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Autore: eli_sa    17/12/2011    0 recensioni
Il destino ci aveva messo in contatto, la noia ci aveva fatto parlare, la curiosità ci aveva fatto conoscere, l'affetto mi aveva fatto comprare un biglietto ferroviario poche ore prima.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'acuto suono della sveglia del cellulare interruppe i miei pensieri. Erano le sette. Avevo passato tutta la notte in una sorta di dormiveglia pensante. Nonostante il sonno poco profondo mi sentivo ricaricata e piena di energia, ma forse la mia era solo eccitazione. La camera era già inondata della luce mattutina che attraversava sprezzante le fibre di quelle tende poco coprenti. Osservai meglio l'ambiente intorno a me, cosa che non avevo avuto voglia di fare la sera precedente. La moquette color ruggine era l'unico tocco di colore in quella scatola grigia. Le pareti erano grigio chiaro, le tende grigie di un tessuto molto leggero, forse organza, il letto e i comodini erano di legno di rovere grigio, le coperte di cotone grigio scuro. Un lungo specchio rettangolare, appeso al fianco del letto, mi fece notare il nido di capelli biondi spettinati che si ergeva sulla mia testa. Era buffo. Poggiai i piedi sulla moquette, lasciando cadere la testa avanti e indietro, per dare sollievo ai muscoli sofferenti a causa del cuscino troppo alto. Le unghie dei piedi erano laccate di un rosso che aveva quasi la stessa tonalità della moquette. Abbozzai un sorriso mentre mi dirigevo in bagno per fare una doccia.

Odiavo i campioncini di sapone forniti dagli hotel. Seccavano la pelle e spesso avevano fragranze maschili, ma non avevo portato con me nessun bagaglio. Avevo preferito viaggiare leggera, un po' per la decisione improvvisa di partire, un po' per il gusto di sapermi arrangiare con quello che avrei trovato. Dalla piccola boccetta di plastica uscì una cremina perlata dall'odore di mughetto. L'acqua era appena tiepida, ma i vetri della doccia si stavano già appannando. Mi sciacquai velocemente e mi avvolsi nell'asciugamano bianco con il logo dell'hotel. Una spruzzata di profumo, Love di Chloè, prima di vestirmi. Svuotai la borsa dalle cose inutili e controllai il cellulare mentre chiudevo la pesante porta della camera. Una signora in divisa nera mi diede il buongiorno mentre spingeva un grosso e rumoroso aspirapolvere sulla moquette. Nel corridoio aleggiava il profumo di brioche appena sfornate e di caffè. Mi era sempre piaciuta la mattina negli hotel. Il profumo della colazione, il rumore del mondo che si sveglia. In ascensore due uomini molto ben vestiti parlavano di lavoro, dovevano essere rappresentanti in viaggio per affari. Uno di loro, il più giovane, mi guardò per un attimo. Aveva l'aria di chi, di domenica mattina, non aveva voglia di parlare di provvigioni e cali di rendita. Gli sorrisi appena, educatamente complice della sua noia. La sala da pranzo era molto luminosa. Un ricco buffet si estendeva per tutta la lunghezza della sala, in fondo alla quale una parete di vetro affacciava su un giardino molto ben curato, con qualche statua in gesso e siepi ornamentali. Probabilmente in estate vi erano anche tavoli all'aperto in cui mangiare.

Presi un caffè lungo e una brioche non farcita. Masticai con molta calma, e bevvi altrettanto lentamente. Volevo gustarmi la libertà. Ero priva di vincoli, padrona della mia vita e del mio tempo. Dopo tanti anni passati a motivare anche il più semplice battito di ciglia, finalmente nessuno mi chiedeva come mai avessi scelto la brioche piuttosto che la ciambella e a nessuno dava fastidio che mi fossi spruzzata il profumo di prima mattina.

Mi imbambolai con la tazza di caffè a mezz'aria mentre scrutavo il nulla in quel bel giardino... mi era costata tante sofferenze quella libertà.

Arrivò un messaggio di Daniele: -Buongiorno, ho appena finito la mia corsetta. Non vedo l'ora di vederti, fammi sapere quando sei pronta (e sveglia, dormigliona!). Un bacio.-

Mi lasciai sfuggire un sorriso. Ho sempre trovato divertente osservare le persone leggere i messaggi sul cellulare e poi cambiare improvvisamente espressione. Questa volta quella persona ero io.

-Buongiorno a te! Sono già sveglia e pronta! Ti aspetto nella hall!-

Finii il mio caffè in tranquillità, sfogliando svogliatamente il quotidiano poggiato sul mio tavolo. Non ho mai amato la cronaca, troppo triste, troppo noiosa. Leggevo solo i titoli nel tentativo di non essere completamente estranea all'attualità, ma niente di più.

Un cameriere in giacca bianca sparecchiò il mio tavolo, quasi mettendomi fretta. Ma ero di buon umore e mi alzai poco dopo, dirigendomi alla hall. Erano ormai le nove, molti ospiti dell'hotel scendevano per la colazione con aria assonnata. Nella maggior parte dei casi le mogli e i figli erano più svegli rispetto ai mariti. La signora alla reception ricevette tre ordini di colazioni in camera prima che Daniele parcheggiasse davanti all'hotel. I riccioli biondi erano più spettinati della sera prima, lo sguardo più allegro. Mi aspettava in fondo alla scalinata.

-Non mi aspettavo che fossi già sveglia!-

-Non mi conosci abbastanza allora!-

Sorrise. -Si può rimediare!-

Gli diedi un bacio sulla guancia, profumava, non di sapone o di dopobarba, profumava di buono. Semplicemente.

-Dormito bene?-

-Si- lo dissi con voce titubante, scatenando la sua curiosità.

-Troppi pensieri?

-No, troppa imbottitura nel cuscino!-

Gli sorrisi. Non volevo intristire quella giornata!

Camminammo fino alla vicina spiaggia. Il mare era verde smeraldo. L'acqua limpida si rompeva contro gli scogli in una sonora danza. Al largo qualche nave di pescatori. La spiaggia era ancora deserta. L'odore di sale mi ricordava l'estate, ma la brezza pungente mi riportava alla realtà. Era dicembre. Mentre mezzo mondo perdeva già il suo tempo alla ricerca dei regali di natale, stipato negli ascensori di qualche centro commerciale, a fare la fila per pagare inutili beni materiali che sarebbero presto stati dimenticati dentro a qualche cassetto, io riempivo i miei occhi di infinita meraviglia.

-Cavolo...-

-Cosa?-

-E' meraviglioso!-

Sapevo di avere uno sguardo inebetito. Lui vedeva quello spettacolo ogni giorno, ci era abituato, avrà pensato che non avevo mai visto il mare in vita mia.

-Non guardarmi così! Non mi avresti portata qui se non fossi stato consapevole che è un posto bellissimo!-

-Vero! Andiamo a sederci sugli scogli, vieni.-

Era veloce, agile nel saltare da uno scoglio all'altro mentre io a mala pena stavo in equilibrio. Mi portò sull'ultimo scoglio, dove le onde si infrangevano dolcemente senza bagnarci. Mi sedetti davanti a lui e mi abbracciò poggiandomi il mento sulla spalla. Osservammo per un po' insieme l'orizzonte.

-Mi piace il tuo profumo-

Il cuore prese a battermi più forte. Non sapevo cosa dire. Odiavo rimanere senza parole. Mi voltai leggermente verso di lui sorridendo. I suoi occhi chiari alla luce del sole sembravano quasi bianchi, color ghiaccio. Erano a pochi centimetri dai miei.

-Dani qualche altra frase di queste e finirò per baciarti..-

-Ah si? Bene! Buono a sapersi- Rideva.

Gli diedi un piccolo pugno sul braccio. -Sciocco!-

Riprese ad abbracciarmi.

-Non mi hai mai detto come mai sei ancora single...-

-Per scelta.-

-Scelta di chi?-

Fece una smorfia da finto arrabbiato.

-Non volevo scendere a compromessi con nessuna donna, le trovavo o troppo diverse da me o troppo simili. O troppo dolci o troppo menefreghiste. Non ho mai trovato la mia vera metà. Quindi ho deciso di smettere di cercare e lasciare che fosse lei a trovarmi.-

-E' probabilmente la cosa più intelligente e sensata che ti abbia mai sentito dire!-

-Era un complimento?-

-Diciamo che la penso come te. Hai fatto bene a non commettere i miei errori.-

-Chi ti ha detto che non l'ho fatto?-

Lo guardai stupita.

-Naomi, conosci il mio carattere, ma non la mia storia.-

-Se vorrai raccontarmela, io ti ascolterò.- Ero molto curiosa, ma non volevo essere invadente.

Mi baciò sulla testa, sopra l'orecchio. Un bacio lungo. Il sole era tiepido e brillava su quell'acqua cristallina. Il passato di Daniele forse non era così cristallino, ma d'altra parte tutti hanno qualcosa da nascondere, o da dimenticare. Ricordavo sempre quella frase del film Titanic: “il cuore di una donna è un profondo oceano di segreti...”. Con il tempo avevo imparato a condividerla, nel bene e nel male.

Daniele si alzò in piedi togliendosi il giacchetto.

-Facciamo il bagno!-

-Cosa? Sei matto?-

Nonostante il tiepido tepore del sole, la temperatura era intorno ai 15°C, tirava vento, l'acqua doveva essere congelata. Ma lui iniziò a spogliarsi.

-Dai vieni!-

Ridevo mentre si toglieva la maglietta liberando un torace tonico e lievemente abbronzato.

-Fai sul serio?-

Allungò le mani nella mia direzione. Mi guardava con aria di sfida. Gli presi le mani e mi aiutò ad alzarmi. Mi tolsi il giacchetto anche io.

-Tu sei matto, completamente matto. Mi ammalerò e morirò fra tristi rantoli di tosse..-

-Melodrammatica!-

Si tolse i jeans e, rimasto in boxer, attraversò di corsa quel piccolo angolo di spiaggia, buttandosi in acqua. Un brivido di freddo mi attraversò da testa a piedi.

-Dai vieni si sta benissimo!-

Mi feci coraggio e tolsi i jeans e la maglietta. Per fortuna non avevo indossato della biancheria troppo audace! Daniele era bellissimo, il sole gli faceva risplendere la pelle bagnata illuminandolo. Legai i capelli con l'elastico nero che portavo sempre al polso come fosse un braccialetto e camminai lentamente verso il bagnasciuga. L'acqua era freddissima.

-E' troppo fredda!-

Camminò verso di me, statuario. Allargò le braccia.

-No! No! Non farlo!-

Sorrise in segno di sfida e mi abbracciò! Era gelido. Mi lasciai sfuggire un gridolino di freddo.

-Allora, o ti butti o ti butto io!-

-Mi butto, mi butto, però aspetta... stai un altro po' qui!-

Il mio corpo si stava lentamente abituando al freddo del suo. La pelle d'oca iniziava a sparire.

-Ok, ci sono. Andiamo.-

Camminò di fianco a me finchè l'acqua mi arrivò alla pancia.

-Spiegami come fai.-

-Buttati e basta!-

Pensai che era matto. L'acqua era gelida, come se mille spilli mi trafiggessero la pancia. Però avevo una malata voglia di buttarmi.

-Abbracciami di nuovo, e vai giù, io non ho il coraggio- Sorrisi.

Lui era molto divertito dalla mia goffaggine. Venne da me, mi abbracciò e dopo pochi secondi mi trascinò giù, fino al collo. Iniziai a ridere.

-Perchè ridi?-

-Perchè mi sto congelando e voglio essere carina quando mi troveranno morta!-

Daniele rise e si immerse, riaffiorando qualche metro più avanti. Cercai di non bagnarmi i capelli mentre nuotavamo fianco a fianco. Arrivammo in un punto in cui non toccavo. La me di prima sarebbe diventata isterica e sarebbe tornata subito a riva, e invece no. Stavo ferma in verticale, muovendo un po' le gambe per stare a galla. Guardai la spiaggia, ora c'erano un po' di persone che passeggiavano e dei bambini ci indicavano. I nostri vestiti e la mia borsa erano ancora appoggiati sugli scogli, ma avevo l'impressione che non me ne importasse niente.

-Vuoi tornare a riva principessa?-

-Perchè mi prendi in giro? Non sono abituata a fare il bagno in mare a dicembre!-

-Già, io sono l'unico matto! Torniamo su!-

Uscire dall'acqua fu più traumatico che entrarci. Il vento mi fece tornare la pelle d'oca e i brividi.

-Dimmi che hai un asciugamano nascosto da qualche parte!-

-No, mi sa che dovrai stringerti forte a me per scaldarti!-

-Ah quindi era tutta una tattica!-

Sorrideva in un modo talmente carino che non potei fare altro che abbracciarlo. Tornammo sullo scoglio. Daniele sistemò il suo giacchetto e vi si stese sopra, facendomi segno di stendermi di fianco a lui. Era strano, però mi stavo scaldando. Sarà stato il sole, o il giacchetto in piuma d'oca, o lo sbalzo termico, o lui... io stavo bene. Mi sentivo viva. Chiusi gli occhi, cercando di rubare ogni raggio di sole e inglobarlo nella mia pelle. Forse mi addormentai perché quando riaprii gli occhi ero praticamente asciutta e in spiaggia c'erano parecchie persone. Mi girai sul fianco, reggendomi la testa con la mano. Lo guardai, aveva gli occhi chiusi e prese a carezzarmi la schiena con la mano. Aveva un aria serena. Avrei potuto guardarlo per ore. Il suo petto si gonfiava e riabbassava lentamente. Slegai i capelli che ora ondeggiavano ad ogni folata di vento. Prese una ciocca, la più lunga, che ciondolava a metà schiena e iniziò a giocarci.

-Preferivo le carezze-

-Non si può sempre avere ciò che si vuole!-

Era vero. Ma io in quel momento avevo tutto ciò che volevo. Avevo la libertà, avevo la serenità, e avevo uno splendido ragazzo seminudo davanti a me.

-Sto iniziando ad avere freddo!-

-Ti va una cioccolata calda?-

-E me lo chiedi?-

Ci rivestimmo velocemente sotto gli occhi straniti dei passanti. Il dolce tepore del maglioncino compensava l'umidità della mia biancheria. Lui rimase col giacchetto in mano perché era troppo umido.

-Hai freddo?-

-Un po', ma ne ho un altro in macchina. Tranquilla!-

Daniele, sicuro, risoluto, un po' pazzo...

Tornammo davanti all'hotel, dove lui aveva parcheggiato.

-Vuoi salire a cambiarti intanto che siamo qui?-

Avevo lasciato il giacchetto aperto, Daniele guardava divertito la mia maglietta che stava diventando più scura all'altezza del seno. Sorrisi maliziosamente.

-Si, forse è il caso che vada a cambiarmi. Vuoi salire con me così ti asciughi un po'?-

Mi si seguì. In ascensore il cuore mi batteva forte. Mi stavo un po' pentendo di quella frase. Glielo avevo chiesto solo per gentilezza, non avevo secondi fini.

Aprii la porta della camera con la mano tremolante. Daniele doveva essersi accorto del mio imbarazzo e mi seguii a due passi di distanza. Presi dal cassetto del comodino la biancheria pulita. Mi fissava con le mani in tasca.

-Cosa aspetti? Vai ad asciugarti in bagno con l'asciugacapelli, io mi cambio qui. E non sbirciare!-

-Agli ordini Signora.-

-E bussa prima di uscire!- aggiunsi sorridendo.

Chiuse la porta del bagno e dopo pochi istanti accese l'asciugacapelli. Attesi qualche secondo poi mi spogliai. Indossai la biancheria pulita e misi i vestiti di ricambio. Leggins neri e maglia lunga grigia di lana. La mia pelle era ancora salata. Sentivo Daniele muoversi nel bagno. La mia fantasia si scatenò. Avrei potuto aprire quella porta, avvicinarmi a lui camminando in modo sensuale... scossi la testa. Ero attratta da lui, si, lo ero sempre stata, ancor prima di incontrarlo, ancor prima di scambiarci le foto. Da quel momento in cui iniziammo quasi per caso a scriverci, sentivo che mi affascinava. Anche se parlavamo al vento e la maggior parte dei nostri discorsi non aveva senso, almeno all'inizio, io attraverso le sue parole facevo volare la fantasia. Anche una semplice email con scritto “ho da fare, ma ti penso” era in grado di rallegrarmi o di rovinarmi la giornata. Passai le dita tra i capelli, cercando di sciogliere qualche nodo, nel frattempo lui spense l'asciugacapelli e uscì dal bagno.

-Ora ho le chiappe al caldo e sono contento.- un sorriso fanciullesco dipinto sul suo volto mi fece sorridere. Chissà se anche lui aveva avuto i miei stessi pensieri. Uscendo dalla camera sentii profumo di cibo. Guardai l'orologio. Era già ora di pranzo.

-Mi sa che la cioccolata calda si trasformerà in pranzo.-

-Meglio, ho fame. Conosco un posticino carino qui vicino!-

-Perfetto, allora andiamo.-

-Stai bene vestita così, sembri così morbida...-

Lo guardai esterrefatta alzando il sopracciglio destro. -Questo sarebbe un complimento?-

-Scusa, voi donne fissate con la linea... Si è un complimento. E la morbidezza era riferita ai vestiti e non alle tue forme.-

Lo guardai strizzando gli occhi e aggrottando le sopracciglia, per poi stampargli un bacio sulla guancia.

-Naomi sei splendida, mi piaci! Sia vestita così che vestita com'eri prima, e anche come non lo eri sulla spiaggia.- Rise. Gli diedi uno schiaffetto divertito sul braccio. Stavo gongolando, ma non volevo farglielo vedere.

Mi portò in un'osteria. L'entrata sembrava quella di un garage in un seminterrato, era uno di quei posti dove non entreresti mai, se non su esplicita raccomandazione. Uno di quei posti che a guardarli non valgono un euro, ma appena ti servono da mangiare, le papille gustative vanno in estasi e ti ricredi.

-La mattina è passata troppo veloce!-

-Lo so, a che ora hai il treno?-

-Alle sei, oppure a mezzanotte e tre quarti, ma arriverei a casa alle quattro del mattino e non posso proprio, altrimenti arrivo al lavoro come uno straccio.-

Il suo viso si rattristò per un attimo, e anche il mio. Parlammo del più e del meno per tutto il pranzo, cercando di ignorare lo scorrere del tempo. Non sapevo cosa sarebbe successo una volta tornata a casa. Avremmo continuato a sentirci? Ci saremmo rivisti? Era meglio andarsene da amica, o farsi prendere dall'emozione? Una cosa era certa: niente sarebbe stato certo. Non sarei stata io a decidere come sarebbe andata avanti la giornata, avrei lasciato che gli eventi prendessero il sopravvento. Non avrei forzato niente. Quello che doveva succedere sarebbe successo...e io sarei stata a guardare.

Il nostro tavolo era stretto, e lui era seduto alla mia sinistra. Mi prese la mano. Osservò a lungo le mie dita.

-Perchè guardi la mia mano?-

-Hai il segno dell'abbronzatura nell'anulare.-

-Si, lo so. Non è ancora andato via.-

-Ci metterà più tempo ad andare via dal cuore che dal dito sai?-

Parlava al mio cuore, ma in quel momento il mio cuore stava bene. Certo avrei potuto avere delle ricadute in una giornata no. Magari in un momento di sconforto avrei potuto avere anche un rimorso. Ma in quel momento non lo credevo possibile. Ero fermamente convinta della mia scelta.

-Non ho voglia di parlarne, lo sai. Non parlami del mio passato.-

Allungò una mano verso di me, la fece passare dietro al collo, carezzandomi i capelli, poi mi tirò a sé, spostò i capelli indietro e con la bocca sfiorò il mio collo, poi si avvicinò all'orecchio.

-E di cosa vuoi che ti parli?-

Il cuore mi guizzò in gola. -Del presente.-

Uno strano formicolio pervase il mio corpo in quegli infiniti secondi di attesa. Le sue labbra erano così vicine al mio collo che potevo sentirne il calore, ne sentivo le vibrazioni, sentivo il suo respiro.

-Non parlare del presente, vivilo.-

-L'hai letta in un bacio perugina?-

-No, era solo un consiglio.-

Mi voltai verso di lui. Poggiai la fronte contro la sua, i nostri nasi si scontravano. Lo guardavo fisso negli occhi, così da vicino che sembrava averne uno solo.

-Tu...- non completai appositamente la frase, mi allontanai e ripresi a mangiare.

Sogghignò e riprese a mangiare anche lui. Era bello scherzare con lui. Flirtare. Volevo godermi quel momento, perché non ritorna più. In un caso o nell'altro, se tra noi non avesse funzionato o se invece fosse nato qualcosa, quel momento magico del flirt non sarebbe mai più tornato. Lessing diceva “l'attesa del piacere è essa stessa il piacere”. Aveva ragione.

Dopo il caffè, Daniele andò alla cassa a pagare.

-Hai pagato tu anche ieri sera, io non sono il tipo di donna che si lascia offrire tutto, potrei offendermi.-

-Finchè sei nella mia città, sei mia ospite.-

-Oh quindi pagherai anche l'hotel?- Scoppiai a ridere. -Non farmi arrabbiare, non so fare la principessina viziata!-

Mentre uscivamo mi prese per mano, e la infilò nel cappotto. Il sole era già molto basso, entro due ore sarebbe stato buio. La brezza ora sembrava più un vento gelido. L'odore di sale invadeva tutta la città. Camminammo tra le vetrine del centro, entrando in qualche negozio a curiosare per poi uscire a mani vuote.

Un autoscatto davanti all'albero di natale della piazza.

Tanti abbracci e qualche bacio sulla guancia.

Senza neanche rendercene conto era buio. Erano le cinque.

-Dani, dovresti portarmi in hotel ora. Devo prendere le mie cose e andare in stazione.-

-Chiama il lavoro, digli che sei malata.-

-Potrei esserlo davvero, e sarebbe colpa tua.-

A malincuore ci incamminammo verso la macchina. Corsi in camera a raccogliere le mie poche cose, poi riconsegnai la chiave alla reception e andammo alla stazione.

In macchina iniziò a prendermi la malinconia. Il cuore batteva forte, ma le energie erano poche. C'erano tante cose che volevo dire, e tante che volevo fare, ma il tempo non c'era più.

Presi il biglietto e andammo sulla banchina. La stazione era quasi deserta. Il vento ci scompigliava i capelli. -Dani, non sono brava con i saluti, sono stata bene oggi.-

-Anche io, piccola.-

-Si, in effetti lo sono.-

-Solo di statura, ma sei una grande donna.-

-E tu sei un grande bugiardo.-

-Così però mi fai sentire vecchio.-

-Non lo sei. Sei perfetto.-

I miei occhi balenavano tra i suoi. Avevo un'immensa voglia di baciarlo. Ma non era ancora il momento. Si avvicinò alla mia guancia.

-Fatti sentire domani, fatti sentire tutti i giorni.-

-Non sono io quella che non risponde alle email perché ha troppo da fare!-

-Touchè-

Gli toccai il naso con l'indice. Il treno si stava fermando davanti a noi. Era il momento di salutarsi. Spostai la mia mano vicino al suo orecchio. I riccioli biondi mi solleticavano le dita.

-Devo andare.-

Le porte si aprirono, lasciando scendere i passeggeri.

-E' così malinconico l'addio davanti al treno...-

-Lo so.-

Mi alzai, mentre gli ultimi passeggeri lasciavano il treno e iniziavano a salirne altri.

Mi tenne la mano finchè non misi il piede sul gradino del treno. Le nostre dita si separarono lentamente.

-Ciao Noemi.-

-Ciao!- Lo salutai con la mano quando le porte si chiusero davanti a me. Era tutto così terribilmente romantico. Avrei voluto avere un fazzoletto bianco da sventolare fuori dal finestrino mentre lui rincorreva il treno... Gli buttai un bacio con la mano. Trovai un posto vuoto. Ero stanchissima. Avevo sonno. L'eccitazione era svanita per lasciare posto ai “se” e i “ma”.

E se l'avessi baciato?

E se...se....se....

  
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