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Autore: Ely79    15/12/2011    2 recensioni
Due stranieri rompiscatole, una donna ingegnere, due gatti meccanici, una airship da corsa guasta. E il tempo che scorre inesorabile nella campagna.
Storia prima classificata al contest "In sei ore" indetto da (Vienne) e partecipante all'"Ipse Dixit - Quote Challenge" indetto da Fabi_Fabi.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dalle 9:34 alle 10:49
DALLE 9:34 ALLE 10:49

Cascina dell’Acqua
Ingresso

«Andiamo, Prue. Ho guidato come un pazzo sull’Alzaia per…» ed estrasse l’orologio dalla tasca per l’ennesima volta. «Per trentadue minuti e quarant… cinquanta secondi, per arrivare qui. Sai quante buche e sassi ci sono su quella strada, ho rischiato di rovinare la mia macchina nuova! Hai idea di quanto costi la vernice “White Luxury”? Un’esagerazione! Almeno invitami ad entrare» suggerì conciliante, appoggiandosi allo stipite.
Lei lo imitò a braccia conserte su quello opposto, evitando di replicare sulla scelta della vernice.
«Quindi starà fuori a far la guardia alla tua carretta?» replicò asciutta, indicando col capo l’altra.
Algernoon sembrò ricordarsi solo in quel momento di Nora e le andò incontro, spolverandosi le uose1. Prese sottobraccio il curioso incrocio e lo condusse fin sotto al porticato.
«Lei entra con noi» dichiarò allegro, mentre la catenina dell’orologio ancora tintinnava.
«Pareva l’avessi esclusa» rispose Prudenza, cinica.
Sapeva quanto il suo committente detestasse che gli si facessero notare quelle mancanze.
«Nora, Prudenza Baldovini. Prue, lei è Nora» declamò.
«Salve, Prudence» cinguettò l’americana, sfoderando un gran sorriso sulle labbra rosse e lucide dove un moscerino agonizzava dopo la corsa in auto.
«Prudenza, non Prudence. Non sopporta che le storpino il nome» suggerì Al a denti stretti.
«Non è uguale?»
La donna fece una smorfia di disappunto, girò sui tacchi e si allontanò dalla porta, appoggiandosi ai mobili. Camminava in maniera molto buffa e Nora non poté non notarlo. Sembrava ubriaca, ma non emanava odore di alcool.
«Sempre spiritosa, eh? Prudenza Baldovini, la regina di tutti…» cantilenò Banks, interrompendosi bruscamente per l’occhiata velenosa ricevuta. «Gli ingegneri. Cosa credevi?»
«Sei talmente infantile che da te non aspetto nulla da anni» replicò, lasciandosi cadere su una poltrona. «T’avviso che qui non c’è posto né per te, né per la Miss».
Aveva parlato con una mano premuta sugli occhi, quasi fosse infastidita dalla loro presenza.
«In che senso?» domandò lui, prendendo posto su un poggiapiedi.
«No. Spazio. Per. Dormire» spiegò Flapper, balzando sulle ginocchia della padrona.
Algernoon fissò la gatta, indeciso se rispondere a lei o a Prue.
«Perché dovrei dormire qui, quando ho una meravigliosa aeronave ad aspettarmi?»
«Allora fa’ retromarcia e torna domani, come stabilito» ribatté Prue, accompagnandosi con un cenno della mano.
«Dolente, ma è impossibile» sospirò melodrammatico, rigirando il cilindro fra le mani. «Il Servizio Meteorologico del Nord Atlantico ha annunciato forti perturbazioni lungo le coste europee da domani pomeriggio. Devo assolutamente partire entro stamane per essere a New York fra tre giorni».
«Cosa ti trattiene?» lo punzecchiò.
«L’Almond, ovviamente».
Lei scosse il capo risoluta.
«Non è pronto».
Il volto di Algernoon, da scherzoso e ammiccante mutò in una maschera di orrendo disappunto.
«Sei sempre in anticipo e oggi che mi serve partire prima, no?!» ruggì sbracciandosi.
Nora faticava a capire quell’isteria improvvisa. Sembrava la stesse accusando d’averlo fatto di proposito; il che non era possibile, dato che nessuno si era preso la briga di modificare i tempi di consegna.
La Baldovini sbuffò e indicò il divanetto sul lato opposto della poltrona.
«Dicevo,» bofonchiò lui, spostandosi alla sua destra, «sei sempre in anticipo sulle consegne. Come puoi non esserlo oggi? Non puoi farmi questo! Hai promesso che ce l’avresti fatta! Io lo so che tu hai finito! Perché non vuoi darmi il mio Almond?»
Più parlava e più Nora lo trovava somigliante ad un bambino capriccioso.
«Noon, non dipende da me. Il problema è la Siorpaes» spiegò laconica.
La fronte abbronzata di Al si riempì di rughe.
«La Siorpaes? Che centra la Siorpaes?»
Il nome della maggiore ditta austroungarica in campo metalmeccanico, associata al termine “problema”, era allarmante. Prudenza intuì la sua perplessità e s’affrettò a chiarire la situazione.
«Il piattello di chiusura dell’alternatore era spaccato e il calore andava a surriscaldare i cavi che gli passano accanto, causando il corto circuito che ha fermato l’aeronave. Ho dovuto ordinarne un altro, ma non lo consegneranno prima di domattina».
Un guasto banale, annoverabile tra i problemi di routine su una qualunque airship da corsa. Eppure, quell’insulso contrattempo gli era costato il secondo posto al Gran Premio di Parigi e ottantamila sterline. Non avrebbe buttato altro denaro, per questo era ricorso a Prue.
«Tu chiamali! Sollecitali! Digli che è per me, Algernoon Banks! Per la scuderia Royal Lion di Londra, la preferita di Sua Maestà! » strillò, premendosi le mani sul petto.
«Già fatto. Ci sentono quanto me da quest’orecchio» sogghignò indicandosi il destro.
«Ma tu devi trovare una soluzione! Non ti ho dato l’airship perché ti facessi rallentare dagli Arciduchi! Devi trovare una soluzione! Fa’ qualcosa, Prue!»
«Posso terminare le regolazioni del motore. E chiamerò ancora, se ti fa passare la rogna» mormorò, alzandosi con molta calma.
Era abituata ai suoi ridicoli teatrini: erano cresciuti insieme, accettarli era praticamente obbligatorio se si volveva evitare d’impazzire.
Squadrò Nora, che dopo essere rimasta accanto alla porta per un po’, aveva cominciato a muoversi, arrogandosi libertà che lei non avrebbe mai concesso, tipo quella di aprire le vetrinette o prendere soprammobili dalle mensole.
«Sta qui e non fare danni. Vale anche per lei Miss, chiaro?» sottolineò, imboccando la scala.

Cascina dell’Acqua
Soggiorno

Prudenza era scesa verso le dieci, indossando un’orribile divisa da lavoro, chiazzata d’olio e scolorita in più punti. Camminava senza difficoltà, grazie a dei sostegni nascosti nella tuta. Se ne indovinava la presenza per via del tenue cigolio che accompagnava i movimenti e i soffi regolari che provenivano da un qualche sistema di stabilizzazione.
Non si era trattenuta con loro: era sparita nell’officina e trascorsi pochi minuti, ecco che nell’aria aveva cominciato a spandersi il brontolio di una caldaia e il fischiettare delle valvole di sicurezza.
Nora si aggirava nel soggiorno, ficcanasando ovunque. L’avvertimento di Prue non l’aveva minimamente impensierita: tanto era avvezza a quei divieti quanto a dimenticarli nel giro di un secondo.
L’arredo era molto simile a quello delle dimore nel Connecticut: semplice, pratico, caldo ed accogliente, privo dei fronzoli in voga nelle capitali. Qua e là erano sparsi pezzi d’ingranaggi, vecchi giornali e lavori all’uncinetto interrotti.
«Che problema ha la tua amica?» chiese, curva quel tanto che le consentivano le stecche del corsetto.
«A parte me, nessuno» sospirò Al, tamburellando col dischetto sulle labbra.
«Ha detto che non sente. E cammina male» puntualizzò, ancheggiando sgraziata per imitarla.
«Oh, quello. Sì, in effetti è sorda dall’orecchio destro» ammise tranquillo, poggiando la testa sul bordo in legno del divano.
«Perché ti ha detto di metterti di lì, se non ci sente?» insisté, aggiustando le rouches della camicetta.
«I rumori forti le danno fastidio dall’altro orecchio. Strascichi dell’incidente» tagliò corto, allungando la mano verso un quotidiano che aveva l’aria d’essere ancora fresco di stampa.
«E cosa centra col camminare male?» continuò incuriosita, ammirando il mescolarsi di luci e ombre sulla stoffa ondulata color crema pallido.
Al spiegò le pagine, cercando la sezione economica.
«Ha il senso dell’equilibrio dimezzato, Nora. Senza non ci si regge perfettamente in piedi. Dovresti saperlo» alluse, indicando i suoi tacchi vertiginosi mentre fingeva di leggere. «Di solito non le dà molti problemi, usa i supporti solo quando lavora, per evitare cadute inopportune».
La donna lo ripagò con una linguaccia e riprese a vagabondare, lanciando occhiate alle altre stanze che si aprivano intorno.
«Chi sono? Le somigliano» domandò ad un tratto, indicando la parete dov’erano appese delle fotografie.
Tra le immagini color seppia, una ritraeva Prudenza abbracciata a due uomini. Questi vestivano con tute da lavoro, ben guarnite di protezioni, tasche e lacci portautensili, lei invece indossava un abito modesto, anche se decisamente femminile.
«Vincenzo e Giovanni, fratello maggiore e minore di Prue» fece Al, sbottonando il gilet. «Non sono dei nostri da cinque anni, ormai. Più o meno da quando è stata scattata. Un vero peccato. Da ragazzini ci divertivamo come matti nel canale qui dietro».
«Vuoi dire che quando…» e si indicò l’orecchio.
«Cosa?»
«L’incidente che l’ha resa sorda».
«L’inc… oh, no! No, no, no. Non ha nulla che vedere con loro» spiegò.
«E cos’è successo?»
«Sono stati assunti come tecnici geotermici dalla Regia Società per l’Energia di Sua Altezza Re Lodovico di Savoia. Vengono sballottati qua e là per le colonie a costruire e revisionare impianti. Credo siano in Tunisia. O in Guinea2. Magari a Torino. Insomma, sono da qualche parte».
«Vuoi dire che sono… vivi?!»
«Certamente. Perché?»
Nora rimase a bocca aperta per qualche istante, prima di scrollare i riccioli e riprendere l’indagine sui Baldovini.
«E lui?»
Algernoon sorrise con grande affetto alla fotografia di un bambino dai capelli scuri ed arruffati, la faccia da simpatico monello. Indossava pantaloni corti tenuti su da una coppia di bretelle e una camicia a maniche corte. Correva ridendo, trascinando in aria il modellino di una airship mercantile. Gliel’aveva regalata lui.
«È Nereo, il figlio di Prue. Ha undici anni».
«Figlio? Vuoi dire che è sposata?» esclamò Nora, spalancando gli occhi per la sorpresa.
Faticava a credere che una persona tanto scontrosa avesse trovato non solo chi la sopportasse, ma la sposasse e con cui avesse persino avuto un figlio.
«Sì» confermò accigliandosi.
«Non sembra che la cosa ti entusiasmi» commentò maligna.
«Diciamo che tra me e suo marito non corre buon sangue» rispose, puntando dritto alla cucina.
Mancavano circa dieci minuti alle undici ed un fastidioso languore aveva cominciato a tormentarlo. La madre di Prudenza aveva una dispensa fornita di ogni ben di dio, avrebbe sicuramente scovato uno spuntino di suo gusto.
«Nemmeno con lei, mi pare» rimarcò Nora accodandosi.
«Prue dice d’avere buoni motivi per detestarmi. Sebastiano mi odia e basta».
«Che motivi avrebbe Prudence? Insomma, hai detto che vi conoscete da una vita. Se ti odiasse sul serio, non accetterebbe di lavorare per te».
«Domandaglielo, se proprio ci tieni. A me basta che faccia ciò che chiedo, il più in fretta possibile» piagnucolò esasperato, adocchiando il pane e marmellata abbandonato sul tavolo. 


1 Uose: ghette basse
2 Colonie del Regno di Savoia



   
 
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