Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: virgily    15/12/2011    1 recensioni
-Non vi sentite bene bocchan?- domando’ voltandosi appena, accendendo con un suono graffiante il cerino che getto’ su quella massa di carne, che in pochi istanti, prese a fuoco come un falo’. Tuttavia, sebbene il color ocra delle ardenti fiamme cominciasse a risplendere nelle sue iridi macchiate, Ciel non rispose. Inarco’ la schiena lasciando il capo all’ indietro, e gli occhi al cielo. Le nuvole grige e colme di pioggia e neve parevano una distesa buia e priva di forma. Una cecita’ inusuale colpi’ il giovane conte, che socchiuse appena le labbra, lasciando sgusciare un sottile gemito dalle sue labbra. Poi, come d’incanto torno’ a vederci... ma non era la realta’ quello che stava osservando:
Era piuttosto buio, ma la luce della luna illuminava la fanciulla accovacciata a terra. Sebbene polvere e degrado incorniciassero l’esile figura, Ciel riconobbe la sua camera da letto. Ma chi era quella ragazza dai lunghi capelli color nocciola, che si teneva la testa fra le mani, rannicchiata al suolo? Preche’ tra le dita affusolate e pallide, che le sorreggevano il capo, spiccava il suo anello che aveva abbandonato lo stesso giono incui aveva smesso di essere il “Cane da guardia” della regina?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Con un tocco pesante e ben scandito delle lacrime si erano schiantate contro il pavimento. Mentre la mano destra si era aggrappata attorno alle sue labbra, soffocandone i sospiri rotti da continui e gravosi singhiozzi, la mano sinistra invece si posava a terra, sorreggendo tutto il peso del suo corpo incurvato in avanti. Gli occhi sbarrati guardavano il vuoto, ancora persi in quelle visioni assurdamente dolorose che quasi avevano dilagnato tutta la sua mente. Con occhi di altri aveva visto l’inferno in terra, e come niente ne era uscita, catapultata nuovamente in quella camera dove forse non doveva entrare. Aileen afferrò senza neanche pensasrci l’anello che le circondava il pollice, tirandolo con forza. Forse era il tremore che correva ancora lungo le sue mani, fatto sta che più forza imprimeva , più questo opponeva resistenza, come se quell’anello avesse una mentalità propria, come se non volesse allontanarsi dalla poveretta, che con le lacrime e la saliva tentava invano di farlo scivolare via
-Levati! Stupido coso levati!!- sussurrò tra un singhiozzo e l’altro tirando con forza, lamentandosi del dolore che si stava autoprocurando. Il vento all’esterno dell’abitazione aveva cominciato a soffiare forte, e un brivido gelido carezzò molestamente la sua schiena, come uno spiraglio biricchino che si era intrufolato all’interno della sua felpa verde. Una sensazione del tutto aliena quasi la fece tremare, non per il freddo... Ma per la paura. Cosa aveva fatto?
Si sollevò di scatto dal pavimento su cui si era aggomitolata durante la sua straordinaria esperienza, e con ampie falcate uscì senza minimamente preoccuparsi di aver lasciato la finestra totalmente spalancata. Avanzava con il passo svelto, quasi come se si fosse messa a correre, a scappare da qualcosa che neanche lei conosceva. Scese frettolosamente i gradini. Poi, proprio nel punto preciso dove le due scalinate, che portavano rispettivamente alle ale opposte della villa, s’univano,  Aileen si arrestò proprio innanzi al muro alle sue spalle. La carta da parati annerita metteva in risalto una linea sottile e lievemente più scura che percorreva il perimetro di un ampio rettangolo lungo tutta la parete. Doveva esserci stato un quadro tanto tempo fa. Ma la giovane donna aveva commesso un grave errore fermadosi in quella zona, e inaspettatamente, pungente come una forte emicranea la sua testa tornò a girare, a rimembrare ricordi non suoi che ricomiciavano a impossessarsi di lei:
Era enorme, e com’erano affascinanti le due figure dipinte in quel ritratto di famiglia: lei, con lunghe onde dorate che incorniciavano un ovale candido e dolce, dal quale sbucavano degli occhi antrettanto teneri e materni. Lui, in piedi al suo fianco, aveva uno sguardo fiero ed accattivante,e una bellezza enigmatica mascherata da una coltre di capelli scuri e molto folti. Chi erano quei due? Perchè erano apparsi? Che fine aveva fatto quel quadro?!
Milioni e milioni di domande si susseguivano nella sua testa mentre con le mani al viso indietreggiava, fremendo alla spaventosa confusione che le lacerava dentro. Bastò un passo falso per farla crollare come un castello di carta al suolo, e senza rendersene minimamente conto Aileen si ritrovò a ruzzolare lungo l’ultima scalinata gridando per lo spavento. Un poderoso tonfo si udì infine, quando il suo corpicino leso e contuso si era fermato, prostrato a terra. Forse aveva la nausea, che assieme al forte giramento di testa che le ofuscavano la vista. A pancia sotto, con un piede lungo l’ultimo scalino, un braccio piegato e poggiato dietro la sua schiena. Osservava silenziosamente il salone lasciando che il battito frenetico del suo cuore si calmasse. “Non svenire adesso Aileen... Non ora...” pensò mentre sentiva un rumore sospetto provenire da quell’ingresso che lei stessa aveva varcato tempo prima, quando ingenuamente pensava che la sua “missione” si sarebbe conclusa con uno stupefacente successo. Una luce bianca cominciava a muoversi animatamente all’interno della casa, facendola sussultare. Non riusciva a pensare in positivo ora che le faceva male tutto, ora che era certa di non riuscire a scappare da un possibile “pericolo”. Serrò lo sguardo trattenendo appena il fiato, percependo istante per istante i passi che cominciavano a ridondare sul vecchio pavimento
-Aileen!!- una voce ben nota alla giovane quasi la fece sobbalzare, e sollevando lentamente il capo osservò l’ombra scura che si avvicinanva a lei, aiutandola a mettersi seduta. Le mani morbide e calde coccolavano le sue guance macchiate di grigia polvere, il calore del suo petto riscaldava il suo provato e gelido. Il profumo dell’acqua di rose immediatamente concese alla piccola Aileen di concerdersi, finalmente, un sospiro di sollievo in quella pericolosa notte
-N-Nonna?- sussurrò mentre la donna l’abbracciava forte, trattenendo a stento le lacrime. Immergendosi nel suo petto, la punta del suo naso sfiorò appena la luccicante chiave argentea che pendeva sul collo della donna. Non l’aveva mai vista prima, ma preferì non fare alcuna domanda. I dubbi le avevano causato già abbastanza guai per quella sera
-Oh piccola mia. Ma come ti è venuto in mente! Ti sei fatta male? Non si vede nulla qui...- affermò accarezzandole i capelli con soffici baci amorosi. La fanciulla non esitò a mascherare le sue lacrime, stringendosi ancora al corpo della più grande
-Me lo avevi detto che non dovevo venirci. E invece l’ho fatto ugualmente. Non pensavo di fare qualcosa di sbagliato...- sussurrò pianissimo all’orecchio di sua nonna, stringendole il lenbo della maglia violacea che la donna aveva in dosso
-Tranquilla piccola mia. La nonna è qui ora...- rispose con un tenero riso sulle labbra solcate dalle profonde rughe lasciate da anni e anni di fumo. Quasi rassicurandola la donna allora strinse la mano della sua amata nipote, ma nel suo tiepido velluto pallido, ne percepì anche un “intruso”. Dunque la signora Silias afferrò quella manina piccola e affusolata, e lasciandosi catturare dall’intensa luce scaturita dallo zaffiro che portava al pollice, sua nonna soffocò lo stupore in un sussulto smorto e sgraziato. E non era difficile per Aileen intendere che qualcosa non andava. Lo sguardo vivido e rapito, le labbra tremanti, sua nonna stava trattenendo qualcos’altro oltre che i basiti lamenti
-N-Nonna?-
-Aileen... Dove lo hai preso?- a quella domanda la fanciulla non seppe trattenere un ennesimo sibilo straziato dalle lacrime, lacerato dalla vergogna che provava in quel momento
-Non si sfila più. Ho visto cose strane... N-Nonna non si leva più- la donna inizialmente rimase in silenzio. Assorta nei suoi pensieri. Ponderava con cautela in da farsi, sebbene trasudava l’agitazione da ogni poro
-Andiamo a casa Aileen- rispose seriamente aiutando sua nipote a sollevarsi, tenendola stretta per i fianchi. Forse si era slogata la caviglia nella caduta, fatto sta che la giovane ragazza fu costretta a fiancheggiare sua nonna zoppicando.
Sostenendosi alle spalle della maggiore, Aileen si rese conto che in fondo la magione non era così lontana dalla loro casetta immersa nella foresta, ma erano gli alberi e i labirintici sentieri a nasconderla. Faceva molto più freddo di quando l’aveva attraversata in precedenza, e proprio per questo sua nonna riuscì a percepire la sua pelle aggrinzirsi dai brividi, oltre che dalla paura. E infondo non aveva tutti i torti, anche Melanie Silas aveva paura: paura di raccontare a sua nipote qualcosa che si era ripromessa di mantenere segreto.

***

E pensare che ci avevano messo solo un’ora. Forse non avevano mai corso così velocemente, forse Ciel ci aveva fatto l’abitudine. Il giovane conte infatti, correva al fianco del suo fido maggiordomo con elegante vigore. Guardava dritto, osservava lo splendido panorama della sua malinconica terra. Tuttavia, sebbene il suo cuore fosse per qualche istantante rapito dal flebile ricordo della sua casa, della sua vita, Ciel in testa non aveva altro che una persona in mente. Una donna. Non ne ricordava il viso, ma aveva dei lunghi boccoli color cioccolato, delle mani pallide e affusolate e il suo anello al dito. Questo era tutto quello che rammentava di lei, della fanciulla della sua bizarra visione. Una “bislacca fantasia” così l’aveva definita inizialmente il suo Sebastian, scettico e ignaro di quello che il suo bocchan avesse provato per quell’interminabile e doloroso lasso di tempo incui non esisteva nient’altro che lei...
-Dunque, dove avete detto di averla vista?- domandò fermandosi in prossimità della mastodontica villa che avevano abbandonato da anni
-Nella mia camera...- rispose rallentando il passo, giungendo senza sorprendersi innanzi il cancello aperto della magione. Sollevò compiaciuto l’angolo destro delle labbra
-Effettivamente sembra che qualcuno sia passato di qui...- rispose amaramente il suo mero servitore, probabilmente aveva preso troppo sotto gamba la faccenda, ed era ora di cominciare a preoccuparsi sul serio dell’infausta questione. Non era facile per il piccolo lord entrare nuovamente li dentro, riconoscere la bellezza della sua dimora in quelle insulse condizzioni era più arduo del previsto. Camminava a rilento, osservando centimetro per centimetro quell’ambiente che non riconosceva più come suo: dov’erano le stoffe pregiate? E la carta da parati? Perchè ovunque guardasse vedeva solo marciume? Proprio come i ruderi del vallo di Adriano la sua casa era stata ridotta in un cumulo di macerie, un ammasso di polvere e termiti. Nella sua camera poi, l’ aria della notte aveva rinfrescato quell’umidiccio olezzo di chiuso e soffocato. La finestra era stata lasciata spalancata e quattro stracci, rimasugli della splendida tenda blu notte, si abbandonavano a quella soffice brezza
-Avete ragione bocchan, deve essere stata proprio qui... Ma per quale scopo mi domando...- si chiese il demone corvino incrociando le braccia al petto, sfiorandosi le labbra fine e pallide con il pollice
-Ha preso il mio anello... Lo aveva in dosso- rispose sornione stendendosi su quel giaciglio su cui non si stendeva da tempo. Era stato rammendato alla buona, e se Ciel si concentrava per qualche secondo, poteva percepirne l’odore dolce e vellutato di lavanda. Quasi riusciva a sentire sulla punta della lingua l’essensa di quella misteriosa sconosciuta che era così impudentemente penetrata nella sua lunga vita immortale. Rotolando, schiacciando la pancia asciutta e atletica sul materasso, lord Phantomhive lasciò immergere il suo viso nella spessa coperta di lana. Sottili grumi di polvere entravano nel suo naso solleticandolo assieme a quella piacevole sensazione di leggerezza e ingenuità.
Ed eccola lì:
Messa a fuoco e ben definita nella sua testa, con le labbra rossastre e gli occhi chiari, verdognoli come le praterie al nord. Aveva un viso dai lineamenenti morbidi, e brillavano come diamanti le lacrime sulle sue goti pallide. S’aggirava nei meandri di casa sua con passo svelto, e si guardava intorno, come intimorita che qualcuno la stesse seguendo. Si era fermata di colpo, a fissare quel vuoto che aleggiava nel salotto da quando aveva fatto spostare il quadro dei suoi genitori. Arquate e avide le sue mani s’aggrapparono nuovamente al suo viso, poi indietreggiò. Uno, due, tre...Arretrò di ben tre passi. Il gridolino esasperato della fanciulla giunse al suo udito, come se fosse stato presente al momento della caduta.
Poi un donna subentrò nella scena, portandola via. Ma dove stavano andando? Tutto quello che passava nella testa del giovane lord erano soltanto alberi e foglie scure. Un sentiero... Una casa dal tetto rivestito di ciottoli marroni. Da quando c’era una casa nel bosco? Tuttavia sebbene non riuscisse a darsi una risposta, Ciel sapeva che quella casupola era il luogo dove tutte le soluzioni sarebbero venute a galla.
Osservandolo dall’angolo della sala, Sebastian osservò il corpo irrigidito e teso del suo padroncino, cogliendolo in preda ad una ennesima visione a cui, purtroppo, non poteva prenderne parte. Ed era frustrante, non riuscire a capire cosa sconvolgesse il suo bocchan, cosa lo affligesse a tal punto da convincerlo a tornare
-Bocchan?- domandò avvicinandosi appena, lasciandosi penetrare dallo sguardo violaceo che aveva macchiato le iridi del conte
-So dove dobbiamo andare, Sebastian- affermò serio rassicurando il suo demone di maggiordomo, il quale, sollevando gli angoli delle labbra s’inchinò cortesemente.                 

***

Lo scoppiettio della legna arsa nel caminetto, faceva da sottofondo nella sua cameretta interamente rivestita di note musicali blu dipinte su mura azzurre. Nonna Melanie fasciava accuratamente la caviglia destra della sua nipotina imprudente senza fiatare. Dal canto suo, Aileen aveva paura a chiedere cosa stesse provando sua nonna, dopo tutto come poteva non immaginare che quel viso smorto e preoccupato non fosse altro che opera della sua ingenua follia? Del suo stupido capriccio? Tentando di autosostenersi la giovane si accarezzò le mani, ma non riusciva a fare a meno di sfiorare quel prezzioso gioiello che aveva deciso di non sfilarsi più dal suo pollice, l’anello che tanto aveva bramato di cui adesso tentava di disfarsi. Una volta terminata la fasciatura la donna le rimboccò le coperte per poi sedersi al suo fianco, carezzandole i capelli. Silenziosa osservava i suoi grandi occhi verdi marcati dalle lacrime, incorniciati da una folta schiera di ciglia umide e scure. Quasi spontaneamente, sbocciarono nella mente della donna tanti ricordi, ma in particolare quando ebbe l’occasione di tenere la sua amata Aileen tra le braccia quando ancora era in fasce: con i capelli corti e scuri; le manine piccole e morbide, le guance paffute... Ma Melanie ricordava bene anche che i suoi begli occhi non erano di quel grazioso verde prato. Erano blu, profondi come l’oceano e tutti i suoi inesplorati abissi... Ma Aileen non aveva  mai saputo di averli avuti
-N-Nonna...- sussurrò la castana asciugandosi l’ultima lacrima che aveva versato dagli occhi, passandosi sgraziatamente l’orlo della manica sotto la palpebra
-Si?- domandò sua nonna tornando nuovamente alla realtà
-Mi dispiace. Ti ho fatta preoccupare...- rispose sollevando appena un’angolo delle labbra mentre abbassava violentemente lo sguardo
-Stai tranquilla Aileen. L’importante adesso è che tu stia bene- rispose rassicurandola con un dolce bacio sulla guancia, sollevandosi dal suo giaciglio
-Ora non pensarci più. Riposati, altrimenti domani alla tua festa sarai stanchissima...- le sorrise coccolandole il capo prima di avviarsi verso l’uscio
-Buona notte nonna- sussurrò riemergendo dalle lenzuola
-Dormi bene piccola mia- rispose chiudendosi la porta dietro le spalle. Rimasta sola Aileen era indecisa se spegnere la luce sul suo comodino o tenerla accesa. Se ripensava a quelle visioni il cuore ricominciava a palpitare all’impazzata. Tuttavia era pienamente coscente che se la luce fosse rimasta accesa allora non sarebbe riuscita a dormire, e quindi si sarebbe presentata davanti alle sue amiche con due splendide occhiaie a sorontarle le guance. Prese un bel respiro e tremante la sua mano giunse all’interruttore. In quella breve frazione di secondo incui le luci si sopirono, Aileen era letteralmente affogata all’interno delle sue coperte, proprio come una bambina che aveva ancora paura del buio, e forse non le era passata affatto. Respirava lentamente, con ampie boccate nel tentativo di rilassarsi. Tentava di pensare a cose felici e gioiose, come la sua festa di compleanno, per esempio. Ripassò ogni misero particolare per quell’evento: quale vestito avrebbe indossato; quali portate avrebbe cocunato sua nonna; quali regali avrebbe ricevuto... Sembrava tutto perfetto eppure quelle visioni continuavano a tormentarla. Aggomitolata in se stessa la ragga si strinse le ginocchia al petto. Il piumone la racchiudeva in una sorta di bozzolo che sicuramente, oltre che averla tenuta al caldo, sarebbe rimasta al sicuro... O almeno così sperava. Aprì gli occhi, e nell’ombra continuava a distinguere del blu scintillante della pietra incastonata nell’anello. Sfiorandolo appena Aileen non si rese conto immediatamente dello scricchiolio improvviso della sua finestra. Capì che c’era quancosa che non andava soltanto quando sentì con chiarezza il sibilare del vento all’interno della sua camera. trattenne il fiato per qualche secondo mentre riemergeva dal suo comodo nascondiglio: la luce della luna entrava dalla sua finestra spalancata, il vento faceva svolazzare le tende azzurrine. Non le pareva di vedere niente di strano. Lentamente scivolò fuori dal suo giaciglio e zoppicando appena giunse alla finestra. Il vento biricchino le scompigliò appena la frangia castana prima che la fanciulla riuscisse a chiuderla saldamente, assicurandosi che non si aprisse di nuovo. Sospirando di sollievo Aileen rimase in quella posizione per quanche minuto. Immobile davanti alla finestra a guardare il mastodontico bosco che circondava la sua modesta dimora. Fu precisamente in quel momento che decise di torare a letto, ma sfortunatamente per lei il suo viso andò a sbattere contro l’ampio petto del demone che attendeva alle sue spalle. Grandi occhi rossi sbucavano da una folta chioma corvina, e un sorriso rimaneva impresso nelle sue labbra. Restando paralizzata tutto quello che Aileen riuscì a fare fu gridare a pieni polmoni prima che, dopo averla aggirata, l’uomo le posasse la mano guantata sulle labbra, facendola tacere. Ora anche la seconda figura appariva ai suoi occhi sbucando dall’ombra: alto più o meno quanto lei il giovane che aveva davanti indossava abiti sfarzosi,e piuttosto elganti per essere stati confezzionati nell’epoca corrente, e portava una benda che gli mascherava l’occhio destro, quello sinistro, al contrario era dello stesso colore intenso ed enigmatico dello zaffiro che indossava al pollice. Un brivido s’arrampicò sula sua spina dorsale, e impacciatamente Aileen tentò di dimenarsi tra le braccia di quell’uomo che la teneva saldamente stretta contro di se
-Perdonate la scortesia signorina ma la prego di calmarsi. Non abbiamo cattive intensioni...- sussurrò al suo orecchio con fare garbato e gentile a tal punto da farle smettere di tremare, sebbene il suo cuore cominciasse a perdere qualche colpo. Portandosi le mani alle labbra la giovane riuscì a sfilare le dita dello straniero dalla sua bocca, e con un filo di voce sussurrò:
-C-Chi siete voi?-
-Lui è il mio maggiordomo, Sebastian Michaelis...- Cominciò quel misterioso ragazzo avvicinandosi lentamente a lei. I tacchetti delle sue scarpe risuonavano sul parquet e nel frattempo nel petto della giovane il suo cuoricino scalpitava fracassandole la cassa toracica. Sentiva il suo sguardo freddo e austero penetrarla e inchiodarla allo stesso tempo, facendole quasi mancare il fiato. Non riusciva a spiegarselo ma sebbene sentise il sudore freddo correrle lungo la schiena, doveva ammettere che quel ragazzo l’affascinava parecchio nella sua cupa severità. Questo arrivò a pochi centimetri di distanca dal suo corpo, continuando a guardarla intensamente negli occhi; ora che erano così vicini per il misterioso giovane non fu difficile riconoscerla: con i capelli mossi dalla foga e dall’impeto della lotta, le labbra appena dischiuse e gli occhi lucidi che trasudavano paura e terrore. Compiaciuto di poter finalmente vedere la misteriosa donna delle sue visioni un ghigno vagamente simile ad un sorriso si disegnò sulle sue labbra. Aveva tralasciato la frase a metà, ma prima di continuare afferrò la mano fredda e tremande della fanciulla nella sua, osservando attentamente quel gioiello che da anni aveva abbandonato, e che adesso lo aveva convinto a tornare... Ad andare da lei
-Io sono il conte Ciel Phantomhive... E tu hai qualcosa che mi appartiene-
  
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