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Autore: Hiraedd    18/12/2011    11 recensioni
James Potter, è esattamente come chiunque non abbia gli occhi rivestiti di prosciutto e i capelli rossi (qualunque riferimento a persone realmente esistenti è pienamente voluto) può osservare ogni giorno… simpatico, sempre pronto a far ridere gli altri, generoso, darebbe la vita per i suoi amici e per quelli più deboli.
Peter Minus, beh, è Minus. Facendo coppia con lui nell’aula di Trasfigurazione ho imparato a conoscerlo meglio. Sempre in seconda fila, senza essere visto, sembrerebbe più una pedina che un giocatore. In realtà, mi sono accorta, è un giocatore tanto quanto gli altri.
Sirius Black... Sirius definisce tutti i confini. Gira per il mondo con scritto in fronte “QUI FINISCONO I BLACK E COMINCIO IO”.
Remus Lupin è la mente diabolica del gruppo. È il classico esempio di persona che tira la pietra e nasconde la mano, non per codardia, ma per quieto vivere. O meglio, fa tirare la pietra agli altri, decisamente, e si mantiene la sua reputazione da Prefetto e bravo ragazzo. Tutto quello che ci mette, è il cervello. Decisamente un personaggio degno di stima, un idolo (Dai pensieri di Marlene McKinnon)
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mary MacDonald, Peter Minus, Remus Lupin | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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LILY
SIRIUS
JAMES
MARLENE
EMMELINE
REMUS
MARY
ALICE
FRANK
PETER
REGULUS
RABASTAN
CORRISPONDENZA
 
 
 

 
Elua, può l’amore stringerci tra spine così feroci?*

 
 
Sono avvolto in una coperta, sporco e sudato, e guardo l’edificio che prima era in fiamme ora nudo e terribilmente desolato.
Attorno a me, dentro di me, ancora echeggiano le urla strazianti del ragazzino che è stato portato, solo mezz’ora fa, al San Mungo urlante e scalciante da due Auror già troppo avvezzi al proprio lavoro per lasciarsi commuovere alle lacrime da una scena che, sicuramente, hanno già visto molte volte.
È terribile come io senta ancora la sensazione del fuoco sulla pelle, e come questa sensazione mi faccia rabbrividire.
Già, strano. Sono bagnato dal sudore del fuoco e della paura anche se sono avvolto in una coperta calda e ho in circolo almeno tre litri di Pozione Riscaldante.
Tremo, ho freddo.
Zia Dorea, tra un rimprovero e un abbraccio, mi ha detto che deve essere lo stress a cui sono stato sottoposto.
Già, anche se è Auror da tanto tempo, non si è ancora abituata a situazioni del genere. O forse non si è abituata a situazioni in cui siano coinvolte persone a cui tiene.
-vuoi acqua, Sir?-.
La domanda arriva da James, che si siede accanto a me e mi porge un bicchiere scheggiato senza attendere risposta.
Mi inumidisco le labbra secche con la lingua. Strano come non si senta la mancanza di qualcosa fino a quando non ce la fanno notare.
-grazie- rispondo quindi bevendo a grandi sorsi.
La gola riarsa ruggisce al contatto con l’acqua, e devo trattenere le lacrime che istintive mi sono salite agli occhi.
-stai bene? tutto a posto?- mi chiede voltandosi verso il Ghirigoro –Marlene sta bene, non ha nulla di grave, è solo stordita dal fumo e sta riposando-.
Strano come non si senta la mancanza di qualcosa fino a quando non ce la fanno notare.
Annuisco, svuotato da tutto e riempito dal fumo, probabilmente.
-bene- gracchio alla fine con voce roca –e te? stai bene?-.
Lui sorride di quei sorrisi impossibili, che solo James sa fare.
-certo che sto bene, sono James Potter- mi risponde dandomi una gomitata leggera sul braccio.
Sorrido anche io.
Se non ci fosse stato lui, mio fratello, chissà dove sarei io adesso.
-dovresti farti vedere al San Mungo, mamma dice che…-
-James, sto bene, non mi serve il San Mungo- cerco di tagliar corto con voce raspante.
-col cavolo che stai bene, Black- mi interrompe la voce burbera di un zoppicante Alastor Moody –e anche tu, Potter, queste scottature vanno medicate-
-ma…-
-zitti, al San Mungo tutti e due-.
 

***

 
Il San Mungo è sempre terribilmente bianco, nonostante io ne sia uscita ormai da quasi due mesi ricordo con precisione ogni singolo attimo passato in questa realtà ovattata, che non è cambiata e probabilmente non cambierà mai.
Ricordo di aver pensato, dopo qualche giorno di degenza qui, come questo ospedale assomigli un po’ ad un limbo. Sempre uguale e sempre diverso, l’aria inviolata dal lieve scorrere di un tempo che qui non passa mai.
Sono seduta fuori da una porta, bianca come tutto il resto, in attesa di non so bene cosa, con pensieri intrisi di senso di colpa in testa e un male terribile alle tempie.
Oltre quella porta, la mia migliore amica è stesa su un lettino e sta dormendo, a quanto hanno detto i medimaghi, stordita dal fumo dell’ardemonio e troppo stanca per ricevere visite.
Perché è così difficile scendere a patti con i propri pensieri?
-Lily, James e Sirius ti aspettano per tornare a casa-.
È la voce di Dorea Potter che mi fa sobbalzare, più formale del solito e, in parte, anche più fredda.
L’ho delusa.
Sapesse quanto ho deluso me stessa, signora Potter.
La guardo con occhi spiritati, la figura sottile stagliata eretta nel cono di luce più chiara creato dal portone aperto del reparto “Grandi ustionati”.
-posso restare ancora un po’, Signora Potter?-.
La vedo tentennare, alzare gli occhi al cielo e fissarmi in risposta pronta al diniego.
Poi si blocca, mi guarda incuriosita e accenna un tiepido si con la testa.
Sospiro e appoggio di nuovo la fronte sulle ginocchia, aspettando non so cosa, seduta per terra nel reparto “Grandi ustionati” del San Mungo.
Sapesse quanto ho deluso me stessa.

 

***

 
-direi che con un po’ di riposo e le pozioni che le ho dato dovrebbe tornare tutto a posto in un paio di giorni- mi dice la medimaga guardandomi bonaria –ha avuto fortuna, signor Black-.
Annuisco computo, so bene di aver avuto fortuna.
-il ragazzino che era con me e Lène nella libreria?- chiedo incuriosito –mi pare si chiamasse Timothy-.
-terremo ricoverato il bambino per qualche giorno, fino ai funerali della madre- mi spiega la medimaga con un sorriso triste –credo che adesso sia in compagnia del padre, non ha nulla di grave. Tutto sommato, penso che si possa dire che il vostro gruppetto sia stato molto fortunato, nell’incendio, nessuno dei tre ha patito gravi danni-.
Annuisco ancora.
-ora, per quanto la riguarda, signor Black, non posso non insistere con la faccenda del riposo- continua la donna guardandomi con scrupolo –le ferite guariranno in poco tempo così, e non dimentichi le pozioni-.
Prendendo le boccette che mi porge, saluto ed esco dalla porta.
Fuori dall’ambulatorio James mi guarda un po’ assente, Zia Doree fa un sorriso prendendomi le medicine dalle mani e Zio Char mi da una lieve pacca sulla spalla.
-possiamo andare a casa, ora?- chiedo passandomi una mano sugli occhi –dov’è la Evans?-.
-sono andata a chiamarla ma ha chiesto di stare ancora un po’ qui, forse vuole aspettare che Marlene si risvegli- mi dice Zia Doree indicandomi la porta del reparto in cui è ricoverata Lène.
-la trattengono fino a domani, vero?-.
-a quanto pare si- annuisce Zio Char.
Io sposto lo sguardo su James che, stranamente silenzioso, si limita a camminare con noi e a guardare un punto fisso davanti a se.
Mentre lo zio e la zia continuano a parlare tra loro, forse dell’incendio o forse di altro, mi avvicino a James.
-ehi, Prongs, perché quel muso lungo?- chiedo tentando di strapparlo alle sue riflessioni.
-eh? Oh… Pad, com’è andata la medicazione? Tutto bene?-.
Alzo gli occhi al cielo.
-si, grazie Jamie dell’interessamento- ribatto assecondandolo –perché sei così pensieroso?-.
Scuote le spalle, poi torna a guardare il nulla.
-…Jam…-
-oh, Merlino, non capisco perché Lily mi tenga il broncio- esclama ad un certo punto inveendo contro il soffitto immacolato dell’ospedale –da quando siamo usciti dalla libreria mi guarda e non mi parla-.
Sospiro e guardo James.
Vedo che mi sta guardando.
-oh, no, no, no, no… no… assolutamente no!-.
-io per te mi sono buttato in una libreria infuocata!- ribatte scioccato James.
Bastardo, lo sapevo che lo avrebbe fatto.
Sono tutti dei cretini quelli che pensano che James sia un grifondoro con i fiocchi. Quando fa così starebbe proprio bene tra i serpeverde!
-io… no! No! Assolutamente…-.

 

***

 
-posso sedermi?- la voce roca e un po’ burbera di Sirius Black mi fa sobbalzare.
Sono ancora seduta nella stessa identica posizione in cui ero seduta mezz’ora fa quando è venuta a chiamarmi Dorea.
Alzo la testa dalle ginocchia e annuisco lentamente.
Sirius si siede accanto a me, soffocando qualche imprecazione probabilmente per il dolore procuratogli dalle rimanenti scottature.
Restiamo in silenzio per un po’, lasciandoci cullare dal rumore dei passi scattanti di medimaghi e infermieri che passano davanti a noi.
-sai, due estati fa, la prima che ho passato dai Potter, siamo dovuti correre al San Mungo perché James si è quasi spaccato la testa cadendo dal tetto-.
Guardo Sirius scettica.
-e cosa ci faceva James sul tetto, esattamente?-gli chiedo circospetta.
Ridacchia appena.
-voleva convincere il gufo reale dei Potter, gran bell’animale ma con un bruttissimo carattere, a consegnarti una strillettera d’amore, era piovuto solo qualche ora prima, ha messo un piede in fallo e…-
-pum-.
-spack, direi piuttosto- sorride ancora –e poi c’è stata quella volta in cui si è messo in testa di trovare almeno trenta cose rosse come i tuoi capelli e altre trenta verdi come i tuoi occhi. C’è un albero, in giardino, che fa delle mele rosse, ma proprio rosse, e quella volta, era la fine di agosto, appena prima di tornare a scuola, e ce n’era una sola già matura, ed era proprio in cima. Si è slogato una caviglia cercando di raccoglierla, e anche per quello siamo dovuti venire fin qui. È caduto in un modo spettacolare, e ha pianto per un’ora come un bambino-.
Sorrido, involontariamente.
-però non dirgli che te l’ho detto, o esigerà la mia testa- mi dice in tono confidenziale.
Ridacchio ancora, poi mi fermo e lo guardo.
-e poi c’è stata quella volta che…-
-perché me lo stai dicendo?- gli chiedo.
Lui torna serio in un attimo, mi guarda con quei suoi occhi grigi e normalmente freddi e fa un sorriso strano, amaro.
-quelle sono le volte in cui sono dovuto scendere a patti con la mia coscienza- mi rivela –ogni volta che arrivavamo a questo punto, lui si faceva male per te, tu non lo guardavi nemmeno, io ti odiavo tantissimo. Quando cadde dal tetto desiderai che tu non fossi mai esistita, e che il mio migliore amico avesse più dignità-.
Sospira, si porta le mani alla fronte e fissa davanti a se, raccontando.
-insomma, non ho mai capito perché si fissasse così tanto con te. James è un bel ragazzo, ha sempre uno stuolo di ragazze disposte a fare qualsiasi cosa per essere degnate anche di un solo sguardo, ma lui non guarda altri che te-.
-sono sempre stata una sfida per lui- sospiro anche io.
-vero- annuisce dandomi ragione –ma per James, le sfide sono tutto, nella vita. Non fa mai nulla senza intenzione di vincere, e quando vince si tiene la vittoria ben stretta. Da tutto per lei. Ed è una cosa che ho sempre odiato, perché io voglio bene a James come a un fratello, da che lo conosco condivido tutto con lui, capisco il quidditch perché lo capisce lui, in trasfigurazione sono bravo perché lui è il migliore, faccio scherzi alla gente insieme a lui. Ma questa cosa non l’ho mai capita, prima. Questo fissarsi con te, non l’ho mai capito e accettato. Insomma, va bene che James ci provi con la Evans, mi dicevo, ma al trentesimo due di picche basta! Dovrebbe cambiare bandiera, mi dicevo-.
Io sto zitta, aspettando che l’eco delle sue parole si spenga.
-prima, quando ho visto James tuffarsi tra le fiamme, ho… ho desiderato che ne riemergesse- provo a spiegare –e non mi importava nulla se il prezzo sareste stati tu e Lène, o quel ragazzino, o…-
-già, e ti sei sentita un mostro- termina lui per me.
Annuisco.
Lui annuisce restando in silenzio.
È incredibile, quanto solo restando vicini e zitti ci si possa sentire in intimità. Se me lo avessero detto quattro mesi fa, non ci avrei scommesso uno zellino bucato, ma ora, qui con Sirius, mi sento in pace e a mio agio.
-quindi adesso non ce l’hai con me perché ti ho voluto morto?- chiedo sorridendo appena, cercando di spezzare la serietà del momento.
-e tu non ce l’hai con me perché sto insieme alla tua migliore amica?- butta lì scherzoso in risposta.
La mandibola mi cade sul pavimento, mentre lo guardo alzarsi da terra e porgermi la mano.
-come… tu… cosa?- gli chiedo senza parole. Poi cerco di darmi un contegno –hai intenzioni serie?-.
Sorride, con il suo eterno sorriso alla Peter Pan.
-Evans, questo era il mio turno di impicciarmi degli affari degli altri e fare discorsi seri- mi risponde precedendomi nel corridoio.
 

***

 
-io non riesco proprio a capire cosa vi sia saltato in mente, razza di incoscienti che non siete altro, potevate morire, potevate rimetterci tutti la pelle, se qualcuno…-
-Doree, non essere troppo dura, tu…-
-zitto Charlus, stavo parlando con loro, non con te-.
La voce di Dorea Potter sferza l’aria con la potenza di una frusta d’acciaio.
-ma, Doree…-
-zitto. E voi! Se qualcuno vi ordina esplicitamente, e con qualcuno intendo io o papà, vi ordina esplicitamente di restare a casa, di non gettarvi nel caos, di non pensare minimamente di raggiungerci, non pensate che magari un motivo potrebbe pur esserci? No, loro non pensano che…-
-mamma, non avevo pensato che…-
-hai detto bene, James, tu non hai pensato!- lo interrompe Dorea, gli occhi lucidi dalla rabbia, il volto gelido –e non pensando, potevi morire. Mettiti in testa che quello in cui viviamo è un mondo di guerra, James, un mondo a cui non importa se tu sei un grifondoro e ti credi coraggioso, mettiti in testa che se qualcuno ti dice di stare fermo, se qualcuno che ti vuole bene ti dice di stare fermo, lo fa perché si preoccupa per te, non perché vuole dimostrare di essere coraggioso più di quanto non lo sia tu. Mettiti in testa che questo mondo non è una sfida continua, James, è una guerra, dove se perdi muori, e muoiono delle persone che dipendono da te. L’infanzia è finita, impara a crescere!-.
-mamma, in quella libreria c’era Sirius!-.
-ci avremmo pensato noi, James, noi! Siamo noi gli Auror, non tu, tu non dovevi esserci, a Diagon Alley. Facendo così, mi costringi a non dirti più nulla, la prossima volta-.
-mamma, non…- James mi fissa boccheggiante, come a cercare un appoggio alle sue idee.
Lo guardo e scuoto la testa.
-tua madre ha ragione, James- gli dico con una smorfia sul volto e la rabbia nella voce.
Dorea ha ragione, James poteva morire.
Quello che mi brucia ancora di più, poi, è che lui non mi abbia dato retta. Non ha nemmeno preso in esame, le mie suppliche.
-c’era Sirius, lì dentro!- ribadisce esasperato.
Già, c’era Sirius. Un Sirius che adesso assiste a questa lite di famiglia restando zitto e stranamente perso nei propri pensieri, senza intervenire in alcun modo.
-già, e c’eri anche tu- mormoro voltando il capo in modo tale da non incrociare il suo sguardo –scusatemi, vado un po’ a stendermi-.
Detto questo raggiungo la porta e esco dalla stanza.
Sono stanca.

 

***

 
Mia madre continua la sua strigliata per circa venti minuti, venti minuti in cui me ne dice di tutti i colori con voce ringhiante che farebbe invidia ad un drago.
E guai se provo a dire che non sono d’accordo!
Si accanisce con particolare entusiasmo su di me da quando Lily le ha detto che ha ragione.
Alla fine, però, si quieta. Alla fine cioè dopo molto tempo.
-vado di sopra- dichiaro infuriato quando finisce la sua ennesima tirata.
La vedo scuotere la testa rassegnata, e infilo le scale prima che possa riprendere con queste scenate.
Possibile che mia madre non capisca?
C’era mio fratello, in quella libreria! Non ho mai nemmeno pensato di non tuffarmici dentro, fin da che ho capito che Sirius era là dentro.
Salendo le scale arrivo alla zona notte, e il mio sguardo cade sulla porta della stanza di mio fratello. Sirius mi passa vicino, mi da una pacca sulla spalla come a ringraziarmi e, con un sorrisetto ghignante, mi indica camera di Lily.
Mi avvicino alla porta della camera di Lils, chiusa, e busso lievemente.
-Lily? Posso…?-.
La sento tossire, poi un attimo di silenzio.
-entra- il sussurro appena accennato.
Spingo il battente, entro nella stanza e mi richiudo la porta alle spalle, poi mi volto verso il letto.
Lily mi guarda, ha gli occhi rossi ed è appoggiata alla testiera del letto con la trapunta a coprirle le gambe.
-Lils, io…-.
Mi interrompo, la guardo e non so cosa dire.
Che dovrei dirle?
Che mi dispiace? Sarebbe una bugia, lo rifarei anche adesso, se Sirius fosse in pericolo.
Che la capisco? No, anche questa sarebbe una bugia.

 

***

 
Salgo le sale velocemente, sono ansiosa di arrivare in camera mia, di buttarmi sul letto e dormire.
Arrivata in camera mi chiudo la porta alle spalle e mi accoccolo sul letto, sfilandomi le scarpe e mettendomi sotto la trapunta completamente vestita.
Sono spossata.
È così stancante, amare qualcuno?
La conversazione con Sirius ha chetato una parte dei miei pensieri, ma ho ancora la testa che ronza e gli occhi che mi bruciano.
Mi sento un mostro, non posso realmente credere a tutto quello che ho pensato vedendo James entrare al Ghirigoro. Ho davvero desiderato tutto quello che ho desiderato pur di riavere James?
C’era la mia migliore amica, in quella libreria!
Perché è così difficile venire a patti con i propri pensieri, accettare senza remore anche le ombre dei propri desideri?
Alla fine sento un tiepido bussare alla porta, che mi distoglie dai miei pensieri.
-entra- dico, immaginandomi James dietro la porta.
Quando lo vedo entrare lo guardo un po’ stranita e mi rannicchio di più sotto le coperte.
-Lils, io…-
Lo vedo, che nemmeno lui sa cosa dire.
Non può dirmi che gli dispiace, sarebbe una bugia, so che lo rifarebbe anche adesso.
Che mi capisce? Ne dubito, visto come mi ha guardato quando ho urlato il suo nome, fuori da quella libreria.
Quindi mi guarda con quegli occhi vacui spesso ridenti e ora vagamente preoccupati.
Lo vedo aprire la bocca per rispondermi.
-lo so- lo precedo.
Lui chiude la bocca intontito e mi guarda stralunato.
-lo so benissimo che non ho alcun diritto di dirti niente, che credi di essere nel giusto e…-
-Lily, se dentro a quella libreria ci fossi stata tu, io avrei fatto la stessa identica cosa-.
Sospiro.
-lo so, James- ripeto rattristata –ma non per questo devo essere d’accordo-.
Alla fine, restando in silenzio, viene a sedersi sul ciglio del letto, lontano non più di trenta centimetri da me.
Mi prende la mano, e per un po’ restiamo entrambi fermi, con il solo rumore dei nostri respiri a cullarci, ognuno nei propri pensieri, vicini ma un po’ distanti, quel tanto che basta per sentire ognuno le ragioni dell’altro. Poi ripenso al discorso che ha fatto Sirius, e a tutte le volte che James si è fatto del male correndomi dietro.
A tutte le volte che io lo guardavo e vedevo il solito bambinetto stupido pallone gonfiato, e a tutte le volte in cui lui vedeva in me un pretesto per migliorarsi, per tentare di raggiungere vette che ancora non aveva toccato.
-lo sai, quando ho accettato di uscire con te non avrei mai pensato che mi sarebbe piaciuto così tanto- dico alla fine.
Lo vedo alzare la testa, sbalordito dalla piega presa dalla conversazione.
-emh…- è a disagio, lo vedo, non sa dove voglio andare a parare –beh, ne sono lusingato e…-
-Merlino, James, non ne devi essere lusingato!- esclamo un po’ rabbiosa –senti, ascoltami bene, Potter. Io di notte parlo nel sonno, a volte urlo e litigo a quanto dicono le altre, il mio carattere mi provoca cambiamenti di umore repentini, a volte ingestibili, ho una sorella che mi odia e in tutta coscienza credo che abbia anche un po’ ragione, perché l’ho esclusa dal mio mondo, qualche volta sono superficiale, soprattutto con te, spesso do giudizi affrettati e quasi mai cambio idea, oggi ho desiderato, sul serio, di vederti riemergere da quell’edificio a qualunque costo, compresa la vita dei nostri migliori amici, a volte so di essere cattiva e non me ne dispiaccio, ho il maledetto vizio di mordermi le labbra quando sono nervosa, sono permalosa e spesso irascibile, mi arrabbio per questioni di principio e quando discuto voglio avere ragione, e…-
-Lily, perché…?-.
-zitto, non ho finito- continuo imperterrita –mangio i gamberi con le mani, sono geneticamente impossibilitata a mangiarli con forchetta e coltello, non ci riesco proprio, non mi piacciono le romanticherie e le cose strappalacrime, come i romanzetti che leggono sempre Mary e Emmeline, e odio i Chihuahua, mi fanno proprio schifo. Ah, e prima di andare a dormire normalmente controllo che la borsa per il giorno dopo sia fatta, perché mi urta dovermi alzare prima per farmi la borsa, divento isterica per questo-.
Silenzio, alle mie parole fa eco solo quello.
E lo sguardo di James spaesato che si chiede, probabilmente, come siamo passati dal parlare dell’incendio al blaterare su come mangio i gamberi.
-beh, credo di conoscerti meglio, adesso- annuisce cercando di tirare le fila del mio discorso, ma lo vedo che è sempre confuso, quindi con un sorriso stanco lo aiuto.
-quello che ti ho detto, sono i miei difetti- gli spiego stringendogli di più la mano –a volte sono insicura, altre volte troppo dispotica, lo so. Me ne rendo conto. A volte i miei difetti mi fanno paura, perché penso che la gente, conoscendoli, potrebbe giudicarmi e decidere di chiudermi la porta in faccia. Ma ora te li ho detti, tutti, dal primo all’ultimo, sono tutti i miei difetti e sicuramente ce ne sono altri, ma adesso non mi vengono in mente. Io i tuoi difetti li conosco, e oggi mi sono resa conto, pienamente, che nonostante tutto ho una paura terribile di vederti andare oltre quelle fiamme senza tornare più indietro. Io… Merlino! Credo di essermi innamorata di te veramente!-.
Mi lascio cadere con la schiena sulla testiera del letto, sospirando, mentre osservo James sempre più sbalordito.
-Morgana santissima, innamorata di James Potter! Ma dico, lo avresti mai detto?- borbotto ancora, alzando gli occhi al cielo –io amo James Potter! E non…-.
Sento uno strattone alla mano ancora ancorata a James, poi socchiudo gli occhi istintivamente quando lo vedo vicinissimo, quando sento le sue labbra cercare le mie, la sua lingua inumidire la mia.
-dillo ancora, ti prego- mi sussurra a fior di labbra.
-cosa? Morgana santissima, inn…-
-no, intendo la seconda parte- sorride.
-ah- sospiro scostandomi un po’ per guardarlo negli occhi –ti amo-.
Sorride ancora, appena appena, poi mi raggiunge con irruenza le labbra per occuparle in un bacio mozzafiato.
Quando si scosta, alla fine, lo guardo un po’ stranita.
-e questo cosa vorrebbe dire?- gli chiedo divertita.
-che non ti porterò mai a mangiare pesce fuori- afferma sicuro cercando di evitare il piccolo schiaffo che provo a rifilargli.
-idiota- sospiro tornando a baciarlo.
-ti amo- mi risponde.

 




 
*Jacqueline Carey, Il principe e il peccato
NOTE:
ok, speravo di riuscire ad aggiornare prima, ma non ci sono riuscita, mi dispiace.
Allora? Di questo capitolo mi piace soprattutto la discussione con Sirius, mi diverto ad approfondire il rapporto tra Sirius e Lily, è interessante.
Nel prossimo capitolo spiegherò dal punto di vista di Lène la faccenda dell’ardemonio.
Grazie mille per le recensioni, rispondo appena ho un attimo di tempo perché ora devo scappare.
Spero di risentirvi numerosi,
buona lettura,
Hir!



   
 
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