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Autore: kutinjiu    15/12/2011    0 recensioni
Una città dall'atmosfera magica ospita una leggendaria campana di madreperla, sulla quale è stata incisa una profezia.
Il sovrano di questo regno intraprende un viaggio interiore che comporterà grandi perdite.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Campana D'Avorio

In un mondo remoto e malinconico, rischiarato dalla luce di mille Soli, regna un fiero sovrano.
La sua reggia dorata si erge superba su un dolce declivio, dal quale egli può scrutare tutti i suoi possedimenti.
Il suo regno consiste in una sola città: Radia, la città dei mille tramonti ambrati.
Protetti dalle mura in pietra antica, poco più di diecimila abitanti conducono lì la loro vita serena.
Tutt'attorno si estende una fitta foresta di vecchi pini, ed in lontananza monti frastagliati toccano il cielo, quasi fossero puntelli creati per sostenerlo.
Nel resto del territorio giacciono sterminati acquitrini malsani, che non hanno mai conosciuto orme umane.
Nonostante la mestizia del paesaggio circostante, il re si reca spesso in cima alla torre più alta della reggia, dove ha collocato la sala del trono.

Non può passare le sere in compagnia della moglie, poichè il suo cuore è troppo fiero per sperimentare l'amore.
Qualcosa, però, riesce ancora a penetrare la sua dura scorza di impassibilità: la vista della sua amata Radia.
Durante le giornate, le mille stelle sorgono e tramontano secondo un'arcana danza celeste, senza mai lasciare che la città venga avvolta nelle tenebre.
Non esistono angoli o vicoli ombrosi, i raggi luminosi si riflettono sugli ampi sorrisi degli abitanti.
Le case sono disposte secondo uno schema armonioso ed ordinato, giovani alberi rigogliosi fiancheggiano le ampie strade, mentre alcuni laghetti concedono l'agognata frescura ai passanti accaldati.
L'atmosfera di perfezione che emana Radia è impareggiabile, si potrebbe dire quasi eccessiva.
Nessuna imperfezione infatti fa risaltare le molte meraviglie che ospita, nessun povero rovina la visuale degli aggraziati monumenti marmorei.
Tuttavia, non sono le leggiadre architetture, ne' il benestare della gente, a rendere la città così superba e magica.
Al centro di Radia, svetta trionfante un campanile prismatico di puro cristallo, modellato per avere mille sfaccettature differenti.
I raggi luminosi dei Soli, che danzano e volteggiano agili nel cielo, vengono scomposti in mille colori, che abbracciano teneramente i candidi edifici, ammaliando i passanti con sfumature sempre nuove.
I giochi cromatici, che nascono grazie all'ingegnoso artificio creato dal campanile, variano in ogni istante in un'atmosfera caleidoscopica.
Il sovrano, che si è abituato velocemente alle strane luci, ogni mattina si desta con rinnovata curiosità, chiedendosi quale aspetto abbia assunto il mondo in quel nuovo giorno.
Il monumento cristallino non è stato edificato senza motivo, infatti in esso alloggia una campana di madreperla, conservata come una reliquia.
La storia del suo ritrovamento è molto interessante, poichè nessuno sa da dove essa sia provenuta.
La campana di madreperla,
splendente e senza il minimo graffio, era stata trovata sul greto di un fiume prosciugato.
Nulla indicava l'origine del misterioso artefatto, l'unico indizio era un'incisione artistica su di essa.
Era una profezia, scritta nella lingua corrente, e recitava: "Coloro che sentiranno il suono della Campana di Madreperla, saranno presto destinati ad una felicità divina."
Dapprincipio, nessuno aveva preso sul serio queste parole, tuttavia ogni tentativo di estorcere un suono all'oggetto iridescente si era rivelato vano.
Nonostante l'impiego di metodi violenti, l'aria era rimasta sempre silenziosa e nulla aveva scalfito la superficie ondulata della campana.
In seguito a tutte queste prove, nessuno dubitava più della veridicità della profezia ed il re fece costruire il campanile di cristallo per ospitare ciò che veniva ormai considerata una sacra reliquia.
Osservando il nuovo e splendente volto della città, il re aveva capito quanto inconsistente fosse la bellezza ordinaria che prima elogiava.
Aveva perso il gusto dei piaceri mondani che sono concessi ad un sovrano, inoltre non bramava più possedimenti, donne o fama.
La sua felicità sfumava dai suoi occhi durante la giornata, per tornare a brillare alla sera, quando poteva osservare lo spettacolo offertogli da Radia.
Ora è seduto sul trono, gli occhi fissi sulla vetrata che rivela il sempre meraviglioso paesaggio.
Il suo regno prospera, i malvagi giacciono relegati nelle carceri e nessun malcontento serpeggia tra la gente da innumerevoli anni.
Purtroppo un altro tipo di preoccupazione appesantisce l'incedere dell'uomo, curvandogli la schiena ed invecchiandolo.
Neppure gli acrobaleni di luce riescono più a lenire l'angoscia che lo stringe.
I suoi pensieri si estraniano dal mondo reale e si volgono esclusivamente alla mitica campana di madreperla, il cui suono che sfugge alla percezione umana sembra sbeffeggiarlo.
A volte, infatti, crede di udire un rintocco lontano, ma esso non si ripete mai una seconda volta ed il re si sente sempre più sull'orlo della follia.
Non partecipa più ai balli di corte, che hanno perso l'attrattiva della promiscua frenesia, e nemmeno alle riunioni politiche, le cui discussioni gli risultano incredibilmente futili ed odiose.
Il re sprofonda velocemente nell'apatia e trascorre le vuote giornate passeggiando senza meta.
Perso in una quieta malinconia, si immerge nella tempesta che flagella il suo cuore.
Rimpiange la condizione degli schiavi, che cercano la libertà.
Rimpiange la condizione degli umili, che cercando la ricchezza.
Rimpiange la condizione dei cavalieri, che cercando la gloria.
Rimpiange la condizione dei nobili, che cercano il potere.
Lui, che possiede tutto ciò in abbondanza, cosa cerca?
Eppure non anela alla morte, vuole trovare le sue risposte, prima di cedere all'oblio definitivo.
L'uomo, mesto, rinuncia alla facoltà di parlare, poichè non ha più nulla da dire al mondo.
Si limita a spiare le conversazioni delle persone, cercando negli altri ciò che non trova in se' stesso, trascinato da una rassegnata speranza.
Avendo compreso quanto siano futili i suoi tentativi, perde la fiducia negli esseri umani.
Rinuncia alla facoltà di ascoltare, poichè il mondo non ha più nulla da dirgli.
L'uomo cade in un autismo inevitabile, la realtà ha perso la sua consistenza e tutto gli appare deformato ed estraneo.
Segue la luce ambrata dei mille Soli, resa tenue dalla debolezza dei suoi occhi che troppo a lungo si sono sforzati di vedere l'impossibile.
Giunto finalmente nella sala del trono, il sovrano si accascia con rassegnazione e sembra in procinto di dire qualcosa, rompendo il mondo di specchi che egli stesso aveva costruito.
In quell'istante, un rintocco lontano ma limpido risuona nell'aria immota.
La campana di madreperla ha finalmente iniziato il suo canto di salvezza.
L'eccitazione del re non si spegne nemmeno quando comprende che nessun altro percepisce il richiamo dell'artefatto iridescente.
Aspetta paziente il compiersi della profezia, ormai imminente.
La luce dei mille astri ammanta il paesaggio, visibile grazie ad un'ampia finestra che offre la dolce visuale di Radia.
L'immagine della città si increspa e si riflette in mille lucidi frammenti, schegge d'arcobaleno si spargono sul pavimento sotto la vetrata infranta.
In quel momento il tempo termina il suo corso: una tiepida immobilità si impossessa dell'uomo e del mondo attorno a lui, solo i pensieri mantengono la libertà di muoversi nella sua mente annebbiata.
Un'enorme emozione colma il petto dell'uomo,
sospeso nel candore abbacinante, che finalmente accenna ad un sorriso liberatorio.
Forse la morte consiste in questo, restare congelati nell'ultimo istante della propria esistenza, mentre gli altri, quelli che ancora non hanno udito i rintocchi della campana di madreperla, continuano a vivere, ignari di tutto.
Oppure le persone sono solo una proiezione mentale di se' stessi, esseri senz'anima, involucri materiali di concetti, sensazioni, sentimenti e fantasie, la cui unica funzione è quella di preparare il solo essere vivente ad oltrepassare il suo bizzarro mondo personale.
Nessuna di queste riflessioni smuove colui che non è più un uomo, immerso in una placida stasi, inebriato dal sentimento di completezza definitiva che lo culla con tenerezza.
Come agli innamorati non interessa la lontananza che li divide, la miseria che li insidia od i dispiaceri che la vita beffarda offre loro, a lui non importa nulla di ciò che la mente gli chiede.
Il mondo intero digrada nell'ineffabile colore del buio, i suoni giungono sempre più ovattati, la pelle perde gradualmente ogni sensibilità.
Così, il sogno di colui che è stato un uomo viene scandito solo dai lievi rintocchi della campana di madreperla, in questo eterno finale insapore.
 













  
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