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Autore: Breed 107    02/08/2006    14 recensioni
Salve! Questa storia è il seguito di ''Qualcosa da desiderare'' e costituisce la seconda parte di una trilogia. Ora che Ranma ed Akane hanno confessato finalmente i propri sentimenti, nulla sembra impedir loro di essere felici... ma non è così.COMPLETA! "REVISIONATO" ANCHE ULTIMO CAPITOLO
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ranma Saotome
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ancora qualcosa da desiderare

Prima di cominciare mi è stato consigliato un piccolo riassunto per facilitare la lettura, visto che siamo agli sgoccioli è proprio il caso di un riepilogo.

Ranma ed Akane hanno finalmente confessato i propri sentimenti. Seppur con qualche incertezza dovuta all'inesperienza, la loro storia può finalmente cominciare, anche se i due sanno di doverla tenere nascosta, a partire proprio dalle rispettive famiglie.

Il peggio però non è passato nonostante la confessione reciproca, anzi, una prova durissima attende i due ragazzi quando, per salvare Akari da un incidente, Ryoga si trasforma in P-Chan davanti agli occhi attoniti di Akane. Sentitasi tradita, la ragazza affronta Ranma, accusandolo di averle taciuto la verità ed in seguito ad una lite lui abbandona il dojo, convinto di non ritornare sui propri passi a meno che l'orgogliosa fidanzata non vada a riprenderselo personalmente.

Le cose non vanno male solo per i due protagonisti; Ryoga, distrutto dal senso di colpa, vaga senza meta allontanandosi così anche da Akari che diventata amica di Ukyo, decide di restare a Nerima per aspettare il suo ritorno. Sarà proprio la giovane cuoca, nel cui cuore sta facendosi largo l'amara verità sulla scelta finale del suo Ranma, a salvare Akane da un attacco disperato di Shan-po che in seguito a questo si ritroverà probabilmente condannata all'esilio.

Grazie all'intervento di Akari, che in questa storia svolge un ruolo importante essendo lei la responsabile indiretta di molte svolte, Akane deciderà non solo di perdonare Ryoga, tornato nel frattempo a Nerima, ma chiederà a quest'ultimo di riportarle il fidanzato, impegno che l'eterno disperso porta a termine con l'aiuto di Konatsu, spedito alle sue calcagna da una preoccupata Ukyo.

Akane non è però l'unica in famiglia ad avere dei pensieri; anche la secondogenita Nabiki si trova ad affrontare una situazione che mette in pericolo i suoi preziosissimi affari: Kuno si è innamorato e stavolta la prescelta sembra ricambiare le sue focose attenzioni. Ma forse non è solo la perdita del suo cliente migliore a preoccupare la ragazza che si trova ad aver che fare con un ammiratore alquanto strano ed ambiguo, Toshio Nogata il quale per attirare la sua attenzione le aveva inviato delle lettere anonime. E' proprio da lui, verso il quale Nabiki prova dei sentimenti contrastanti, che viene a sapere dell'imminente matrimonio del Tuono Blu del Furinkan.

Ryoga intanto ha ritrovato Ranma e dopo uno scontro violentissimo tra i due quest'ultimo accetta di ritornare a casa, preoccupato per le condizioni di Akane. Quando finalmente i due fidanzati si ritrovano, entrambi decidono che è giunto il momento di metter fine alle incertezze e di chiarire in modo definitivo come stanno le cose con le altre aspiranti fidanzate, cominciando dalla più pericolosa di queste, Shan-po.

Ecco, più o meno questo è tutto fino ad ora. A riassumere non sono il massimo, chiedo perdono, spero di non avervi confuso di più le idee.

 

 

Capitolo diciottesimo

 

La porta scorrevole si richiuse con un tale tonfo che Ryoga, seduto al bancone, sobbalzò. Voltatosi verso l’origine del frastuono, non fu sorpreso di vedere Ukyo, cartella stretta in mano e volto corrucciato.

Il petto della ragazza si sollevava in respiri brevi e rapidi, a dimostrazione di quanto la collera le impedisse di respirare regolarmente; era davvero arrabbiata, pensò il ragazzo osservandola. Si domandò preoccupato se fosse ad un’adeguata distanza di sicurezza, perché la cuoca sembrava pronta a scagliarsi contro chiunque e purtroppo al momento lui era l’unico sulla sua traiettoria.

Decise accortamente di restare in silenzio, Akari gli aveva appena rimedicato le ferite, non sarebbe stato carino vanificare il suo amorevole lavoro…

Ukyo ignorò completamente Ryoga e dopo aver scagliato la cartella a terra, si avviò verso le scale con passo marziale per poi bloccarsi all’improvviso e tornare indietro, dirigendosi proprio verso il ragazzo che bloccato sullo sgabello, non poté far altro che deglutire e prepararsi al peggio.

“Tu! – Ukyo gli era praticamente addosso e gli appuntò un indice minaccioso nel petto – Sarà meglio che tu non abbia combinato pasticci con Akari stamani o ti uso davvero come ripieno!”

Non era arrabbiata, si corresse mentalmente Ryoga che avrebbe tanto voluto togliersi quella specie di punteruolo dal torace. Era furibonda; i suoi occhi chiari brillavano quasi ed i lineamenti di solito aggraziati erano come contratti, come se stesse compiendo chissà quale sforzo per non mettersi ad urlare. “Bentornata Ukyo, com’è stata la tua giornata?” mormorò nel tentativo di deviare il discorso: aveva il presentimento che quanto accaduto con Akari quella mattina non avrebbe incontrato il favore dell’amica.

“La mia giornata è stata uno schifo, grazie per l’interessamento! E prevedo solo dei peggioramenti, perché tra poco dovrò aprire questo maledetto ristorante e servire okonomiyaki fino a sfinirmi!”

Ryoga inarcò un sopracciglio: per quanto furiosa, Ukyo non aveva mai definito maledetto il proprio locale, né aveva avuto un tono così caustico nel riferirsi alle sue okonomiyaki. “Hai visto Ranma?” domandò, colto da un’intuizione.

Lei non rispose, sembrò quasi stupita che lui avesse indovinato il motivo della sua rabbia e quello in parte riuscì a calmarla. In fondo se proprio doveva parlare con qualcuno, Ryoga poteva essere proprio la persona adatta. Sbuffò e finalmente liberò il ragazzo dal dito puntatogli contro; si strinse nelle spalle e priva di tutta l’animosità che l’aveva condotta fino a casa, si lasciò cadere su uno sgabello accanto a lui. “Sì, mi stava aspettando poco distante da qui. Con Akane” aggiunse, convinta di vedere l’amico irrigidirsi nel sentire quel nome, ma al momento il ragazzo sembrava troppo impegnato a massaggiarsi il petto, come se gli facesse male… chissà, forse qualche ferita riaperta, pensò guardandolo appena.

“Volevano parlarmi.”

“Beh dovevi aspettartelo” commentò saggio lui, adagiando il volto tumefatto ad una mano per poterla osservare meglio. Ora che non era in gioco la propria incolumità fisica, era ben lieto di darle ascolto; dopotutto era anche merito di quell’energica ragazza se le cose con Akari si erano sistemate, o quasi. Dopo averle offerto una spalla su cui piangere, ora poteva tranquillamente prestarle orecchio per lo sfogo che certo prima o poi sarebbe giunto.

Ukyo aggrottò le fini sopracciglia e lo guardò “Che dovevo aspettarmi, scusa? Quella specie di parata che mi sono ritrovata davanti con Ranma che continuava a dirmi che non era sua intenzione ferirmi e altre banalità simili?” un po’ d’irritazione le ricolorò la voce, ma seppe tenerla a bada. Aveva davvero bisogno di parlare con qualcuno e non sarebbe stato carino prendere a spatolate l’unico che poteva capirla. Ryoga in un certo senso era nella sua stessa situazione, o meglio lo era stato. Lui si era rassegnato molto prima di quanto avesse fatto lei, ma comunque c’era passato, e poi sembrava ben lieto d’ascoltarla… o forse la sua era solo paura di lei, chissà.

“Preferivi che non venissero a parlarti e che facessero finta di niente? Andiamo, Ranma tiene davvero a te, per quanto sia uno smidollato e via dicendo.”

Ukyo alzò gli occhi al cielo con una smorfia “Se, se, ci tiene! Come amica, come fornitrice ufficiale di cibo decente possibilmente gratuito, ma non mi ha mai visto come probabile fidanzata… Gliel’ho chiesto, sai? Gli ho chiesto se mi avesse mai dato davvero una chance.”

Ryoga presentì quale fosse stata la risposta dall’espressione abbattuta della ragazza la quale, filosoficamente, si strinse nelle spalle “Per lo meno è stato sincero. Sai cosa mi fa impazzire? Il fatto che per lui non sono molto diversa da quando eravamo bambini… santi numi! All’epoca credeva che fossi un maschio, grazie che non poteva vedere altro in me! Che idiota!“

Se con quell’ultima offesa si stesse riferendo a se stessa o a Ranma l’eterno disperso non lo sapeva, sospettava che in realtà Ukyo alludesse ad entrambi, ma sorvolò “Cos’altro vi siete detti?”

“Uff, non molto. Quando mi sono fermata davanti a lui, quel cretino s’è inchinato e con una faccia seria che non gli avevo mai visto mi ha detto che se voglio riscattare il mio onore, una volta per tutte, lui è pronto ad accettarlo… Ma cosa crede? Che l’avrei preso a spatolate e via, tutto perdonato? Mi fa una rabbia! E poi, come se nulla fosse mi dice chiaro e tondo che è innamorato di Akane e che per quello non chiede scusa. Scusa! Come se potessi farmene qualcosa delle sue scuse!”

“Vuoi dire che non l’hai preso a spatolate?” chiese stupito Ryoga, beccandosi per quella domanda un’occhiataccia risentita da parte dell’amica.

“Certo che no! Gli ho detto che non sono tipo da ricorrere a vendette così rozze. E poi… la spatola è di sopra, l’ho lasciata qui, pur volendo…”

Ryoga non sapeva se fosse per l’espressione mogia da bambina o per il pentimento che avvertì nella sua voce per aver dimenticato a casa la sua arma quando più ne aveva avuto bisogno, ma sentì all’improvviso un gran bisogno di ridere. Cercò di trattenersi mordicchiandosi l’interno della guancia, ben conscio che scoppiare a riderle in faccia in un momento simile avrebbe potuto equivalere ad una condanna a morte, ma era davvero irresistibile. Insomma, la risoluta Ukyo, la decisa Ukyo che aveva spergiurato di asfaltare Ranma al pavimento con la sua portentosa spatola, l’aveva dimenticata a casa…

“Ne sarà stato sollevato” riuscì a dire con la poca serietà che poteva fingere e lei annuì con il capo, la lunga coda castana le si agitò sulle spalle.

“Altrochè! Però gli ho anche detto di tornare tra qualche giorno, appena le ferite si sono rimarginate. Non voglio che le mie botte si confondano con altre.”

Fu il colpo fatale alla serietà che con tanta fatica aveva tentato di mantenere. Era un proposito così… stupido! E con quanta sobrietà l’aveva pronunciato!

Era in momenti come quelli che Ryoga percepiva la realtà della cose: per quante divinità potessero affrontare, per quante situazioni assurde e paradossali vivessero, tutti loro restavano comunque degli adolescenti. Potevano avere tutti gli atteggiamenti da adulti che volevano, assumersi le responsabilità delle proprie azioni con tutta la convinzione del mondo, ma ciò non cambiava che erano dei diciassettenni alle prese con dei sentimenti così grandi da essere praticamente ingestibili in modo normale. O forse erano loro a non essere normali: maledizioni a parte, Ryoga non era così fuori dal mondo da sapere che le loro esistenze non erano quelle che la gente comune avrebbe definito ordinarie.

Scoppiò a ridere, non potendo far altro che battere i pugni sul bancone di fronte all’espressione perplessa di Ukyo che, mai come allora, gli era parsa giovane, irrimediabilmente giovane.

Lei lo guardò ridere incredula: aveva creduto che lui più di tutti potesse dimostrarsi comprensivo ed invece eccolo lì che sghignazzava alle sue spalle! Beh, tecnicamente le stava proprio ridendo in faccia, ma il senso era quello, il suino stava divertendosi a sue spese…

“Si può sapere che hai da ridere?” gli domandò piccata e ci volle un po’ prima che lui trovasse abbastanza fiato per risponderle.

“E’… è la cosa più… più idiota che abbia mai sentito!”

“Ehi!”

“No, sul serio! Credo che solo quando quel Taro si scelse quell’obbrobrio di nome di Mozzafiato, io abbia sentito cosa più assurda! Insomma, gli hai detto di ripresentarsi solo per conciarlo per le feste!”

Era così stupido che non ebbe nemmeno voglia di picchiarlo. Era offesa, però Ukyo non poteva negare che ci fosse del risibile nel proprio proposito. A ripensarci doveva essere stata una scena ben ridicola con lei che, mani sui fianchi, ordinava a Ranma di farsi vedere solo per esser malmenato. E quell’imbecille che aveva accettato con entusiasmo, convinto così di poter tornare ad esser amici. Mai visto uno più contento di farsi prendere a spatolate!

Doveva pensare a qualcos’altro o sarebbe scoppiata a ridere anche lei e non ci avrebbe fatto una gran bella figura, giacché stavano parlando delle proprie di disgrazie.

“Non mi chiedi che cosa ci siamo dette con Akane?” domandò certa di riuscire a farlo smettere di ridere ed infatti ebbe successo: Ryoga smise di sganasciarsi per guardarla, solo un’ombra di sorriso sulle labbra.

“Le hai chiesto di presentarsi quando le sarà guarito il braccio?”

“Avevo un comico sotto il mio tetto e non lo sapevo! No, cretino… non l’ho salvata da Shan-po per poi spezzarle io l’altro braccio. Akane mi ha chiesto di provare ad essere amiche, dice che capisce se io non la vedo in questa veste e che le dispiace. Naturalmente anche lei non chiede scusa per essersi innamorata di Ranma, ma mi ha detto di essere dispiaciuta se questo ha fatto sì che io ci soffrissi… Non c'è che dire, un bel discorsetto sentito. Scommetto che se l’era preparato da tanto”

“Akane non è un'ipocrita, se ti ha detto che…”

“Guarda che non le devi fare da avvocato difensore, P-Chan! La conosco Akane, sai? So che non è una ragazza perfida. Mi fa rabbia, ma credo che sia adatta a Ranma… Non quanto me, questo è ovvio.”

“Sì, ovvio.”

Ukyo fissò il ragazzo con occhi appena socchiusi, in una chiara espressione minacciosa, segno che un’altra manifestazione di ironia e/o sarcasmo da parte sua sarebbe stata duramente punita. Ryoga capì l’antifona e fece sparire gli ultimi residui di sorrisetto che ancora aveva stampati in faccia e tornò completamente serio.

Soddisfatta, la cuoca continuò “Dicevo… che per lo meno lei è preferibile a Kodachi Kuno o a Shan-po. Penso che l’avrei ucciso se si fosse messo con una di loro e sotto sotto credo che anche Akane pensi lo stesso di me.”

“Oh, su questo non mi illuderei troppo: Akane lo avrebbe ucciso anche se avesse scelto te! Ha un certo temperamento…”

“Già, il maschiaccio di Nerima non si smentisce mai.”

Ryoga inspirò, scoprendo che teneva davvero a conoscere la risposta alla sua prossima domanda “Cosa farai con lei?”

Non sapeva con esattezza il perché, ma avrebbe desiderato tanto che le due ragazze diventassero amiche. E non perché a quel punto le considerava a loro volta amiche sue e di Akari, ma lo desiderava proprio per il loro bene. Desiderava tanto che quelle due avessero il meglio dalla vita: certo, avevano avuto il cattivo gusto di innamorarsi di Ranma, ma per il resto ognuna meritava di essere amica dell’altra poiché nel loro personalissimo modo erano entrambe straordinarie.

“Le ho detto che non voglio vederla, per il momento, almeno. Non ce la faccio ora… Non riuscirei a dimenticare che Ranma mi ha scartata, avendola davanti. Dovrò sopportarlo già a scuola e non voglio star più male del dovuto – notò lo sguardo accigliato dell’altro e sbuffò allargando le braccia – lo so che per te è sbagliato, ma io non sono perfetta come la tua Akane! Non sono perfetta, ok? Credi di riuscire a sopravvivere a questa realtà o preferisci continuare a guardarmi con questa faccia spaventosa?”

“Oh, grazie, la mia faccia ti ringrazia sentitamente!”

“Non intendevo… oh, ma insomma, quanto sei permaloso! E poi obbiettivamente, guarda che oggi non sei carino come al solito, sai?”

Ryoga inarcò un sopracciglio, stupito “Perché, di solito pensi che sia carino?”

“A proposito di facce spaventose! Sei stato tu a ridurre Ranma in quel modo? Complimenti!” doveva aver preso lezioni da Nabiki Tendo nell’arte di cambiare discorso, evidentemente…

“Il merito non è tutto mio. Ha avuto un incidente con un albero.”

Ukyo batté le palpebre, stavolta era lei ad esser stupita “Un albero? Gli è caduto addosso un albero?”

“Di preciso non so, ma credo sia più esatto il contrario. - notò la sua espressione sempre più stupefatta e si strinse nelle spalle – E’ Ranma, dopotutto.”

“Sì, anche questo è vero… Dov’è Akari?” la cuoca si guardò intorno, ma il locale era decisamente vuoto e non avvertiva rumori provenire dal retro.

“Di sopra, sta risistemando la casetta dei medicinali. Mi ha dato una risistemata alle medicazioni.”

“Oh, che ragazza premurosa, non è vero? – il tono improvvisamente zuccheroso non piacque per nulla a Ryoga che, di nuovo nervoso, si appiattì contro la parete alle sue spalle prevedendo quale sarebbe stata la domanda successiva – Hai avuto modo di chiarirti con lei, stamani?”

“Beh, ecco, a dire il vero sì… abbiamo deciso che… che… Non arrabbiarti, ok? Ora ti spiego…” il sopracciglio di Ukyo scattò nervoso verso l’alto: non c’era da aspettarsi nulla di buono da un simile preambolo.

Cinque minuti dopo difatti un urlo che poco aveva d'umano irruppe nel piccolo locale, udibile a metri di distanza, tanto da spaventare degli ignari passanti.

“COSA HAI FATTO?! CHI DIAVOLO CREDI DI ESSERE PER CHIEDERLE DI ASPETTARTI, RAZZA DI IDIOTA!”

All’urlo seguirono alcuni tentativi flebili di protesta, smorzati poi da un tonfo, come quello di un corpo che cadeva pesantemente al suolo da una certa altezza, più o meno quella di uno sgabello …

 

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Nabiki sbuffò, sentendo affievolirsi il peso che sembrava portare con sé dal mattino. Le opprimeva il petto tanto che le sembrava quasi difficoltoso respirare. Solo sospirando sembrava che il peso diminuisse, che fenomeno bizzarro… Ed era il secondo della giornata, a ben vedere, se anche questa anomalia del respiro non era nulla in confronto a quanto accaduto sulla terrazza del liceo Furinkan!

La ragazza fece una smorfia, persino il ricordo le dava la nausea, forse perché era ancora così dannatamente vivido nella sua mente. Con un movimento meccanico scostò una ciocca dei capelli e la portò dietro ad un orecchio. Immancabilmente quel semplice gesto le riportò alla mente qualcos’altro che non avrebbe voluto: Nogata. Di tante persone, perché proprio lui? Perché?

Un altro sospiro, l’ennesimo, stavolta però non fu seguito dall’inspiegabile effetto benefico dei precedenti, anzi il fardello in petto sembrò aver raddoppiato il peso. Ah, doveva riprendersi e in fretta! Ora che i suoi affari erano in pericolo più che mai, non poteva permettersi sbavature sentimentali ed emotive, se n’era concesse pure troppe negli ultimi tempi!

Alzò lo sguardo mentre attraversava distratta il grande portone del dojo: per fortuna era a casa. Era forse infantile pensarlo, ma quelle mura, così caotiche e mai davvero sicure con tutti gli individui folli che sovente vi circolavano, erano comunque un porto franco, un luogo dove rilassarsi ed essere finalmente se stessi. Il che era assurdo se si pensava che Nabiki Tendo era sempre se stessa, ovunque! Chissà se esisteva al mondo qualcuno che ancora s’illudeva che il suo freddo attaccamento al denaro fosse solo una maschera, per celare un cuore in verità timido e sensibile.

Che sciocchezza! Lei era lei, nel bene, ma soprattutto nel male. Il vero terrore del Furinkan, la donna di ghiaccio… Forse a qualcun altro non sarebbe piaciuto definirsi tale, ma a lei non spiaceva. E poi non poteva cambiare ciò che era, pur volendolo. Ma stava divagando, non era sulla propria natura che Nabiki Tendo poteva attardarsi a riflettere. Aveva qualcos’altro che per il momento richiedeva tutta la sua attenzione. “Sono tornata!”

Il sorriso dolce di Kasumi fu la prima cosa che la accolse, scaldandole un po’ il petto “Nabiki, sei già a casa? – la sorella maggiore le era andata in contro, le mani affondate nel grembiule e la voce soave come sempre – Credevo andassi a giocare a tennis con le tue amiche.”

“Non mi andava granché. Ci sono novità? I due piccioncini?”

Kasumi scosse il capo “Non saprei, anche loro sono stati via quasi tutta la mattinata. Sono tornati da poco… Ranma è in palestra, mentre Akane è seduta in veranda, vuoi raggiungerla?”

Strano, ma fino a quando Kasumi non gliel’aveva proposto, Nabiki non aveva avuto alcuna voglia di vedere Akane, o qualsiasi altro essere respirante se per quello, ma ora che ci pensava forse non era una cattiva idea. Starsene seduta in veranda con Akane, raccontandole il tutto forse poteva essere utile. Non avrebbe mai considerato sua sorella minore, Miss Irruenza, la consigliera ideale, ma dal momento che non poteva pretendere altro… e poi, all’occasione persino lei sembrava esser fornita di due orecchie e della capacità di concentrazione necessaria ad ascoltarla. “Mmm, perché no?”

Akane era seduta proprio sul limitare del patio, le gambe lasciate libere di penzolare nel vuoto in modo che i piedi scalzi carezzassero l’erba umida e croccante della sera. Era gradevole e la riportava tremendamente indietro con la memoria, fin a quandoera bambina e le piaceva sentire quel lieve pizzicore. Forse perché era sempre stata così piena d’energie e starsene ferma non faceva per lei, ma bastava che una parte del corpo fosse in movimento per rilassarsi. Certo, lasciarsi fare il solletico ai piedi dall’erba non era come prendere a calci assurdi fantocci con le fattezze del proprio fidanzato, ma era meglio che niente.

Nabiki le si avvicinò in silenzio, richiamandola poi quando le fu quasi alle spalle. Fu colpita dall’espressione tirata che vide sul volto minuto della sorella. Era pallida, ma il suo pallore sembrava dovuto ad una sorta di stanchezza intima, non fisica; anche la piega amara delle labbra e la sua postura leggermente ricurva su se stessa trasmettevano quell’idea di profonda spossatezza.

Il bianco del gesso spiccava fortemente nella penombra serale, attirando l'attenzione su quella ferita.

“Brutta giornata?” le domandò, curiosa.

“Poteva andare meglio… o peggio, non so. Diciamo che è stata una giornata fuori del comune.”

“Capito. Come sono andati gli incontri con le fidanzate? Ho sentito che Ranma è sopravvissuto, questo di sicuro è un fatto positivo ed inaspettato.”

Akane provò a sorridere mentre Nabiki le sedeva accanto, ma vi rinunciò presto “Già, un fatto positivo. E’ strano sai, Nabiki? Credevo che una volta arrivati a questo punto, non avrei avuto motivi di sentirmi infelice. Cioè, Ranma mi vuole bene – non poteva proprio impedirsi di arrossire a quel punto – abbiamo chiarito tutto o quasi con le altre, i nostri genitori hanno promesso di non organizzarci un matrimonio al giorno fino a quando non gli daremo noi il nostro benestare…”

“Di questo devi ringraziare anche la tua dolce suocera e la signora katana che porta con sé” la interruppe la ragazza più grande, ottenendo stavolta un sorriso più convinto da parte della minore che annuì, scuotendo il capo bruno.

“Già, vero. Insomma, tutto dovrebbe essere perfetto, no? Come l’avevo sempre sognato ed invece devo dire che ora come ora vorrei solo buttarmi su un letto e dormire fino al prossimo anno.”

“Oh, deve essere stata proprio dura.”

“Sì, soprattutto con Ukyo: non è stata comprensiva come speravo, non con me comunque, però forse dovevo aspettarmelo” sospirò e tornò a far andare i piedi, fermi da quando aveva iniziato a parlare con sua sorella.

Nabiki accavallò le gambe lasciate scoperte dal corto pantaloncino che insieme con una t-shirt avevano sostituito la divisa scolastica e prese a scrutare un punto indefinito davanti a sé. Era ancora incerta su come impostare il discorso, su come potersi confidare con Akane senza darle l’impressione che lo stesse facendo. Cavoli, era sempre Nabiki, lei! La sua reputazione aveva subito già qualche smacco bello grosso, non aveva bisogno di altri, no grazie.

Osservò la ragazza più giovane con la coda dell'occhio e poi si schiarì la voce, casualmente “Forse ho io una notizia che ti tirerà su il morale, sorellina.”

“Davvero? Ne dubito… e comunque non ho soldi da darti, al momento.”

“Questa è gratis, non temere. Non è il caso di fare quella faccia stupita, sai? E' solo che è una notizia così enorme che presto o tardi ne verrai comunque a conoscenza. Diciamo che il mio pagamento consisterà nel bearmi della tua espressione.”

Akane era scettica, anche se non come prima. Se sua sorella le avesse detto di volerle dare una buona notizia in cambio di niente fino a qualche giorno prima non le avrebbe creduto, ma dopo quella notte passata a chiacchierare parte della diffidenza che aveva imparato a nutrire per quella creatura calcolatrice fino allo spasimo era un po’ scemata.

“Allora, qual è questa notizia? Happosai verrà arrestato ed internato per molestie e ruberie continue?”

“Oh, non esagerare adesso! Se fosse quella, la novità, sentiresti cori entusiasti per il quartiere alternarsi a fuochi d’artificio di grande intensità! No, no, niente di così meraviglioso… Kuno si sposa.”

Aveva avuto ragione: l’espressione d'Akane fu davvero impagabile. Se avesse sgranato gli occhi un po’ di più probabile che le sarebbero caduti in grembo, mentre anche la bocca sembrava fare del suo meglio per spalancarsi e mostrare così il suo sbalordimento.

“Kuno… si sposa?! Non è possibile! Non ci credo!”

Nabiki sorrise, nonostante tutto. Chissà perché lei invece ci aveva creduto subito? Forse perché al contrario di sua sorella, quella per lei non era stata esattamente una bella notizia. “Invece sì. Si sposerà con la sua ospite americana, quindi abbiamo anche scoperto il perché di quell’addio tanto plateale.”

“E’… è incredibile! Meraviglioso, ma incredibile! Chi è la sposa? Una folle, per caso o una vittima di qualche droga di Kodachi?!”

“Potrebbe essere. Sapevo che ne saresti stata felice.”

“E’ logico! E’ un incubo che finisce definitivamente! – Akane serrò i pugni e per un attimo richiuse gli occhi, godendo l’euforia del momento – Non vedo l’ora di raccontarlo a Ranma, impazzirà quando lo saprà!”

“Più che probabile…”

“Ma… ma tu non sembri così folle di felicità, perché?”

Nabiki la guardò seria: era il momento cruciale quello. Il momento di scegliere tra la comoda menzogna e la scomoda verità. Di solito avrebbe scelto la prima ad occhi chiusi e cuor leggero, ma non poteva far affidamento sul secondo dei due aspetti, non quella sera. Abbassò lo sguardo e, tentando almeno di apparire tranquilla rispose alla difficile domanda d’Akane.

“Lui mi piace.”

Il silenzio attonito che seguì l’incredibile rivelazione fu un tangibile segno di quanto fosse sconvolgente la verità che aveva finalmente tirato fuori. Dopo i primi istanti di silenzio assoluto, si fece coraggio e si volse verso sua sorella convinta di ritrovarla di nuovo ad occhi e bocca spalancati, ma si sbagliava. L’espressione dell’ultimogenita dei Tendo non era stupita, piuttosto triste. Compassionevole, avrebbe azzardato Nabiki osservando lo sguardo luminoso di lei. Bene, quindi non era nemmeno una gran rivelazione! Un disastro completo! Se Akane che più di altri conosceva com’era fatto quel buffone di Kuno non trovava per lo meno incredibile che sua sorella, la furba, la brillante e via discorrendo, trovasse qualcosa di piacevole in lui, allora c’era proprio da biasimarsi!

“Non dirmi anche tu che lo sapevi!”

“No, ma un po’ lo sospettavo. Che significa anche tu? Chi altro l’aveva capito?”

“Nessuno, non è di questo che voglio parlare, anzi non voglio parlare nemmeno di Kuno e del fatto che nonostante sia un essere che definire pensante costituisce un’offesa a tutto il genere umano, io provi una sorta d’attrazione per lui… E’ offensivo sai?”

Akane le poggiò una mano su una spalla, a testimonianza della vicinanza che ora si era fatta più palpabile che mai tra loro. Fino a qualche tempo prima probabilmente avrebbe usato le stesse parole per il suo amore per Ranma… “Che intendi fare?” a quella ovvia domanda, Nabiki ancor più ovviamente roteò gli occhi.

“Esiste un manuale da studiare in casi del genere? Fate le stesse domande! Le avete concordate per caso o c’è qualcuno che lo fa per mestiere, per poi farle circolare all’occasione? Che significa che intendo fare? Nulla di nulla, che poi guarda caso è tutto quello che posso fare!”

“Non ho capito di che parli, ma forse ti sbagli…”

Nabiki si alzò in piedi e la zittì, sollevando una mano “No, aspetta, che qui si va nel ridicolo! Ti ha chiamato, vero? Ti ha detto di dirmi quello che mi ha già detto lui, eh?”

La fronte d’Akane si aggrottò tanto da far unire le due sopracciglia “Eh? Ma di che stai parlando?”

“Di Toshio Nogata! Mi ha fatto le tue stesse inutili domande… e quasi nello stesso ordine, devo dire. Accidenti, non lo facevo un tipo così banale da rifilarmi le tue stesse identiche insulsaggini.”

“Nabiki, sei sicura di star bene, non è che la notizia ti ha sconvolto più di quel che pensi? Che c’entra Nogata in tutta questa storia del fidanzamento di Kuno e soprattutto che c’entra con te?”

La ragazza sospirò e allargò le braccia, meno agitata, ma non meno afflitta “E’ stato lui a dirmi del matrimonio, in primo luogo. E ci puoi giurare che nonostante l’aria seria e contrita da bravo ragazzo, sotto sotto se l’è goduta un mondo! Gli ho dato anche la possibilità di atteggiarsi a cavaliere, sai? Avresti dovuto vederlo, offrirmi il suo candido e costoso fazzoletto affinché potessi piangerci dentro… Probabilmente se l’è portato apposta, ci scommetto. Qualcuno dovrebbe dirgli che esistono i Kleenex… Non che ne avessi bisogno, sia chiaro: non ho pianto, no. Nemmeno una lacrima, del resto piangere per Kuno, no dico… al massimo mi sono sentita per un brevissimo, infinitesimo, ridicolo momento persa e sì, forse qualche lacrima mi ha inumidito gli occhi, ma non tanto da giustificare quella scena degna di un manga con lui pronto ad offrirmi il suo costoso fazzoletto di seta, che dopo mi sarebbe toccato portare in lavanderia.”

Era lo spettacolo più inconcepibile che Akane avesse mai visto. Più assurdo di un ragazzo che diventa ragazza, più assurdo di una pluricentenaria che cammina saltellando su un bastone, persino più incredibile di uno spirito di gatto alla ricerca disperata di una moglie, persino più inverosimile di una sfida tra majorette, delle quali una era il suddetto ragazzo che diventa una ragazza… Insomma, nulla o quasi di quello che Akane aveva visto nell’ultimo anno e mezzo poteva competere con la scena di sua sorella che dava i numeri.

Aveva confessato che le piaceva Kuno e nel giro di pochi istanti straparlava di questo Nogata… e poi, ora che ci pensava, c’erano state alcune avvisaglie nei giorni precedenti. La sua aria a volte distratta, le sue domande sull’amore… “Ti sei innamorata di Nogata, Nabiki?”

Non sapeva cosa gliel’avesse fatto pensare, ma bastò quella sola, stupita domanda per zittire lo sproloquio di sua sorella maggiore. Restò a guardarla, l’espressione di chi non ha ben compreso il senso di quanto detto, però fu questione di poco perché dopotutto Nabiki era sempre Nabiki. Il volto parve quasi ricomporsi e l’espressione tornò a farsi sobria, quasi indifferente nonostante si stesse parlando della sua parte più intima e meno esposta, il cuore.

“Non lo so. Mi piace Kuno e non so il perché… mi piace anche Nogata, ma in questo caso so perfettamente cosa mi piace di lui. Non so chi dei due sia più importante per me, non riesco a stabilirlo. Non so, forse non è normale che piacciano due persone completamente diverse tra loro, ma è quello che sta capitando a me e per una volta sarei persino disposta a pagare per capire cosa fare.”

“Non è poi così strano, sai? Probabilmente sei troppo avida anche per quel che riguarda i ragazzi: uno solo non ti basta” fu lieta di vederla sorridere senza malizia per una volta.

Con un ennesimo sospiro, Nabiki tornò a sederle accanto e come contagiata cominciò a far dondolare i piedi, in modo che carezzassero l’erba “Ho pensato che agirò un passo alla volta, come in ogni buon piano che si rispetti. Per prima cosa, devo decidere che fare con Kuno… Nogata dice che dovrei confessargli i miei sentimenti.”

“Molto nobile da parte sua!”

“Non direi, visto che subito dopo si è detto convinto del fatto che Kuno mi riderà in faccia. E' sicuro che solo dopo un rifiuto clamoroso, io mi arrenda e mi lasci finalmente corteggiare da lui interrompendo ogni resistenza, che faccia tosta!”

“In effetti… e tu che vuoi fare? Parlerai con Kuno prima che sia troppo tardi?”

Le gambe di Nabiki si fermarono e lei rimase pensierosa per un momento, poi sorrise “Per farmi davvero ridere in faccia? Non lo so… Mi fa rabbia sapermi così incerta: Akane, io non faccio mai nulla per nulla, lo sai. Do soltanto se so di ricevere e in misura maggiore. Perché mai dovrei espormi per non avere che umiliazione? Non è economico, non è capitalistico.”

“Ma è così l’amore. Senti, pensaci su, non che muoia dalla voglia di ritrovarmi Kuno come cognato, ma in fin dei conti non puoi sapere cosa ti dirà: per quanto sciocco non potrà negare il fatto che siete legati, non fosse altro per le cose che avete passato insieme.”

“Ci penserò, ma sono più che sicura che non farò mai una sciocchezza del genere, se non altro per non dare una soddisfazione a quel demonio travestito da miliardario fascinoso!”

 

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A passi svelti il giovane autista si avviò verso il salone, come gli era stato richiesto. Gettò un’occhiata ad uno dei grandi orologi che punteggiavano il corridoio anche quello, come altri, pregiata opera di artigiani europei. Il padrone amava molto collezionare quelle preziose macchine, più antiche erano, meglio era. Non v’era ritorno da viaggio in Europa che non prevedesse l’arrivo di un nuovo orologio ad arricchire la collezione.

Ma non era per amore dell’arte che il ragazzo aveva sbirciato verso il quadrante della parigina sulla quale un tritone dava bella mostra di sé con tanto di tridente; aveva controllato l’ora ed aveva constatato che in effetti era un orario inconsueto per essere chiamato in servizio.

Arrivò alla porta del salone principale della villa e dopo aver risistemato la giacca della divisa scura che indossava bussò, entrando appena gli fu dato il permesso. Il signorino era in piedi davanti alla finestra, lo sguardo rivolto al cielo nuvoloso. Teneva le mani incrociate dietro la schiena e sembrava rilassato mentre lo aspettava. Si volse a guardarlo un istante, prima di tornare a guardare fuori dove presto sarebbe certo scoppiato un temporale.

“Il signorino mi ha cercato?” chiese un po’ titubante. Era la prima volta che il ragazzo lo chiamava, di solito era il padre a servirsi di lui, infatti in quei giorni in cui il padrone era in viaggio d’affari non aveva lavorato granché dal momento che lo stesso signorino non voleva essere accompagnato alla nuova scuola con l’auto.

“Sì, grazie per essere arrivato così presto. Hai già cenato, vero?”

“Sì, signorino. Ho terminato pochi minuti prima che mi cercasse. Posso esserle utile?”

“So che è insolito per quest’ora, ma vorrei uscire, prepareresti l’auto… diciamo tra dieci minuti?”

L’autista s’inchinò nonostante Toshio non potesse vederlo, dato che la sua attenzione era ancora rivolta alle nubi cariche di pioggia “Certo signore, non è un problema. C’è un posto in particolare dove vuole essere portato, signore?”

“Sì, in verità sì. Alla dimora dei Kuno, però ad essere sincero non ho la più pallida idea di quando potremo ritornare; inoltre, questa uscita potrebbe essere anche inutile. Chissà, magari mi sbaglio, chi può dirlo?”

“Ehm… certo, signore. La macchina sarà pronta tra dieci minuti. Mi scusi.”

 

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Nabiki strinse l’impugnatura dell’ombrello, cercando di bloccare quel lieve e fastidioso tremito che le rendeva insicura la presa. Da quanto tempo fosse impalata lì fuori, non sapeva proprio dirlo: era come se il tempo si fosse paralizzato, bloccato in quell’istante eterno… 'Nel quale sto per fare la più grande stupidaggine della mia vita. Che ci faccio qui?'

Casa Kuno si ergeva davanti a lei con tutta la sua maestosa tetraggine, resa ancora più lugubre dal temporale che si era scatenato su Nerima da meno di un’ora. Sembrava che il cielo volesse scaricarle addosso tutta la pioggia che aveva in serbo, una specie di avvertimento, un monito a non continuare con quell’assurdo proponimento e di ritornare sui propri passi. Stretta nel suo giubbotto leggero, i capelli ormai già attaccati al viso per il forte vento che la sferzava con violenza, non riusciva a staccare lo sguardo dal portone in legno che le sbarrava la strada. Un paio di volte aveva sollevato una mano tremante per suonare il campanello, ma vi aveva rinunciato.

Era tutta colpa delle chiacchiere di Akane se ora si trovava lì, sotto a quel nubifragio! Lei e la sua teoria del segui il tuo cuore! E anche di quell’altro, Nogata, lui e il suo sorrisino che sembrava sfidarla. Accidenti…

In verità a spingerla lì quella sera era stato il suo spirito da affarista. La sua anima faccendiera non si sarebbe arresa con tanta facilità e le avrebbe dato il tormento, a vita probabilmente. Così eccola lì, sotto la pioggia, pronta a ricevere il più solenne rifiuto della storia solo per la soddisfazione di non ritrovarsi un giorno a chiedersi e se

Fragilina come motivazione.

Inspirò a fondo, mentre l’ennesima folata di vento la percuoteva. Adesso o mai più, adesso o mai più, adesso o mai… non aveva nemmeno finito quel personale mantra che vide la sua mano sollevarsi come per volontà propria e stavolta premere il pulsante del campanello, incuneato tra le fauci di un leone bronzeo alquanto kitsch.

Per lunghi istanti non accadde nulla, tanto che Nabiki cominciò a sperare che la casa fosse vuota, ma il tempo di tirare un sospiro di sollievo che il portone si schiuse piano con un cigolio degno di un film del terrore, in perfetto accordo con la notte da lupi che si stava scatenando. ‘Bene. Dieci minuti e sarò fuori di qui, 15 al massimo… ce la puoi fare, dopotutto sei Nabiki Tendo, no?’

Il volto buffo di Sasuke apparve tra le pesanti ante appena schiuse e, socchiudendo i piccoli occhietti per ripararsi dalla pioggia battente, la osservò “Signorina Tendo?”

“Sì, proprio io. Mi fai entrare o devo affogare qua fuori?”

“Oh, certo, certo! Ero solo stupito di vederla, signorina Tendo! Prego!”

Ci volle un po’ perché i due attraversassero il cortile cercando di evitare le pozzanghere, cosa che a Nabiki non riuscì del tutto, visto che quando si ritrovò nello spazioso ingresso le sue gambe esili erano completamente schizzate di fango. Fu un sollievo liberarsi delle proprie scarpe completamente fradice ed indossare quelle soffici e asciutte pantofole per gli ospiti che facevano bella mostra nella scarpiera.

“Ha scelto una brutta serata per venire a trovarci, signorina” asserì il giardiniere tuttofare dei Kuno, osservandola curioso.

“Ovvio… Senti, il tuo padroncino è in casa?” chiese diretta, dopo avergli messo in mano l’ombrello grondante.

“Sì, il signorino è nella sua camera con la fidanzata… ehm, cioè, la signorina Angel” Sasuke si corresse, arrossendo un po’ quando notò lo sguardo per nulla stupito della ragazza.

“Senti, credi di potergli dire che vorrei vederlo da solo, senza la fidanzata alle calcagna?”

“Oh sì, certo, certo!”

“Lo aspetterò nel salottino dell’altra volta. Non disturbarti, conosco la strada.”

Sasuke osservò la bella ragazza allontanarsi con piglio deciso, per nulla intimorita dall’enormità della casa e dalle trappole che pur sapeva essere sparpagliate in giro. Eppure, non poteva giurarlo, ma qualcosa in lei era diverso dal solito, nonostante l’aria sicura di sempre… Forse quel leggero tremito, ma chissà, quello poteva imputarsi alla pioggia che l’aveva bagnata.

Senza perdere altro tempo il fedele servitore sgattaiolò verso la camera del suo padroncino, sperando di non disturbarlo troppo altrimenti, scusabile o no, temporale o meno, avrebbe pagatoquell’affronto dormendo all’aperto. Vita difficile la sua…

 

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La stanza era bella proprio come la ricordava, con quel giallo chiaro dominante e l’arredamento all’europea di buon gusto. Nabiki fece qualche passo oltre la soglia e si guardò intorno, ora più nervosa che mai. Quasi per caso, i suoi occhi inciamparono nella propria immagine riflessa in un grande specchio che l’altra volta non aveva notato; gemette di fastidio alla sola vista: stava per fare la più grande idiozia della sua vita, per di più in uno stato orribile!

Tentò di risistemare il corto caschetto, lisciando le ciocche bagnate dei capelli nello sforzo di restituire loro un aspetto decente, ma quelle parevano non volerne sapere restando ribelli ed immobili, sparate in ogni direzione possibile. Gli occhi inquieti della ragazza vagabondarono per il riflesso del proprio volto e non fu stupita di vederlo accesso, soprattutto alle guance; si asciugò con quel poco che restava d’asciutto del giubbotto e dopo un ultimo sguardo critico ed insoddisfatto, decise di lasciar perdere.

Si allontanò dallo specchio per avvicinarsi ad una delle due finestre del salottino e, con il nervosismo incrementato dall’attesa, volse gli occhi all'insù, al cielo plumbeo. Perché quel cretino ci metteva tanto? Seppure la stanza fosse stata dall’altra parte della dimora non avrebbe dovuto metterci tanto a raggiungerla… In realtà sapeva che erano trascorsi soli pochi minuti dal suo arrivo, ma ogni secondo le sembrava eterno. Si poggiò entrambe le mani sul ventre che sentiva contratto e si ordinò di respirare a fondo: dopotutto anche quello che stava provando era un’esperienza, per lei nuova, ma a ben vedersi null’affatto eccezionale. Poteva farcela… presto sarebbe finito tutto… e lei avrebbe finalmente compreso.

C’era un altro motivo per cui era lì, un perché che forse era il più importante di tutti, più importante del non avere rimorsi un domani: Nabiki Tendo voleva capire cos’era veramente l’amore. Era forse sciocco cercarlo lì, da un ragazzo che in verità non stimava? Ma dove altro avrebbe potuto trovarlo, altrimenti? Non si diceva che l’amore fosse cieco? Bene, lei era lì per capire, per capire quanto in verità lo fosse. Che Kuno le piacesse e che fossein qualche modo legata a lui era ormai chiaro, ma quel legame era così forte da superare un rifiuto?

Quando Nabiki pensava all’amore, la prima cosa a cui pensava era l’abnegazione di suo padre per la propria madre, morta ormai anni prima; un amore così forte che aveva retto al tempo e alla perdita: il più grande degli esempi. Il proprio, se si poteva definire amore ciò che provava per Kuno, avrebbe resistito ad una prova molto meno ardua?

Inoltre, se di vero amore si trattava, non avrebbe dovuto esser questo sentimento esclusivo e totale? Amore non era forse devozione? Allora perché pur volendo non riusciva a dimenticare gli occhi di un altro ragazzo? Persino ora, in attesa di aprire il suo cuore a Kuno, non faceva che pensare a Toshio… Tutto ciò era così caotico!

Avvertì il rumore della porta che tornava ad aprirsi, ma non si volse subito. Trasseun altro profondo respiro prima di avere la certezza di poterlo fare, di poter affrontarlo. Tatewaki era poco distante da lei, l’espressione sorpresa di chi non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsela davanti, per lo meno non a quell’ora e con quel tempo da cani; c’era da capirlo.

“Nabiki Tendo… la tua visita è alquanto inaspettata” furono infatti le sue prime parole alle quali lei sorrise con ritrovata scioltezza. C’era qualcosa in lui che la faceva istintivamente ritornar se stessa. Bastò guardarlo perché il nervosismo, pur non sparendo del tutto, si attenuò fino a permetterle di parlare con voce controllata e tranquilla.

“Sì, immagino che lo sia. Nemmeno io credevo di potermi presentare qui, a casa tua, per parlarti di certe cose per giunta. Come sta la tua fidanzata?”

Kuno batté le palpebre, ancora più sorpreso, poi un sorriso presuntuoso gli stese le labbra “Non dovrei stupirmi che tu l’abbia scoperto. La mia futura sposa sta bene, ma ti conosco abbastanza per sapere che non sei qui per accertati della sua salute, Nabiki Tendo.”

“Infatti. Però magari potrei accertarmi della tua… Sicuro di star bene?”

Stavolta oltre che confuso, Kuno sembrò perplesso per quella domanda. Si strinse nelle spalle ed avanzò di qualche passo, affondando poi le mani nei pantaloni che indossava… Era proprio strano senza la sua uniforme da kendo, pensò Nabiki osservandolo di sfuggita.

“Mai stato meglio. Del resto sono felice.”

“Lo sei sul serio?”

“Tendo, perché tutte queste domande? Comincio a sospettare che t’importi di me!” forse era un tentativo di ironia, ma Nabiki non rise, né rispose, non subito almeno. Si separò dalla finestra e gli si avvicinò fino a trovarsi di fronte a lui. Alzò gli occhi fino ad incontrare i suoi, grigi e cupi come il cielo che aveva osservato di fuori e si leccò le labbra, un po' troppo aride per i propri gusti.

“Perché ti sposi con quella ragazza?” gli domandò seria e lui batté le palpebre, come se non si fosse aspettato per nulla una simile domanda.

“Perché la amo, per quale altro motivo?”

“Kuno, ti ho sentito dire ti amo a fin troppe ragazze per non domandarmi cosa ci sia di diverso ora. Perché hai detto addio ad Akane, che pure hai giurato di amare alla follia?”

Lui spalancò gli occhi, come colto da un’illuminazione, Nabiki però dubitava fortemente che avesse davvero compreso “Oh, ho capito perché sei qui, Nabiki Tendo! Sei venuta per chiedermi di non sposarmi da parte di tua sorella, la bellissima e dolcissima Akane Tendo! Oh, che cara fanciulla, così perdutamente innamorata da provare anche un tentativo estremo e…”

Nabiki sospirò, mentre lui continuava a ragionare sul presunto amore puro di sua sorella “Non sono qui per questo, Kuno – lo interruppe, una leggera irritazione nella voce – o meglio, sì, in parte quello che dici è vero. Non sono qui perché me l’ha chiesto Akane che, credimi, non potrebbe essere più felice per le tue nozze, ma è vero che voglio chiederti di non sposarti. Non ancora almeno.”

Le sopracciglia del ragazzo si aggrottarono, segno della confusione di cui era preda “Allora forse è la ragazza con il codino ad averti chiesto di…” azzardò, ma lei scosse il capo con ancora più decisione, facendo oscillare i capelli ormai quasi del tutto asciutti.

“No, no, non mi manda nessuno, d’accordo? Senti, io e te… io e te ne abbiamo passata più di qualcuna insieme, non è azzardato definirci amici, no?”

“Tendo, la parola che meglio descrive il nostro rapporto è affari, ma sì, ammetto che io e te ne abbiamo passate tante insieme, ma con questo non capisco a cosa tu voglia arrivare.”

“A me e te… Perché hai tutta questa fretta di sposarti? Non pensi che sia un gesto affrettato? Se… se dovessi poi accorgerti che lei non è la donna che fa per te, cosa farai?”

“Sei strana… sei venuta fin qui per farmi la paternale? Non sono affari tuoi questi e poi Angel è una ragazza stupenda, non troverò mai un’altra ragazza tanto favolosa che mi ami quanto lei.”

“Ma come fai ad esserne sicuro? Di folli è pieno il mondo, dopotutto! Kuno, io credo che tu stia facendo una stupidaggine e non sarebbe la prima volta, ma questa è davvero troppo enorme perché io me ne stia zitta a guardarti!”

Kuno si massaggiò la fronte, come se fosse alle prese con un’emicrania imminente. Nabiki lo vide sospirare e speranzosa vide, o le parve di scorgere, l’ombra del dubbio farsi spazio in lui. “Se sei venuta qui sperando di farmi cambiare idea, il tuo è stato un viaggio inutile. Sposerò Angel e niente di quello che dirai mi farà cambiare idea, Tendo. Il tuono blu non rimangia le proprie promesse.”

“E se ti dicessi che sì, è vero, avevi ragione, sono preoccupata per te perché, i Numi abbiano pietà di me, mi piaci, cosa faresti?”

Forse lo aveva detto troppo in fretta, perché lui la guardò come se non avesse afferrato nessuna delle sue parole. Deglutì e chiuse gli occhi, per poi ripetere più lentamente “Mi piaci e molto… e mi preoccupo per te perché stai commettendo uno sbaglio. Mi piaci nonostante tutto e parte di me spera di piacerti almeno un po’, quel tanto che basterebbe a farti sorgere il dubbio sulla giustezza di un matrimonio adesso. Vorrei… vorrei che ci venisse data un’occasione, non chiedo altro.”

Era stato facile. Cioè, non che confessargli i propri sentimenti fosse la cosa più semplice del mondo, ma una volta fatto, Nabiki si sentì più leggera. Era questo che provavano persone come Nogata nel parlare così apertamente dei propri sentimenti, quel sollievo?

Nabiki serrò ancor di più gli occhi, per analizzare quel momento finché fosse possibile. In fondo era la sua prima volta, no? La prima volta che si metteva in gioco lei e che non era certa della vittoria finale. Era come se avesse accettato una scommessa dall’esito totalmente incerto, anzi, forse era addirittura una scommessa perdente quella che aveva appena fatto, parlando così, il cuore in mano, ma quasi non le importava del risultato. Era strano e buffo…

Un suono strozzato e malamente trattenuto la spinse ad aprire gli occhi proprio nel bel mezzo di tanto rimuginare. Un po’ stupita e tanto sconcertata da non avere nemmeno la prontezza di offendersi, Nabiki osservò Kuno cercare di trattenersi dal riderle in faccia.

Era incredibile! Lui stava davvero ridendole in faccia! Rideva dei suoi sentimenti e lei, come una sciocca, si sentiva come morire. E sì che se l’era aspettato! Non se l’era forse detto fino allo spasimo prendendo quella sciagurata decisione di andare lì, ad umiliarsi? Certo, l’aveva detto ad Akane ed anche Nogata, su alla terrazza del Furinkan, gliel’aveva pronosticato. Allora perché era così stupita?

Perché l’essere umano non può evitare di sperare, ecco perché. Persino lei con il suo cinismo c’era cascata come una sciocca: aveva sperato. Il lato romantico che evidentemente anche in lei esisteva aveva richiesto la sua parte ed ora eccola lì, gli occhi puntati sul suo presunto amore che le rideva in faccia senza nemmeno tentare di nascondersi più.

“Kuno…” mormorò lei, lo stupore nella voce. Stupore per aver scoperto in sé quell'aspetto fragile e profondamente umano che più volte era stato oggetto delle sue contrattazioni. Perché era quello che aveva fatto, in fin dei conti. Tanto per dirne una, vendendo a caro prezzo le foto di sua sorella non aveva forse venduto ai suoi spasimanti la speranza vana di poter sussurrare un giorno a lei e non ad un pezzo di carta le loro frasi di amore appassionato? Aveva dato a tutti loro delle false speranze, come quella che, nonostante raziocinio e buon senso le dicessero di no,aveva cullato in quel cuore ora messo alla berlina dalla risata sincera di Kuno.

La speranza battuta dall’amara verità. Oh, quanto avrebbe dovuto immaginarselo.

Ricominciò a tremare, non sapeva se per lo sdegno che ora finalmente cominciava a provare o perché l’acqua presa le era giunta alle ossa. Si scostò da lui e dalla sua arroganza di scatto, stringendo le braccia attorno al corpo nel tentativo di proteggersi.

“Accidenti… Tendo, sei proprio incredibile!” riuscì a dire finalmente Kuno, scostandosi il ciuffo che l’eccesso di risa gli aveva fatto ricadere sulla fronte.

“Ridi di me?” gli domandò ancora incredula, stupita del fatto che lui potesse impunemente trattarla in quel modo. Beh, anche quello non era strano: lui non aveva mai avuto soggezione di lei, no? Forse per questo aveva cominciato a provare qualcosa per lui, qualcosa che adesso la portava a subire un’umiliazione così profonda. E pensare che non se lo sarebbe meritato!

“Sei così divertente! Mai e poi mai mi sarei aspettato di vederti fare una cosa del genere! Non è da te, Tendo! Se sei così preoccupata di perdermi come cliente, allora lascia che ti rassicuri, mia cara: il fatto che mi sposi, non significa che non potrò avvalermi dei tuoi preziosi servigi! Per certe cose resti davvero insostituibile…”

“Non so chi sia quello più stupido tra noi due, tu che stai per rovinare la tua vita a causa della tempesta ormonale che perennemente ti si agita in corpo o io, venuta fin qui sotto la pioggia per avere la conferma a qualcosa che in fondo sospettavo. Una gran coppia di stupidi…” l’amarezza con cui mormorò quelle parole fu tale da indurre Kuno a smettere di ridere definitivamente.

La osservò e per la prima volta parve guardarla con attenzione “Tu… tu non stavi dicendo sul serio, vero Nabiki?”

“No, hai ragione, non ero seria. Ho provato ad imbrogliarti, ma tu sei troppo furbo, temevo per i miei affari, l’hai capito subito. A questo punto però non posso che augurarti di sposarti il prima possibile, affinché tu abbia davvero ciò che ti meriti… una bella vita d’inferno. Addio, Kuno.”

La guardò andar via, le sopracciglia curvate e le labbra appena schiuse… Non poteva giurarlo, ma quello gli sembrò davvero un addio. L’avrebbe certo rivista a scuola, per quanto poco avrebbe frequentato il Furinkan, ma qualcosa nelle parole di Nabiki, forse il suo tono o l’amarezza che le aveva sentito far tremare voce e sguardo, insomma qualcosa gli diceva che era proprio un addio quello. E strano a dirsi, gli fece male quasi quanto averlo dato ad Akane, la sua amata…

 

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Nabiki raccolse il suo ombrello da dove lo aveva lasciato, vale a dire le mani di Sasuke che le sorrise con garbo “Vuole che chiami un taxi, signorina?”

“No, torno a piedi. Grazie, Sasuke.”

“Di nulla, signorina Tendo! Non ho fatto nulla, mi creda, mentre non ho dimenticato le svariate gentilezze che ho sempre ricevuto dalla sua famiglia! Se posso fare qualcosa…”

Nabiki abbassò il capo per un istante, poi quando lo rialzò, un leggero sorriso triste le alleggeriva i tratti contratti del viso “Ogni tanto disubbidiscigli… insomma, fallo penare un po’. Male non può fargli.”

“Oh, io non posso! Ma… ma ci penserò, signorina Tendo.”

“Bene… “

  
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