Ancora qualcosa da desiderare
Prima di cominciare mi è stato consigliato un
piccolo riassunto per facilitare la lettura, visto che siamo agli sgoccioli è
proprio il caso di un riepilogo.
Ranma ed Akane hanno finalmente confessato i propri
sentimenti. Seppur con qualche incertezza dovuta
all'inesperienza, la loro storia può finalmente cominciare, anche se i due
sanno di doverla tenere nascosta, a partire proprio dalle rispettive famiglie.
Il peggio però non è passato nonostante la
confessione reciproca, anzi, una prova durissima attende i due ragazzi quando, per salvare Akari da un incidente, Ryoga si
trasforma in P-Chan davanti agli occhi attoniti di Akane. Sentitasi tradita, la
ragazza affronta Ranma, accusandolo di averle taciuto la verità ed in seguito ad una lite lui abbandona il dojo, convinto di non
ritornare sui propri passi a meno che l'orgogliosa fidanzata non vada a
riprenderselo personalmente.
Le cose non vanno male solo per i due protagonisti;
Ryoga, distrutto dal senso di colpa, vaga senza meta allontanandosi così anche
da Akari che diventata amica di Ukyo, decide di
restare a Nerima per aspettare il suo ritorno. Sarà proprio la giovane cuoca,
nel cui cuore sta facendosi largo l'amara verità sulla scelta finale del suo
Ranma, a salvare Akane da un attacco disperato di Shan-po che in seguito a
questo si ritroverà probabilmente condannata all'esilio.
Grazie all'intervento di Akari, che in questa storia svolge un ruolo importante
essendo lei la responsabile indiretta di molte svolte, Akane deciderà non solo
di perdonare Ryoga, tornato nel frattempo a Nerima, ma chiederà a quest'ultimo
di riportarle il fidanzato, impegno che l'eterno disperso porta a termine con
l'aiuto di Konatsu, spedito alle sue calcagna da una preoccupata Ukyo.
Akane non è però l'unica in famiglia ad avere dei
pensieri; anche la secondogenita Nabiki si trova ad affrontare una situazione
che mette in pericolo i suoi preziosissimi affari: Kuno si è innamorato e
stavolta la prescelta sembra ricambiare le sue focose attenzioni. Ma forse non è solo la perdita del suo cliente migliore a
preoccupare la ragazza che si trova ad aver che fare con un ammiratore alquanto
strano ed ambiguo, Toshio Nogata il quale per attirare la sua attenzione le
aveva inviato delle lettere anonime. E' proprio da lui, verso il quale Nabiki
prova dei sentimenti contrastanti, che viene a sapere
dell'imminente matrimonio del Tuono Blu del Furinkan.
Ryoga intanto ha ritrovato Ranma e dopo uno scontro
violentissimo tra i due quest'ultimo accetta di ritornare a casa, preoccupato
per le condizioni di Akane. Quando finalmente i due
fidanzati si ritrovano, entrambi decidono che è giunto
il momento di metter fine alle incertezze e di chiarire in modo definitivo come
stanno le cose con le altre aspiranti fidanzate, cominciando dalla più
pericolosa di queste, Shan-po.
Ecco, più o meno questo è
tutto fino ad ora. A riassumere non sono il massimo, chiedo perdono, spero di
non avervi confuso di più le idee.
Capitolo diciottesimo
La porta scorrevole si richiuse
con un tale tonfo che Ryoga, seduto al bancone, sobbalzò. Voltatosi verso l’origine
del frastuono, non fu sorpreso di vedere Ukyo, cartella stretta in mano e volto
corrucciato.
Il petto della ragazza si
sollevava in respiri brevi e rapidi, a dimostrazione di quanto la collera le
impedisse di respirare regolarmente; era davvero arrabbiata, pensò il ragazzo
osservandola. Si domandò preoccupato se fosse ad un’adeguata distanza di
sicurezza, perché la cuoca sembrava pronta a scagliarsi contro chiunque e purtroppo al momento lui era l’unico sulla sua
traiettoria.
Decise accortamente di restare in silenzio, Akari
gli aveva appena rimedicato le ferite, non sarebbe stato carino vanificare il
suo amorevole lavoro…
Ukyo ignorò completamente Ryoga e dopo aver scagliato
la cartella a terra, si avviò verso le scale con passo marziale per poi bloccarsi
all’improvviso e tornare indietro, dirigendosi proprio verso il ragazzo che
bloccato sullo sgabello, non poté far altro che deglutire e prepararsi al
peggio.
“Tu! – Ukyo gli era praticamente addosso e gli appuntò un indice minaccioso nel petto – Sarà meglio che tu non
abbia combinato pasticci con Akari stamani o ti uso davvero come ripieno!”
Non era arrabbiata, si corresse mentalmente Ryoga che avrebbe tanto voluto togliersi quella specie di
punteruolo dal torace. Era furibonda; i suoi occhi chiari brillavano quasi ed i
lineamenti di solito aggraziati erano come contratti, come se stesse compiendo
chissà quale sforzo per non mettersi ad urlare. “Bentornata Ukyo, com’è stata
la tua giornata?” mormorò nel tentativo di deviare il discorso: aveva il
presentimento che quanto accaduto con Akari quella mattina non avrebbe
incontrato il favore dell’amica.
“La mia giornata è stata uno
schifo, grazie per l’interessamento! E prevedo solo
dei peggioramenti, perché tra poco dovrò aprire questo maledetto ristorante e
servire okonomiyaki fino a sfinirmi!”
Ryoga inarcò un sopracciglio: per quanto furiosa,
Ukyo non aveva mai definito maledetto
il proprio locale, né aveva avuto un tono così caustico nel riferirsi alle sue
okonomiyaki. “Hai visto Ranma?” domandò, colto da un’intuizione.
Lei non rispose, sembrò quasi stupita che lui avesse indovinato il motivo della sua rabbia e quello in
parte riuscì a calmarla. In fondo se proprio doveva parlare con qualcuno, Ryoga
poteva essere proprio la persona adatta. Sbuffò e finalmente liberò il ragazzo
dal dito puntatogli contro; si strinse nelle spalle e priva di tutta l’animosità
che l’aveva condotta fino a casa, si lasciò cadere su uno sgabello accanto a
lui. “Sì, mi stava aspettando poco distante da qui. Con Akane” aggiunse,
convinta di vedere l’amico irrigidirsi nel sentire quel nome, ma al momento il
ragazzo sembrava troppo impegnato a massaggiarsi il petto, come se gli facesse
male… chissà, forse qualche ferita riaperta, pensò guardandolo appena.
“Volevano parlarmi.”
“Beh dovevi aspettartelo”
commentò saggio lui, adagiando il volto tumefatto ad una mano per poterla
osservare meglio. Ora che non era in gioco la propria incolumità fisica, era
ben lieto di darle ascolto; dopotutto era anche merito di quell’energica
ragazza se le cose con Akari si erano sistemate, o quasi. Dopo averle offerto una spalla su cui piangere, ora poteva
tranquillamente prestarle orecchio per lo sfogo che certo prima o poi sarebbe
giunto.
Ukyo aggrottò le fini sopracciglia e lo guardò “Che
dovevo aspettarmi, scusa? Quella specie di parata che
mi sono ritrovata davanti con Ranma che continuava a
dirmi che non era sua intenzione ferirmi e altre banalità simili?” un po’ d’irritazione
le ricolorò la voce, ma seppe tenerla a bada. Aveva davvero bisogno di parlare
con qualcuno e non sarebbe stato carino prendere a
spatolate l’unico che poteva capirla. Ryoga in un certo senso era nella sua
stessa situazione, o meglio lo era stato. Lui si era rassegnato molto prima di
quanto avesse fatto lei, ma comunque c’era passato, e
poi sembrava ben lieto d’ascoltarla… o forse la sua era solo paura di lei,
chissà.
“Preferivi che non venissero a parlarti e che
facessero finta di niente? Andiamo, Ranma tiene davvero a te, per quanto sia uno smidollato e via dicendo.”
Ukyo alzò gli occhi al cielo con una smorfia “Se,
se, ci tiene! Come amica, come fornitrice ufficiale di cibo decente
possibilmente gratuito, ma non mi ha mai visto come probabile fidanzata… Gliel’ho chiesto, sai? Gli ho chiesto se mi avesse mai dato
davvero una chance.”
Ryoga presentì quale fosse stata la risposta dall’espressione abbattuta della ragazza la quale, filosoficamente,
si strinse nelle spalle “Per lo meno è stato sincero. Sai cosa mi fa impazzire?
Il fatto che per lui non sono molto diversa da quando
eravamo bambini… santi numi! All’epoca credeva che fossi un maschio, grazie che
non poteva vedere altro in me! Che idiota!“
Se con quell’ultima offesa si stesse
riferendo a se stessa o a Ranma l’eterno disperso non lo sapeva, sospettava che
in realtà Ukyo alludesse ad entrambi, ma sorvolò “Cos’altro vi siete detti?”
“Uff, non molto. Quando mi sono fermata davanti a
lui, quel cretino s’è inchinato e con una faccia seria che non gli avevo mai visto mi ha detto che se voglio riscattare il mio
onore, una volta per tutte, lui è pronto ad accettarlo… Ma cosa crede? Che l’avrei preso a spatolate e via, tutto perdonato? Mi fa
una rabbia! E poi, come se nulla fosse mi dice chiaro e tondo che è innamorato di Akane e che per quello non chiede scusa. Scusa! Come se potessi farmene qualcosa delle sue scuse!”
“Vuoi dire che non l’hai
preso a spatolate?” chiese stupito Ryoga, beccandosi per quella domanda un’occhiataccia
risentita da parte dell’amica.
“Certo che no! Gli ho detto che non sono tipo da ricorrere a
vendette così rozze. E poi… la spatola è di sopra, l’ho
lasciata qui, pur volendo…”
Ryoga non sapeva se fosse per l’espressione mogia
da bambina o per il pentimento che avvertì nella sua voce per aver dimenticato
a casa la sua arma quando più ne aveva avuto bisogno,
ma sentì all’improvviso un gran bisogno di ridere. Cercò di trattenersi
mordicchiandosi l’interno della guancia, ben conscio che scoppiare a riderle in
faccia in un momento simile avrebbe potuto equivalere
ad una condanna a morte, ma era davvero irresistibile. Insomma, la risoluta Ukyo, la decisa Ukyo che aveva spergiurato di asfaltare Ranma al pavimento con
la sua portentosa spatola, l’aveva dimenticata a casa…
“Ne sarà stato sollevato” riuscì a dire con la poca
serietà che poteva fingere e lei annuì con il capo, la lunga coda castana le si agitò sulle spalle.
“Altrochè! Però gli ho
anche detto di tornare tra qualche giorno, appena le ferite si sono
rimarginate. Non voglio che le mie botte si confondano con altre.”
Fu il colpo fatale alla serietà che con tanta
fatica aveva tentato di mantenere. Era un proposito così… stupido! E con quanta sobrietà l’aveva pronunciato!
Era in momenti come quelli che Ryoga percepiva la realtà della cose: per quante
divinità potessero affrontare, per quante situazioni assurde e paradossali
vivessero, tutti loro restavano comunque degli adolescenti. Potevano avere
tutti gli atteggiamenti da adulti che volevano, assumersi le responsabilità
delle proprie azioni con tutta la convinzione del mondo, ma ciò non cambiava
che erano dei diciassettenni alle prese con dei sentimenti così grandi da
essere praticamente ingestibili in modo normale. O
forse erano loro a non essere normali:
maledizioni a parte, Ryoga non era così fuori dal
mondo da sapere che le loro esistenze non erano quelle che la gente comune
avrebbe definito ordinarie.
Scoppiò a ridere, non potendo far altro che battere
i pugni sul bancone di fronte all’espressione perplessa di Ukyo
che, mai come allora, gli era parsa giovane, irrimediabilmente giovane.
Lei lo guardò ridere incredula: aveva creduto che
lui più di tutti potesse dimostrarsi comprensivo ed invece eccolo lì che sghignazzava
alle sue spalle! Beh, tecnicamente le stava proprio ridendo in faccia, ma il
senso era quello, il suino stava divertendosi a sue spese…
“Si può sapere che hai da ridere?” gli domandò
piccata e ci volle un po’ prima che lui trovasse abbastanza fiato per risponderle.
“E’… è la cosa più… più idiota che abbia mai sentito!”
“Ehi!”
“No, sul serio! Credo che solo quando quel Taro si
scelse quell’obbrobrio di nome di Mozzafiato, io abbia
sentito cosa più assurda! Insomma, gli hai detto di ripresentarsi solo per
conciarlo per le feste!”
Era così stupido che non ebbe nemmeno voglia di
picchiarlo. Era offesa, però Ukyo non poteva negare che ci fosse del risibile
nel proprio proposito. A ripensarci doveva essere stata una scena ben ridicola
con lei che, mani sui fianchi, ordinava a Ranma di farsi vedere solo per esser
malmenato. E quell’imbecille che aveva accettato con
entusiasmo, convinto così di poter tornare ad esser amici. Mai visto uno
più contento di farsi prendere a spatolate!
Doveva pensare a qualcos’altro o sarebbe
scoppiata a ridere anche lei e non ci avrebbe fatto una gran bella
figura, giacché stavano parlando delle proprie di disgrazie.
“Non mi chiedi che cosa ci siamo dette con Akane?”
domandò certa di riuscire a farlo smettere di ridere ed
infatti ebbe successo: Ryoga smise di sganasciarsi per guardarla, solo
un’ombra di sorriso sulle labbra.
“Le hai chiesto di presentarsi
quando le sarà guarito il braccio?”
“Avevo un comico sotto il mio
tetto e non lo sapevo! No, cretino… non l’ho salvata da Shan-po per poi
spezzarle io l’altro braccio. Akane mi ha chiesto di provare ad
essere amiche, dice che capisce se io non la vedo in questa veste e che
le dispiace. Naturalmente anche lei non chiede scusa per essersi innamorata di
Ranma, ma mi ha detto di essere dispiaciuta se questo ha fatto sì che io ci
soffrissi… Non c'è che dire, un bel discorsetto sentito. Scommetto che se l’era preparato da tanto”
“Akane non è un'ipocrita, se ti ha detto che…”
“Guarda che non le devi fare da avvocato difensore,
P-Chan! La conosco Akane, sai? So che non è una ragazza perfida. Mi fa rabbia, ma credo che sia adatta a Ranma… Non quanto me,
questo è ovvio.”
“Sì, ovvio.”
Ukyo fissò il ragazzo con occhi appena socchiusi,
in una chiara espressione minacciosa, segno che un’altra manifestazione di ironia e/o sarcasmo da parte sua sarebbe stata duramente
punita. Ryoga capì l’antifona e fece sparire gli ultimi residui di sorrisetto
che ancora aveva stampati in faccia e tornò
completamente serio.
Soddisfatta, la cuoca
continuò “Dicevo… che per lo meno lei è preferibile a
Kodachi Kuno o a Shan-po. Penso che l’avrei ucciso se si
fosse messo con una di loro e sotto sotto credo che
anche Akane pensi lo stesso di me.”
“Oh, su questo non mi illuderei
troppo: Akane lo avrebbe ucciso anche se avesse scelto te! Ha un certo
temperamento…”
“Già, il maschiaccio di Nerima non si smentisce
mai.”
Ryoga inspirò, scoprendo che teneva davvero a
conoscere la risposta alla sua prossima domanda “Cosa farai
con lei?”
Non sapeva con esattezza il perché, ma avrebbe
desiderato tanto che le due ragazze diventassero amiche. E non perché a quel
punto le considerava a loro volta amiche sue e di Akari,
ma lo desiderava proprio per il loro bene. Desiderava tanto che quelle due
avessero il meglio dalla vita: certo, avevano avuto il cattivo gusto di
innamorarsi di Ranma, ma per il resto ognuna meritava di
essere amica dell’altra poiché nel loro personalissimo modo erano
entrambe straordinarie.
“Le ho detto che non
voglio vederla, per il momento, almeno. Non ce la faccio ora… Non riuscirei a dimenticare che Ranma mi ha scartata, avendola
davanti. Dovrò sopportarlo già a scuola e non voglio
star più male del dovuto – notò lo sguardo accigliato dell’altro e sbuffò
allargando le braccia – lo so che per te è sbagliato, ma io non sono perfetta
come la tua Akane! Non sono perfetta, ok? Credi di riuscire a sopravvivere a
questa realtà o preferisci continuare a guardarmi con questa faccia
spaventosa?”
“Oh, grazie, la mia faccia ti ringrazia
sentitamente!”
“Non intendevo… oh, ma insomma, quanto sei permaloso! E poi obbiettivamente, guarda che oggi non sei
carino come al solito, sai?”
Ryoga inarcò un sopracciglio, stupito “Perché, di
solito pensi che sia carino?”
“A proposito di facce spaventose! Sei stato tu a
ridurre Ranma in quel modo? Complimenti!” doveva aver preso
lezioni da Nabiki Tendo nell’arte di cambiare discorso, evidentemente…
“Il merito non è tutto mio. Ha avuto un incidente
con un albero.”
Ukyo batté le palpebre, stavolta
era lei ad esser stupita “Un albero? Gli è caduto addosso
un albero?”
“Di preciso non so, ma credo sia
più esatto il contrario. - notò la sua espressione sempre più stupefatta e si
strinse nelle spalle – E’ Ranma, dopotutto.”
“Sì, anche questo è vero… Dov’è Akari?” la cuoca si
guardò intorno, ma il locale era decisamente vuoto e
non avvertiva rumori provenire dal retro.
“Di sopra, sta risistemando la casetta dei
medicinali. Mi ha dato una risistemata alle medicazioni.”
“Oh, che ragazza premurosa, non è vero? – il tono
improvvisamente zuccheroso non piacque per nulla a Ryoga che, di nuovo nervoso, si appiattì contro la parete alle sue spalle prevedendo
quale sarebbe stata la domanda successiva – Hai avuto modo di chiarirti con
lei, stamani?”
“Beh, ecco, a dire il vero sì… abbiamo deciso che…
che… Non arrabbiarti, ok? Ora ti spiego…” il sopracciglio di Ukyo
scattò nervoso verso l’alto: non c’era da aspettarsi nulla di buono da un
simile preambolo.
Cinque minuti dopo difatti
un urlo che poco aveva d'umano irruppe nel piccolo locale, udibile a metri di
distanza, tanto da spaventare degli ignari passanti.
“COSA HAI FATTO?! CHI
DIAVOLO CREDI DI ESSERE PER CHIEDERLE DI ASPETTARTI,
RAZZA DI IDIOTA!”
All’urlo seguirono alcuni tentativi flebili di
protesta, smorzati poi da un tonfo, come quello di un corpo che cadeva
pesantemente al suolo da una certa altezza, più o meno
quella di uno sgabello …
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Nabiki sbuffò, sentendo
affievolirsi il peso che sembrava portare con sé dal mattino. Le opprimeva il
petto tanto che le sembrava quasi difficoltoso respirare. Solo sospirando sembrava
che il peso diminuisse, che fenomeno bizzarro… Ed era il secondo della
giornata, a ben vedere, se anche questa anomalia del
respiro non era nulla in confronto a quanto accaduto sulla terrazza del liceo
Furinkan!
La ragazza fece una smorfia, persino il ricordo le
dava la nausea, forse perché era ancora così dannatamente vivido nella sua
mente. Con un movimento meccanico scostò una ciocca dei capelli e la portò
dietro ad un orecchio. Immancabilmente quel semplice gesto le riportò alla
mente qualcos’altro che non avrebbe voluto: Nogata. Di tante persone, perché proprio lui? Perché?
Un altro sospiro, l’ennesimo, stavolta però non fu
seguito dall’inspiegabile effetto benefico dei precedenti, anzi il fardello in
petto sembrò aver raddoppiato il peso. Ah, doveva riprendersi e in fretta! Ora
che i suoi affari erano in pericolo più che mai, non poteva permettersi
sbavature sentimentali ed emotive, se n’era concesse pure troppe negli ultimi tempi!
Alzò lo sguardo
mentre attraversava distratta il grande portone del dojo: per fortuna
era a casa. Era forse infantile pensarlo, ma quelle mura, così caotiche e mai
davvero sicure con tutti gli individui folli che
sovente vi circolavano, erano comunque un porto franco, un luogo dove
rilassarsi ed essere finalmente se stessi. Il che era assurdo se si pensava che
Nabiki Tendo era sempre se stessa, ovunque! Chissà se esisteva al mondo
qualcuno che ancora s’illudeva che il suo freddo attaccamento al denaro fosse
solo una maschera, per celare un cuore in verità timido e
sensibile.
Che sciocchezza! Lei era lei,
nel bene, ma soprattutto nel male. Il vero terrore del Furinkan, la donna di
ghiaccio… Forse a qualcun altro non sarebbe piaciuto definirsi tale, ma a lei
non spiaceva. E poi non poteva cambiare ciò che era,
pur volendolo. Ma stava divagando, non era sulla propria natura che Nabiki Tendo poteva attardarsi a riflettere. Aveva qualcos’altro
che per il momento richiedeva tutta la sua attenzione. “Sono tornata!”
Il sorriso dolce di Kasumi fu la prima cosa che la
accolse, scaldandole un po’ il petto “Nabiki, sei già a
casa? – la sorella maggiore le era andata in contro, le mani affondate nel
grembiule e la voce soave come sempre – Credevo andassi a giocare a tennis con
le tue amiche.”
“Non mi andava granché. Ci sono novità? I due piccioncini?”
Kasumi scosse il capo “Non saprei, anche loro sono stati via quasi tutta la mattinata. Sono tornati da
poco… Ranma è in palestra, mentre Akane è seduta in veranda, vuoi
raggiungerla?”
Strano, ma fino a quando Kasumi non gliel’aveva
proposto, Nabiki non aveva avuto alcuna voglia di vedere Akane, o qualsiasi
altro essere respirante se per quello, ma ora che ci pensava forse non era una
cattiva idea. Starsene seduta in veranda con Akane, raccontandole il tutto
forse poteva essere utile. Non avrebbe mai considerato sua sorella minore, Miss Irruenza, la consigliera ideale, ma
dal momento che non poteva pretendere altro… e poi,
all’occasione persino lei sembrava esser fornita di due orecchie e della
capacità di concentrazione necessaria ad ascoltarla. “Mmm, perché no?”
Akane era seduta proprio sul limitare del patio, le
gambe lasciate libere di penzolare nel vuoto in modo che i piedi scalzi
carezzassero l’erba umida e croccante della sera. Era gradevole e la riportava
tremendamente indietro con la memoria, fin a quandoera bambina e le piaceva sentire quel lieve pizzicore. Forse perché era sempre
stata così piena d’energie e starsene ferma non faceva
per lei, ma bastava che una parte del corpo fosse in movimento per rilassarsi.
Certo, lasciarsi fare il solletico ai piedi dall’erba non era come prendere a
calci assurdi fantocci con le fattezze del proprio fidanzato, ma era meglio che
niente.
Nabiki le si avvicinò in
silenzio, richiamandola poi quando le fu quasi alle spalle. Fu colpita dall’espressione
tirata che vide sul volto minuto della sorella. Era pallida, ma il suo pallore
sembrava dovuto ad una sorta di stanchezza intima, non fisica; anche la piega
amara delle labbra e la sua postura leggermente ricurva su se stessa
trasmettevano quell’idea di profonda spossatezza.
Il bianco del gesso spiccava fortemente nella
penombra serale, attirando l'attenzione su quella ferita.
“Brutta giornata?” le domandò, curiosa.
“Poteva andare meglio… o peggio, non so. Diciamo che è stata una
giornata fuori del comune.”
“Capito. Come sono andati gli incontri con le fidanzate?
Ho sentito che Ranma è sopravvissuto, questo di sicuro è un fatto positivo ed inaspettato.”
Akane provò a sorridere mentre
Nabiki le sedeva accanto, ma vi rinunciò presto “Già, un fatto positivo. E’
strano sai, Nabiki? Credevo che una volta arrivati a
questo punto, non avrei avuto motivi di sentirmi infelice. Cioè,
Ranma mi vuole bene – non poteva proprio impedirsi di arrossire a quel punto –
abbiamo chiarito tutto o quasi con le altre, i nostri genitori hanno promesso
di non organizzarci un matrimonio al giorno fino a quando non gli daremo noi il
nostro benestare…”
“Di questo devi ringraziare anche la tua dolce
suocera e la signora katana che porta con sé” la interruppe la ragazza più
grande, ottenendo stavolta un sorriso più convinto da parte della minore che
annuì, scuotendo il capo bruno.
“Già, vero. Insomma, tutto dovrebbe essere
perfetto, no? Come l’avevo sempre sognato ed invece devo dire
che ora come ora vorrei solo buttarmi su un letto e dormire fino al prossimo
anno.”
“Oh, deve essere stata proprio
dura.”
“Sì, soprattutto con Ukyo: non è stata comprensiva
come speravo, non con me comunque, però forse dovevo
aspettarmelo” sospirò e tornò a far andare i piedi, fermi da quando aveva
iniziato a parlare con sua sorella.
Nabiki accavallò le gambe lasciate scoperte dal
corto pantaloncino che insieme con una t-shirt avevano sostituito la divisa
scolastica e prese a scrutare un punto indefinito davanti a sé. Era ancora
incerta su come impostare il discorso, su come potersi confidare con Akane
senza darle l’impressione che lo stesse facendo. Cavoli, era sempre Nabiki,
lei! La sua reputazione aveva subito già qualche smacco bello
grosso, non aveva bisogno di altri, no grazie.
Osservò la ragazza più giovane con la coda
dell'occhio e poi si schiarì la voce, casualmente “Forse ho io una notizia che
ti tirerà su il morale, sorellina.”
“Davvero? Ne dubito… e comunque
non ho soldi da darti, al momento.”
“Questa è gratis, non temere. Non
è il caso di fare quella faccia stupita, sai? E' solo che è una notizia
così enorme che presto o tardi ne verrai comunque a
conoscenza. Diciamo che il mio pagamento consisterà nel
bearmi della tua espressione.”
Akane era scettica, anche se non come prima. Se sua
sorella le avesse detto di volerle dare una buona
notizia in cambio di niente fino a qualche giorno prima non le avrebbe creduto,
ma dopo quella notte passata a chiacchierare parte della diffidenza che aveva
imparato a nutrire per quella creatura calcolatrice fino allo spasimo era un po’
scemata.
“Allora, qual è questa notizia? Happosai verrà arrestato ed internato per molestie e ruberie
continue?”
“Oh, non esagerare adesso! Se
fosse quella, la novità, sentiresti cori entusiasti per il quartiere alternarsi
a fuochi d’artificio di grande intensità! No, no, niente di così meraviglioso…
Kuno si sposa.”
Aveva avuto ragione: l’espressione d'Akane fu
davvero impagabile. Se avesse sgranato gli occhi un po’ di più probabile che le sarebbero caduti in grembo, mentre anche la bocca
sembrava fare del suo meglio per spalancarsi e mostrare così il suo
sbalordimento.
“Kuno… si sposa?! Non è
possibile! Non ci credo!”
Nabiki sorrise, nonostante tutto. Chissà perché lei
invece ci aveva creduto subito? Forse perché al contrario di sua sorella,
quella per lei non era stata esattamente una bella notizia. “Invece
sì. Si sposerà con la sua ospite americana, quindi abbiamo anche scoperto il
perché di quell’addio tanto plateale.”
“E’… è incredibile! Meraviglioso, ma incredibile! Chi è la sposa? Una folle, per
caso o una vittima di qualche droga di Kodachi?!”
“Potrebbe essere. Sapevo che ne saresti stata
felice.”
“E’ logico! E’ un incubo che finisce
definitivamente! – Akane serrò i pugni e per un attimo richiuse gli occhi,
godendo l’euforia del momento – Non vedo l’ora di raccontarlo a Ranma, impazzirà quando lo saprà!”
“Più che probabile…”
“Ma… ma tu non sembri così
folle di felicità, perché?”
Nabiki la guardò seria: era il momento cruciale quello.
Il momento di scegliere tra la comoda menzogna e la scomoda
verità. Di solito avrebbe scelto la prima ad occhi chiusi e cuor
leggero, ma non poteva far affidamento sul secondo dei
due aspetti, non quella sera. Abbassò lo
sguardo e, tentando almeno di apparire tranquilla rispose alla difficile
domanda d’Akane.
“Lui mi piace.”
Il silenzio attonito che seguì l’incredibile
rivelazione fu un tangibile segno di quanto fosse
sconvolgente la verità che aveva finalmente tirato fuori. Dopo i primi istanti di
silenzio assoluto, si fece coraggio e si volse verso
sua sorella convinta di ritrovarla di nuovo ad occhi e bocca spalancati, ma si
sbagliava. L’espressione dell’ultimogenita dei Tendo
non era stupita, piuttosto triste. Compassionevole, avrebbe azzardato Nabiki
osservando lo sguardo luminoso di lei. Bene, quindi non era nemmeno una gran
rivelazione! Un disastro completo! Se Akane che più di
altri conosceva com’era fatto quel buffone di Kuno non trovava per lo meno
incredibile che sua sorella, la furba, la brillante e via discorrendo, trovasse
qualcosa di piacevole in lui, allora c’era proprio da biasimarsi!
“Non dirmi anche tu che lo sapevi!”
“No, ma un po’ lo sospettavo. Che significa anche tu? Chi altro l’aveva capito?”
“Nessuno, non è di questo che voglio parlare, anzi
non voglio parlare nemmeno di Kuno e del fatto che
nonostante sia un essere che definire pensante costituisce un’offesa a tutto il
genere umano, io provi una sorta d’attrazione per lui… E’ offensivo sai?”
Akane le poggiò una mano su una spalla, a
testimonianza della vicinanza che ora si era fatta più palpabile che mai tra
loro. Fino a qualche tempo prima probabilmente avrebbe
usato le stesse parole per il suo amore per Ranma… “Che intendi fare?” a quella
ovvia domanda, Nabiki ancor più ovviamente roteò gli occhi.
“Esiste un manuale da studiare in casi del genere?
Fate le stesse domande! Le avete concordate per caso o c’è qualcuno che lo fa per mestiere, per poi farle circolare all’occasione?
Che significa che intendo fare? Nulla di nulla, che poi
guarda caso è tutto quello che posso fare!”
“Non ho capito di che parli, ma forse ti sbagli…”
Nabiki si alzò in piedi e la zittì, sollevando una
mano “No, aspetta, che qui si va nel ridicolo! Ti ha
chiamato, vero? Ti ha detto di dirmi quello che mi ha
già detto lui, eh?”
La fronte d’Akane si aggrottò tanto da far unire le
due sopracciglia “Eh? Ma di che stai parlando?”
“Di Toshio Nogata! Mi ha fatto le tue stesse
inutili domande… e quasi nello stesso ordine, devo
dire. Accidenti, non lo facevo un tipo così banale da rifilarmi le tue stesse
identiche insulsaggini.”
“Nabiki, sei sicura di star bene, non è che la notizia ti ha sconvolto più di quel che pensi? Che c’entra Nogata in tutta questa storia del fidanzamento di Kuno
e soprattutto che c’entra con te?”
La ragazza sospirò e allargò le braccia, meno
agitata, ma non meno afflitta “E’ stato lui a dirmi del matrimonio, in primo
luogo. E ci puoi giurare che nonostante l’aria seria e
contrita da bravo ragazzo, sotto sotto se l’è goduta
un mondo! Gli ho dato anche la possibilità di
atteggiarsi a cavaliere, sai? Avresti dovuto vederlo, offrirmi il suo candido e
costoso fazzoletto affinché potessi piangerci dentro… Probabilmente se l’è portato apposta, ci scommetto. Qualcuno dovrebbe dirgli che esistono i Kleenex… Non
che ne avessi bisogno, sia chiaro: non ho pianto, no. Nemmeno una lacrima, del
resto piangere per Kuno, no dico… al massimo mi sono sentita per un brevissimo,
infinitesimo, ridicolo momento persa e sì, forse qualche lacrima mi ha
inumidito gli occhi, ma non tanto da giustificare quella scena degna di un
manga con lui pronto ad offrirmi il suo costoso fazzoletto di seta, che dopo mi
sarebbe toccato portare in lavanderia.”
Era lo spettacolo più inconcepibile che Akane avesse mai visto. Più assurdo di un ragazzo che
diventa ragazza, più assurdo di una pluricentenaria che cammina saltellando su
un bastone, persino più incredibile di uno spirito di gatto alla ricerca
disperata di una moglie, persino più inverosimile di una sfida tra majorette,
delle quali una era il suddetto ragazzo che diventa una ragazza… Insomma, nulla
o quasi di quello che Akane aveva visto nell’ultimo anno e mezzo poteva
competere con la scena di sua sorella che dava i numeri.
Aveva confessato che le piaceva Kuno e nel giro di
pochi istanti straparlava di questo Nogata… e poi, ora che ci pensava, c’erano
state alcune avvisaglie nei giorni precedenti. La sua aria a volte distratta,
le sue domande sull’amore… “Ti sei innamorata di Nogata, Nabiki?”
Non sapeva cosa gliel’avesse fatto pensare, ma
bastò quella sola, stupita domanda per zittire lo sproloquio di sua sorella
maggiore. Restò a guardarla, l’espressione di chi non ha ben compreso il senso
di quanto detto, però fu questione di poco perché dopotutto Nabiki era sempre
Nabiki. Il volto parve quasi ricomporsi e l’espressione tornò a farsi sobria,
quasi indifferente nonostante si stesse parlando della sua parte più intima e
meno esposta, il cuore.
“Non lo so. Mi piace Kuno e non so il perché… mi
piace anche Nogata, ma in questo caso so perfettamente cosa mi piace di lui.
Non so chi dei due sia più importante per me, non
riesco a stabilirlo. Non so, forse non è normale che piacciano due persone
completamente diverse tra loro, ma è quello che sta capitando a me e per una
volta sarei persino disposta a pagare per capire cosa fare.”
“Non è poi così strano, sai?
Probabilmente sei troppo avida anche per quel che riguarda i ragazzi: uno solo
non ti basta” fu lieta di vederla sorridere senza malizia per una volta.
Con un ennesimo sospiro, Nabiki tornò a sederle
accanto e come contagiata cominciò a far dondolare i piedi, in modo che
carezzassero l’erba “Ho pensato che agirò un passo
alla volta, come in ogni buon piano che si rispetti. Per prima cosa, devo
decidere che fare con Kuno… Nogata dice che dovrei confessargli
i miei sentimenti.”
“Molto nobile da parte sua!”
“Non direi, visto che subito dopo si è detto
convinto del fatto che Kuno mi riderà in faccia. E'
sicuro che solo dopo un rifiuto clamoroso, io mi arrenda e mi lasci finalmente
corteggiare da lui interrompendo ogni resistenza, che faccia tosta!”
“In effetti… e tu che vuoi fare? Parlerai con Kuno
prima che sia troppo tardi?”
Le gambe di Nabiki si fermarono e lei rimase
pensierosa per un momento, poi sorrise “Per farmi davvero ridere in faccia? Non
lo so… Mi fa rabbia sapermi così incerta: Akane, io
non faccio mai nulla per nulla, lo sai. Do soltanto se so di ricevere e in
misura maggiore. Perché mai dovrei espormi per non
avere che umiliazione? Non è economico, non è capitalistico.”
“Ma è così l’amore. Senti,
pensaci su, non che muoia dalla voglia di ritrovarmi
Kuno come cognato, ma in fin dei conti non puoi sapere cosa ti dirà: per quanto
sciocco non potrà negare il fatto che siete legati, non fosse altro per le cose
che avete passato insieme.”
“Ci penserò, ma sono più
che sicura che non farò mai una sciocchezza del genere, se non altro per non
dare una soddisfazione a quel demonio travestito da miliardario fascinoso!”
--- --- ---
A passi svelti il giovane autista si avviò verso il
salone, come gli era stato richiesto. Gettò un’occhiata ad uno dei grandi
orologi che punteggiavano il corridoio anche quello, come altri, pregiata opera
di artigiani europei. Il padrone amava molto
collezionare quelle preziose macchine, più antiche erano, meglio era. Non v’era ritorno da viaggio in Europa che non prevedesse l’arrivo di un nuovo orologio ad arricchire la
collezione.
Ma non era per amore dell’arte che il ragazzo aveva
sbirciato verso il quadrante della parigina sulla quale un tritone dava bella
mostra di sé con tanto di tridente; aveva controllato l’ora ed aveva constatato
che in effetti era un orario inconsueto per essere
chiamato in servizio.
Arrivò alla porta del salone principale della villa
e dopo aver risistemato la giacca della divisa scura che indossava bussò,
entrando appena gli fu dato il permesso. Il signorino
era in piedi davanti alla finestra, lo sguardo rivolto al cielo nuvoloso.
Teneva le mani incrociate dietro la schiena e sembrava rilassato
mentre lo aspettava. Si volse a guardarlo un istante, prima di tornare a
guardare fuori dove presto sarebbe certo scoppiato un temporale.
“Il signorino
mi ha cercato?” chiese un po’ titubante. Era la prima volta che il ragazzo lo
chiamava, di solito era il padre a servirsi di lui, infatti
in quei giorni in cui il padrone era in viaggio d’affari non aveva lavorato
granché dal momento che lo stesso signorino non voleva essere accompagnato alla
nuova scuola con l’auto.
“Sì, grazie per essere arrivato così presto. Hai
già cenato, vero?”
“Sì, signorino. Ho terminato pochi
minuti prima che mi cercasse. Posso esserle utile?”
“So che è insolito per quest’ora, ma vorrei uscire,
prepareresti l’auto… diciamo tra dieci minuti?”
L’autista s’inchinò nonostante Toshio non potesse
vederlo, dato che la sua attenzione era ancora rivolta alle nubi cariche di
pioggia “Certo signore, non è un problema. C’è un
posto in particolare dove vuole essere portato, signore?”
“Sì, in verità sì. Alla dimora dei Kuno, però ad
essere sincero non ho la più pallida idea di quando
potremo ritornare; inoltre, questa uscita potrebbe essere anche inutile.
Chissà, magari mi sbaglio, chi può dirlo?”
“Ehm… certo, signore. La macchina sarà pronta tra
dieci minuti. Mi scusi.”
--- --- ---
Nabiki strinse l’impugnatura dell’ombrello,
cercando di bloccare quel lieve e fastidioso tremito che le rendeva insicura la
presa. Da quanto tempo fosse impalata lì fuori, non
sapeva proprio dirlo: era come se il tempo si fosse paralizzato, bloccato in
quell’istante eterno… 'Nel quale sto per fare la più grande stupidaggine della
mia vita. Che ci faccio qui?'
Casa Kuno si ergeva davanti a lei con tutta la sua
maestosa tetraggine, resa ancora più lugubre dal temporale che si era scatenato
su Nerima da meno di un’ora. Sembrava che il cielo volesse scaricarle addosso tutta la pioggia che aveva in serbo, una specie di
avvertimento, un monito a non continuare con quell’assurdo proponimento e di
ritornare sui propri passi. Stretta nel suo giubbotto leggero, i capelli ormai
già attaccati al viso per il forte vento che la sferzava con violenza, non
riusciva a staccare lo sguardo dal portone in legno
che le sbarrava la strada. Un paio di volte aveva sollevato una mano tremante
per suonare il campanello, ma vi aveva rinunciato.
Era tutta colpa delle chiacchiere di Akane se ora si trovava lì, sotto a quel nubifragio! Lei
e la sua teoria del segui il tuo cuore!
E anche di quell’altro, Nogata, lui e il suo sorrisino
che sembrava sfidarla. Accidenti…
In verità a spingerla lì quella sera era stato il
suo spirito da affarista. La sua anima faccendiera non si sarebbe arresa con
tanta facilità e le avrebbe dato il tormento, a vita
probabilmente. Così eccola lì, sotto la pioggia, pronta a
ricevere il più solenne rifiuto della storia solo per la soddisfazione di non
ritrovarsi un giorno a chiedersi e
se…
Fragilina come motivazione.
Inspirò a fondo, mentre l’ennesima folata di vento
la percuoteva. Adesso o mai più, adesso o mai più, adesso o mai… non aveva
nemmeno finito quel personale mantra che vide la sua mano sollevarsi come per volontà propria e
stavolta premere il pulsante del campanello, incuneato tra le fauci di un leone
bronzeo alquanto kitsch.
Per lunghi istanti non accadde nulla, tanto che
Nabiki cominciò a sperare che la casa fosse vuota, ma
il tempo di tirare un sospiro di sollievo che il portone si schiuse piano con
un cigolio degno di un film del terrore, in perfetto accordo con la notte da
lupi che si stava scatenando. ‘Bene. Dieci minuti e
sarò fuori di qui, 15 al massimo… ce la puoi fare, dopotutto sei Nabiki Tendo,
no?’
Il volto buffo di Sasuke apparve tra le pesanti
ante appena schiuse e, socchiudendo i piccoli occhietti per ripararsi dalla
pioggia battente, la osservò “Signorina Tendo?”
“Sì, proprio io. Mi fai entrare o devo affogare qua
fuori?”
“Oh, certo, certo! Ero solo stupito di vederla,
signorina Tendo! Prego!”
Ci volle un po’ perché i due attraversassero il
cortile cercando di evitare le pozzanghere, cosa che a Nabiki non riuscì del
tutto, visto che quando si ritrovò nello spazioso
ingresso le sue gambe esili erano completamente schizzate di fango. Fu un
sollievo liberarsi delle proprie scarpe completamente fradice ed indossare
quelle soffici e asciutte pantofole per gli ospiti che facevano bella mostra
nella scarpiera.
“Ha scelto una brutta serata per venire a trovarci,
signorina” asserì il giardiniere tuttofare dei Kuno, osservandola curioso.
“Ovvio… Senti, il tuo padroncino è in casa?” chiese
diretta, dopo avergli messo in mano l’ombrello grondante.
“Sì, il signorino è nella sua camera con la
fidanzata… ehm, cioè, la signorina Angel” Sasuke si
corresse, arrossendo un po’ quando notò lo sguardo per nulla stupito della
ragazza.
“Senti, credi di potergli dire
che vorrei vederlo da solo, senza la fidanzata alle calcagna?”
“Oh sì, certo, certo!”
“Lo aspetterò nel salottino dell’altra volta. Non disturbarti,
conosco la strada.”
Sasuke osservò la bella ragazza allontanarsi con
piglio deciso, per nulla intimorita dall’enormità della casa e dalle trappole
che pur sapeva essere sparpagliate in giro. Eppure, non poteva giurarlo, ma
qualcosa in lei era diverso dal solito, nonostante l’aria sicura di sempre…
Forse quel leggero tremito, ma chissà, quello poteva
imputarsi alla pioggia che l’aveva bagnata.
Senza perdere altro tempo il fedele servitore
sgattaiolò verso la camera del suo padroncino, sperando di non disturbarlo
troppo altrimenti, scusabile o no, temporale o meno, avrebbe
pagatoquell’affronto dormendo all’aperto. Vita difficile la sua…
--- --- ---
La stanza era bella proprio come la ricordava, con
quel giallo chiaro dominante e l’arredamento all’europea di buon gusto. Nabiki
fece qualche passo oltre la soglia e si guardò intorno, ora più nervosa che
mai. Quasi per caso, i suoi occhi inciamparono nella propria immagine riflessa
in un grande specchio che l’altra volta non aveva notato; gemette di fastidio
alla sola vista: stava per fare la più grande idiozia della sua vita, per di
più in uno stato orribile!
Tentò di risistemare il corto caschetto, lisciando
le ciocche bagnate dei capelli nello sforzo di restituire loro un aspetto
decente, ma quelle parevano non volerne sapere restando ribelli ed immobili,
sparate in ogni direzione possibile. Gli occhi inquieti della ragazza
vagabondarono per il riflesso del proprio volto e non fu stupita di vederlo
accesso, soprattutto alle guance; si asciugò con quel poco che restava d’asciutto
del giubbotto e dopo un ultimo sguardo critico ed insoddisfatto, decise di lasciar perdere.
Si allontanò dallo specchio per avvicinarsi ad una
delle due finestre del salottino e, con il nervosismo incrementato dall’attesa,
volse gli occhi all'insù, al cielo plumbeo. Perché
quel cretino ci metteva tanto? Seppure la stanza fosse stata
dall’altra parte della dimora non avrebbe dovuto metterci tanto a raggiungerla…
In realtà sapeva che erano trascorsi soli pochi minuti dal suo arrivo, ma ogni
secondo le sembrava eterno. Si poggiò entrambe le mani sul ventre che sentiva
contratto e si ordinò di respirare a fondo: dopotutto anche quello che stava
provando era un’esperienza, per lei nuova, ma a ben vedersi null’affatto
eccezionale. Poteva farcela… presto sarebbe finito
tutto… e lei avrebbe finalmente compreso.
C’era un altro motivo per cui
era lì, un perché che forse era il più importante di tutti, più importante del
non avere rimorsi un domani: Nabiki Tendo voleva capire cos’era veramente l’amore.
Era forse sciocco cercarlo lì, da un ragazzo che in verità non stimava? Ma dove altro avrebbe potuto trovarlo, altrimenti? Non si
diceva che l’amore fosse cieco? Bene, lei
era lì per capire, per capire quanto in verità lo fosse. Che Kuno le
piacesse e che fossein qualche modo legata a lui era
ormai chiaro, ma quel legame era così forte da superare un rifiuto?
Quando Nabiki pensava all’amore,
la prima cosa a cui pensava era l’abnegazione di suo padre per la propria
madre, morta ormai anni prima; un amore così forte che aveva retto al tempo e
alla perdita: il più grande degli esempi. Il proprio, se si poteva
definire amore ciò che provava per Kuno, avrebbe resistito ad una prova molto
meno ardua?
Inoltre, se di vero amore si
trattava, non avrebbe dovuto esser questo sentimento esclusivo e totale? Amore
non era forse devozione? Allora perché pur volendo non riusciva a dimenticare
gli occhi di un altro ragazzo? Persino ora, in attesa
di aprire il suo cuore a Kuno, non faceva che pensare a Toshio… Tutto ciò era
così caotico!
Avvertì il rumore della porta che tornava ad
aprirsi, ma non si volse subito. Trasseun altro profondo
respiro prima di avere la certezza di poterlo fare, di poter
affrontarlo. Tatewaki era poco distante da lei, l’espressione sorpresa di chi
non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsela davanti, per lo meno non a quell’ora
e con quel tempo da cani; c’era da capirlo.
“Nabiki Tendo… la tua visita è alquanto inaspettata”
furono infatti le sue prime parole alle quali lei
sorrise con ritrovata scioltezza. C’era qualcosa in lui che la faceva
istintivamente ritornar se stessa. Bastò guardarlo perché il nervosismo,
pur non sparendo del tutto, si attenuò fino a permetterle di parlare con voce
controllata e tranquilla.
“Sì, immagino che lo sia. Nemmeno io credevo di
potermi presentare qui, a casa tua, per parlarti di certe cose per giunta. Come
sta la tua fidanzata?”
Kuno batté le palpebre, ancora più sorpreso, poi un
sorriso presuntuoso gli stese le labbra “Non dovrei
stupirmi che tu l’abbia scoperto. La mia futura sposa sta bene, ma ti conosco abbastanza
per sapere che non sei qui per accertati della sua salute, Nabiki Tendo.”
“Infatti. Però magari
potrei accertarmi della tua… Sicuro di star bene?”
Stavolta oltre che confuso, Kuno sembrò perplesso
per quella domanda. Si strinse nelle spalle ed avanzò di qualche passo,
affondando poi le mani nei pantaloni che indossava… Era proprio strano senza la
sua uniforme da kendo, pensò Nabiki osservandolo di sfuggita.
“Mai stato meglio. Del resto sono felice.”
“Lo sei sul serio?”
“Tendo, perché tutte queste domande? Comincio a
sospettare che t’importi di me!” forse era un
tentativo di ironia, ma Nabiki non rise, né rispose, non subito almeno. Si
separò dalla finestra e gli si avvicinò fino a trovarsi di fronte a lui. Alzò
gli occhi fino ad incontrare i suoi, grigi e cupi come il cielo che aveva
osservato di fuori e si leccò le labbra, un po' troppo aride per i propri
gusti.
“Perché ti sposi con
quella ragazza?” gli domandò seria e lui batté le palpebre, come se non si
fosse aspettato per nulla una simile domanda.
“Perché la amo, per quale
altro motivo?”
“Kuno, ti ho sentito dire ti amo a fin troppe ragazze per non domandarmi cosa ci sia di diverso ora. Perché hai detto addio ad Akane, che pure hai
giurato di amare alla follia?”
Lui spalancò gli occhi, come colto da un’illuminazione,
Nabiki però dubitava fortemente che avesse davvero compreso “Oh, ho capito
perché sei qui, Nabiki Tendo! Sei
venuta per chiedermi di non sposarmi da parte di tua sorella, la
bellissima e dolcissima Akane Tendo! Oh, che cara fanciulla,
così perdutamente innamorata da provare anche un tentativo estremo e…”
Nabiki sospirò, mentre lui continuava a ragionare
sul presunto amore puro di sua sorella “Non sono qui
per questo, Kuno – lo interruppe, una leggera irritazione nella voce – o
meglio, sì, in parte quello che dici è vero. Non sono qui perché me l’ha
chiesto Akane che, credimi, non potrebbe essere più
felice per le tue nozze, ma è vero che voglio chiederti di non sposarti. Non
ancora almeno.”
Le sopracciglia del ragazzo si aggrottarono, segno
della confusione di cui era preda “Allora forse è la ragazza con il codino ad
averti chiesto di…” azzardò, ma lei scosse il capo con ancora più decisione,
facendo oscillare i capelli ormai quasi del tutto asciutti.
“No, no, non mi manda nessuno, d’accordo? Senti, io
e te… io e te ne abbiamo passata più di qualcuna
insieme, non è azzardato definirci amici, no?”
“Tendo, la parola che meglio descrive il nostro
rapporto è affari, ma sì, ammetto che
io e te ne abbiamo passate tante insieme, ma con
questo non capisco a cosa tu voglia arrivare.”
“A me e te… Perché hai tutta questa fretta di
sposarti? Non pensi che sia un gesto affrettato? Se… se
dovessi poi accorgerti che lei non è la donna che fa per te, cosa farai?”
“Sei strana… sei venuta fin qui per farmi la
paternale? Non sono affari tuoi questi e poi Angel è una ragazza stupenda, non
troverò mai un’altra ragazza tanto favolosa che mi ami quanto lei.”
“Ma come fai ad esserne
sicuro? Di folli è pieno il mondo, dopotutto! Kuno, io credo che tu stia facendo
una stupidaggine e non sarebbe la prima volta, ma questa è davvero troppo
enorme perché io me ne stia zitta a guardarti!”
Kuno si massaggiò la fronte, come se fosse alle
prese con un’emicrania imminente. Nabiki lo vide sospirare e speranzosa vide, o le parve di scorgere, l’ombra del dubbio farsi
spazio in lui. “Se sei venuta qui sperando di farmi
cambiare idea, il tuo è stato un viaggio inutile. Sposerò Angel e niente di
quello che dirai mi farà cambiare idea, Tendo. Il
tuono blu non rimangia le proprie promesse.”
“E se ti dicessi che sì, è
vero, avevi ragione, sono preoccupata per te perché, i Numi abbiano pietà di
me, mi piaci, cosa faresti?”
Forse lo aveva detto troppo in fretta, perché lui
la guardò come se non avesse afferrato nessuna delle
sue parole. Deglutì e chiuse gli occhi, per poi ripetere più lentamente “Mi piaci e molto… e mi preoccupo per te perché stai commettendo
uno sbaglio. Mi piaci nonostante tutto e parte di me spera di piacerti almeno
un po’, quel tanto che basterebbe a farti sorgere il dubbio sulla giustezza di
un matrimonio adesso. Vorrei… vorrei che ci venisse
data un’occasione, non chiedo altro.”
Era stato facile. Cioè,
non che confessargli i propri sentimenti fosse la cosa più semplice del mondo,
ma una volta fatto, Nabiki si sentì più leggera. Era questo che provavano persone come Nogata nel parlare così apertamente
dei propri sentimenti, quel sollievo?
Nabiki serrò ancor di più gli occhi, per analizzare
quel momento finché fosse possibile. In fondo era la sua prima volta, no? La prima volta che si metteva in gioco lei e che non era certa
della vittoria finale. Era come se avesse accettato una scommessa dall’esito
totalmente incerto, anzi, forse era addirittura una scommessa perdente quella
che aveva appena fatto, parlando così, il cuore in mano, ma quasi non le
importava del risultato. Era strano e buffo…
Un suono strozzato e malamente
trattenuto la spinse ad aprire gli occhi proprio nel bel mezzo di tanto
rimuginare. Un po’ stupita e tanto sconcertata da non avere nemmeno la prontezza
di offendersi, Nabiki osservò Kuno cercare di trattenersi dal riderle in
faccia.
Era incredibile! Lui stava davvero ridendole
in faccia! Rideva dei suoi sentimenti e lei, come una sciocca, si sentiva come
morire. E sì che se l’era aspettato! Non se l’era
forse detto fino allo spasimo prendendo quella sciagurata decisione di andare
lì, ad umiliarsi? Certo, l’aveva detto ad Akane ed anche Nogata, su alla
terrazza del Furinkan, gliel’aveva pronosticato. Allora perché era così
stupita?
Perché l’essere umano non
può evitare di sperare, ecco perché. Persino lei con il suo cinismo c’era cascata come
una sciocca: aveva sperato. Il lato romantico che evidentemente anche in lei
esisteva aveva richiesto la sua parte ed ora eccola lì, gli occhi puntati sul
suo presunto amore che le rideva in faccia senza nemmeno tentare di nascondersi
più.
“Kuno…” mormorò lei, lo stupore nella voce. Stupore
per aver scoperto in sé quell'aspetto fragile e profondamente umano che più
volte era stato oggetto delle sue contrattazioni. Perché era quello che aveva fatto, in fin dei conti. Tanto
per dirne una, vendendo a caro prezzo le foto di sua sorella non aveva forse
venduto ai suoi spasimanti la speranza vana di poter sussurrare un giorno a lei
e non ad un pezzo di carta le loro frasi di amore
appassionato? Aveva dato a tutti loro delle false speranze, come quella che,
nonostante raziocinio e buon senso le dicessero di no,aveva
cullato in quel cuore ora messo alla berlina dalla risata sincera di Kuno.
La speranza battuta dall’amara verità. Oh, quanto avrebbe dovuto immaginarselo.
Ricominciò a tremare, non sapeva se per lo sdegno
che ora finalmente cominciava a provare o perché l’acqua presa le era giunta
alle ossa. Si scostò da lui e dalla sua arroganza di scatto, stringendo le
braccia attorno al corpo nel tentativo di proteggersi.
“Accidenti… Tendo, sei proprio
incredibile!” riuscì a dire finalmente Kuno, scostandosi il ciuffo che l’eccesso
di risa gli aveva fatto ricadere sulla fronte.
“Ridi di me?” gli domandò
ancora incredula, stupita del fatto che lui potesse impunemente trattarla in
quel modo. Beh, anche quello non era strano: lui non aveva mai avuto soggezione
di lei, no? Forse per questo aveva cominciato a provare qualcosa per lui,
qualcosa che adesso la portava a subire un’umiliazione così profonda. E pensare che non se lo sarebbe meritato!
“Sei così divertente! Mai e poi mai mi sarei
aspettato di vederti fare una cosa del genere! Non è da te,
Tendo! Se sei così preoccupata di
perdermi come cliente, allora lascia che ti rassicuri, mia cara: il fatto che
mi sposi, non significa che non potrò avvalermi dei tuoi preziosi servigi! Per
certe cose resti davvero insostituibile…”
“Non so chi sia quello più
stupido tra noi due, tu che stai per rovinare la tua vita a causa della
tempesta ormonale che perennemente ti si agita in corpo o io, venuta fin qui
sotto la pioggia per avere la conferma a qualcosa che in fondo sospettavo. Una
gran coppia di stupidi…” l’amarezza con cui mormorò quelle parole fu tale da
indurre Kuno a smettere di ridere definitivamente.
La osservò e per la prima volta parve guardarla con
attenzione “Tu… tu non stavi dicendo sul serio, vero Nabiki?”
“No, hai ragione, non ero seria. Ho provato ad
imbrogliarti, ma tu sei troppo furbo, temevo per i
miei affari, l’hai capito subito. A questo punto però non posso che augurarti
di sposarti il prima possibile, affinché tu abbia davvero ciò che ti meriti…
una bella vita d’inferno. Addio, Kuno.”
La guardò andar via, le sopracciglia curvate e le
labbra appena schiuse… Non poteva giurarlo, ma quello gli sembrò davvero un
addio. L’avrebbe certo rivista a scuola, per quanto poco avrebbe
frequentato il Furinkan, ma qualcosa nelle parole di Nabiki, forse il
suo tono o l’amarezza che le aveva sentito far tremare voce e sguardo, insomma
qualcosa gli diceva che era proprio un addio quello. E
strano a dirsi, gli fece male quasi quanto averlo dato ad Akane, la sua amata…
--- --- ---
Nabiki raccolse il suo ombrello da dove lo aveva
lasciato, vale a dire le mani di Sasuke che le sorrise con garbo “Vuole che chiami un taxi, signorina?”
“No, torno a piedi. Grazie, Sasuke.”
“Di nulla, signorina Tendo! Non ho fatto nulla, mi
creda, mentre non ho dimenticato le svariate gentilezze che ho sempre ricevuto
dalla sua famiglia! Se posso fare qualcosa…”
Nabiki abbassò il capo per un istante, poi quando lo rialzò, un leggero sorriso triste le alleggeriva
i tratti contratti del viso “Ogni tanto disubbidiscigli… insomma, fallo penare
un po’. Male non può fargli.”
“Oh, io non posso! Ma… ma ci penserò, signorina Tendo.”
“Bene… “