The biggest mistake
Lights
off
Tutto
d’un tratto si ritrovò a Lima. Non doveva essere
li, doveva tornare a casa –
anzi, si stava facendo anche tardi - forse l’abitudine
l’aveva guidato ancora
li.
Spesso
si ritrovava davanti alla casa di Kurt, parcheggiato dietro la grossa
siepe di
Mr Richter, il simpaticissimo vicino della famiglia Hummel –
Hudson. E li
rimaneva per ore e ore a fissare la finestra della vecchia stanza di
Kurt, sperando
sempre di vedere la luce accesa e il viso del ragazzo sorridergli come
un
tempo. Invece ogni maledetta volta quella luce era spenta, anzi,
sembrava che
il buio di quella stanza diventasse sempre più scuro di
volta in volta.
In
realtà non sapeva neppure Blaine a cosa servisse appostarsi
in quel luogo,
rischiando oltre tutto di passare per una specie di maniaco o peggio di
venire
scoperto da Burt, Carole o Finn. Già una volta gli era
successo di venir quasi
scoperto, una sera che Burt era uscito di casa per buttare via il sacco
delle
immondizie: per fortuna era riuscito ad accovacciarsi in tempo. Da quel
giorno aveva
deciso che sarebbe stato meglio rimanere in macchina durante quelle
“visite”.
Tra
l’altro non ci sarebbe stato niente di male se avesse
incrociato Burt o Carole:
loro gli volevano davvero bene e lo avevano sempre trattato come un
figlio.
Era
Blaine che non riusciva a sopportare l’idea di rivederli. Da
quando Kurt se ne
era andato.
Anche
quella sera nessuna luce. Che poi, anche se si fosse accesa, cosa
avrebbe
potuto fare? Salire da lui e baciarlo e dirgli che gli era mancato
tantissimo?
No. No perché sapeva che Kurt non lo voleva più.
Riaccese
la macchina e sgommò verso casa non curandosi delle altre
macchine della via.
Ora era davvero tardi.
Nel
suo quartiere non c’erano “teste calde”,
quindi una macchina che corre la si
nota subito.
No,
non poteva essere la sua macchina.
Erano la stanchezza, tutte le ore di volo che si era fatto e la
presenza
pressante di Rachel con lui sull’aereo che lo avevano
stordito parecchio.
Almeno
non aveva dovuto guidare dall’aeroporto fino a Lima visto che
Finn si era scomodato per venirli a
prendere.
Finalmente
era a casa.
Sembrava
tutto così diverso. Più triste e spento.
Probabilmente ora era difficile fare
paragoni tra Lima e New York. Cioè impossibile: non si
possono neanche
paragonare.
Tutto
ciò che lo aveva convinto a tornare a Lima per le vacanze
natalizie era la sua
famiglia: suo padre gli mancava così tanto.
“Eccoci
a casa newyorker! Dai scendi che porto Rachel a casa… anzi,
di a mamma che
potete cenare, farò con calma” disse Finn con
sguardo languido verso la sua
dolce metà. Dai, infondo gli era mancato anche quel
tontolone del suo
fratellastro.
“Ok,
cerca di non fare troppo tardi
però,
che le paranoie che si fa Carole quando fai tardi me le devo subire
io!”
“Oggi
sarà concentrata così tanto del tuo ritorno che
non si accorgerà neanche che io
non ci sono, vedrai!” sghignazzò Finn rimettendo
in moto.
“Ciao
ciao Kurt… e ricordati di esercitarti in questi
giorni!” appuntò Rachel.
“Ma
si si. Vai ora che i tuoi papà ti staranno aspettando con
gli striscioni!” gli
rispose Kurt sorridendo dolcemente.
Prese
la valigia e percorse il vialetto di casa; non riuscì
neanche a suonare il
campanello che la porta si spalancò facendo trovare Burt e
Carole nell’atrio,
in piedi, sorridenti che lo aspettavano ansiosi.
“Basta
domande per favore. Sembra che non ci sentiamo da mesi! Meno male che
vi chiamo
un giorno si e l’altro pure!” disse Kurt ora seduto
sul divano. Prima, durante
e dopo la cena - che avrebbe sfamato sicuramente un reggimento, se non
due – i
suoi genitori non facevano che continuare a fargli domande su domande.
“Va
bene. Devi essere stanco morto dal viaggio. Dai Burt lasciamo libero
Kurt di
andare a dormire, avremo tutte le vacanze per stare con lui”
disse Carole con
un tono dolce e rassicurante.
“Allora
buona notte Kurt”, aggiunse Burt alzandosi dal divano e
avvicinandosi a Kurt
“E’ bellissimo riaverti a casa. Ti voglio
bene” e lo abbracciò stretto, per poi
prendere sua moglie per mano e dirigersi verso le scale e quindi la
loro camera
da letto.
Aveva
ragione Burt. Era davvero bello essere a casa. Prima che si
dimenticasse e per
togliersi il dubbio che continuava a martellargli in testa,
fermò Carole per
chiederle una cosa di sfuggita.
“Scusa
Carole, ma per caso è passato Blaine da queste parti?
E’ venuto a trovarvi
oggi?”
“No
no, anzi, non lo vediamo da parecchio tempo, e questo mi dispiace
molto”
rispose la donna increspando leggermente le labbra.
“A
ok, perché mi era sembrato di aver visto la sua macchina
– forse sono più
stanco di quello che credo!”, -pure
le
allucinazioni ora?- pensò Kurt.
La
sua camera era rimasta esattamente come l’aveva lasciata ad
agosto: il letto
fatto, la scrivania deserta, gli scaffali semi vuoti e i resti dei
prodotti per
il viso che aveva lasciato a casa riposti nei cassetti vicino allo
specchio.
Tutto
era rimasto come era. Eppure tutto
era cambiato.
Sentiva
che la sua avventura a New York era appena cominciata ma prometteva
davvero
bene. Tutto stava andando come aveva sempre sognato.
Eppure
mancava sempre lui.
Scosse
la testa. Non doveva farsi trascinare dai ricordi, doveva ricordare le
parole
di Mercedes: ora più che mai avrebbe dovuto ripetersele.
-
Siamo delle dive. Whitney, Barbra, Patti LuPone, sono tutte diventate
delle
star quando erano single.
A
volte
devi scegliere tra l’amore e il talento –
Per
quanto cercasse di dimenticare però era difficile.
Sicuramente
però sarebbe stato più facile cercare di
dimenticare Blaine, e sopportare di
averlo fatto soffrire in quel modo, piuttosto che avergli dovuto
confessare di quella notte.
La
notte in cui l’aveva tradito.