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Autore: Mina7Z    15/12/2011    16 recensioni
C’è una "lei". E c’è una donna che sta amando un uomo. Ma forse niente è come sembra e tutto può essere.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Follia
 



 
 
 
Non chiusi occhio quella notte, non mi tolsi neanche i vestiti. Rimasi seduto su una poltrona a fissare la tenue fiammella di una candela che lentamente si consumava davanti ai miei occhi, lasciandomi infine completamente al buio.
Ripensavo ad Aurore, a quello che aveva rappresentato per me negli ultimi mesi.
Ripensavo ai suoi sorrisi, al suo corpo accogliente e morbido che mi faceva sentire sazio e felice. Al suo amore per me, sul quale non avevo dubbi. Vedevo solo amore nei suoi occhi blu, li vedevo illuminarsi al mio arrivo, velarsi di tristezza ad ogni addio.
La vedevo gemere di piacere mentre si concedeva senza remore nelle nostre notti d’amore. Sapeva amare, Aurore, di questo ne ero certo. Sapeva coinvolgere corpo e mente, legare a sé in modo pieno e totale.
Mi aveva raccontato così tante cose di lei che credevo davvero di conoscerla, la piccola Aurore, di avere compreso la portata dei suoi tormenti e l’odio per coloro che ne reputava gli artefici.
E la sentivo pronunciare parole d’amore per me, quei ti amo mormorati durante l’amore, al culmine della passione, come durante le nostre passeggiate per i parchi di Parigi. Lo diceva e subito dopo abbassava la testa e le guance si vestivano di rosso.
Si, mi amava. Di questo, almeno, non potevo dubitare.
E mi arrovellavo la mente nel tentativo di capire se davvero potesse essere lei l’autrice dei libelli, se il suo odio per la Regina si fosse trasformato in proclami diffamatori. Cercavo nella mente le prove di quegli scritti, dettagli che mi potessero fare ricordare qualcosa, un plico di carta nascosto, un cassetto chiuso, un racconto vietato ai miei occhi.
Ma dopo ore di minuziosa indagine nella memoria, sospirando, mi dissi che in fondo la ricerca della sua colpevolezza o della sua innocenza non avrebbe avuto una reale    importanza perché l’unica cosa importante era pensare a una via di salvezza.
Sapevo che Oscar mi avrebbe aiutato, che avrebbe come sempre trovato il modo di risolvere una situazione che sembrava irrimediabile.
Dovevo farla uscire di prigione. Al resto avrei pensato in seguito.
Al mattino  l‘espressione assonnata di Oscar mi rivelò che anche per lei la notte doveva essere stata insonne. Ma nei suoi occhi lessi la consueta determinazione, quel fuoco che arde in ogni particella del suo corpo, e ne fui rassicurato.
Passammo la giornata a vagare tra un autorevole referente  e l’altro, tra la Prefettura e la Gendarmerie, tra Parigi e Versailles, nel tentativo di avere maggiori informazioni su quanto era accaduto.
La seguivo tenendomi in disparte, cercando di cogliere un lume di speranza nei suoi occhi celesti.
“E’ alla Bastiglia”.
“Lo temevo…” replicai ansioso.
“Hanno le prove, Andrè. Al momento dell’arresto, nel suo appartamento sono state trovate le copie originali degli scritti contro la Regina. La calligrafia è indubbiamente la sua, non hanno dubbi. E insieme a lei sono stati arrestati il tipografo e l’editore dei libelli. Sono stati interrogati e hanno confessato confermando la colpevolezza di Aurore”.
Lo disse laconica. Come se non ci fosse altro da aggiungere.

Sospirai profondamente mentre le gambe sembravano cedere sotto il peso insopportabile del mio corpo.

“Cosa rischia?” chiesi tremando
“Dieci anni di prigione” mormorò lei.
A quel punto le gambe mi vacillarono davvero e mi sentii come se stessi cadendo nel vuoto. Inalai aria a più riprese  per tentare di riprendere il controllo di me.
“Credi che ci sia modo di aiutarla?”.
Mi sorrise e mi guardò negli occhi.
“Farò tutto il possibile, Andrè, non temere”.
“Grazie Oscar, non so davvero come ringraziarti” sussurrai. Sapevo, in cuor mio, che  m avrebbe aiutato, nonostante tutto.
Mi sorrise di nuovo senza rispondere.
“Andiamo a casa adesso, è stata una giornata faticosa” mormorò.
 




 
Dopo cena ci ritrovammo di nuovo insieme, nella sua camera.
“Vuoi bere qualcosa, Andrè?”.
“No....ti ringrazio Oscar ma preferisco rimanere lucido, almeno questa sera”.
Stappai la bottiglia e le riempii il bicchiere con un vino rosso denso e corposo che lei prese dalla mia mano.
“Credo sia meglio evitare di parlare di quello che sta accadendo fuori da questa stanza, mio padre non approverebbe il fatto che tu sia fidanzato con una rivoluzionaria!!”.

“Oscar!” borbottai con tomo di rimprovero.

“Scusami….non è il caso di scherzare su queste cose…perdonami”.
Feci una smorfia mostrando insofferenza. Si stava vendicando per il mio comportamento del giorno precedente, quando l’avevo accusata ingiustamente di essere a conoscenza dell’arresto, e in fondo non mi importava. Aveva davvero tutte le ragioni per essere un po’ in collera con me e l’ironia di quella boutade non riusciva a intaccare la mia riconoscenza nei suoi confronti.
“Io non mi sono mai accorto di nulla, altrimenti avrei smesso di frequentarla…io non ho niente contro i nobili e men che meno contro la Regina. Non ho dimenticato di dovere la vita alla Regina Maria Antonietta. Devo tutto alla famiglia nobile nella cui casa sono cresciuto e non lo potrò mai scordare, qualunque cosa dovesse accadermi nella vita. Ma a volte credo che se non fossi cresciuto qui, sarei un uomo diverso e probabilmente la mia idea sui nobili e sulla monarchia non sarebbe molto diversa da quella di Aurore”.
Mi guardò e sul suo volto apparve un’espressione divertita.

“Credo che se non fossi vissuto qui a quest’ora saresti il capo dei rivoluzionari, Andrè e marceresti con la tua fidanzata alla volta di Versailles con le forche in mano.
“Oscar smettila..non infierire”.
Mi ero seduto accanto a lei, sul divano, ma la mia inquietudine era tale che avrei voluto alzarmi e calpestare nervosamente ogni centimetro del suo appartamento.
“Non ti incolpo di niente, Andrè, non temere. Non si può scegliere di chi innamorarsi e se tu hai scelto lei,…..allora vuole dire che era scritto nel destino”.
Parlava con voce flebile, mentre il mio unico pensiero era che quel destino si era preso gioco di me in mille modi diversi. Si era beffato della mia ricerca della felicità. Della mia paura di soffrire. Della mia consapevolezza che il mio destino non sarebbe mai stata Oscar.
“….E per quanto riguardala la tua condanna a morte, non avrei mai permesso che la sentenza fosse eseguita, avrei aperto le porte della tua cella con le mie mani..”.
Sorrisi emozionato per quella rivelazione.
Appoggiò il bicchiere per terra e ritornando ad appoggiarsi sullo schienale del divano si fece più vicino a me.
Dopo alcuni istanti, sentii la sua mano scivolare piano nella mia.
Fredda e sottile, scompariva quasi stretta nella mia, più grande e scura, ma così bollente da desiderare di impossessarmene completamente e trasmettere alla sua un po’ del mio calore.
Lei sollevò le gambe fino a raggiungere il tavolino posto di fronte al divano per poi distenderle completamente.
Poi, d’un tratto, accostò il capo alla mia spalla e si adagiò completamente a me.
Pensai di impazzire per quel contatto e smisi di respirare, trattenendo il fiato più a lungo possibile. Un groviglio di nodi mi attanagliava lo stomaco, come una morsa che non mi lasciava tregua.
Non parlavamo, percepivo il ritmo regolare del suo respiro e il leggero fremito del corpo quando inalava aria e poi inspirava piano.
La immaginavo con gli occhi aperti, assorta, a fissare in silenzio le ombre  scure della sua stanza mentre i pensieri rimanevano sospesi nell’aria umida della notte.
E chiesi a Dio di fermare il tempo.
Proprio in quell’istante.
Con la mia mano calda stretta nella sua.
Con il suo respiro che vibrava nel mio.
Tremando all’idea che arrivasse il momento in cui  si sarebbe destata da quel torpore, che avrebbe sollevato il capo e sarebbe andata via, facendo svanire quell’incredibile magia.
Perché di incantesimo doveva trattarsi.
Non pesavo a nulla in quei momenti, la mente libera da ogni problema.
Esisteva solo lei. Lei accanto a me.
Lei e la sua mano ancora rinchiusa nella mia.
Lei e i suoi capelli biondi sparsi sul mio braccio.
Lei e ogni singolo istante trascorso al suo fianco.
Mi allungai fino a posare anch’io una gamba sul tavolino.
Il suo respiro più regolare. Si era addormentata accanto a me.
Socchiusi gli occhi. Cullato dal respiro di Oscar mi lasciai scivolare lentamente nel sonno incapace di porre resistenza alla mia stanchezza.
 

 







 
Note:
Direi che con l’evolversi della storia, il personaggio migliore, al momento, risulta essere Oscar. L’amicizia per Andrè è messa al primo posto, tanto da aiutare una ragazza che si è macchiata di gravi reati.
Non vi anticipo nulla sul prosieguo. Lascio libera la vostra immaginazione, è troppo divertente… anche se a qualcuno ho confessato che il cap. 18 mi è uscito davvero triste.
Forse, più che triste, struggente….boh, vedremo!! Aspetto sempre il lancio di pomodori…!!

P.S.: dopo le considerazioni di Andrè sulle sue notti di passione con Aurore....la parte di me che lo ama alla follia e che sta impazzendo di gelosia, vorrebbe rinchiuderla in cella e buttare via la chiave....!!! Quasi quasi cancello tutto e la lascio lì in gattabuia. :) :)
   
 
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