la guancia. “No, ma che dici?” ribatté, accennando un sorriso. Vide il demone lupo scrollare le spalle e sedersi accanto a lei, per poi posare a terra il recipiente.

“Se lo dici tu…ti ho portato un po’ d’acqua fredda, per alleviare il dolore. Posso?” chiese, tenendo già fra le mani un panno bagnato. Era lievemente rosso in viso.

“Eh? Ma certo” rispose la ragazza, reclinando la testa di lato, in modo da scoprire meglio i lividi scuri. Rabbrividì quando sentì il tocco freddo del panno sulla sua pelle, ma una volta abituata si rilassò.

“Quindi quel Raiden è tanto potente?” chiese, in tono ingenuo, cercando di non far trapelare la sua amarezza.

“E’ forte” ammise Taro, che invece non si curò di nascondere un certo disprezzo nella voce. “Ma è un verme, gioca spesso sporco. Tranne quando sa di essere osservato da Sesshomaru o dal Generale in persona”.

Minori sospirò. “Mi ha umiliata. Mi ha dato della sgualdrina, solo perché sono una kitsune”.

La mano del lupo che la stava curando ebbe un fremito di rabbia. “Ha detto così? Sul serio?”

“Sì. E quello che mi fa davvero male è sapere che ha ragione”.

Taro si scostò da lei e la guardò negli occhi con decisione. “Non azzardarti mai più a dire una cosa del genere. O ti prendo a pugni”.

Minori non seppe rispondere. Era rimasta stupita da quegli occhi blu, tanto sinceri quanto duri e determinati. La tensione era chiara in tutti i lineamenti del lupo. Sembrava davvero intenzionato a picchiarla.

“Stai dicendo sul serio?”

La domanda le era uscita automatica, e la ragazza si accorse troppo tardi della stupidità delle parole che aveva appena pronunciato. Avrebbe potuto dire altre mille cose, come per esempio quel “grazie” che era stato rimandato un paio d’ore prima. Invece…

“Certo che dico sul serio!” esclamò lui, aprendosi in un sorriso poco rassicurante. “Guarda che anche io sono forte. Sono più forte di quel mentecatto di mio cugino che hai sconfitto tu, se proprio vuoi saperlo”.

Minori scoppiò a ridere. Non se n’era nemmeno accorta, la risata era partita tanto spontanea e naturale che lei stessa se ne stupì. Era felice.

“Beh, allora non devi essere poi così forte” disse lei, deridendolo. “Quell’Ichiro era una mezza tacca, tu sarai solo un pochino meglio!”

“Ci tieni tanto a scoprirlo?” ribatté lui, ringhiando. Non era una minaccia, e la kitsune lo aveva capito. Anzi, Taro sembrava quasi sollevato nel vederla così serena.

“Ti sfido, allora!” disse Minori, altrettanto determinata.

Fuori, il sole scendeva, mentre i due demoni chiacchieravano fra loro senza sosta. Era quasi buio quando uscirono dalla stanza, quando Taro finalmente aveva accettato di mostrarle dove si trovavano le terme più vicine.

Così Minori fece finalmente un bagno caldo, scortata dal demone lupo, che si sforzò molto per non spiare la ragazza mentre si lavava. Quella kitsune gli piaceva, gli piaceva molto, ma lui non voleva ammetterlo a se stesso. Si erano appena conosciuti, dopotutto.

L’indomani sarebbero cominciati gli allenamenti. Minori lo sapeva, ma non era più tanto preoccupata. Quel Raiden poteva essere forte quanto voleva, ma lei non aveva intenzione di arrendersi, tanto più che ora aveva trovato un motivo per rimanere in quel posto ancora per un po’, un motivo che lei stessa aveva scelto. Una scelta che non le era stata imposta da nessuno. Aveva finalmente trovato un vero amico.
   
 
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