Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: MissNothing    13/12/2011    6 recensioni
"Quelle notti invernali troppo fredde per essere passate da soli e quelle sere d'estate troppo belle per essere sprecate a dormire. Quegli sguardi che solo noi possiamo capire e quegli sguardi che, purtroppo, non capisci. E poi i baci, le carezze, i sospiri. Quei momenti che speri non finiscano mai e quei momenti in cui capisci che l'infinito, paragonato ad uno di quegli attimi in cui ci apparteniamo, non è niente. L'infinito è relativo. Non lo puoi immaginare, eppure io penso di averlo trovato in uno di quegli istanti in cui ho il tuo fiato sul collo e le tue mani sulla schiena, perché quando in quel silenzio sento la lancetta scoccare, non me ne capacito che sia passato solo un secondo. Allora capisco che io, il tempo, quando lo passo con te, ce l'ho in mano."
[E' una storia abbastanza vecchia, probabilmente ci saranno molti errori grammaticali, chiedo scusa in anticipo ma non voglio modificarli perché in un certo senso sono la prova dei miglioramenti -anche se piccoli- che credo di aver fatto! Ci sono altri due seguiti :3]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mikey Way, Nuovo personaggio, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Until You're Over Me.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
cuteee 5. Yep, she's a cute girl.





Arrivai in albergo dopo due ore. Non presi il taxi, ma comunque ce ne sarebbe voluta solo una, se non avessi continuato a girare in tondo. Strada facendo cominciò anche a piovere, e fu proprio per questo che mi diedi una mossa, altrimenti sarei rimasto a girovagare anche l'intera nottata.. pur non avendo una meta.

Entrai nell'hotel bagnato fradicio. Tutti i lavoratori che erano nella reception (bhè, c'erano soltanto loro a quell'ora) mi guardarono in cagnesco, ma non proferirono parola perché secondo loro, probabilmente, in quel momento eravamo i "clienti importanti". Questo è uno dei lati positivi dell'essere famoso.. sbrodoli acqua sulla moquette francese d'importazione di un albergo a cinque stelle e nessuno ti dice niente perché guadagni con un concerto più di quanto, quella cameriera che mi stava dando più fastidio di tutti, avrebbe mai potuto guadagnare in vita sua. Triste ma vero.
Mi precipitai in camera. Dopo una "breve" lotta contro la serratura, entrai. Diedi un pigro sguardo all'orologio a led sul comodino: erano le tre del mattino. Strano che non sia morto, a girare per i sobborghi newyorkesi a quell'ora.
Solo una volta arrivato in quell'ambiente caldo mi resi conto di quanto stavo gelando. Mi liberai di fretta e furia dai vestiti bagnati, gettandoli da qualche parte nel bagno e mi infilai nella cabina della doccia. Probabilmente per qualasiasi essere umano, acqua a quella temperatura era una follia.. ma io, col freddo che avevo addosso, la sentivo appena tiepida. Solo quando le dita tornarono al loro colore originale, cominciai a sentirmi bollire. Nel vano tentativo di chiudere l'acqua, inciampai sulla saponetta, e vaffanculo pure alle docce strette. Mi ripresi, portai la manopola ad una temperatura decente, e rimasi lì seduto per almeno venti minuti. La testa fra le mani, un po' appesantita da tutti i pensieri. Diciamo che per un po' ero ritornato allo stato animale: solo le esigenze primarie. Casa - Caldo - E sotto la doccia mi prese anche una fame del cazzo, ma il mio lato meno preistorico stava tornando.
Vorrei essere normale, a volte. Almeno a livello sentimentale. Vorrei una ragazza, ma poi ci penso e la mia vita, purtroppo, non la immagino con lei. Chiunque essa sia, ovvio. Mi sembra altamente inutile dire a chi finisco per pensare. E niente.. mi resi conto solo in quel momento che mi sarebbero cresciute le branchie, se fossi rimasto nella doccia ancora un po', e quindi uscì da quella cabina-killer, facendo tutta l'attenzione possibile per non scivolare anche per terra.
Non pensai a mettermi granché addosso, dopo la doccia. Mi sarei rotolato fra quattrocendoventordici strati di piumoni, piuttosto di mettermi un pigiama sfigato o un pezzo di tutta. Un paio di mutande sarebbe andato bene.
Nel vano tentativo di dormire, mi misi a letto.. e almeno per quel poco di tempo che restava alla notte prima che arrivasse il sole, addio.



------------------------------



Come volevasi dimostrare, non trovai nemmeno un minuto di pace. C'era un silenzio tombale ed ero stanchissimo: tutti gli elementi per una di quelle dormite colossali, eppure niente. Fuori c'era silenzio, ma nel mio cervello c'era tutt'altro. Scene della serata che si ripetevano all'infinito, ancora la musica che mi bombardava la testa, il rumore della pioggia.. forse stavo impazzendo dopo la caduta di testa, però sì. Tutta quell'apparente quiete fu interrotta da dei passi pesanti provenienti dal corridoio. Sapevo chi era. Io, almeno, lo sapevo. Gli avevo detto di non seguirmi, e non l'aveva fatto. Sembrerò io il maniaco, ma questa è psicologia inversa. "Non seguirmi" = "Seguimi, non chiedo altro. Seguimi e chiedimi scusa, perché ti sei comportato di merda". Forse ragiono come una donna, ma non importa.
Il silenzio tornò, ma non per più di qualche minuto. Di nuovo i passi. Non si spiegava: lui era in camera.. se prima era qualcun'altro, chi? chi era in giro a quell'ora?
Trovai la risposta a tutti i miei dubbi non appena vidi la porta aprirsi, facendo passare un fastidioso spiraglio di luce. Cercai di trattenere le lacrime (o per lo meno nasconderle), e mi girai verso il balcone. Non disse nemmeno "ciao". Semplicemente si andò a sedere sulla poltrona appoggiata contro il muro.. per fortuna, così non sarei stato costretto ad avere il suo sguardo addosso.
-Vai via.- Sussurrai appena.
-Non riuscivo a dormire.-  A quel punto mi voltai a guardarlo, per quanto sarei riuscito a vedere nel buio. Scorgevo appena i contorni del suo volto, che risplendevano di luce bianca/bluastra. Era raggomitolato sulla poltrona: le gambe strette al petto e la testa appoggiata fra le ginocchia.
-Bhe, non ci hai provato abbastanza. Vai.- Solo in quel momento mi resi conto che non sarei riuscito a sopportare la sua presenza lì per troppo. Sarei esploso. Avrei comicniato a piangere, mi avrebbe abbracciato, e gliel'avrei data vinta.
-Giuro che non ti annoierò. Sto qui in silenzio.-
-Okey.- Sbuffai. Non che mi fidassi, ma tanto non se ne sarebbe andato mai.. e non avevo voglia di cominciare a fare questioni. Non a quell'ora. Non in quel momento. Sobbalzai quando le ante del balcone si spalancarono all'improvviso. Per troppa pigrizia non mi alzai a chiuderle, tanto stavo bene. Il problema era lui, che, pigro quanto me, pur di non alzarsi se ne stava lì a battere i denti mentre provava a riscaldarsi con le mani.
C'era qualcosa in me che non andava bene: più mi trattavano male, più ero buono. Alzai le varie coperte, picchiettando sul materasso nel tentativo di fargli capire, senza dover parlare, che volevo si stendesse. Non se lo fece ripetere due volte, così si precipitò a letto. Tornai a girarmi dall'altro lato, proprio verso il terrazzino.
-Grazie.- Mi abbracciò, baciandomi sul collo.
-Voglio che mi lasci stare.. basta.- Lo spintonai via: sembrava quasi sconvolto.
-Che c'è di male?- Se prima era steso, si sedette, appoggiando la schiena contro la testata del letto.
-Oh, niente, figurati!- Scossi il capo cercando di mantenere un tono sarcastico. Sbuffò. -Pensaci, sul serio.- Continuai dopo cinque minuti di silenzio.
-Bene. Buonanotte.-
-'Notte.-
Finalmente chiusi gli occhi. O meglio, si chiusero praticamente da soli. Avevo le palpebre appesantite e poca voglia di rimanere lì, consapevole del fatto che era accanto a me eppure non avrei potuto nemmeno parargli. Cioè, avrei potuto, sì, ma se fossi stato buono.. non avremmo concluso niente. Ed io ero stanco. Stanco morto.



------------------------------



Improvvisamente mi trovai rinchiuso in quella stanza. L'ansia cresceva. Giravo a destra e a manca senza rendermi conto che non c'era modo di uscire. Le finestre sbarrate e le porte chiuse a chiave. Così andai in panico e mi svegliai. Ero sudato da far schifo. Odio quel genere di sogni che significano qualcosa e ti coinvolgono realmente.. Perché questo non poteva essere un caso. Qualcosa doveva pur voler dire.
Ripresi fiato, senza purtroppo smettere di pensarci nemmeno per un secondo. Diedi uno sguardo all'orologio alla mia destra: erano le cinque del mattino e, tanto che ero stanco, persino la luce rossa sul monitor di esso mi dava agli occhi. Sopirai, e quando portai lo sguardo a sinistra, notai che non c'era più.
Mi lasciai sprofondare tra i cuscini. Alcuni ancora avevano il suo odore: caffè più un qualche profumo da uomo buonissimo. Chiusi gli occhi, respirando quella fragranza a pieni polmoni più che potevo. Rimasi lì a girarmi e rigirarmi fra le coperte per almeno un quarto d'ora, manco fossi una teenager che fantastica sul ragazzo che le piace. Presi una t-shirt da terra e la infilai.  
Mi alzai, controllando inconsciamente le finestre, ancora in preda al terrore. Mi precipitai alla porta, e fortunatamente riuscì ad aprirla. Così mi trovai nel lunghissimo corridoio dell'albergo senza nulla da fare (e senza pantaloni, ci terrei a specificare). Bussai alla porta di camera sua, perché come al solito non riuscivo a far finta di essere arrabiato nemmeno per una sera intera, ma nessuno rispose. Mentre stavo per bussare a Mikey, cominciai a sentire delle voci.
-Ti ho detto che non ho idea di dove possa essere!- Era Ray, inconfondibile. Il suo solito tono troppo alto anche quando cerca di sussurrare, l'avrei riconosciuto ovunque.
So che origliare è una cosa tremenda, ma se fossi entrato, temevo che avrebbero cambiato argomento. Ed io sapevo che parlavano di lui. Lo sapevo per certo. E per quanto non volevo pensarci, mi importava troppo.
-Bhe, nemmeno io!- Urlò per tutta risposta Mikey. Sembrava quasi agitato.. e Mikey agitato non è una cosa da tutti i giorni. Di solito è lui che, quando sei agitato, ti viene a dire due parole carine. Certo, lo capivo.. era suo fratello. Se sono preoccupato io che sono solo un coglione innamorato, figuriamoci lui, che gli era legato sin dalla nascita.
-Chiedi al suo amichetto,no!?-
E che credete, ragazzi? sapevo per certo anche che "l'amichetto" ero io. Bussai. Non mi piaceva che la gente parlasse di me mentre non c'ero, così pensai bene di interromperli. Tutt'a un tratto, fecero bruscamente silenzio. Uno dei due sbuffò, e ad aprirmi arrivò Mikey.
Aveva un espressione preoccupatissima e due occhiaie che non avevo mai visto. Non sul suo volto, almeno. Sembrava quasi che avesse pianto, per quanto aveva gli occhi rossi. Ma perché? dov'è il problema? E' tipico di Gerard scomparire a suo piacimento appena le cose si fanno un po' complicate.. anche se un giorno si troverà all'incrocio fra tutto quello che ha evitato e la strada per scappare, e purtroppo, sarà costretto a percorrere la prima. E' inevitabile. Non si corre via dal destino.
-Oh, emh.. ciao.- Probabilmente era a disagio. Guardò subito in basso, grattandosi il capo.
-Ciao.- Cercai di sorridere per metterlo a suo agio.
-E' scomparso mio fratello.- Mi rispose come se niente fosse, e finsi di non saperlo già.
-Ah.- In quel momento mi passarono per la testa centomila scene diverse. Avevo una mezza idea, sì, però non volevo darlo troppo a vedere.
-Tu sai dov'è?- Domandò il riccio, che intanto era andato a sedersi. Entrai in camera, appoggiandomi alla scrivania. Non mi accomodai troppo perché sapevo che, per com'ero fatto, fra cinque minuti a quella parte, sarei già andato a cercarlo.
-Bhe, penso di saperne qualcosa.- Sospirai, cercando di evitare il suo sguardo inquisitore. Sapevo che non c'entravo niente, e non era giusto che mi facesse sentire in colpa anche se non me lo meritavo.
-C'entri tu? Frank, rispondi seriamente. Mi ha mandato un messaggio.. brutto. Non vorrei che facesse qualche stronzata, perciò se ne sei la causa, ti prego, dimmelo.- Senza troppi giri da parole. Andò dritto al punto. Era suo fratello, ma non lo conosceva abbastanza. Non conosceva il suo lato stronzo.. non come lo conoscevo io.
-No. O almeno non credo.- Mi avviai già verso la porta, comicniando ad armeggiare col pomello. -Vado a vedere dov'è, così una volta per tutte la smetterete di pensare che io sia la causa di tutti i mali di questo mondo.- Continuai. Come al solito, ogni volta che litigavamo, ci passavano di sotto tutti. Perché io pativo, così mi arrabiavo. Lui faceva il problematico. Io non resistevo e andavo a cercarlo, e così, agli occhi di loro due, la vittima era lui ed io il carnefice. E finiva così ogni volta.



------------------------------



All'alba, il "posto segreto" era ancora più bello. New York era deserta, quindi il paesaggio si faceva ancora più surreale. Le enormi strade che il giorno prima erano così caotiche, sembravano completamente svuotate. Il parco, dopo la lunghissima pioggia, era bagnato da una rugiada che non si sarebbe asciugata per molto. Le luci pubblicitarie o le insegne dei locali erano spente, e sembrava quasi che la città che non dorme mai si fosse addormentata. Devo dirlo, girare in tutta quella desolazione mi aveva messo una certa angoscia addosso, che sommata a tutto quello che stavo passando, era il colmo di tutto.
Sapevo di trovarlo lì, e quando scorsi la sua chioma rossa, rimasi sollevato. Sollevato per lui, ovvio.. per un attimo avevo pensato il peggio, anche se non avevo nemmeno letto il tanto famoso messaggio di cui parlava Mikey, non penso si potesse riferire a.. qualcos'altro. Da un lato, però, non ero poi così contento di vederlo. Mi prese un groppo assurdo allo stomaco. Era consapevole del fatto che l'avevo visto, eppure fu lui a non parlare, questa volta. Fumava, come ogni volta che era nervoso. Si voltò a guardarmi, portando la sigaretta alle labbra. Tornò con lo sguardo verso l'orizzonte, sbuffando via il fumo inalato. Mi andai a sedere accanto a lui con le gambe incrociate. Camminai piano, quasi sulle punte, pur sapendo che ormai mi aveva visto. Rimanemmo in silenzio per mezz'ora a guardare l'alba. E fu la mezz'ora più lunga della mia vita, seriamente: l'unica cosa che si sentiva erano gli uccelli cantare. Se facevi un po' più di attenzione, anche il mio respiro appesantito. Il suo era quasi un sospiro.. si notava appena. E credetemi, in quel momento, volevo soltanto che cominciasse a parlare. Non sapevo cosa pensava e non sapevo cosa pensare.
Notai che prese fiato, e per qualche secondo interminabile, cominciai a sperare che finalmente avremmo risolto tutto.
-Bhè, sai, ho fatto come dicevi tu. Ci ho riflettuto.-
Persi un battito. Mi girava la testa da far paura, un po' per il sonno, un po' per il freddo, un po' per la vicinanza, un po' per tutto. Avevo le gambe pesantissime.. sentivo praticamente che, se la situazione lo avesse richiesto, non sarei riuscito ad alzarmi. E tremavo. Tremavo un sacco, eppure questa volta il freddo non c'entrava. Non c'entrava niente.
-E.. cosa.. cosa hai capito?-
-Niente.- Fece spallucce.
-E continuerai così all'infinito?-
-Suppongo di sì. Se non capisco, non capisco.-
Annuì. Non c'era niente da fare. Tentai di alzarmi, e, con l'aiuto delle braccia, ce la feci. Comicniai ad allontanarmi un po', quindi, mi ricordai il vero significato di quella visita. Mi voltai verso di lui, e anche se non lo vedevo in faccia, rimasi a fissarlo per qualche secondo. Chiusi gli occhi, mentre sospiravo nel tentativo di trovare le parole giuste.
-Sappi che ti stanno cercando tutti. Quando hai finito di fare la ragazzina, torna.-
Così andai via. Tutte le speranze di riuscire a fare una conversazione seriae di avere una vita relativamente normale, andarono in frantumi. Mi feci prendere dai soliti pensieri.
Dovevo dimenticarlo, per quanto dimenticare fosse impossibile. Dimenticare tutte quelle notti invernali troppo fredde per essere passate da soli e quelle sere d'estate troppo belle per essere sprecate a dormire. Quegli sguardi che solo noi possiamo capire e quegli sguardi che, purtroppo, non capisci. E poi i baci, le carezze, i sospiri. Quei momenti che speri non finiscano mai e quei momenti in cui capisci che l'infinito, paragonato ad uno di quegli attimi in cui ci apparteniamo, non è niente. L'infinito è relativo. Non lo puoi immaginare, eppure io penso di averlo trovato in uno di quegli istanti in cui ho il tuo fiato sul collo e le tue mani sulla schiena, perché quando in quel silenzio sento la lancetta scoccare, non me ne capacito che sia passato solo un secondo. Allora capisco che io, il tempo, quando lo passo con te, ce l'ho in mano. Passo e chiudo.



------------------------------



Feci colazione in un bar, siccome era da ieri che avevo fame e non ero riuscito a mangiare niente. Assurdo come ogni esigenza, per quanto fondamentale, passi in secondo piano quando sei innamorato di qualcuno. Preferisci andare su una collina del cazzo per assicurarti che stia bene, piuttosto che dormire (almeno per una volta) fino alle dieci del mattino e strafogarti nel caldo di casa tua. Casa, poi.. nel caldo di una suite d'albergo, che forse è ancora meglio, con tutti i comfort possibili ed immaginabili. Mi sedetti davanti ad una tazza di thè ed un cornetto, e fra un sorso e un morso, mandai un messaggio ai due. Così, forse, avrebbero smesso di preoccuparsi. Avrei anche potuto dirglielo a voce, ma chi aveva voglia di tornare in albergo? e alla fine, chi aveva voglia di dirglielo davvero?
Rimasi lì per un po', finché non aprirono i negozi, almeno. Non mi andava di girare per una città deserta, per quanto fosse bella, dopo un po' diventava piuttosto noioso.
Alle undici in punto lasciai il bar, avviandomi chissà dove. Mi tornarono alla mente varie immagini del sogno, che, per quanto corto fosse stato, mi continuava a passare davanti agli occhi, manco fosse un film. Cercai una libreria, e, benedetta sia New York, ne trovai una a pochi passi. La "Grande Mela" era appena diventata l'"Enorme Mela", almeno per me. Sospirai, chiudendo gli occhi prima di attraversare, e poi entrai timidamente.
Mi avvia verso la sezione "Psicologia e Sociologia", e trovai che non c'era nessun'altro. Questo mi fece sentire ancora più un coglione, come se stessi dando di matto. Girai fra gli scaffali finché non trovai l'autore ed il libro che mi interessavano: Freud, "L'interpretazione dei sogni". Non persi tempo, a dirla tutta. Cercai nel sommario la parola più adatta a descrivere il mio sogno, e lessi fra le righe. Tuttavia, mi bastò leggere veramente poco per trovare quello che mi interessava:

"Nella vita può capitare di essere prigionieri dei propri sentimenti, cioè legati, e quasi intrappolati, a persone a cui non si dovrebbe esserlo."
Dire che mi ci ritrovai sarebbe poco. Chiusi di scatto il libro e trovai davanti a me una ragazza dai capelli rossi, più alta di qualche centimetro. La cosa mi mise subito a disagio, così la guardai da capo a piedi. Fortuna che aveva i tacchi..
-Ehi, ciao!- Mi sorrise. -Non avrei mai pensato di trovare qualcuno qui.. non a quest'ora. Che leggevi?-
'Dah, Newyorkesi.. sempre così amichevoli. Come si fa a non rispondere o a rispondere male ad una persona che si comporta in maniera così carina?
-Umh, Freud.- Annuì, sorridendo a testa bassa.
-Comunque scusa se ti ho fermato così all'improvviso! Sono Emily, piacere.- Mi porse la mano sinistra, anche se, a giudicare dal fatto che teneva i libri con la destra, forse non era mancina. In quel momento mi sentii un deficiente. Invece di presentarmi, cercavo di capire che mano usa?
Senza troppi problemi, le porsi la mia, stringendogliela. Aveva lo smalto di un viola scuro, sul prugna. E le mani calde.
-Frank, piacere mio!-
Afferrò uno sgabellino che probabilmente serviva più che altro ad "arrampicarsi" per prendere i libri più in alto e ci si sedette sopra, segno che quello non sarebbe stato un incontro casuale.
-E come mai proprio "L'interpretazione dei sogni"?-
Sorrisi. Non c'era motivo, ma fra me e me ero contento che qualcuno non mi avesse riconosciuto e mi parlasse come se niente fosse. Erano secoli che nessuno mi fermava semplicemente per fare due chiacchiere, specialmente una ragazza. Una ragazza carina, anche.
-Diciamo che sono un po' incasinato.- Feci spallucce, sistemandomi comodamente a terra con la schiena contro uno scaffale. Emily annuì solo.
-Bhe, ti capisco. E' assurdo, mi conosci da cinque minuti, ma se ti va di parlarmene sono qui, infodno è il mio lavoro.-
Strano, ma mi mise subito a mio agio. Decisi di confidarmi su tutto. Cioè, "tutto".. forse proprio no. Con le necessarie censure, ovviamente.
-Sono innamorato, ma non penso che la persona ricambi..- Abbassai il capo, giocando con le maniche della enorme felpa che indossavo. -Diciamo che mi usa a suo piacimento ed io non faccio niente per impedirglielo.. Un classico..- Continuai. Aggrottai le sopracciglia, perché solo in quel momento mi domandai perché "era il suo lavoro".. forse era una psicologa o qualcosa del genere.
-Già.. bhe, detto così suona male, ma dev'essere proprio una bella ragazza se le permetti di usarti così!-
Mi si disegnò un sorriso amaro sul volto, a quell'affermazione. Tornai a guardarla, scuotendo il capo.
-Già, è proprio una bellissima ragazza..-




------------------------------



Salveee *w* Non c'è molto da dire su questo capitolo, solo due cose.
Comicniamo da quella meno importante, ngng.
Se qualcuno volesse leggere il capitolo un po' come l'ho immaginato, allora ascoltasse queste quattro canzoni, che mentre scrivevo, mi hanno perseguitata (anche se penso che la quarta la conosciate tutti). çwç (1,2,3,4.)
Poi, un'altra cosa.. il volto di Emily è questo. Non penso che importi a nessuno, però boh.. :c Mi andava di dirvelo. Ah, e dedico questo capitolo a quella poverella di Mariachiara,c che è appena finita in ospedale.. çwç rimettiti presto. e.e
Detto questo, cieo. <3
Baci, xMN.
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: MissNothing