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Autore: Mina7Z    18/12/2011    24 recensioni
C’è una "lei". E c’è una donna che sta amando un uomo. Ma forse niente è come sembra e tutto può essere.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Follia






 

Una piccola casa. Una collina la cui vegetazione cresce rigogliosa, generosa. 
Un sogno ricorrente. Il sapore di un ricordo lontano nel tempo che faceva capolino nella mia notte agitata.
Era una sensazione piena, che mi infondeva serenità, che mi ricordava una parte di me. Del mio passato prima di lei.
Prima di Oscar.
 
 


La vidi entrare dall’ingresso di Palazzo Jarjayes. Le andai incontro e ci trovammo sotto le scale che conducevano al suo appartamento.
La guardai e capii subito che c’erano delle novità. Un foglio stretto tra le mani confermava il sentore che avevo avuto.
Mi guardò per alcuni istanti prima di parlarmi.
Lasciò i suoi occhi celesti su di me restando in silenzio.
“Vieni in camera mia Andrè”.
La seguii senza esitazioni, ansioso di sapere di cosa si trattasse.
Entrammo e lei si andò a sedere sul divano. Sembrava stremata.
“Cosa è successo?”.
“Siediti, devo parlarti, Andrè”.
Si schiarì la voce.
“Ho incontrato Aurore oggi.”.
“Cosa?...ma io non ..”.
“Ho dovuto incontrarla da sola, avevo delle cose da appurare con lei. Dovevo capire se posso davvero fidarmi”.
“Non capisco….“ dissi scuotendo la testa.
“Ho avuto l’autorizzazione a verificare l’esistenza di alcune condizioni che renderebbero possibile  applicare ad Aurore le attenuanti e consentire di scontare una pena diversa da quella che sconterebbe altrimenti”.
“Ovvero? Quale pena…quali condizioni….”.
“Lasciare la Francia, per sempre..”. L’aveva detto a voce bassa e mi era parso che la voce un po’ vibrasse.
Sospirai laconico. “E’ già qualcosa, direi”.
“Già..”.
Rimasi in silenzio a fissare il vuoto mentre il mio cuore rallentava sempre più i battiti.
“Lasciare la Francia” ripetei come per convincermi che fosse davvero ciò che avevo appena sentito dalle sue labbra.
“A chi hai chiesto aiuto, Oscar?”..
“Alla Regina, Andrè”.
“Cosa…?”. Ero letteralmente sconvolto.
“Nonostante ciò che si dice di lei, in fondo ha un animo buono, la conosci, le ho raccontato la vicenda della piccola nobile rifiutata dalla famiglia che ha abbracciato la lotta alla monarchia solo come reazione al suo ingrato destino, e la Regina si è mostrata clemente e ha chiesto a me di giudicare se si meritasse una pena diversa”.
Ero sorpreso, la ascoltavo rapito, ammirato dalla capacità di Oscar di pendersi carico dei più deboli. Nonostante tutto.
“Ti ringrazio, Oscar, senza il tuo aiuto non ci sarebbe stata speranza per Aurore”.
Scosse la testa.
“Vedi Andrè…. in realtà non era necessario che io mi rivolgessi alla Regina, c’è un’altra via d’uscita per Aurore, ma io ancora non lo sapevo”. Inspirò aria. E non lasciò la mia curiosità disattesa.
“Aspetta un figlio”.
Chiusi gli occhi.
E li tenni chiusi per non vedere niente.
Niente.
 “Me l’ha detto lei e mi è stato confermato dal Direttore della prigione”.
Silenzio.
Solo un inutile e doloroso silenzio attorno a me.
Dentro di me.
Oscar smise di parlare. Le sue parole si spensero, improvvisamente, lasciandomi affogare in quella violenta assenza di suoni.
Non la guardavo ma potevo chiaramente sentire la sua inquietudine e mi chiesi se anche lei potesse percepire quella strana agitazione che si stava lentamente impadronendo di me e che mi stava conducendo verso una strada che sentivo ineluttabile, ineludibile, l’unica percorribile.
Con il capo chino e la testa tra le mani, fissavo la punta dei miei stivali, mentre la mia mente mi induceva a soffermarmi su un piccolo graffio che come una leggera incisione tagliava la pelle del mio stivale sinistro. Ne osservavo il colore, scuro e profondo che stonava con il marrone  del parquet, mentre un intricato mosaico di righe partiva dai miei piedi e si espandeva lungo la stanza  come una ragnatela tessuta da un antico maestro al cui centro io ero finito.
Sentivo il mio cuore decelerare i battiti che diventavano sempre più flebili portando persino il mio respiro a essere rarefatto.
Si può essere tanto felici da sentire di toccare il cielo con un dito, e tanto tristi da vederlo improvvisamente cupo e carico di pioggia, quel cielo?
Mio padre era un uomo vero, di quelli che non esistono più.
Mi diceva che nella vita, ciò che più conta è comportarsi da uomini, essere giusti, forti onesti. Se chiudo gli occhi li vedo davvero quegli occhi blu che mi accompagnavano a vedere il mondo, le sue parti più belle. A volte le mie notti sono popolate dai dolci ricordi di quella casa in cui vivevo da bambino con i miei genitori. Un posto lontano, fuori dallo spazio  e fuori dal tempo. Una casa immersa nel verde ai piedi di una collina. Una piccola porta verde, un comignolo sul tetto.
C’erano le pecore fuori la nostra piccola casa e da piccolo rincorrevo gli agnelli perché volevo abbracciarli, sentirne il calore sul mio corpo, il battito del loro cuore.
Non ricordo il giorno in cui tutto ciò è finito. Improvvisamente quella casa piena di allegria circondata da nuvole bianche, calde e lanose è scomparsa dai miei occhi di bambino.
Cos’è un uomo papà?
Lentamente alzai lo sguardo e lo volsi verso di lei che, al mio fianco, rimaneva immobile. attonita, come nell’attesa di una risposta a una domanda mai posta.
“Andrai con lei, vero?”.
Dimmelo tu come si comporta un uomo.
Dimmelo tu come  si fa a lacerare il cuore e rimanere vivi.
Cercai in lui le risposte che non trovato. Il coraggio che non avevo.
Annuii.  “Si”.
La vidi annuire con la testa, Sospirò. Senza muoversi.
Nessuno di noi sembrava potere aggiungere altro.
Solo il rumore trattenuto dei nostri respiri.
“Un figlio è una bella cosa” mi disse lei.
Annuii di nuovo.
“…Credo sia giusto….così, Andrè”.
 
 


Sognai mio padre quella notte.
Si voltava verso di me e sorrideva. E io correvo giù, a perdifiato per quella collina incantata. Correvo e lo chiamavo ridendo, ma quando rischiavo di cadere, dopo avere inciampato in una radice nascosta, erano le sue braccia robuste a catturarmi per poi sollevarmi in aria a toccare l’azzurro del cielo.

E sorrisi, emozionato, ad una piccola nuova vita.
 








 
Note:
Ho citato qua e là questo famigerato capitolo 18, creando inconsapevolmente curiosità….e aspettative.  Scriverlo mi ha commosso perchè secondo me tocca molte corde sensibili al mio animo.. O per lo meno questa è stata la mia sensazione….lascio a voi giudicare…grazie comunque per l’affetto che dimostrate nei confronti della mia stori
a.

 
 
 
 
 
   
 
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